lunedì 29 settembre 2025

Unione liberale, una fenice per ricominciare ad agire (al di là del Pli)

Venerdì scorso, 26 settembre, è stata divulgata l'esistenza di un nuovo soggetto politico dell'area liberale, che nasce dalle ultime vicende delicate che hanno interessato quello stesso campo politico. A presentare Unione liberale, alla sala stampa della Camera dei deputati, sono stati Francesco Pasquali, Claudio Gentile Alberto Aschelter, che fino a pochi mesi fa avevano agito come dirigenti del Partito liberale italiano (Pasquali, in particolare, come presidente, mentre Gentile ne era stato co-segretario dal 2020 al 2022 e Aschelter - segretario romano - era membro della direzione nazionale come lo stesso Gentile): la conferenza stampa di venerdì, invece, sembra voler rappresentare un nuovo punto di partenza, per le idee e per l'azione politica, simboleggiata tra l'altro con un emblema nuovo, distinto da un arco tricolore e da una fenice altrettanto tricolore che nasce da una fiamma rossa.
 

Un passo indietro al 4 luglio (e all'ordinanza del giorno prima) 

Per capire meglio come si sia arrivati alla nascita di una nuova iniziativa politica (non è il caso, per ora, di parlare di partito) in ambito liberale occorre tornare al 4 luglio scorso, giorno in cui era stato convocato il XXXIII congresso del Partito liberale italiano: l'appuntamento era stato deciso a maggio, quando segretario del Pli risultava essere Roberto Sorcinelli e come presidente era indicato - lo si diceva - Francesco Pasquali. 
Il 3 luglio, tuttavia, il Tribunale di Roma ha pubblicato e notificato l'ordinanza - l'ultima, in ordine di tempo, di una non breve serie per un contenzioso che va avanti da tre anni - con cui aveva valutato i reclami presentato dallo stesso Pasquali e da Stefano De Luca contro l'ordinanza di prime cure emessa a metà marzo dal medesimo tribunale in composizione monocratica (col giudice Maurizio Manzi). Vale la pena ricordare che, considerando le domande ex art. 700 c.p.c. avanzate da De Luca, il Tribunale aveva respinto quelle con cui era stato chiesto di ordinare a Sorcinelli e Pasquali di astenersi dal vantare le qualità di segretario e presidente del Pli (ritenendo, in sostanza, che essendo già stata sospesa  in un altro giudizio cautelare le delibere congressuali con cui Sorcinelli e Pasquali erano stati indicati nei rispettivi suoli, si dovesse attendere il giudizio di merito per indicare chi rappresentasse davvero il partito, senza anticipare la tutela); in compenso, il giudice aveva ordinato alla piattaforma Meta "di apportare le modificazioni richieste" circa l'amministrazione della pagina Facebook fino alla sentenza di merito (per cui, dal 10 giugno scorso, il gruppo vicino a De Luca aveva recuperato la gestione di quella stessa pagina). L'esito di quell'ordinanza, evidentemente, aveva scontentato tanto Pasquali quanto De Luca, che avevano proposto reclamo per le parti della decisione a loro sfavorevoli.
L'ordinanza di reclamo, pronunciata da un collegio presieduto da Giuseppe Di Salvo (già presidente dei due collegi di reclamo precedenti) e avete come relatrice Enrica Ciocca, non era di semplice lettura. In ogni caso, la richiesta di Stefano De Luca di ordinare a Roberto Sorcinelli e Francesco Pasquali di non spendere le qualifiche di segretario e presidente del Partito liberale italiano non era per il collegio un "doppione" delle domande precedenti: chiedere di non impiegare più quei titoli era cosa diversa dal chiedere di "dare attuazione alla sospensione" delle delibere alla base delle stesse qualifiche. Posto che le delibere che avevano "destituito" ed espulso De Luca e mutato il quadro dirigente erano state sospese (da varie ordinanze pronunciate tra il 2023 e il 2024), per cui lo stesso De Luca appariva ancora il presidente del Pli, il fatto che Sorcinelli e Pasquali avessero continuato ad agire "come se fossero investiti di poteri gestori e rappresentativi del PLI, ingenerando confusione tra gli iscritti e, in generale, i terzi, tra cui banche, istituzioni, rappresentanti di altri partiti" sarebbe bastato a fondare il sospetto che la richiesta di De Luca fosse fondata (fumus boni iuris); risultando poi opportuno disporre la tutela cautelare richiesta per evitare pregiudizi irreparabili per lo stesso De Luca e per il partito, per i giudici era giusto inibire a Sorcinelli e Pasquali di qualificarsi come segretario e presidente del Pli (o di tenere "qualunque comportamento che possa ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi sono i legittimi rappresentanti del PLI"), prevedendo pure - per rafforzare l'ordine, che richiedeva per forza la collaborazione dei destinatari - un'astreinte di 1000 euro, cioè una sanzione da pagare per ogni altra violazione dell'inibitoria decisa. 
Lo stesso collegio di reclamo, peraltro, aveva accolto le lamentele di Pasquali (e Sorcinelli) circa l'ordine a Meta di modificare l'accesso alla pagina Fb del Pli in ottemperanza all'ordinanza dell'agosto 2024 dello stesso tribunale. Quell'ordine, secondo la nuova ordinanza, era "in insanabile contrasto con l'estromissione della suddetta società" e, in più, puntava "a dare esecuzione ad un'ordinanza pronunciata in un separato giudizio, che ha sua propria fase esecutiva e, come detto, in quanto afferente alla sospensione di una deliberazione adottata dal Pli, è già ex se esecutiva, senza necessità di attuazione": per queste ragioni, i giudici hanno annullato l'ordine stesso dal dispositivo dell'ordinanza precedente.
La stessa ordinanza, per quanto interessa qui, aveva ritenuto "non valutabili" le ulteriori richieste di Stefano De Luca - formulate a maggio - circa il congresso già annunciato per il 4 luglio (per cui Sorcinelli e Pasquali avrebbero dovuto evitare di curare altre attività relative a quell'assise, ritenuta ex ante illegittima se non inesistente, o fornire i verbali degli organi convocanti perché se ne potesse valutare l'impugnazione): essendo stato convocato il congresso dopo il reclamo, nel procedimento cautelare ante causam nel quale era stata resa l'ordinanza non ci sarebbe stato spazio per quella tutela (visto che la convocazione del congresso non era stata impugnata). Di certo però, l'inibitoria (con tanto di astreinte) pronunciata a carico di Sorcinelli e Pasquali avrebbe reso quasi impossibile qualificare la riunione del 4 luglio come "congresso del Pli" senza che gli stessi Sorcinelli e Pasquali corressero il rischio di tenere comportamenti in grado di "ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi [fossero] i legittimi rappresentanti del Pli".
Per questo motivo il 4 luglio, in una sala Capranichetta dell'hotel Nazionale piuttosto affollata, si è comunque tenuto un incontro di coloro che erano stati convocati lì, ma non un congresso del Pli, formalmente "dis-det-ta-to", come scandito in sala dal presidente del consiglio nazionale uscente, Diego Di Pierro (lo si può ascoltare nella registrazione di Radio Radicale): "quello di oggi - aveva detto - non è un incontro del Partito liberale, ma un incontro tra amici che pensano di fare i liberali e vogliono sapere come fare a portare le idee liberali in Italia". "Stiamo lottando perché sia fatta giustizia, non condividiamo l'ordinanza che ci è stata recapitata ma dobbiamo rispettarla", aveva detto subito dopo Sorcinelli, che parlava a titolo personale "per la legittimazione politica che voi ci riconoscete: si può essere liberali a prescindere dal nome che si dà al contenitore. Noi abbiamo una presenza sul territorio che è testimoniata dalla vostra presenza qui oggi: centinaia, migliaia di persone che si riconoscono non nel partito, ma nella nostra proposta politica e noi oggi di questo vogliamo parlare". "Per quanto mi riguarda - aveva aggiunto Pasquali - l'esperienza con il Partito liberale è terminata nella giornata di ieri: per sentirsi liberali non necessariamente bisogna riscontrarsi all'interno del partito. Io e Stefano stiamo pagando pegno per una scelta che abbiamo assunto qualche anno fa, insieme a molti di voi, in buona fede, per cercare di dare un 'contributo' alla dimensione liberale e magari pensando di darlo al Paese. Non ci siamo riusciti, complice anche questa situazione litigiosa che oggi è nelle aule di tribunale. Noi da lì vogliamo uscire: la comunità liberale non può essere lacerata e non può finire soltanto per questioni legate alla legittimità dei ruoli. Dopo l'ordinanza di ieri mi sento ancora più liberale e sento il dovere di esserlo ancora di più".
L'atmosfera, alla Capranichetta, non era stata tranquilla: la notizia dell'ennesima pagina in carta bollata della storia liberale aveva destabilizzato molti. "Il nostro difetto negli ultimi anni - aveva detto Claudio Gentile, co-segretario del Pli dal 2020 al 2022 - forse è stato proprio l'aver frequentato più le aule dei tribunali che quelle parlamentari e sarebbe davvero giunto il momento di tornare a frequentare le seconde piuttosto che le prime. Abbiamo fatto per questo paese ottime cose, anche se non abbiamo neanche l'orgoglio e la capacità di ricordarle; ne possiamo fare molte altre, ma non abbiamo bisogno del simbolino con la scritta 'Partito liberale italiano'". Su questo punto, però, non c'era accordo: se di fatto l'assemblea è stata trasformata in un incontro del "Comitato 4 luglio per la riunificazione dei liberali" (proseguito il giorno dopo con altri momenti di riflessione) per poter continuare a discutere pur in un contenitore diverso, c'era chi insisteva per continuare regolarmente con il congresso convocato, per il quale tante persone si erano radunate lì da varie parti d'Italia: "Gli ordini dei giudici si rispettano, l'ordinanza chiede a Sorcinelli e Pasquali di non arrogarsi il titolo, ma lo fa da ieri, ex nunc, non ex tunc - aveva detto Franco Capasso, avvocato, rivendicando il proprio ruolo di responsabile giustizia del partito - quindi questo congresso, legittimamente convocato, deve prima di tutto dichiarare in un documento che prende atto dell'ordinanza del tribunale e chiede a segretario e presidente di dimettersi, ma contestualmente decide di continuare la propria attività e chiede la riassunzione della causa di merito e la sospensione dell'ordinanza di reclamo". "Entro il 22 maggio - aveva aggiunto Elena Vigliano, fondatrice dell'associazione Stato Minimo e componente della direzione nazionale - si sono iscritte al Pli, in modo tracciato attraverso il sito, diverse centinaia di persone, non per un segretario o un presidente ma per un progetto. La decisione del tribunale non investe le iscrizioni o gli organi locali, che non si possono cancellare con un tratto di penna: sicuramente i rappresentanti che indicati nell'ordinanza in questo momento devono mettersi da parte, ma gli iscritti hanno tutto il diritto in questo consesso di prendere delle decisioni, istituendo la commissione di verifica poteri e verificando i delegati rimasti".
La confusione, dunque, non era poca. "Dobbiamo chiarire una questione fondamentale - aveva chiesto quasi subito in una "mozione d'ordine" Piero Cafasso, segretario campano - Questo è il congresso del Pli, come dice Capasso, o dobbiamo abbandonare la battaglia tirandoci da parte, come dice Pasquali?" La sua idea era di far decidere gli iscritti, quali "veri titolari" del partito; altre voci, in seguito, avevano riproposto il dubbio, divise tra chi il congresso avrebbe voluto celebrarlo comunque, anche "a ranghi ridotti", e chi avrebbe preferito darsi comunque un'organizzazione sotto altro nome per poter continuare a operare senza rischi di azioni legali. Alla fine, nel pomeriggio, si era proceduto alla verifica dei delegati presenti, indicati in numero di cinquanta (anche se qualche ora prima erano molti di più), ma al momento di individuare un "consiglio nazionale" applicando le norme statutarie del Pli - che avrebbero richiesto un minimo proprio di cinquanta membri - qualcuno dei pres nti ha chiesto di non essere incluso e dunque - salvo errore - l'assemblea si è chiusa, dichiaratamente, con un "nulla di fatto". Il tutto mentre alcune persone, sul territorio, avevano detto di voler continuare l'attività politica attraverso nuovi contenitori nati ad hoc, come per esempio i Liberali autonomisti sardi di Carlo Murru e Simone Paini.
Tra gli interventi di quella giornata, sul piano simbolico-nominale, qui se ne vogliono citare soprattutto due. Il primo è un passaggio delle parole appassionate di Cafasso: "Io propongo che il prossimo consiglio cambi il simbolo: via lo straccetto e, al suo posto, una bella bandiera - la nostra - con 'PLI' ben impresso, che fuoriesce da un faro come fascio luminoso ad indicare la via; un colore nuovo vivace, giovane e distintivo, il turchese; in più un segno di saluto, la 'L' di 'Libertà'". Il secondo è un estratto dalla "mozione" di Bianca Elena Maserti, componente del consiglio nazionale: all'inizio del suo intervento aveva detto di aver suggerito a Sorcinelli come possibile nome alternativo per continuare a fare politica proprio Unione liberale ("Se andate a vedere la storia del Partito liberale nel 1913 esisteva l'Unione liberale che comprendeva la destra di Cavour e alcuni giolittiani: da lì sarebbe nato il seme del Partito liberale. Quello poteva essere un momento di sosta, per ricominciare dalle origini"). Di fatto, quel nome oltre due mesi e mezzo è stato recuperato.
 

La conferenza stampa e il simbolo

Fatte queste premesse, si può tornare alla presentazione di venerdì 26 settembre, resa possibile alla sala stampa della Camera grazie a Italia viva, in particolare a Roberto Giachetti (a nome del quale era prenotata la sala) e all'ex deputato (oggi consigliere regionale in Lazio) Luciano Nobili, che era intervenuto anche il 4 luglio alla Capranichetta: "Sono qui solo per ascoltare e dare il mio grande e sincero in bocca al lupo a questa esperienza cui date vita: a galassia liberale purtroppo vive stagioni complicate, però io sono convinto che invece le idee liberali riformatrici che rappresentate e [...] che cerco di portare avanti nella mia attività, sia nel partito Italia viva che nella mia attività politica più generale, sono invece più vive che mai e sono più necessarie che mai, in un mondo purtroppo sempre più complicato in cui le autocrazie sembrano sempre più forti e in cui le democrazie liberali sembrano sempre più spaventate e sempre più in difficoltà. Penso che di queste idee [...] sia fondamentale che ci sia una pluralità di voci [...] e poi spero anche che nel tempo ovviamente queste voci trovino la formula politica per lasciarsi alle spalle le battaglie [...] con le carte bollate, perché poi invece quello che conta è la politica". 
I primi tratti della nuova esperienza li ha offerti Claudio Gentile, come si è detto ex co-segretario Pli: "Ho il compito di fare da trait d'union tra quello che è stato il momento storico del Pli 2.0, cioè quello che, dopo lo scioglimento precedente post-ciclone giudiziario del 1994, ricostruimmo a Roma il 4 luglio 1997 e il seguito della storia. Avevamo pensato in quest'anno di celebrare sia il compleanno del Pli sia il congresso del Pli 3.0, perché nel frattempo erano avvenuti dei cambiamenti anche abbastanza importanti, ma invece che proseguire con un nuovo compleanno [il 4 luglio 2025] siamo morti. O meglio, è morto un certo modo di vedere la politica liberale in questo Paese e auspico che non solo sia deceduto, ma che nessun infermiere si prenda la briga di rianimarlo in nessun modo possibile. Credo che Unione liberale sia un progetto assolutamente serio, ambiziosissimo, che nel nome nasconde esattamente il progetto politico: dare ai liberali di questo Paese una casa che li contenga possibilmente tutti, perché in tanti si appropriano dell'aggettivo 'liberale' per connotare quella che spesso e volentieri è una scatoletta vuota, che corrisponde più o meno ad un nome e un cognome dietro a una tastiera collegata ad internet, che poi alla fine si rivela sempre inequivocabilmente priva di contenuti". Al di là dei ricordi più recenti, Gentile ha descritto il desiderio di riconnettersi a proprio modo all'esperienza liberale nella storia politica italiana: "In noi che veniamo da una esperienza anche dolorosa, come quella descritta negli ultimi tempi, stamattina prevale il desiderio, più che di una rinascita, di una continuazione con una tradizione che in questo Paese proviene dai tempi del Risorgimento, proseguita [...] con la Resistenza, con il dopoguerra, con la Costituente, e i liberali in Parlamento ci sono sempre stati, tranne che negli ultimi due-tre decenni, dopo la dissoluzione che rammentavo prima. [...]  Noi vogliamo riconquistare quella autorevolezza che aveva Giovanni Malagodi quando si alzava per parlare e tutti ascoltavano quello che aveva da dire. [...] Siamo sempre stati il partito della razionalità, vogliamo esserlo di nuovo [...] con un brand che rinasce dalle ceneri". 
Proprio questa è la lettura da dare al simbolo, nel quale spicca l'immagine della fenice che rinasce dal fuoco: "questa - ha segnalato Gentile - ha esattamente la funzione di ricordare agli italiani che i liberali in qualche modo a questo Paese possono far comodo, che hanno intenzione di porsi al servizio dell'Italia tutta e di tutti gli elettori [...] e che attraverso questo ambiziosissimo Progetto vogliamo riportare un po' più di liberalismo in questo Paese e un po' meno di sovranismo, di populismo, di reddito di cittadinanza, di super bonus per le villette più o meno ricostruite o rimodernate a spese degli italiani e più merito, più attenzione e soprattutto più rispetto per le istituzioni". Quanto agli archi verde e rosso collocati nella parte superiore del fregio, sopra al nome scritto in blu, "non rappresentano la bandiera italiana, disegnata in maniera surrettizia - ha concluso lo stesso Gentile - ma l'emiciclo del Parlamento, rappresentato in quel simbolo perché vuole essere la definizione del nostro rispetto per le istituzioni parlamentari: siamo da sempre parlamentaristi e abbiamo sempre avuto a cuore il sistema proporzionale, anche quando avvantaggiava personaggi che magari avremmo desiderato forse non vedere rappresentati nel Parlamento italiano, ma questo è il nostro faro illuminante. Le istituzioni hanno necessità di essere protette e nessuno meglio dei liberali è capace di farlo". 
"Abbiamo l'ambizione - ha aggiunto per parte sua Francesco Pasquali - di introdurre nel dibattito politico una sorta di neologismo: 'sovranlibertà'. Questo non vuol dire sovranismo, ma significa che oggi la libertà non può essere garantita se non è garantita la sovranità: come liberali guardiamo alla libertà dell'individuo, ma anche alla sovranità del Paese, sovranità che oggi l'Italia non ha, sul piano della sicurezza come dal punto di vista digitale. Noi abbiamo il sogno di uno Stato strategico, uno Stato leggero, al servizio del cittadino, ma uno Stato in cui regni una sorta di responsabilità, alla quale abbiamo collegato la proposta politica 'debito zero per i nostri figli': chiediamo alla politica che ogni nuova norma, ogni nuova legge possa garantire che nessun costo verrà fatto gravare sulle nuove generazioni; questo vorrebbe dire fare attenzione agli sprechi, avere un comportamento responsabile e guardare al futuro. Stiamo elaborando anche altre proposte, ma Unione liberale oggi è una tela bianca che deve essere disegnata insieme anche ad altre realtà del mondo liberale, spesso suddiviso in mille galassie". Per Pasquali "anche in altri partiti presenti in Parlamento ci sono molti liberali, alcuni lo sono e magari non lo sanno; Unione liberale vuole sensibilizzare su alcuni temi e quindi ci dobbiamo interrogare costantemente sulle possibili ricette liberali oggi, con quello che sta accadendo in Europa e nel mondo. Stiamo partendo davvero dal basso, abbiamo un carico storico alle spalle importante, dovremo essere all'altezza di attualizzarlo, partendo dai territori edarci magari un appuntamento dopo la primavera per cercare di darci un'organizzazione, ma il dato di fondo è che non sarà un simbolo, un percorso precedente o diatribe giudiziarie a fermare un pensiero che oggi deve contaminare il Paese, perché mai come oggi a mio avviso c'è bisogno davvero di tenere alta la bandiera della libertà". 
"Noi oggi - ha concluso Alberto Aschelter - stiamo rappresentando una grandissima ambizione: farci portatori di quel dubbio del quale siamo figli e tentare di creare una casa, uno spazio che possa accogliere appunto le diverse anime liberali. Noi siamo qui per dialogare, non per allearci con qualcuno per mandare a casa un terzo, ma per farci portatori di una serie di idee, convinti che queste possano trovare delle orecchie e pertanto ci si possa lavorare insieme. Non è dato sapere dove ci porterà il percorso, ma sicuramente vale tutto il cammino".
La conferenza ha evocato solo in parte lo scontro politico-giuridico in area liberale, culminato - per ora - nell'ordinanza del 3 luglio scorso; qualcosa in più ha detto Pasquali in un'intervista a Lanfranco Palazzolo di Radio Radicale, rilasciata subito dopo la conferenza stampa. A Palazzolo che chiedeva quanto il nuovo progetto politico rinascesse dal "non congresso" di luglio, Pasquali ha risposto: "Quella del 4 luglio 2025 è una giornata che resta comunque impressa nei nostri cuori: doveva essere un momento celebrativo di congresso e di entusiasmo, con iscritti da tutta l'Italia, perché noi quando facciamo i congressi, facciamo gli iscritti. La delusione è stata tanta, il tribunale temporaneamente ha preso questa decisione: ci sono state diverse tappe, che in teoria rischiano di proseguire negli anni. Quindi con un gruppo di amici che ricoprivano diversi ruoli all'interno del Pli abbiamo deciso di rimetterci insieme e di privilegiare le idee liberali a quello che poteva essere il vecchio simbolo: quindi per noi l'augurio a chi oggi sta utilizzando il vecchio simbolo è che possa farlo nel migliore dei modi, perché tra liberali possiamo litigare, ma c'è un rispetto di fondo per chi difende la libertà, ma non vogliamo limitarci a diatribe giudiziarie, quindi nella serenità siamo voluti uscire fuori da quell'esperienza, abbiamo voluto essere propositivi e lanciare un messaggio aggiornato del liberalismo. Sottoporremo le nostre proposte anche agli altri partiti presenti in Parlamento, con la serenità che non sarà un simbolo o un altro a poter fare la differenza, ma la tenacia degli uomini che portano avanti questa idee e soprattutto l'apertura che per noi Unione liberale deve avere: siamo molto fiduciosi di poter coinvolgere molti liberali che magari nella fase delle diatribe giudiziarie possono essere disgustati, e quello non diventa più politica, ma altro".
A distanza di vari mesi, cosa divideva davvero il gruppo rimasto vicino a Stefano De Luca da quello che sta lavorando alla costruzione di Unione liberale? Se lo è chiesto Palazzolo, girando la domanda a Pasquali: "Ci divide un aspetto anche generazionale: sicuramente Stefano De Luca ha rappresentato un pezzo importante del percorso dei liberali in questo Paese, gli va riconosciuto il merito nel 1997 di aver rispolverato e issato nuovamente la bandiera dei liberali, ma la nostra generazione ha una visione e una percezione del mondo diversa e questo ha generato un conflitto anche politico; sono poi intervenute vicissitudini giudiziarie, come capita anche ad altri partiti. Il Partito liberale non aveva neanche particolari patrimoni da difendere, ma era soltanto una questione organizzativa, purtroppo finita nei tribunali invece che in un'arena pubblica; abbiamo preferito quindi questa nuova strada". Una nuova strada marcata, come si è detto, da un nuovo simbolo, ritenuto da Pasquali "fortemente evocativo: cercheremo di seguire il destino dell'araba fenice, cioè di rinascere e volare verso l'alto". Saranno le prossime settimane e i prossimi mesi a delineare il volo del progetto, grazie alle persone che ne fanno parte o che vorranno aderire.

mercoledì 17 settembre 2025

Marche, simboli e curiosità sulla scheda


Come si è detto, il 28 settembre si voterà per le elezioni regionali - oltre che in Valle d'Aosta - anche nelle Marche; in quella regione, però, le urne resteranno aperte anche fino alle ore 15 di lunedì 29 settembre. Sono 6 gli aspiranti presidenti della Giunta regionale, incluso l'uscente Francesco Acquaroli; in tutto conteranno a loro sostegno 18 liste, lo stesso numero di simboli finiti sulla scheda cinque anni fa (ma allora i candidati alla presidenza erano stati 8).
Questi contrassegni - che in seguito saranno analizzati secondo l'ordine sorteggiato per la circoscrizione provinciale di Ancona - non esauriscono tuttavia i simboli presenti sulla scheda. L'art. 11 della legge elettorale (legge n. 27/2004), infatti, al comma 3 prevede che ogni candidatura alla presidenza della giunta regionale debba essere "altresì accompagnata da un modello di contrassegno del candidato Presidente della Giunta, semplice o composito, anche figurato, in triplice esemplare, che rappresenta il contrassegno della rispettiva coalizione"; l'art. 16, che si occupa delle schede elettorali, al comma 2 precisa che a destra del rettangolo o dei rettangoli coi simboli delle liste provinciali (con tanto di righe per le preferenze) "è riportato il nome e cognome del candidato alla carica di Presidente della Giunta collegato, affiancato dal contrassegno del candidato stesso", contrassegno "che può essere costituito anche dall'insieme dei contrassegni delle liste collegate" (comma 3). Sembra utile precisare che, sempre in base all'art. 16, "l'elettore può anche esprimere soltanto il voto per il candidato Presidente, senza alcun voto di lista, tracciando un segno sul simbolo o sul nome del candidato prescelto", ma non è possibile il voto disgiunto (come recita il comma 9, "Sono nulli i voti espressi a favore di una lista provinciale e di un candidato Presidente non collegato alla lista stessa"). I simboli degli aspiranti presidenti verranno riportati solo quando risulteranno diversi da quelli delle liste presentate, altrimenti verranno semplicemente segnalati.

* * *

Claudio Bolletta

Il sorteggio ha collocato in prima posizione - nella circoscrizione di Ancona - la candidatura di Claudio Bolletta, classe 1958, pensionato con una lunga attività da imprenditore nell'ambito dei servizi di sicurezza. Bolletta distingue la sua candidatura con un simbolo che riporta semplicemente - in nero su fondo bianco - il proprio nome e cognome. La scelta di differenziare il contrassegno del candidato da quello della sola lista a suo favore rientra probabilmente nella strategia - già sperimentata in altre occasioni - di non proporre all'elettore due volte il simbolo di lista, per evitare che metta la croce soltanto sul simbolo "del presidente", dal momento che (come si è detto sopra) quel voto non si comunicherebbe automaticamente alla lista.
 

1) Democrazia sovrana popolare

L'unica lista che sostiene la candidatura di Bolletta è Democrazia sovrana popolare, che presenta per la prima volta sulle schede elettorali il suo nuovo simbolo, con la sigla come elemento dominante sotto al tricolore (e con la corona blu leggermente tagliata, con il nome nella parte inferiore). In questo caso, però, siamo già di fronte a una variante elettorale del simbolo stesso: il contrassegno, infatti, ha ridotto leggermente il peso del tricolore e della sigla, dando lo stesso rilievo dell'acronimo al cognome di Marco Rizzo, coordinatore nazionale del partito.
 

Beatrice Marinelli 

2) Evoluzione della rivoluzione

La seconda candidatura sorteggiata è di Beatrice Marinelli, cofondatrice, tra gli altri, dei comitati "Pro Ospedali Pubblici delle Marche" (contro la privatizzazione della sanità) e "E ora basta Italia" (contro le misure restrittive adottate in epoca Covid-19). La sostiene la lista Evoluzione della rivoluzione, nata sul territorio regionale "da associazioni, comitati, professionisti e cittadini che, negli ultimi anni, non hanno chinato la testa - si legge nella nota diffusa all'inizio dell'attività - di fronte ad imposizioni calate dall'alto ed hanno agito sul territorio, con azioni concrete". Su Fb si legge che Edr è "un movimento politico e un laboratorio civico permanente, che si propone di rappresentare, dando loro voce, tutti coloro che, negli ultimi anni, hanno scelto di astenersi dal voto, perché sono rimasti delusi dal frazionismo personalistico, o sconfortati dalla sostanziale inutilità di battaglie politiche di piccoli orizzonti, infarcite di proposte banali ed inadeguate". Come contrassegno di lista - adottato anche come emblema della candidata - è stato scelto un simbolo complesso, così descritto nella domanda di marchio (depositata a fine marzo da Marinelli e Lorenzo Giuliodori, rispettivamente al primo e al secondo posto in lista ad Ancona): "cerchio di colore antracite contenente, al centro, un dodecagono di colore rosso che ne occupa, in modo uniforme, circa il 90% della superficie circolare, e caratterizzato da una sfumatura di rosso più scuro ai bordi e rosso più chiaro e brillante via via che ci si sposta più al centro, dove si trova il disegno di un lupo di colore ore, con lo sguardo rivolto in alto a destra e con le quattro zampe che poggiano su una scogliera color antracite, affacciata su uno specchio d'acqua di colore arancio brillante che riflette il sole giallo dorato che sorge sullo sfondo a destra; sopra al disegno del lupo, disposta a semicerchio, da sinistra verso destra, vi è la scritta dorata 'Evoluzione della rivoluzione'". Perché il lupo? Perché - come si trova su alcuni post di Fb - "non ha padroni" e "noi siamo il branco, loro sono il gregge. Tu con chi stai?".
  

Lidia Mangani 

3) Partito comunista italiano

Al terzo posto tra coloro che aspirano alla guida della giunta regionale delle Marche il sorteggio ha collocato Lidia Mangani, già insegnante e dirigente scolastica, a lungo militante e consigliera comunale del Prc e del Pdci. A candidarla è il Partito comunista italiano, che si presenta con il proprio simbolo ufficiale (con la doppia bandiera - rossa con falce, martello e stella in alto, tricolore italiana in basso - con aste scure e la sigla in carattere bastoni in basso), impiegato anche come contrassegno della candidata alla presidenza.
 

Francesco Gerardi 

4) Forza del popolo

In provincia di Ancona il sorteggio ha curiosamente collocato una dopo l'altra le candidature sostenute da una sola lista: la quarta è quella di Francesco Gerardi, docente di storia e filosofia in corsi liceali, giornalista s sceneggiatore, marchigiano di origine pur avendo trascorso molti anni in Emilia. Si candida col sostegno di Forza del popolo, partito al quale egli stesso aderisce. Il contrassegno di lista (e della candidatura a presidente) è molto simile a quello che Fdp - partito fondato e guidato da Lillo Massimiliano Musso - ha utilizzato in altre occasioni: al centro c'è il simbolo vero e proprio (con l'acronimo bianco su fondo blu e rosso), su fondo bianco, contornato dal nome del partito e da un arco tricolore; sotto si colloca la dicitura "con amore e libertà" e, nella parte inferiore, un segmento blu contiene il riferimento al candidato presidente e alla regione.
 

Matteo Ricci

Il quinto posto tra le candidature spetta a Matteo Ricci, già sindaco di Pesaro sostenuto da una maggioranza di centrosinistra e attualmente parlamentare europeo eletto nel 2024 con il Pd. In questa competizione potrà contare sul sostegno di sette liste: distingue la propria candidatura con il contrassegno che contiene la denominazione della sua coalizione, cioè "Alleanza del cambiamento", proposta in rosso su fondo bianco, mentre il segmento inferiore giallo contiene il riferimento alla candidatura (nel mezzo c'è un segmento azzurro e rosso ondulato). Al di là delle liste, di seguito analizzare, vale la pena consultare il programma della coalizione per vedere l'elenco completo delle forze che costituiscono la compagine a sostegno di Ricci.
 

5) Progetto Marche vive

Prima lista della coalizione a sostegno di Ricci è Progetto Marche vive, anche è facile leggere solo "Progetto Marche". Nella parte superiore si vede la sagoma della regione campita con sfumature tra fucsia, blu e arancione (con il contorno leggermente staccato), mentre nel segmento curvilineo inferiore (tinto con una sfumatura analoga) trova posto il riferimento al candidato. Proprio i colori utilizzati e anche il carattere corsivo e handwriting con cui sono state scritte le parole "progetto" e "vive" fanno intuire che nella lista c'è una forte impronta di Italia viva (anche se formalmente le candidature non rientrano nel progetto "Casa riformista"), ma si apprende che alla lista concorrono anche altre forze, come  Base per il Cambiamento, Popolari per Ancona e DemoS.
 

6) Avanti con Ricci

Viene qualificata espressamente come "progetto civico" la formazione Avanti con Ricci: in effetti la lista contiene candidati espressi da vari soggetti politici (come Partito socialista italiano, Partito repubblicano italiano, Volt, +Europa, Socialisti liberali riformisti) e movimenti civici. Nessuno di quei simboli è entrato a fare parte del contrassegno di lista: nella parte superiore c'è un segno pennellato tricolore che finisce in una bandiera europea, al centro su fondo arancione spicca la parola "Avanti" (che può rimandare in qualche modo al socialismo, senza però usare la grafica coordinata a suo tempo proposta dal Psi), mentre in basso il riferimento al candidato occupa il segmento blu; il contorno del cerchio è tinto di vari colori sfumati.
 

7) Pace salute lavoro

Terza lista della coalizione è Pace salute lavoro, presentata dalla formazione civica Dipende da noi (che nel 2020 aveva autonomamente sostenuto la candidatura di Roberto Mancini) e dal Partito della rifondazione comunista. La struttura del contrassegno - con la parte superiore rossa contenente il nome e il segmento inferiore curvilineo verde con le miniature dei due simboli - è già comparsa in altri appuntamenti elettorali territoriali, ma è uno dei pochi casi in cui il Prc è nella stessa coalizione del Pd.
 

8) Partito democratico

Si parlava appunto del Partito democratico, vale a dire il soggetto politico cui Matteo Ricci appartiene. Pure quest'anno viene confermata la scelta di inserire, al di sotto del logo elaborato nel 2007 da Nicola Storto, il riferimento al candidato presidente, ma questa volta nel segmento rosso - a base rettilinea, non più concava - rientrano tanto il nome quanto il cognome, visto che sono brevi e c'è spazio per entrambi.

 
9) Lista civica Matteo Ricci presidente

Se prima si sono incontrate due formazioni più o meno civiche (pur se promosse soprattutto da partiti), in questo caso la Lista civica Matteo Ricci presidente è identificabile come la formazione più vicina al candidato della coalizione; all'interno di essa, peraltro, figurano anche alcuni candidati legati al partito Possibile. La lista ha scelto di distinguersi con i colori della campagna elettorale di Ricci, dunque il lilla per lo sfondo e il verde chiarissimo per il nome del candidato, con il cognome in particolare evidenza al centro.
 

10) Alleanza Verdi e Sinistra

Fa parte della coalizione - "campo largo" a sostegno di Ricci anche l'Alleanza Verdi e Sinistra, alla prima partecipazione alle elezioni regionali marchigiane (essendosi formata come cartello alle politiche del 2022), ma a suo modo presente anche nell'ultimo appuntamento elettorale (i Verdi in particolare nel 2020 erano nella lista Rinasci Marche, mentre Sinistra italiana aveva promosso la lista Dipende da noi). Il contrassegno elettorale, anche in questo caso, è identico a quello coniato in vista delle elezioni del 2022, senza alcuna variazione o aggiunta territoriale.
 

11) MoVimento 5 Stelle

Completa la coalizione su cui potrà contare Ricci il MoVimento 5 Stelle, che cinque anni fa aveva sostenuto un proprio candidato alla presidenza della giunta regionale, Gian Mario Mercorelli, non essendosi realizzata l'Alleanza con il centrosinistra che sosteneva Mangialardi. Rispetto al 2020 si è modificato il simbolo, che allora aveva nella parte inferiore l'indirizzo del sito Ilblogdellestelle.it; questa volta, invece, c'è il noto riferimento al 2050 come anno dell'auspicata neutralità climatica, collocato su un segmento rosso al di sotto del nucleo simbolico tradizionale.
 

Francesco Acquaroli


L'ultimo candidato estratto, almeno in provincia di Ancona, è il presidente uscente, Francesco Acquaroli. La sua coalizione di centrodestra (con alcune formazioni civiche) comprende lo stesso numero di liste rilevato in quella di Ricci, dunque sette; Acquaroli, tuttavia, ha scelto di distinguere la sua candidatura con un contrassegno che richiama lo slogan e la grafica della campagna elettorale, dunque con l'espressione "Più Marche" in bianco su fondo blu, sottolineata di giallo. Non è ripetuto il nome del candidato e questo probabilmente eviterà che qualche elettore sia indotto a mettere la croce solo sul simbolo del presidente, suggerendo piuttosto di segnare unicamente la lista che si intende votare.
 

12) Unione di centro - Liste civiche

Prima lista sorteggiata della coalizione di Acquaroli è quella dell'Unione di centro, che conferma la sua presenza sulle schede e all'interno del centrodestra. Se lo scudo crociato in primo piano resta assai ben visibile al centro del contrassegno, nella parte superiore non c'è più il riferimento "Popolari Marche", ma la dicitura "Liste civiche": essa si riferisce al Movimento politico Liste civiche, nato innanzitutto a Osimo su impulso di Dino Latini e proprio da quel simbolo è mutuato il fregio ondulato tricolore che emerge, sia pure con un po' di fatica, sul segmento rosso che caratterizza il simbolo dell'Udc.
 

13) Forza Italia

Come seconda lista della coalizione di centrodestra il sorteggio ad Ancona a indicato quella di Forza Italia. Nel 2020 nella parte inferiore del contrassegno elettorale era stata inserita, in un segmento blu, la dicitura "Civici per le Marche"; questa volta invece viene utilizzato il simbolo ufficiale, con la bandierina che è nuovo interamente visibile (e non più debordante) in posizione centrale, avendo al di sotto solo il cognome di Silvio Berlusconi mentre nella parte superiore è disposto ad arco in riferimento al Partito popolare europeo.
 

14) I Marchigiani per Acquaroli

La terza posizione nella coalizione del presidente uscente, sulla scheda della provincia di Ancona, è occupata dalla lista I Marchigiani per Acquaroli, anche in questo caso facilmente identificabile come la formazione più vicina al presidente in cerca di riconferma. Nel contrassegno, a fondo giallo, picca una "M" maiuscola verde (il colore del logo della regione, insieme al nero), leggermente tagliata al centro per ospitare parte del nome; si legge assai poco la parola "presidente" sullo snodo centrale della M, mentre è leggermente più visibile l'espressione "Civici Concreti Competenti", collocata ad arco nella parte inferiore.
 

15) Fratelli d'Italia

Non poteva ovviamente mancare, all'interno della coalizione di centrodestra, la lista di Fratelli d'Italia, di cui è espressione proprio il presidente uscente. Non stupisce, in questo senso, che il partito abbia scelto di utilizzare esattamente lo stesso contrassegno schierato sulle schede cinque anni fa, che adotta un modello non ancora incontrato in questa serie di elezioni regionali: il nome della leader Giorgia Meloni (frattanto divenuta presidente del Consiglio) è collocato in alto, al centro c'è il cognome del candidato sostenuto, mentre in basso c'è il simbolo ufficiale di Fdi.
 

16) Civici Marche

Fa parte della coalizione in appoggio ad Acquaroli anche la lista Civici Marche, che fa riferimento al consigliere regionale Giacomo Rossi. Rivendica di essere la sola lista civica Docg, esistendo già dalle elezioni regionali precedenti e avendo operato durante tutta la legislatura. Già da anni i Civici avevano abbandonato l'albero con cui avevano concorso alle elezioni del 2020, scegliendo l'immagine di un picchio verde, che evoca il Piceno e le stesse Marche; al di sotto è stato inserito il riferimento al candidato presidente in grande evidenza.
 

17) Noi moderati

Presenta la sua lista all'interno della coalizione di centrodestra anche Noi moderati: il partito guidato da Maurizio Lupi si affaccia per la prima volta sulle schede delle elezioni regionali marchigiane e si presenta con l'ultima versione del suo simbolo, con il tricolore che occupa la parte inferiore del cerchio (insieme al riferimento ad Acquaroli) e il rimando al Partito popolare europeo aggiunto di recente, dopo l'ammissione al Ppe come partito membro.
 

18) Lega

Chiude la coalizione in appoggio ad Acquaroli e l'intera scheda elettorale la lista della Lega, che ha deciso anch'essa di non cambiare la propria immagine rispetto a cinque anni fa: il contrassegno schierato, infatti, è esattamente identico a quello del 2020, conforme a quello adottato a partire dalle elezioni politiche del 2018, fatta eccezione per la sostituzione della parola "premier" sotto al cognome di Matteo Salvini con il riferimento alla regione chiamata al voto.

lunedì 15 settembre 2025

Aosta, simboli e curiosità sulla scheda

Il 28 settembre in Valle d'Aosta, oltre alle elezioni regionali, si voterà per rinnovare l'amministrazione di molti comuni, incluso il capoluogo, Aosta. Sono state accolte tutte le candidature che, in base alla legge elettorale regionale per le amministrative, devono prevedere la coppia di un aspirante sindaco e un aspirante vicesindaco; tra i candidati, peraltro, non figura il sindaco uscente, Gianni Nuti. Sono 4, in particolare, le candidature binominali presentate, a fronte di 11 liste che finiranno sulla scheda, una in più rispetto al 2020 (ma allora le coppie di candidati erano 6).
 
* * *
 

Raffaele Rocco (s) e Valeria Fadda (v)

1) Rev-

Il sorteggio ha collocato in prima posizione la coalizione a sostegno di Raffaele Rocco (candidato sindaco) e Valeria Fadda (aspirante vicesindaca), espressione del centrosinistra (pur se a composizione più ridotta) e di alcune forze autonomiste. La compagine è costituita da cinque liste e la prima a essere estratta è Rev-, guidata dall'assessore uscente Samuele Tedesco. Qualificata dall'inizio come "lista under 35", Rev- ha come simbolo un cerchio rosso con all'interno un fumetto/cartellino obliquo, contenente il nome (che con "Rev" richiama il concetto di rivoluzione ma anche di sogno, come rêve; il trattino rende possibile evocare entrambe le parole e, in qualche modo, rimanda anche al risveglio di quando un sogno viene interrotto).
 

2) Stella Alpina - Rassemblement Valdôtain

La seconda lista della coalizione di centrosinistra si configura, almeno sul piano grafico, come una "bicicletta ineguale", nel senso che all'interno del cerchio sono contenuti due simboli di dimensioni diverse: il più evidente, a sinistra, è quello della lista Stella Alpina, mentre a destra risulta più piccolo l'emblema del Rassemblement Valdôtain, con il suo leone rampante su fondo rosso. Le due formazioni autonomiste (che a livello regionale collaborano già, avendo dato luogo alla lista degli Autonomisti di Centro insieme a Pour l'Autonomie) si dividono anche la circonferenza interna, divisa a metà tra il blu e il rosso, i colori dominanti dei rispettivi simboli.
 

3) Partito democratico - +Aosta - Partito socialista italiano

Terza lista della coalizione in appoggio alla coppia Rocco-Fadda è quella guidata dal Partito democratico, che come alle regionali include la dicitura "Federalisti progressisti Valle d'Aosta". Al di sotto del logo di Nicola Storto, tuttavia, questa volta non c'è alcun elemento nero e rosso; troviamo invece i simboli in miniatura di +Aosta (declinazione locale di +Europa, con il logo realizzato utilizzando la stessa texture e i medesimi colori) e del Partito socialista italiano, le cui candidature sono dunque ospitate all'interno della lista.
 

4) Pour l'Autonomie 

Quarto simbolo della coalizione di centrosinistra e degli autonomisti è quello di Pour l'Autonomie, che in questo caso - come cinque anni fa, ma diversamente dal livello regionale - presenta una lista propria, non condivisa con altre forze politiche locali. Il simbolo è lo stesso inaugurato nel 2020, con il nome nero in francese che occupa la parte superiore del simbolo e la sagoma nera e rossa della regione che, su fondo azzurro sfumato, sovrasta il nome in italiano posto ad arco in basso; il simbolo è contenuto in una circonferenza rossa e nera (a colori alternati rispetto a quelli della silhouette della regione).
 

5) Union Valdôtaine

La compagine a sostegno di Rocco e Fadda si completa con la lista dell'Union Valdôtaine, che con la sua storia politico-elettorale completa la componente autonomista della coalizione. Il simbolo è identico a quello visto nella competizione elettorale regionale, con il leone rampante giallo nello scudo bipartito rosso e nero bordato di corda (col nome del partito nella parte superiore bianca) e collocato sullo sfondo azzurro del contrassegno.
 

Eugenio Torrione (s) - Katya Foletto (v)

6) Alleanza Verdi e Sinistra

Si è detto prima che la coalizione in appoggio a Rocco e Fadda non può dirsi come di "centrosinistra" a tutti gli effetti, anche per la corsa solitaria di Alleanza Verdi e Sinistra: la lista, infatti, appoggia un diverso ticket, che schiera come candidato sindaco Eugenio Torrione e come aspirante vicesindaca Katya Foletto. Il simbolo utilizzato ad Aosta è lo stesso che si ritrova sulla scheda delle regionali, a sua volta identico a quello in uso dalle elezioni politiche del 2022.
 

Giovanni Girardini (s) - Sonia Furci (v)

7) Lega

La terza coppia di candidature per le cariche di vertice del comune di Aosta, sempre in ordine di sorteggio, è costituita da Giovanni Girardini e da Sonia Furci, rispettivamente per i ruoli di sindaco e vicesindaca. Le liste presentate a sostegno in questo caso sono quattro e per prima è stata sorteggiata la Lega, che ripropone anche alle amministrative lo stesso simbolo schierato alle contemporanee elezioni regionali: Alberto da Giussano al centro e in primo piano con il leone rampante sullo scudo; in basso il segmento blu - con base seghettata per ricordare le montagne - che contiene il riferimento arancione a Salvini (mentre nel 2020 c'era il candidato leghista Sergio Togni) e bianco alla regione (in francese); sullo sfondo bianco, una grande bandiera rossa e nera leggermente sventolante; il contorno del contrassegno tinto eccezionalmente di nero e rosso.
 

8) Forza Italia

Il secondo simbolo della coalizione di centrodestra è quello della lista di Forza Italia, che rispetto a cinque anni fa ha eliminato ogni personalizzazione territoriale del proprio contrassegno (nel 2020 c'era il riferimento "per Aosta") e ha lasciato solo il suo simbolo ufficiale, con la bandierina al centro, in alto il riferimento al Partito popolare europeo e in basso il cognome di Silvio Berlusconi, così come fissato all'interno dello statuto.
 

9) La Renaissance Valdôtaine

Alle contemporanee elezioni regionali ha presentato una lista condivisa proprio con Forza Italia, ma ad Aosta La Renaissance Valdôtaine ha un gruppo di candidati tutto suo, anche perché il candidato sindaco Girardini è di sua espressione: cinque anni fa fu lui ad accedere al ballottaggio con Nuti grazie al 24% superato dalla sua lista Rinascimento Valle d'Aosta, esperienza politica alla base della Reinassance, che al posto di Michelangelo propone una delle opere più famose di Sandro Botticelli, la Venere (in bianco su fondo azzurro e blu).
 

10) Fratelli d'Italia

La coalizione di centrodestra si completa con la lista di Fratelli d'Italia, che nel 2020 aveva sostenuto con Fi Paolo Attilio Laurencet; questa volta il centrodestra si presenta invece unito. Come alle regionali, Fdi utilizza il contrassegno "ufficializzato" alle scorse europee, con il nome del partito in alto, il riferimento alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in grande evidenza al centro e, sotto a una fascetta tricolore, la fiamma tricolore (con base semplice) ingrandita rispetto al passato.
 

Diego Foti (s) - Chiara Giordano (v)

11) Valle d'Aosta aperta

Il quadro delle candidature si completa con Diego Foti (aspirante sindaco) e Chiara Giordano (candidata al ruolo di vicesindaca). A sostenerli c'è un'unica lista, Valle d'Aosta aperta, che raccoglie le stesse forze che partecipano all'omonima lista a livello regionale: Area democratica - Gauche autonomiste, Ambiente diritti uguaglianza - Valle d'Aosta, Uniti a sinistra (Prc e Risorgimento socialista) e MoVimento 5 Stelle. Non stupisce, dunque, che il simbolo sia identico a quello che si potrà trovare sulle schede delle elezioni regionali.

venerdì 12 settembre 2025

Valle d'Aosta, simboli e curiosità sulla scheda


Come si è già notato nei giorni scorsi, in quest'autunno si terranno ben sette elezioni regionali (che dunque interessano un terzo delle Regioni italiane), anche se i seggi si apriranno in ordine sparso. Il viaggio elettorale inizia dalla Valle d'Aosta, in cui i cittadini saranno chiamati a votare nella sola giornata di domenica 28 settembre (in molti comuni anche per le elezioni amministrative), mentre nelle Marche ci si potrà recare ai seggi anche lunedì 29 settembre.
L'ufficio elettorale regionale ha ammesso tutte le 9 liste che sono state presentate (con una contrazione sensibile rispetto a cinque anni fa, quando le formazioni ammesse erano state 12), con altrettanti contrassegni elettorali: questi vengono analizzati in ordine di sorteggio. Sembra opportuno ricordare che in Valle d'Aosta si vota esclusivamente per una lista - potendosi esprimere tre preferenze, in base a una recentissima modifica della legge elettorale, oggetto però di un ricorso presso il tribunale civile di Aosta su interesse di Avs e Rete civica - e non è prevista l'elezione diretta del presidente della giunta regionale (riservata al consiglio); è invece possibile sottoscrivere un programma comune (come hanno fatto le tre liste del centrodestra), anche nella speranza di raggiungere la soglia del 42% dei voti, che farebbe scattare l'assegnazione di un premio di lista o gruppo di liste di 21 seggi sui 35 disponibili (diversamente la distribuzione dei seggi sarebbe proporzionale). Non partecipano, in ogni caso, al riparto dei seggi le liste che non abbiano raggiunto il quoziente elettorale (ottenuto dividendo il numero di voti validi per i 35 seggi in palio).
 
* * *
 

1) Alleanza Verdi e Sinistra

Il sorteggio ha collocato in prima posizione la lista presentata da Alleanza Verdi e Sinistra, alla sua prima partecipazione elettorale alle regionali valdostane (il che è inevitabile, considerando che alle precedenti elezioni il cartello non esisteva ancora: nel 2020, in compenso, Europa Verde era stata parte della lista Progetto civico progressista insieme a Pd e Rete civica). Il contrassegno impiegato è lo stesso inaugurato in vista delle elezioni politiche del 2022 e confermato alle elezioni del 2024, senza alcuna integrazione politica o territoriale (e nemmeno linguistica); gli stessi candidati di Rete civica concorrono alla lista di Avs.
 

2) Union Valdôtaine

Si conserva assolutamente intatto e solitario il simbolo dell'Union Valdôtaine, che non ha mai mancato un'elezione regionale, dalle prime del 1949 a quelle previste quest'anno (al più presentandosi in liste condivise con altre forze politiche). Il leone rampante inserito nello scudo rosso e nero, a sua volta bordato di corda e collocato su fondo azzurro è una presenza costante e del tutto immutata da molti anni (almeno dal 2003, ma probabilmente ancora da prima); i candidati in lista sono in rigoroso ordine alfabetico e ci sono anche il presidente uscente, Renzo Testolin e Luciano Caveri.
 

3) Partito democratico

Torna a correre da solo questa volta il Partito democratico (come nel 2018), dopo essersi presentato alle elezioni anticipate del 2020 con Avs e Rete civica nella medesima lista. Sotto al logo creato da Nicola Storto c'è un piccolo rettangolo nero e rosso, mentre cinque anni fa era un segmento circolare; disposto ad arco, nella parte superiore, si legge invece l'espressione molto leggera "Federalisti Progressisti Valle d'Aosta", come specificazione politica e territoriale della forza politica nazionale. In lista ci sono anche l'ex sindaco di Aosta Fulvio Centoz e l'ex segretaria regionale Sara Timpano.  
 

4) Autonomisti di Centro

Il percorso della lista sorteggiata al quarto posto, Autonomisti di Centro, è iniziato alcuni mesi fa, quando si sono unite le strade di tre formazioni locali, Pour l'autonomie, Stella Alpina e Rassemblement Valdôtain. L'idea era e rimane di proporre un progetto condiviso - pur nelle differenze - basato sulla valorizzazione dell'autonomia speciale e di soluzioni moderate ma efficaci ai problemi della regione. Il simbolo scelto è un cerchio blu scuro, con una circonferenza concentrica bianca che raccoglie i simboli delle tre forze parte dell'alleanza ed è interrotta solo dalla debordante parola "Centro" (con un puntino rosa nella "o"), mentre al centro c'è un trifoglio, elemento ben noto in Valle d'Aosta come simbolo "di unità, montanità e ruralità".

 

5) Fratelli d'Italia

Come si è anticipato, le uniche tre liste ad avere presentato un programma comune - creando una sorta di coalizione - sono quelle del centrodestra. La prima a essere sorteggiata è stata quella di Fratelli d'Italia, che nel 2018 e nel 2020 aveva partecipato alle elezioni presentando liste con Forza Italia; questa volta Fdi (dopo il successo alle elezioni politiche del 2022) corre da sola, destinando alle schede elettorali lo stesso simbolo utilizzato a livello nazionale alle elezioni europee del 2024, con il nome - in bianco - del partito in alto e il riferimento - in giallo - alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni al centro, sempre su fondo blu, mentre nella parte inferiore bianca trova posto la fiamma tricolore.   
 


6) Forza Italia - La Renaissance Valdôtaine

La seconda lista del centrodestra unisce Forza Italia e La Renaissance Valdôtaine. La prima, come si è appena visto, negli ultimi anni aveva presentato sempre liste comuni con Fdi, mentre il secondo soggetto politico, guidato da Giovanni Girardini, è evoluzione di Rinascimento Valle d'Aosta, che nel 2020 aveva sfiorato il 5% ed era stato presente alle elezioni politiche del 2022 nell'unico collegio uninominale della Camera: già allora il simbolo si basava sul volto (bianco) della Venere di Botticelli (emblema pittorico del Rinascimento), collocato su sfondo azzurro e blu, mentre il nuovo nome in lingua francese mirava a "rafforzare le radici valdostane del progetto civico". Il rilievo maggiore, all'interno del cerchio bianco bordato di nero e rosso, è del simbolo di Fi, collocato in alto (con il riferimento "Berlusconi presidente"), mentre il simbolo contiene le parole azzurre "Insieme - Ensemble".  
 

7) Lega

Terza e ultima lista a condividere il programma comune del centrodestra è quella della Lega, che presenta una propria lista autonoma, il cui contrassegno somiglia molto a quello di cinque anni fa. Al centro c'è sempre la statua di Alberto da Giussano (col leone rampante valdostano sullo scudo), il segmento blu contenente il cognome di Matteo Salvini (in arancione, non più in giallo) ha anche questa volta il profilo seghettato per richiamare le montagne valdostane e in basso c'è il riferimento alla regione Valle d'Aosta in lingua francese. Rispetto al 2020, però, sono più accentuati i colori valdostani: il nero e il rosso tingono il contorno del contrassegno e la grossa bandierina leggermente sventolante collocata al centro sullo sfondo (cinque anni fa era molto più piccola e defilata).
 

8) Valle d'Aosta aperta

Al penultimo posto si rivede la lista-cartello Valle d'Aosta aperta, il cui contrassegno era già comparso alle elezioni politiche del 2022, riunendo allora Area democratica - Gauche autonomiste, Adu-Vda (cioè Ambiente diritti uguaglianza - Valle d'Aosta, lista esclusa alle regionali del 2020), Sinistra italiana e MoVimento 5 Stelle. La struttura del contrassegno è rimasta la stessa (contorno rosso, profilo montuoso verde con il sole che sorge sullo sfondo, in alto l'espressione "Écologie et progrès"), così come sono ritornate le miniature dei simbolo di Area democratica, Adu-Vda e M5S; tra le ultime due "pulci" è comparso (al posto di quello di Si, ora parte di Avs) il fregio di Uniti a sinistra, che contiene i simboli - quasi impossibili da leggere sulla scheda elettorale - di Rifondazione comunista e di Risorgimento socialista.
 

9) Valle d'Aosta futura

Conclude manifesti e schede elettorali di queste elezioni regionali il contrassegno di Valle d'Aosta futura, soggetto politico locale nato nel 2020 e che in quelle prime elezioni aveva ottenuto il 2,66% (quota non sufficiente per superare il primo sbarramento, ma comunque non irrilevante). Il simbolo del movimento, volto a "riunire anime libere che intendono portare le loro energie, i loro talenti e competenze a sostegno di un progetto capace di ristabilire in Valle d'Aosta il senso di Comunità in equilibrio e in armonia con la legge universale", schiera nel testo i colori regionali ed è dominato da una sorta di sfera, disegnata secondo le forme cabalistiche del fiore della vita (reinterpretato anche nel Sole delle Alpi).