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sabato 30 marzo 2024

Libertà-Sud chiama Nord, Roberto Castelli lascia per la diffida di Italexit?

Dei 17 simboli presenti nel contrassegno elettorale della costituenda lista Libertà - Sud chiama Nord presentato in conferenza stampa giovedì, come si ricorderà, quattro erano ancora coperti: i cerchietti, infatti, erano ancora vuoti e si attende(va) di sapere quali delle 14 richieste di adesione - dichiarate da Cateno De Luca - sarebbero state accolte. Da poche ore, però, sembra essersi liberato il posto per un quinto ingresso: quest'oggi, infatti, si è registrata la defezione del Partito popolare del Nord, guidato da Roberto Castelli, che pure era stato il primo ad aderire all'aggregazione elettorale in vista delle europee 2024.
Vale la pena partire dai fatti e dai documenti, dunque ecco di seguito il comunicato diffuso dal Partito popolare del Nord.
Come noto, il Partito Popolare del Nord è stato il primo ad aderire al progetto lanciato da Sud chiama Nord basato sulla trasformazione dello Stato in macroregioni. In seguito altri soggetti hanno aderito al progetto, tra i quali "Movimento per l'Italexit". Ciò ha dato origine a una diffida da parte di "Italexit per l’Italia" a tutela del proprio simbolo. Prendendo atto della situazione, l’Assemblea Federale del Partito, riunitasi ieri sera, constatata la perdurante possibilità che "Italexit per l’Italia" possa intentare azioni giudiziarie dall’esito fortemente imprevedibile, in base al giudizio dei legali, ha deliberato, al fine di evitare tale possibilità, di ritirare il simbolo dalla lista LIBERTÀ. 
La prima cosa da fare, inevitabilmente, è prendere atto del comunicato e del pezzo perso dalla lista Libertà, cosa che riduce le citazioni della parola "Nord" nel contrassegno a due soltanto (Sud chiama Nord e Grande Nord). Tutto questo nonostante il dialogo iniziato a luglio dello scorso anno tra Castelli e De Luca, con l'incontro organizzato alla Festa dei Popoli del Nord. Il comunicato, tra l'altro, si conclude con una dichiarazione del segretario federale Castelli: "Sono dispiaciuto ma non abbiamo ravvisato altre possibilità". 
Oggettivamente, però, qualche domanda a voce alta sembra necessaria. È inevitabile, in particolare, chiedersi: davvero la possibile minaccia di un'azione legale da parte di Italexit (tutto meno che improbabile) può aver determinato la defezione di Castelli, che non avrebbe direttamente dovuto subire conseguenze da un'eventuale causa subita dalla lista? Diffide, significazioni e azioni minacciate non sono certo una novità (il caso Pace Terra Dignità - Verdi-Grüne-Verc lo testimonia proprio in questi giorni): in questo caso la questione sarebbe così grave, al punto da indurre a sfilarsi il titolare del simbolo più grande all'interno del contrassegno?
Elementi per fare supposizioni solide non ce ne sono. Si può riprendere uno dei post pubblicati da De Luca mercoledì, il giorno prima della conferenza dei 17 simboli: "Se qualche partner vuole uscire con la scusa della dimensione del simbolo o di altri pretestuosi formalismi faccia pure: la porta è sempre aperta per entrare e per uscire! Sopportare certe discussioni sulla dimensione dei propri simboli e non sentir parlare invece di come ripartire i costi della campagna elettorale non avete idea quanto mi fa girare le palline ma per la Libertà sopporto anche questo...". Sembra facile notare che, rispetto alla prima versione del simbolo, il fregio del Partito popolare del Nord si è rimpicciolito, ma - come si è detto - restava pur sempre il più visibile dopo quello di Sud chiama Nord: non è detto, quindi, che De Luca si riferisse a Roberto Castelli con le sue parole, che di certo non sono state dette a caso. Il riferimento alle spese della campagna elettorale introduce un altro elemento non irrilevante, visto che sui soldi - le spese, specie qualora non si raggiungesse il 4%, ma anche gli eventuali contributi ottenuti - è facilissimo litigare. Il riferimento alla diffida di Italexit e alle possibili azioni legali, però, fanno pensare che Castelli possa aver suggerito un ritocco del nome sul simbolo di quella piccola formazione, oppure che il Partito popolare del Nord non voglia rischiare di essere a sua volta oggetto di un'azione legale come co-promotore della lista. 


Sui social, intanto, se non si trova (per ora) una reazione ufficiale di Cateno De Luca o di Sud chiama Nord, è apparso un commento di Francesco Amodeo, promotore di Noi Contadini & Pescatori e aderente alla lista. "Quando in una lista ci sono elementi di sistema che vengono accerchiati dall'anti-sistema - scrive - sono loro a sentirsi braccati. Sono loro costretti a fuggire. Perché sanno di non poter reggere il confronto. Ed inevitabilmente devono lasciare. Così come è accaduto". Parla pensando ai passaggi precedenti del cammino della lista, in particolare alla trattativa saltata con Democrazia sovrana popolare di Marco Rizzo e Francesco Toscano, che pure figuravano in varie delle tante bozze di contrassegno (solo alcune delle quali sono state mostrate da De Luca): "L'errore enorme di Rizzo e Toscano - continua Amodeo - è stato quello di far saltare l'accordo per la presenza di Castelli. Io continuavo a ripetere che la loro folle scelta avrebbe per assurdo favorito proprio i Popolari del Nord mentre la presenza di DSP e di Italexit in quella lista comune avrebbe costretto Castelli (e quelli come lui) a fuggire a gambe levate. Oggi ho avuto ragione. l'Antisistema puro non ha nulla da temere. Come il fiore di loto può navigare nel fango senza macchiarsi. Sono gli altri che devono temere il confronto con i suoi petali".
In attesa delle versioni di chi non ha ancora parlato, viene naturale chiedersi: chi prenderà graficamente il posto di Castelli e del Partito popolare del Nord? Le dichiarazioni di questi giorni non aiutano a immaginare un riavvicinamento tra Libertà e Democrazia sovrana popolare, ma c'è ancora tempo per delineare gli schieramenti.

giovedì 7 marzo 2024

Europee, Sud chiama Nord lancia la lista Libertà: Castelli primo partner

Quando era stata resa nota la prima versione dell'emendamento di Fratelli d'Italia (a prima firma di Marco Lisei) al "decreto elezioni 2024" per ridurre le ipotesi di esenzione dalla raccolta delle firme per le elezioni europee, una delle voci più critiche era arrivata da Cateno De Luca: il sindaco di Taormina (dopo esserlo stato di Fiumedinisi, Santa Teresa di Riva e Messina) il 15 febbraio aveva parlato addirittura di un "colpo di Stato", parlando in un post sui social di "un emendamento anti Sud chiama Nord". Per il fondatore del partito, quella norma - non concedendo più l'esonero dalla ricerca dei sottoscrittori alle sigle che avevano eletto parlamentari solo nei collegi uninominali - avrebbe colpito "solamente la nostra forza politica" (anche se non era così, visto che ci avrebbero rimesso sicuramente anche +Europa e Centro democratico), per cui quella proposta di modifica di fatto avrebbe messo "a rischio la democrazia del nostro Paese". "Non si è mai verificato - aveva concluso - che iniziato il gioco, e quindi la strada verso le elezioni Europee, si cambino le regole": in effetti qualcosa di simile era già successo, anche se con riguardo ad altre elezioni (nel 1990, per esempio, quando mancavano poche settimane al voto più consistente, il numero di firme da raccogliere si moltiplicò, fino a decuplicare nei comuni maggiori), ma in questo caso la pubblicità è stata decisamente maggiore.
La riformulazione dell'emendamento - nel testo approvato due giorni fa in I commissione al Senato - che ha riesteso l'esonero ai partiti che avevano eletto parlamentari nei collegi uninominali ha certamente soddisfatto alcune forze politiche (mentre ne ha scontentate altre), inclusa quella di Cateno De Luca. Ovviamente, al di là dei partiti maggiori - la cui esenzione non è peraltro mai stata in discussione - il problema principale è superare la soglia del 4%: se per +Europa - che nel 2019, insieme a Italia in Comune e Psi, arrivò al 3,11% - l'obiettivo non è scontato ma non è nemmeno così lontano, per Sud chiama Nord (0,76% alle politiche del 2022) la sfida è decisamente più ardita, dunque ogni forza che possa concorrere al conseguimento dell'obiettivo può essere utile. Così il 2 marzo, nel secondo giorno dell'assemblea nazionale di Sud chiama Nord svolta a Taormina, Cateno De Luca ha delineato il percorso, a partire dal "sondaggio" svolto tra gli iscritti convocati al Palazzo dei Congressi. 
Scartate le ipotesi di non partecipare alle elezioni europee (3%), di inserire candidati in una lista nazionale che però ha idee diverse rispetto a ScN su Europa e autonomia differenziata (2%) o di presentarsi candidati solo nella circoscrizione Isole e comunque all'interno di un partito nazionale, come accadde nel 2019 con Forza Italia (1%), era stata sicuramente più apprezzata l'idea di correre in tutt'Italia con il simbolo di Sud chiama Nord (22%); aveva però vinto in modo nettissimo, con il 72%, il proposito di "promuovere un nuovo progetto politico con il nostro simbolo che includa anche altre forze politiche che si oppongono alle attuali politiche nazionali ed europee e che rimettano al centro l'Italia, con il comune denominatore: meno Europa, più Italia, più autonomia e più equità". In quelle condizioni, e riottenuto il beneficio dell'esenzione ("Non ce l'ha regalato nessuno - ha sottolineato De Luca - l'abbiamo ottenuto eleggendo due parlamentari che ci hanno messo in condizione di non dover raccogliere le firme alle europee, a differenza di partiti che alle elezioni politiche hanno ottenuto percentuali più alte delle nostre, ma avevano un consenso orizzontale che non ha prodotto eletti, a differenza del nostro consenso verticale e radicato"), si è delineato il nuovo progetto elettorale, nato per dare insieme voce ai territori - ma non solo - e proporre un'idea di Europa diversa da quella convenzionale (a partire da un tema che sta molto a cuore ai proponenti, cioè la contestazione della Politica agricola comune perseguita sin qui). 
Il progetto si è subito tradotto in un contrassegno potenziale e - naturalmente - provvisorio, con il simbolo di Sud chiama Nord ben visibile anche se in miniatura (in una versione simile a quella usata alle elezioni del 2022, con l'espressione "De Luca sindaco d'Italia", ma con il cognome in maggiore evidenza a dispetto della dimensione ridotta) e cinque cerchi vuoti intorno, in attesa di riempirsi con (alcune del)le forze che stipuleranno l'alleanza per la lista comune; nel mezzo, su una fascia biconcava blu, la parola "Libertà". "Potevamo essere egoisti e chiedere a chi voleva candidarsi con noi di farlo solo come Sud chiama Nord - ha proclamato De Luca - oppure potevamo prendere questo simbolo, darlo come 'lenticchia' a uno dei gruppi che ci ha contattato, farci dare in cambio dell'esenzione un bell'assegno di 500mila euro e pagare magari qualche debito. Siamo invece generosi e diciamo alle forze politiche e civiche di venire con noi, perché se il progetto funziona funzionerà per tutti noi e non solo per Sud chiama Nord: chi verrà con noi lo farà, a prescindere dalle dimensioni dei simboli nel contrassegno, in nome dell'elemento che ci unisce, cioè la libertà. Per ogni giovedì di marzo abbiamo prenotato e 'bloccato' la sala stampa della Camera, per presentare le forze politiche che verranno con noi in questo progetto e vedremo chi accetterà di presentarsi; il 6 aprile sarà presentato il progetto politico-elettorale definitivo guidato da Sud chiama Nord e i cerchi del contrassegno che ora sono vuoti prenderanno la loro sembianza definitiva".
Nel contrassegno di Sud Chiama Nord di certo non figurerà il logo di Azione (né ovviamente l'inverso), a dispetto di alcune voci che erano circolate nei giorni precedenti. "C'era una trattativa con Carlo Calenda - ha riconosciuto De Luca - ma quando lui ha iniziato a tenere una linea sempre più lontana dai nostri principi ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che non possiamo svendere la nostra identità e la nostra storia per un seggio a Bruxelles, viviamo lo stesso. Caro Calenda, non ti porre più il tema di Sud chiama Nord, perché Sud Chiama Nord con te non può mai venire".
Ma chi saranno, dunque, i compagni di viaggio di Sud chiama Nord (che dall'inizio di gennaio ha come presidente Laura Castelli, ex viceministra ed ex esponente del MoVimento 5 Stelle)? Il primo è stato reso noto oggi, nella prima conferenza stampa alla Camera annunciata da De Luca nei giorni scorsi: davanti ai giornalisti - oltre a De Luca, Laura Castelli e all'unico parlamentare su cui ora il partito può contare, Francesco Gallo, già vicesindaco di Messina - si è materializzato Roberto Castelli, parlamentare per sei legislature della Lega Nord ed ex ministro della giustizia, attualmente segretario federale del Partito Popolare del Nord - Autonomia e Libertà, formazione presentata lo scorso 27 novembre (due mesi dopo la sua uscita dalla Lega). Un partito - come si legge nel sito - "costituito da Donne e Uomini liberi delle Terre del Nord che si riconoscono nei valori di libertà, autonomia e democrazia; nei valori della tradizione giudaico-cristiana, nella difesa delle persone che [...] lavorano per consentire alle future generazioni una vita libera e degna di essere vissuta; nei valori della solidarietà, dell’attenzione per i fragili e per i più bisognosi. Crediamo nella sovranità sulle nostre terre e nella difesa dei nostri popoli che da secoli vivono, [...] lavorano e faticano per garantire alla future generazioni una vita degna e libera; riteniamo che tutti abbiano diritto allo studio, alla crescita personale e al benessere economico. Rivendichiamo il diritto a chiedere la più ampia autonomia di governo territoriale, così come previsto dal titolo V della Costituzione; rivendichiamo il diritto di chiedere la riforma della Costituzione, ai sensi dell'art. 138, per perseguire un assetto dello Stato in senso federale, sulla base del principio della sussidiarietà; denunciamo l’eccesso di potere dello Stato concepito ancora sul retaggio napoleonico [...]; esortiamo noi stessi [...] a servire lealmente il mandato popolare e le istanze politiche del Nord".
Il soggetto politico si è dotato di un simbolo - riprodotto in miniatura nella parte bassa del contrassegno - che richiama le bandiere di tante terre del Nord con la croce di San Giorgio (impiegata a Milano, a Genova, a Padova, a Varese, a Bologna e altrove) ed è tinto non di rosso ma di un verde foresta, che rimanda alla terra; lo stesso colore, inutile negarlo, ricorda molto il verde che tingeva il "Sole delle Alpi" dell'iconografia leghista secessionista. Il nome, "Partito popolare", richiama il popolo come custode dell'identità e come titolare della sovranità sulla base dell'art. 1 della Costituzione; non c'è ovviamente bisogno di spiegare il riferimento al Nord, fulcro di un progetto che - si legge sempre sul sito - non intende negoziare in alcun modo "i valori dell’Autonomia e della Libertà". 
Autonomia e Libertà, del resto, è il nome di un'associazione fondata dallo stesso Castelli nel mese di giugno del 2021. L'ente, che "si riconosce nei valori dell'identità, dell'autodeterminazione, dell'autonomia, delle libertà inalienabili e della fratellanza fra i popoli" e prende le mosse dagli esiti del referendum consultivo sull'autonomia in Lombardia e Veneto (22 ottobre 2017), di fatto è l'antecedente del Partito popolare del Nord (che, non a caso, come ultima parte del nome contiene lo slogan "Autonomia e Libertà" e riprende gli stessi colori del logo, il verde scuro e il blu, che qui tinge un'aquila che vola alta) e già prima si poneva come "un sicuro riferimento per gli autonomisti, federalisti, indipendentisti che sono alla ricerca di una casa politica e culturale", sempre nello sforzo di attualizzare il patrimonio ideale e della cultura politica autonomista.
"Per sei legislature - ha spiegato Castelli in conferenza stampa - ho combattuto in Parlamento per un diverso assetto dello Stato e contro il centralismo. Dopo aver abbandonato la politica, ho visto il segretario del mio partito cambiare legittimamente, ma completamente la linea, tradendo i nostri ideali: di federalismo e autonomia si sono perse le tracce, così mi sono ributtato nell'agone politico e, dopo un percorso, l'anno scorso abbiamo fondato questo partito, per lottare contro il centralismo di Roma e, ormai, anche contro quello di Bruxelles". Il primo incontro con il progetto di Sud chiama Nord, peraltro, è avvenuto meno di un anno fa: "Lo scorso luglio. alla Festa dei Popoli del Nord che abbiamo fatto a Ponti sul Mincio ha fatto 'irruzione' con i suoi Cateno De Luca, dicendo cose abbastanza sconvolgenti ma alle quali ho prestato attenzione: per la prima volta sentivo un partito del sud parlare di autonomia forte, di macroregioni, di federalismo fiscale sul modello della provincia di Bolzano, un concetto che nemmeno la Lega aveva osato proporre. Come si poteva rinunciare all'opportunità, alla tribuna delle elezioni europee che consente di andare in giro e sui media a dire che adottare un altro assetto statale conviene a tutti?" 
Castelli è consapevole della delicatezza dell'operazione politico-elettorale ("Non sarà facile per De Luca girare per le piazze del Sud e far capire e accettare la nostra collaborazione, come non sarà facile per me girare al Nord e parlare della nostra alleanza, ma siamo pronti"). L'ex ministro non ha mancato di rivolgersi ai compagni di strada e di partito di un tempo: "Ai leghisti delusi dico che grazie a questo progetto si potrà vedere la parola 'Nord' scritta due volte in un simbolo, mentre altrove non la si troverà proprio: anche solo per questo io partecipo con convinzione". 
"Il 22 settembre 2023 ho incontrato Umberto Bossi a Gemonio - ha aggiunto Cateno De Luca - e lui era contento di incontrarmi perché la sua visione della Lega non era quella della Lega attuale: il partito non era nato per annettere il Sud, ma per creare le condizioni perché in Meridione nascessero realtà autonomiste che si alleassero contro il centralismo. Quel disegno oggi si è avverato; in questa battaglia antisistema invitiamo a unirsi anche coloro che ora sarebbero costretti a raccogliere le firme e grazie a noi possono finire sulla scheda".
C'è dunque tempo perché si possa completare e assestare un potenziale nuovo "simbolo carambola", con un numero di fregi in miniatura destinato a salire. Sulla qualità grafica non ci si esprime; prevale però la curiosità di scoprire chi sarà coinvolto in questo progetto elettorale verso il voto europeo.