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mercoledì 15 gennaio 2025

Il simbolo della Lega, i marchi di Salvini e le nuove norme in materia

Si era quasi persa la memoria delle domande che Matteo Salvini aveva presentato nel 2018 per registrare come marchio tre versioni del simbolo della Lega, tutte accomunate dalla presenza dell'immagine del monumento al guerriero di Legnano (identificato nella figura di Alberto da Giussano): una era identica al contrassegno utilizzato per la prima volta alle elezioni politiche del 2018 (per tenere graficamente insieme la Lega Nord - senza la seconda parola - e la Lega per Salvini premier), un'altra era costituita dalla stessa grafica privata del segmento inferiore con la dicitura "Salvini premier" e la terza vedeva solo la statua all'interno della circonferenza, senza nemmeno la parola "Lega".
Due giorni fa un lancio di Adnkronos, puntualmente firmato da Antonio Atte, ha fatto sapere che lo scorso 9 gennaio l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha accolto le tre domande di marchio depositate a metà di giugno del 2018 da Salvini (quando, oltre che leader delle due Leghe, era anche vicepresidente del Consiglio e ministro dell'interno da un paio di settimane). In quel lancio di agenzia ci sono alcune brevi dichiarazioni di Andrea Valente Cioncoloni, avvocato (dello Studio Consulenza Brevetti Cioncoloni Srl) che ha supportato Salvini nella pratica di deposito e registrazione dei segni distintivi. Secondo l'avvocato, in particolare, sarebbe "a tutti gli effetti il titolare del logo di Alberto da Giussano", mentre la lunghezza notevole - e non consueta - del procedimento di registrazione sarebbe dovuta "alle tempistiche d'ufficio. Ad ogni modo, i rilievi sono stati superati e siamo riusciti ad arrivare a dama".
Non è dato sapere formalmente quali siano stati i rilievi che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha mosso alle tre domande e cui il 31 luglio del 2023 il rappresentante di Salvini ha risposto. In mancanza di documenti originali (che potrebbero ovviamente smentire la tesi qui riportata), tuttavia, non è da escludere che quei rilievi riguardassero la nota e già trattata questione dei "segni con significazione politica" alla cui registrazione come marchio il Ministero dell'interno - quando è stato richiesto di un parere - si è sempre opposto, principalmente per non consentire o facilitare aggiramenti delle norme sul procedimento elettorale (come ha ricordato il recente caso del MoVimento 5 Stelle). In ogni caso, è probabile che alla fine il simbolo sia stato registrato come segno notorio (in base all'art. 8, comma 3 del codice della proprietà industriale), superando la previsione in materia di segni con significazione politica (contenuta all'art. 10, comma 2 della stessa fonte).  
Una volta appresa la notizia della registrazione dei marchi, viene spontaneo domandarsi quali effetti questa novità possa produrre. Innanzitutto si può rilevare che è più raro che sia il leader di un partito a chiedere personalmente la registrazione del simbolo del suo partito come marchio, essendo più frequente che a ciò provveda l'associazione stessa, in modo che in caso di cambio al vertice della forza politica non ci siano dubbi sulla titolarità dei diritti. Secondariamente, Matteo Salvini è titolare del marchio (anzi, di quei tre marchi, nonché di "Salvini premier", di "Prima gli Italiani" e del simbolo che fu di Noi con Salvini) e - si presume - dei diritti di sfruttamento economico dello stesso (o almeno è nella posizione di doverlo autorizzare), ma non del simbolo della Lega come segno politico o come elemento di identificazione: quello non può che restare nel patrimonio della Lega Nord e della Lega per Salvini premier. 
In terzo luogo, è ormai ben chiaro che la titolarità del marchio non comporta in automatico una titolarità del contrassegno elettorale, anche se uno dei tre marchi è identico al fregio utilizzato dalla Lega a partire dal 2018. Ciò vale a maggior ragione dopo che, lo scorso anno, in sede di conversione del decreto-legge n. 7/2024 ("decreto elezioni 2024"), è stata inserita con un emendamento di Fratelli d'Italia la disposizione - art. 2-bis - in base alla quale "La registrazione come marchio d'impresa di simboli o emblemi usati in campo politico o di marchi comunque contenenti parole, figure o segni con significazione politica non rileva ai fini della disciplina elettorale e, in particolare, delle norme in materia di deposito dei contrassegni, di liste dei candidati e di propaganda elettorale". La stessa norma che non garantirebbe alla Fiamma tricolore l'uso pacifico del suo simbolo ove la sua domanda di marchio venisse accolta (a causa dell'uso parlamentare della fiamma da parte di Fdi) non renderebbe automaticamente "più forte" la posizione salviniana sul piano elettorale; la forza, casomai, verrebbe anche qui dalla presenza del partito in Parlamento, che tutela di riflesso la Lega per Salvini premier attraverso la tutela [dell'affidamento] del suo elettorato dalla presentazione di eventuali simboli simili. Non è dato sapere perché Salvini allora avesse provveduto al deposito: erano ancora di là da venire le iniziative guidate da Gianni Fava e Gianluca Pini circa la possibilità di impiegare il simbolo della Lega Nord alle elezioni o il tentativo (non riuscito) di far riconvocare il congresso di quello stesso partito. In ogni caso, si vedrà se la registrazione come marchio dei simboli leghisti sarà invocata in qualche occasione e a quale scopo.

martedì 21 febbraio 2023

Ancora sul rapporto tra simboli e marchi: il caso di +Europa

A volte le coincidenze esistono o forse, più semplicemente, sono inevitabili. Era stata avviata fin dalla fine del 2022 la macchina congressuale di +Europa, che offrirà a partecipanti e osservatori il suo momento più importante dal 24 al 26 febbraio, quando i delegati delle varie liste/mozioni si ritroveranno per discutere del futuro politico del partito, per eleggerne i nuovi organi e modificare le norme dello statuto. Solo all'inizio di questa settimana - dunque ieri - si era però deciso di dare spazio al congresso di +E su questo sito (prestando particolare attenzione ai simboli delle liste presentate), essenzialmente per il poco tempo a disposizione e per trattare senza troppo anticipo l'aspetto congressuale più interessante per chi frequenta questo spazio. 
A distanza di appena un giorno, tuttavia, si rende necessario parlare di nuovo del percorso congressuale di +Europa, non più con riferimento ai loghi delle liste/mozioni, ma proprio a proposito del simbolo ufficiale del partito. Tutto è nato dalla notizia diffusa da Adnkronos - in un pezzo a firma di Antonio Atte e Francesco Saita - in base alla quale il simbolo di +Europa è stato depositato come marchio giusto ieri a nome di Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi, rispettivamente segretario e presidente di +E (nonché unici deputati eletti dal partito nei pochi collegi uninominali vinti dal centrosinistra), insieme a Emma Bonino, militante storica e già parlamentare del Partito radicale (nonché della lista che portava il suo nome e prima ancora quello di Marco Pannella), oltre che senatrice proprio di +Europa nella scorsa legislatura. Si sarebbe trattato di una notizia di per sé, ma lo è ancora di più se si considera che il deposito è avvenuto a pochi giorni dall'apertura del rito finale del congresso e che Della Vedova e Magi - oltre che figure di vertice del partito - sono anche capilista di due delle sei mozioni in campo, che insieme esprimono 119 dei 250 delegati della platea congressuale, numeri che da soli potrebbero non essere sufficienti a determinare la nuova guida del partito (anche con l'apporto dei 4 delegati della mozione guidata da Stefano Pedica). 
Tanto è bastato per scatenare tensioni all'interno del partito, in particolare tra coloro che sostengono la candidatura alla segreteria di Federico Pizzarotti, ex sindaco di Parma e approdato di recente a +E. Sempre l'agenziAdnkronos, peraltro, haggiunto dopo qualche ora una dichiarazione riferibile a "fonti del partito", in cui si parlava di un deposito "meramente precauzionale" e già ritirato.

Il deposito del simbolo come marchio

La veridicità della notizia del deposito dell'emblema del partito è facile da verificare consultando il registro dell'Ufficio italiano brevetti e marchi. Con una rapida ricerca si trova la scheda relativalla domanda di marchio, presentata e depositata appunto lunedì 20 febbraio (dunque ieri) e relativalla grafica che "consiste nella dicitura '+EUROPA' in carattere stampatello maiuscolo di fantasia con il simbolo '+' sovrapposto alla lettera 'E'. Tale dicitura è in vari colori: giallo, blu, azzurro, verde, rosso, viola e fucsia, ed è posta all’interno di una circonferenza blu. Il tutto su sfondo bianco". Se si mette a confronto la descrizione appena vista con quella contenuta nello statuto - "Cerchio con fondo bianco e bordo blu, con: nella parte centrale, la dicitura '+Europa', in stampatello maiuscolo con grafica multicolore ('+' in giallo e 'Europa' in blu, turchese, verde, violetto, rosso corallo, fucsia)" si può dire che, al netto di alcune differenze di poco conto, si tratta esattamente del simbolo ufficiale del partito elaborato da Stefano Gianfreda e non, ad esempio, di una delle versioni impiegate alle elezioni (magari con la parte inferiore colorata di giallo a taijitu - e magari con un nome contenuto all'interno, come nel 2018 e nel 2022 o con le bandiere d'Italia e d'Europa, come nel 2019 per il simbolo in condominio con Italia in Comune e Pde).
La domanda di marchio è relativalle classi di beni e servizi 41 (Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali) e 45 (Servizi giuridici; servizi di sicurezza per la protezione di beni e di individui; servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali), che come al solito seguono la "classificazione di Nizza"Quanto a coloro che figurano come richiedenti, la domanda indica tre quote divise in parti uguali tra Benedetto Della Vedova, Riccardo Magi ed Emma Bonino (nello stesso ordine in cui la scheda li riporta), mentre mandatari risultano essere ben 14 professionisti, tutti legati alla Giambrocono & C. S.p.A., vale a dire uno dei maggiori studi Italiani di consulenza in tema di proprietà industriale.

Il caso, la prassi e le sue insidie "circolari" 

Per Federico Pizzarotti, candidato alla segreteria sostenuto innanzitutto dalla lista/mozione che lo nomina nel simbolo, vale a dire Energie Nuove, il cui capolista è Piercamillo Falasca (in passato vicesegretario di +E, con Della Vedovalla segreteria) e che da sola può contare su 87 delegati su 250 (il numero più elevato di tutte le compagini) la scelta dei vertici attuali e uscenti di +Europa di depositare il simbolo come marchio suona come "una vera e propria dichiarazione di guerra", secondo quanto riporta l'agenzia: 
Abbiamo saputo del deposito del simbolo, il mondo è piccolo... L'azione non mi sembra una delle più lungimiranti: è un gesto che certamente non va nella direzione di trovare soluzioni di dialogo. Spero ci sia la possibilità di un ripensamento. Dal punto di vista pratico è un'azione che non porterà ad alcun risultato se non a quello di dare l'immagine di una chiusura, che è antitetica rispetto allo spirito di +Europa. Quindi spero che i tre firmatari ritirino questa richiesta di registrazione.
I lanci di agenzia continuano citando quella di cui si sta parlando come l'ultima puntata della "sfida tra gli eredi del Partito Radicale pannelliano e le sue anime", citando un caso avvenuto pochi mesi prima e relativo stavoltal percorso pre-congressuale di Radicali Italiani (l'atto finale del congresso si è tenuto a Rimini dal 9 all'11 dicembre 2022): si fa in particolare riferimento a un post apparso alla fine di novembre sul sito di Ri a firma di Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni (segretario, tesoriera e presidente), in cui si lamentava come "le peggiori pratiche di gestione del potere, le stesse che Marco Pannella ha denunciato per cinquant'anni, sembra[sser]o essersi affermate anche tra alcuni radicali". Poco prima che il comitato nazionale di Ri decidesse le regole congressuali, in una manciata di ore erano "arrivate quasi novanta iscrizioni (pari a un quinto delle iscrizioni di un anno intero), la maggior parte delle quali riguardavano persone che non avevano mai avuto nulla a fare col movimento, cioè non risultavano presenti nell’indirizzario costituito da oltre 100mila persone e frutto di anni di appelli, raccolte firme e piccoli contributi", peraltro "dopo che era circolata una bozza informale di regolamento [...] in cui si ipotizzava che solo chi si fosse iscritto entro la mezzanotte di giovedì stesso avrebbe potuto partecipare e votare al congresso online", senza presentarsi presso la sede congressuale: un potenziale tentativo relativamente facile - secondo i denuncianti - di influenzare l'esito del congresso.
Per Radicali italiani sul banco degli imputati era finito per l'ennesima volta il tesseramento, specie quello "massivo" e "in zona Cesarini", magari di chi al partito non aveva mai aderito prima. E se nel 2021 ci si era scontrati anche in +Europa sulla regolarità del tesseramentoanche questa volta vari casi sono stati sottoposti alla commissione di garanzia (presieduta da Carlo Cottarelli): questa ha escluso 85 iscrizioni su un totale di 4758 (ma i casi dubbi erano circa 800), quando ha ritenuto che non fosse stato rispettato il principio del pagamento personale della quota di iscrizione e del divieto di iscrizioni collettive.
Lasciando da parte la questione delle tessere, però, qui rileva la questione del simbolo e del suo tentativo di registrarlo come marchio, ottenendo dunque diritti di privativa temporalmente e "merceologicamente" definiti su di esso. Si è già detto che nel tardo pomeriggio "fonti di +Europa" interpellate dAdnkronos hanno sostanzialmente sgonfiato il caso, precisando:
Il deposito del logo di +Europa era una iniziativa predisposta in via meramente precauzionale e tale era destinata rimanere, essendo peraltro noto che la procedura di assegnazione è lunga e articolata. Il deposito del logo di +Europa è stato ritirato.
In ogni caso, sembra opportuno analizzare la questione nel dettaglio, visto che presenta vari profili di interesse. La polemica sul simbolo-marchio è divampata anche perché un rapido giretto su una delle pagine del Ministero delle imprese e del Made in Italy (già Ministero dello sviluppo economico) permette di leggere che non possono essere registrati come marchio, dunque come segno distintivo qualificato, gli "stemmi di partiti politici". Se fosse semplicemente così, ovviamente, il problema semplicemente non esisterebbe: il deposito del simbolo di +Europa come marchio sarebbe destinato a un fallimento e si concluderebbe con la reiezione della domanda. In realtà la questione è assai più complessa, come la stessa pratica può facilmente dimostrare.
Se si spulcia di nuovo il database dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, infatti, magari interrogandolo cercando la parola "Partito" o "Movimento" nella denominazione/descrizione, si trova un gran numero di domande di marchio relative a emblemi di partito reali o futuribili: di questi, non poche sono state respinte, altre sono state accolte, altre ancora sono tuttora sotto esame. Negli ultimi anni, per esempio, ce l'hanno fatta il Partito della Follia creativa di Giuseppe Cirillo, il Partito della Cultura di Alberto Veronesi, il Partito Valore Umano, il MoVimento 5 Stelle (2018), il Pd (rinnovato nella registrazione), il simbolo precedente del Psi (e quello col garofano di Panseca); niente da fare, invece, per il Partito liberale europeo, per il Partito Gay, per il Partito del Nord, per vari emblemi del Pli e per una marea di segni spesso sconosciuti o quasi. Gli esiti delle domande di marchio relative ai simboli di partito (esistenti, passati o potenziali), dunque, non sono univoci e consentono di escludere subito che "gli stemmi di partiti politici" non siano registrabili.
Da dove si dovrebbe trarre l'affermazione riportata dal sito del ministero? Di solito, in effetti, chi vuole depositare un emblema politico come marchio trova sulla sua strada l'art. 10 del codice della proprietà industriale. Se il comma 1 nega la registrabilità dei "segni  contenenti
simboli, emblemi e stemmi che rivestano un interesse pubblico" (ma non possono oggettivamente rientrarvi i simboli dei partiti, essendo peraltro possibile l'autorizzazione della "autorità competente", ruolo che non può essere rivestito da un partito), il comma 2 precisa che se il potenziale marchio contiene "parole, figure o segni con significazione politica o di alto valore simbolico", l'Ufficio italiano brevetti e marchi deve mandare il marchio per un parere alle amministrazioni pubbliche interessate o competenti: se queste sono contrarie alla registrazione del marchio, la domanda viene respinta. In quei casi, specialmente quando il deposito riguardava simboli di uso partitico nuovi o appena nati, il ministero finiva per interpellare spesso il Viminale e puntualmente i richiedenti si vedevano rispondere picche, essenzialmente per i dubbi circa l'uso che i titolari del "marchio politico" potrebbero fare sotto elezioni. 
Il Ministero dell'interno, in particolare, in varie sue note aveva spiegato di temere che la registrazione come marchio permettesse di aggirare le regole e i termini per il deposito dei contrassegni elettorali: visto che l'Ufficio italiano brevetti e marchi non valuta la confondibilità rispetto i contrassegni depositati, qualcuno poteva far circolare marchi simili ai simboli destinati alle schede invocando le norme sui marchi a proprio favore. Ancora di più, però, c'era il timore che registrare i simboli come marchi permettesse di aggirare le norme sulla propaganda elettorale: magari, dicendo che un certo emblema era utilizzato come marchio e non come contrassegno elettorale, si poteva fare "pubblicità" alle rispettive liste in tempi e modi non concessi per la propaganda. E visto che per il Viminale a identificare il contrassegno elettorale era "la caratteristica forma di cerchio", in quelle note indirizzate al Ministero dello sviluppo economico si precisava che il logo con significazione politica da registrare "dovrebbe comunque non presentare alcuna forma circolare": sotto questo profilo, non stupisce che vari simboli politici di forma quadrata abbiano superato il vaglio, assai più di quanto sia accaduto a quelli rotondi (lo stesso Piercamillo Falasca ne è del tutto consapevole, come si vide a suo tempo).
Lo stesso Ministero dell'interno, peraltro, finiva per suggerire una possibile via per consentire la registrazione di un simbolo di partito come marchio: quella di considerarli segni notori ai sensi dell'art. 8, comma 3 dello stesso codice della proprietà industriale. Si legge che "se notori, possono essere registrati o usati come marchio solo dall'avente diritto, o con il consenso di questi [...] i segni usati in campo [...] politico [...], le denominazioni e sigle di [...] enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi". Pure in questo caso, in effetti, le note del Viminale chiedevano di evitare la forma circolare, ma di fatto le registrazioni viste sopra hanno mostrato delle eccezioni.  
Visto tutto questo, si può dire che la scelta di depositare il simbolo di +Europa come marchio si inserisce in un fenomeno molto più ampio di tentativi di tutelare un segno politico anche attraverso uno strumento - la registrazione come marchio - che certamente non è nato per questo scopo e, anzi, non sembra particolarmente adatto a questo. Benedetto Della Vedova, quale segretario (pro tempore), sembrava in qualche modo titolato al deposito del segno, così come volendo lo poteva essere Riccardo Magi quale presidente: lo statuto assegnal segretario la rappresentanza legale del partito e al presidente il compito di coadiuvare il segretario. Più delicato e difficile da spiegare sembrava il ruolo di Emma Bonino, che nel partito non hincarichi: si era peraltro scelto di non depositare il simbolo contenente il suo nome (nella versione del 2018 o del 2022), quindi si spiega meno il suo eventuale ruolo di "avente diritto", al di là ovviamente del suo "peso" politico.
Di certo i tempi di vaglio della domanda sarebbero stati del tutto incompatibili con l'eventuale sorgere di diritti subito dopo un potenziale verdetto sfavorevole del congresso. Sembranche ben difficile pensare che un'eventuale registrazione del marchio potesse impedire usi elettorali del segno da parte di soggetti diversi dai depositanti o senza la loro autorizzazione: le elezioni e i partiti sono regolate/i da norme diverse rispetto a quelle del diritto della proprietà industriale e si devono applicare quelle. Soprattutto, però, anche se il simbolo poteva e può oggettivamente ritenersi un segno notorio (tale è grazie all'uso fatto a partire dal 2018), non era scontato che l'ostacolo della forma circolare fosse tranquillamente superabile: non pochi emblemi politici tondi, anche noti, sono infatti ancora sotto esame. Benché ormai sia chiuso, dunque, il caso del simbolo di +Europa depositato come marchio è stato un'ottima occasione per richiamare alcune regole e alcune insidie, troppo spesso trascurate.

venerdì 30 dicembre 2022

Il futuro marchio del Comitato Nord (approdato in Regione Lombardia)

Chi voleva avere la dimostrazione che il Comitato Nord - progetto politico
voluto da Umberto Bossi (e coordinato dall'europarlamentare Angelo Ciocca e dall'ex deputato ed ex segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi) per rinverdire l'attenzione per l'obiettivo dell'autonomia di Lombardia e Veneto e per altri temi "classici" leghisti tra gli iscritti alla Lega per Salvini premier - puntasse a un'attività duratura probabilmente ora può contare su un indizio di una certa consistenza. Il 23 dicembre, infatti, è stata depositata per il logo del Comitato Nord - nel frattempo registrato come associazione, con sede a Pavia - la richiesta di registrazione come marchio. La notizia è stata data oggi dAdnkronos e merita di essere considerata con una certattenzione.
Il fregio - che viene ufficialmente descritto come "consistente in due campi sovrapposti, rispettivamente verde e blu, su cui sono apposte le due parole Comitato e Nord rispettivamente di colore bianco e giallo", senzfare riferimento alla forma complessiva di freccia - risulta essere stato depositato proprio a nome del Comitato Nord, attraverso lo studio milanese Fumero Srl (esperto in brevetti e titoli di proprietà industriale). Sono ben 8 le classi di prodotti e servizi della classificazione di Nizza per le quali si richiede protezione: le numero 6 (Metalli comuni e loro leghe; materiali per costruzione metallici; costruzioni metalliche trasportabili; materiali metallici per ferrovie; cavi e fili metallici non elettrici; serrami e chincaglieria metallica; tubi metallici; casseforti; minerali), 16 (Carta e cartone; stampati; articoli per legataria; fotografie; cartoleria; adesivi per la cartoleria o per uso domestico; materiale per artisti; pennelli; macchine da scrivere e articoli per ufficio; materiale per l'istruzione o l'insegnamento; materie plastiche per l'imballaggio; caratteri tipografici; cliché), 18 (Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria), 24 (Tessuti e loro succedanei; coperte da letto e copri tavoli [ma vi rientrano pure le bandiere, i foulard e i gagliardetti]), 25 (Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria), 35 (Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio), oltre alle più consuete classi 41 (Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali) e 45 (Servizi giuridici; servizi di sicurezza per la protezione di beni e di individui; servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali [in cui rientrano molti servizi di natura politica]).
L'impressione, dunque, è che la registrazione del logo sia stata chiesta per "coprire" vari usi politici possibili di quella grafica da parte dell'associazione (della cui costituzione ha dato notizia sempre Adnkronos il 13 dicembre), inclusi quelli legati a molteplici forme di merchandising, per la produzione di gadget anche molto diversi tra loro (dalle bandiere al materiale d'ufficio, fino agli accessori di abbigliamento). Si tratta quindi di un segno che suggerisce la volontà di dare al Comitato Nord un'esistenza duratura e strutturata, non per forza che lo si intenda far agire come un partito, magari in conflitto con la Lega per Salvini premier.
Quest'impressione, in effetti, è però più facile averla da un paio di settimane, cioè da quando - il 9 dicembre - nel consiglio regionale della Lombardia si è formato un gruppo consiliare denominato proprio Comitato Nord (e contrassegnato dal logo già visto), cui hanno aderito subito Roberto Mura, Federico Lena e Antonello Formenti, con l'adesione pochi giorni dopo di Massimiliano Bastoni. Tutti loro, pur avendo garantito il sostegno alla giunta Fontana in questi ultimi mesi di attività, sono stati espulsi dalla Lega per Salvini premier: gli organi del partito hanno visto come una ragione sufficiente per motivare quella decisione le critiche (non condivise) circa il "malessere interno", la "non predisposizione all'ascolto delle innumerevoli criticità territoriali" e "l'abbandono totale delle tematiche autonomiste nordiste" rese note dai consiglieri usciti dal gruppo leghista. Non è da escludere che proprio la formazione del gruppo in seno al "Pirellone" abbia suggerito l'opportunità di fondare l'associazione. Occorre poi considerare la richiesta, fatta direttamente da Bossi ad Attilio Fontana il 20 dicembre, di "farsi parte attiva con gli alleati di coalizione al fine di riconoscere il Comitato Nord come lista all’interno della coalizione di centrodestra": lista che, se esistesse, concorrerebbe inevitabilmente con la Lega per Salvini premier - Lega Lombarda, uno scenario che di certo non sembra facile daccettare per il partito. Poiché le elezioni regionali ormai sono state fissate per il 12 e il 13 febbraio, le liste dovranno essere consegnate entro le ore 12 del 14 febbraio: fino ad allora ci sarà tempo per nuove evoluzioni. Intanto online è comparso il "numero unico" di Comitato Nord Informa, nel quale è presente un testo "ufficiale" in cui il gruppo si presenta. Eccolo di seguito: 

Il Comitato Nord nasce dalla volontà di Umberto Bossi di dare voce alla militanza. Dopo le sue numerose battaglie per il nord e, il presidente a vita della Lega ha deciso di riportare il tema dell'autonomia al primo posto dell'agenda politica. il Comitato Nord nasce il 1° ottobre dalla volontà di Umberto Bossi per riconquistare gli elettori del Nord, visto il risultato elettorale del 25 settembre, e per rilanciare la spinta autonomista; come ribadito più volte dallo stesso Bossi è un comitato interno alla Lega e alla base c'è il rispetto della militanza. Il vessillo è quello che ha fatto grandi gli ideali della Lega: l'autonomia per il Nord. Il fazzoletto e la cravatta verdi sono i simboli di libertà.
Diverse le iniziative del comitato Nord sul territorio di grande partecipazione ed interesse. Sale piene agli incontri di Milano, Pavia, Busto Arsizio, Monza, Melegnano, Rovato, Lecco e Sondrio. Sette i punti fondamentali: avviare le iniziative istituzionali per attribuire a Lombardia e Veneto le condizioni di Regioni autonome; concedere competenze dirette alle regioni su temi come lavoro, salute, istruzione, ambiente, trasporti, legislazione e beni culturali; trattenere sui territori una parte significativa delle imposte delle regioni (IRPEF ed IVA); preservare la cultura, la storia, le tradizioni del Nord; tutelare agricoltura, artigianato e commercio che rappresentano le risorse imprescindibili per i territori; difendere il patrimonio delle generazioni precedenti dalla svendita e dalla delocalizzazione all'estero e salvaguardare gli interessi delle regioni del Nord presso le istituzioni nazionali ed europee. 
Le persone alle quali Umberto Bossi hdato mandato per l'organizzazione sono l'europarlamentare Angelo Ciocca, con il compito di tenere i rapporti con i militanti e le istituzioni europee, e Paolo Grimoldi per gestire le relazioni regionali. Angelo ciocca ribadisce che "Noi non siamo una corrente della Lega, Siamo gli antinfiammatori del nostro movimento. Siamo una specie di Voltaren in triplice dose che vuole recuperare il 30% degli iscritti che non hanno rinnovato la tessera della Lega. Facciamo tutto questo solo ed esclusivamente per il bene della Lega". Paolo Grimoldi dichiara: "Sono onorato del fatto che mi abbia contattato: è dal 1991 che sono in Lega, non capita tutti i giorni di essere chiamati da Umberto Bossi e spiegare le ragioni del Movimento. Sono l'ultimo segretario eletto della Lega Lombarda. Ora va di moda la Lega dei nominati, ma io sono più affezionato alla vecchia Lega degli eletti sul territorio". Tanto lavoro ma molte soddisfazioni, poiché i militanti hanno diritto di essere ascoltati. Contano le persone, le idee, gli ideali e non i like.

mercoledì 29 giugno 2022

Italia forte, Sorte (Fi) deposita come marchio un possibile simbolo

Manca meno di un anno alla fine della legislatura, un periodo che potrebbe essere ancora più breve se dovessero crearsi le condizioni per sciogliere le Camere in anticipo. Gli schieramenti sono tutto meno che definiti o prevedibili, come dimostrano anche le ultime vicende delle compagini parlamentari del MoVimento 5 Stelle; non è certa l'estensione - e la stessa resistenza fino al voto - del "campo largo" delineato da Enrico Letta per il centrosinistra, ma anche nel centrodestra le certezze sono poche e c'è ancora tempo e spazio per nuovi progetti politici. Che qualcosa si stia muovendo, anche con qualche pensiero concreto, sembra dimostrarlo pure il recentissimo deposito come marchio di un emblema che ha tutta l'aria di un simbolo di partito - anzi, di un contrassegno elettorale da personalizzare - e con un nome che non passa inosservato, Italia forte. Già, perché mentre si compulsa il database dell'Ufficio italiano brevetti e marchi in cerca di qualche indicazione su Vinciamo Italia, può capitare di imbattersi in questo nuovo deposito di potenziale segno distintivo: nella domanda come richiedente figura Alessandro Sorte, deputato di Forza Italia, della provincia di Bergamo, alla sua prima legislatura.

Il simbolo e la domanda

Risale giusto al 21 giugno il deposito della domanda di marchio per questo segno rappresentato da un "campo circolare con un bordo composto dall'alternanza colori bianco, verde e rosso. All'interno del bordo circolare - così recita la descrizione ufficiale - vi è una sfumatura di base blu, che copre circa il 65% del suo interno, su cui è presente una scritta, 'Italia forte'. La restante porzione del campo interno è bianco con una striscia tricolore verde bianca e rossa". A differenza di altri tentativi di registrazione visti in passato, in questo caso è stata rivendicata solo la classe 41 della classificazione di Nizza, dunque relativa a "Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali" (non invece anche la 45, relativa invece ai "servizi giuridici e di sicurezza", tra i quali si annoverano anche attività di natura politica). 
Nel simbolo depositato come marchio, dunque, domina dunque il blu, che occupa la maggior parte del cerchio interno: in quell'area è stato impresso - in bianco, maiuscolo corsivo - il nome del progetto politico. Il tricolore completa il simbolo, nella corona sottile che fa da contorno e in una piccola striscia tricolore solo in parte visibile nella parte bassa del cerchio interno. Emerge dunque, ancora una volta, l'uso dei colori nazionali, vale a dire il tricolore e il blu, che può essere visto come versione scura dell'azzurro; questa scelta cromatica, insieme all'impiego della parola "Italia", ormai sempre più diffuso, sembra collocare il progetto politico legato al simbolo in un'area moderata, se non proprio di centrodestra. Va anche detto che lo spazio bianco sotto all'area blu che contiene il nome del progetto politico sembra ricavato apposta per inserirvi il riferimento a un candidato, che si tratti di un candidato sindaco o presidente di Regione o - perché no - del leader di un partito che aspiri a guidare la coalizione e, magari, alla Presidenza del Consiglio in caso di vittoria. 

Il richiedente del marchio

Come si diceva, la domanda risulta presentata da Alessandro Sorte, politico alla sua prima legislatura, con un percorso all'interno del centrodestra. Consigliere (dal 2004) e poi assessore per Forza Italia a Brignano Gera d'Adda (Bg), eletto consigliere provinciale di Bergamo (2009) per il Pdl e poi consigliere (dal 2013) e assessore regionale della Lombardia eletto con il Pdl e, dopo la sospensione di questo, passato a Fi, nel 2018 Sorte è stato eletto deputato nel collegio uninominale di Romano di Lombardia per la coalizione di centrodestra, in quota forzista. Tra settembre del 2019 e maggio dello scorso anno, in effetti, ha aderito a Cambiamo! e ha fatto parte delle componenti politiche del gruppo misto in cui hanno militato gli altri deputati legati al partito fondato da Giovanni Toti. Da poco più di un anno, in compenso, Sorte è rientrato in Forza Italia, avendo scelto di non aderire a Coraggio Italia.
Ricordato il suo cursus honorum politico, non sembra affatto inutile segnalare che il 29 settembre 2018 proprio Sorte era stato tra gli organizzatori dell'evento alla fiera di Bergamo L'Italia forte - Ricostruire il Paese, tornare a crescere. Quell'evento, pensato e proposto come convegno di partito, non aveva mancato di destare attenzione (e non pochi commenti) per la presenza di Giovanni Toti; un anno dopo, come si è detto prima, Sorte - ma anche il co-organizzatore dell'evento Stefano Benigni, anch'egli allora parlamentare forzista - aderirono alla componente di Cambiamo! nel gruppo misto della Camera. L'espressione "Italia forte", dunque, ha già caratterizzato il percorso politico recente di Alessandro Sorte, vedendolo anche in posizione di promotore: non è così fuori luogo immaginare che qualcosa si stia muovendo, non per forza in chiave elettorale o come partito in via di costituzione, ma come idee che vengono preparate per essere pronte a tempo debito.  
A rafforzare questa idea concorre un fatto che sembra rilevante: il 10 giugno, dunque 11 giorni prima del deposito della domanda di marchio, è registrato il dominio internet Italiaforte.com. Se si prova a visitare il sito questo non risulta raggiungibile, in più la registrazione è stata fatta avendo cura di non rendere visibile il soggetto registrante; la sostanziale coincidenza della registrazione del sito e della presentazione della domanda di marchio, però, aiuta a pensare che non si sia di fronte a un caso, ma a un disegno piuttosto definito, anche se non è ancora chiaro a cosa punti quel disegno (anche solo, magari, a proteggere in anticipo un nome da usare nel corso di nuove iniziative politico-elettorali, senza per forza proiettarlo su una scheda). Va aggiunto peraltro che il dominio Italiaforte.it risulta già occupato dall'8 ottobre 2018, registrato da Stefano Giovanni Maullu, già consigliere e assessore regionale lombardo (Fi-Pdl), poi nella scorsa legislatura parlamentare europeo, eletto con Forza Italia e passato alla fine del 2018 con Fratelli d'Italia. In questo sito, peraltro, lo si era già incontrato quando era circolata la voce che suggeriva di inserire nel simbolo di Forza Italia il riferimento "L'Altra Italia" e si era scoperto che - ormai dieci anni fa - proprio Maullu aveva già depositato come marchio il simbolo di Un'altra Italia
 

Sembra ben difficile che quel sito venga usato ora con riferimento a Italia forte depositato da Alessandro Sorte, mentre è assai più probabile che l'uso riguardi il nuovo nome a dominio registrato. C'è tempo per scoprire di che uso potrà trattarsi, ammesso che Sorte - o chi per lui - scelga effettivamente di usarlo. Che qualcosa "bolla in pentola", però, in qualche modo lo ha fatto pensare lo stesso deputato forzista: sulla sua pagina Facebook, infatti, il 23 giugno sono apparse foto di una cena con Silvio Berlusconi e altri parlamentari di Forza Italia. Una di queste, in cui Sorte è a fianco di Adriano Galliani e dello stesso Berlusconi, reca il commento "Di cosa stavamo parlando?". Ovviamente l'argomento poteva essere uno qualunque, ma non sembra opportuno escludere che i tre - e altre persone vicine - stessero parlando di (un')Italia forte.

domenica 6 febbraio 2022

Nomi, simboli e dintorni: tutti i marchi politici di Gianfranco Librandi

Le ricerche spesso iniziano senza avere bene idea del luogo in cui conducono: si parte per la curiosità e il desiderio di approfondire, nell'ignoranza di cosa si troverà, della mole di informazioni da scoprire (grande o piccola, soddisfacente oppure no) e del tempo che sarà necessario. Ieri, per esempio, si è scritto della domanda di marchio per (la prima versione del logo di) L'Italia c'è, depositata tra la fine del 2021 e l'inizio del 2022 da Piercamillo Falasca e da Gianfranco Librandi. Chi però frequenta - suo malgrado - con una certa assiduità questo sito potrebbe essere stato colto, leggendo l'articolo, da un dubbio: "ma non avevo già trovato altri articoli in cui si parlava di marchi politici depositati da Librandi?"
Il dubbio è legittimo e, soprattutto, fondato: consultando la banca dati dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, infatti, risultano ben 42 domande di marchio depositate a nome di Gianfranco Librandi (alcune accolte, altre rifiutate, altre ancora in via di esame)
Alcuni di quei segni distintivi sono di chiara natura imprenditoriale, il che non stupisce, essendo il depositante un imprenditore da anni; proprio in base a quell'approccio imprenditoriale (che porta a tutelare i possibili marchi per la propria attività), tuttavia, lo stesso Librandi - eletto per la prima volta alla Camera nel 2013 in Scelta civica - deve aver ritenuto opportuno depositare a proprio nome - proprio dalla fine del 2013 - ben 38 domande di marchio per segni che appaiono adatti per iniziative collettive civili o politiche e, in effetti, alcuni di questi sono stati usati per questo (pur con qualche adattamento). Curiosamente, non rientra tra queste 39 il simbolo della forza politica fondata da Librandi nel 2009, all'atto della sua uscita dal Pdl, vale a dire l'Unione italiana: quel simbolo - con le iniziali accostate su fondo blu chiaro, un arco di stelle e un nastro tricolore - è comunque stato registrato come marchio, ma direttamente dall'associazione Unione italiana, con sede a Saronno (e a rappresentarla è la stessa persona che si ritrova nelle altre domande. 
Passare in rassegna le domande di marchio presentate da Librandi (a volte da solo, a volte assieme ad altre persone) equivale a un viaggio nell'ultimo decennio politico italiano, almeno in quell'area "moderata" e "centrista" (ammesso che queste parole abbiano davvero un senso) nella quale l'imprenditore e politico ha operato ed è stato candidato ed eletto. La prima domanda di marchio, in effetti, risale alla fine di ottobre del 2013: Librandi aveva cercato di registrare il simbolo di Scelta civica (lista nella quale era stato eletto alla Camera) in un momento già difficile per quel partito (Mario Monti si era dimesso da presidente giusto pochi giorni prima, in un clima di ruggini tra la componente libdem e quella cattolica del soggetto politico): aveva dunque depositato proprio il contrassegno con cui si era candidato, privato però dell'espressione "con Monti per l'Italia"), ma la domanda di marchio fu respinta.
Occorre attendere due anni (dunque il mese di ottobre del 2015) per trovare un'altra richiesta presentata dal deputato (rimasto in Scelta civica) e questa volta andata a buon fine: a giugno del 2017 è stato registrato il marchio We Change, nel corso del tempo associato ad alcune iniziative politiche organizzate dallo stesso Librandi e che hanno visto la sua presenza.
Alla fine del 2015, tuttavia, il parlamentare ha depositato altri due fregi, questa volta di forma rotonda e legati al medesimo tema. Potenzialmente erano già pronti per essere utilizzati i due emblemi della Lega italiana: uno aveva la parola "Lega" in verde (in un tempo in cui nel simbolo della Lega Nord era ancora presente il Sole delle Alpi di quel colore), con tre sagome generiche di persone a mezzo busto e il dettaglio di una spada (cioè l'elsa, l'impugnatura, e una parte di lama, che poteva ricordare una croce pur non essendola); l'altro ripeteva il nome due volte, ad arco, con la spada intera su uno scudo (riprodotti anch'essi due volte), mentre nel cerchio centrale c'erano le figure stilizzate, a clipart, di sei persone su fondo azzurro sfumato. Non si accorse quasi nessuno di quel deposito, almeno fino a quando si iniziò a parlare della trasformazione del Carroccio in partito nazionale e ci si domandava se Matteo Salvini avrebbe semplicemente tolto la parola "Nord" o magari avrebbe percorso altre soluzioni, quali appunto "Lega italiana". 
"Quando ho depositato questo marchio - aveva dichiarato Librandi all'Adnkronos - immaginavo si potesse dare vita a una Lega italiana. Poi dopo invece sono entrato nel Pd e ho fatto altre scelte", precisando che mai avrebbe ceduto il simbolo a Salvini ("Ultimamente è diventato aggressivo e offensivo, si sta avvicinando pericolosamente al M5S e mi spaventa non poco").
Tempo un altro paio di mesi e Librandi depositò due coppie di simboli per ottenerne la registrazione come marchi. Il 9 febbraio e l'11 marzo 2016, infatti, risultano essere state presentate domande di marchio per i simboli di Siamo italiani
associazione fondata dagli europarlamentari di Forza Italia Lara Comi (saronnese come Librandi, il quale aveva anche acquistato il dominio del sito a settembre del 2015), Salvatore Cicu e Aldo Patriciello: di quell'associazione questo sito si era già occupato nell'estate del 2016. Il primo emblema depositato aveva l'Italia tridimensionale sullo sfondo grigio (variante di "Siamo milanesi", altra creatura di Librandi, abbondantemente vista alla fine del 2015 e nei mesi successivi nel capoluogo lombardo, in vista delle elezioni comunali), ma si era scelta di fatto la seconda, con un tricolore su fondo blu e il nome bianco al centro.
Sempre l'11 marzo, lo stesso Librandi risulta aver depositato altre due domande di marchio, relative ai segni denominati Moderati per l'Italia e Siamo moderati: il primo soprattutto testuale, con la bandiera tricolore nella parte alta su fondo bianco; il secondo con il nome raddoppiato e anche qui col cerchio centrale azzurro scuro, ma con il tricolore a nastro leggermente avvolto al centro. La prima domanda non venne accolta (non è dato sapere perché), mentre la seconda è stata regolarmente registrata.
Nulla si sa del progetto cui questi due emblemi potevano essere legati; di certo, però, per Scelta civica si preparavano settimane complesse, con il segretario Enrico Zanetti favorevole a un percorso comune con i verdiniani di Ala e la maggioranza del gruppo parlamentare contraria a questo. Quando - il 12 ottobre 2016 - la Camera decise che il nuovo gruppo che Zanetti e alcuni altri deputati di Sc scelsero di formare assieme ad Ala aveva titolo per rappresentare Scelta civica e per utilizzarne il nome, mentre quello vecchio avrebbe continuato a esistere ma con un altro nome, il gruppo decise di denominarsi Civici e innovatori. Non stupisce così che il 24 ottobre 2016 risultino depositate ben cinque domande di marchio, tutte accolte e tutte variazioni sul tema "Civici e innovatori", con il tricolore e il blu come ingredienti principali (si segnala, in quattro casi su cinque, l'uso dello stesso carattere impiegato da Scelta civica). In una la bandiera tricolore appariva sotto un "lembo piegato" del simbolo, con il nome blu e azzurro sotto; in un'altra (sul modello di soluzioni grafiche già viste qui) il nome si ripeteva due volte con il nastro tricolore un po' arrotolato nel mezzo (su fondo azzurro scuro). Lo stesso nastro tornava in altre tre versioni del simbolo, strettamente imparentate tra loro, con il nome posto sempre nella parte superiore (con la E più grande, azzurra, in una font graziata): una con fondo tutto bianco e nome blu (e azzurro); una uguale a questa, ma con lo sfondo posto sotto al tricolore tinto di blu; una terza a colori invertiti (parte superiore blu, con testo bianco e azzurro, parte inferiore bianca). Com'è noto alla fine Civici e innovatori optò per un altro fregio, mai adattato alla forma rotonda e - che si sappia - mai finito sulle schede.
Gianfranco Librandi ha continuato a depositare marchi "potenzialmente politici" anche in seguito, ma per alcuni mesi si è limitato a quelli denominativi, dunque relativi alle sole parole e non anche a una grafica: Obiettivo Italia a dicembre del 2016, I Dialoganti alla fine di gennaio del 2017, Forza Europa a metà marzo del 2017 (depositato con Benedetto Della Vedova, che avrebbe poi guidato un'iniziativa politica con lo stesso nome, che più avanti avrebbe condotto alla nascita di +Europa) e la denominazione Civici e innovatori un mese più tardi. Con il tempo si avvicinava la fine della XVII legislatura, ma arrivava anche il tempo delle elezioni regionali lombarde. Il 25 ottobre 2017 Librandi depositò il simbolo Obiettivo Lombardia, con la sagoma verde della regione e a fianco un elemento rosso con i rilievi montuosi lombardi stilizzati; il contorno blu spesso del cerchio aveva quattro "tacche" bianche, volendo ricordare un "mirino". Il 2 gennaio la stessa grafica fu ridepositata più elaborata: nel simbolo fu aggiunta l'espressione "per le autonomie" e il cerchio venne inserito in un quadrato verde (colore della regione) a vertici stondati. Il simbolo sarebbe arrivato sulle schede delle elezioni regionali, a sostegno della candidatura di Giorgio Gori, pur non riuscendo a ottenere eletti (mentre Librandi tornò in Parlamento, stavolta nelle liste del Pd, al quale aveva aderito alla fine della XVII legislatura).
Per un anno non risultano altri depositi a nome dell'imprenditore e parlamentare, ma il 14 febbraio 2019 - a circa tre mesi e mezzo dalle elezioni europee - Librandi e Carlo Calenda presentarono domanda di marchio per il simbolo Siamo europei, almeno per la prima versione "ufficiale" svelta proprio da questo sito, ma mai utilizzata dallo stesso Calenda. Il nome in primo piano - composto con due caratteri diversi e piuttosto evidenti - ricordava quello di altri progetti "librandiani" già visti in questa pagina; sul fondo non c'erano ancora le stelle e il fondo blu, ma piuttosto la sagoma dell'Europa. Curioso (e non troppo gradevole all'occhio) lo stratagemma di inscrivere il tradizionale cerchio in un quadrato, scelta fatta forse per evitare seccature in sede di valutazione del marchio (col rischio che segni con significazione politica troppo evidenti potessero avere il parere negativo del Viminale proprio per la forma tonda); in ogni caso, da qui in avanti, sarà proprio la forma quadrata o rettangolare a prevalere nei depositi di Librandi. 
Praticamente un anno dopo (10 febbraio 2020) si trova un'altra domanda di marchio, a nome questa volta del solo Librandi. Dopo il filone "siamo", è stato ripreso il filone "obiettivo", con la presentazione di Obiettivo Italia, anche se in questo caso non si può certo parlare di una grafica pronta per essere spesa sulle schede elettorali: l'idea è di una tessera bianca con il nome stampato sopra in blu e azzurro, con un nastro verde e rosso che la circonda, quasi come fosse un dono. In quel caso, tuttavia, la richiesta è stata respinta e non è dato sapere perché (esito curioso, considerando che il marchio verbale era stato invece regolarmente registrato a nome di Librandi).
A novembre del 2020, un mese e mezzo dopo il primo turno elettorale ampio dell'epoca Covid-19, era già tempo di iniziare a pensare alle elezioni amministrative milanesi dell'anno successivo: se la pandemia non avesse creato altri problemi, si sarebbe votato regolarmente in primavera ed era bene farsi trovare preparati. Il 9 novembre, dunque, Librandi depositò due coppie di domande di marchio, tutte accolte: una si basava sullo slogan A Milano si lavora, l'altra sull'etichetta Lavoriamo per Milano; in entrambi i casi c'era un quadrato diviso in due, la parte superiore bianca (con scritta rossa) e quella inferiore blu o azzurra (con scritta bianca), mentre nella parte superiore potevano essere presenti quattro circonferenze blu e rosse alternate, a richiamare l'idea degli ingranaggi (dunque del lavoro e della "catena").
Qualche mese dopo si sarebbe adottata la seconda denominazione, lavorando però su una diversa idea grafica, cioè quella del fumetto (già in passato adottata da Giuseppe Sala). Il 31 maggio 2021, infatti, Librandi ha depositato il quadrato "Lavoriamo per Milano" con blu e un tocco di fucsia (più affine al partito Italia viva, cui aveva aderito a settembre del 2019) e la parte superiore bianca trasformata in nuvoletta da fumetto; la soluzione sarebbe stata adottata (pur se con la nuvoletta "a specchio") proprio dalla lista Lavoriamo per Milano - I Riformisti, curata appunto da Librandi alle amministrative milanesi del 3-4 ottobre 2021. Il 22 marzo, in compenso, il parlamentare aveva forse pensato di estendere l'idea del lavoro a una dimensione nazionale: aveva infatti depositato i marchi Lavoriamo per l'Italia (con un quadrato tricolore, la struttura simile ai marchi visti prima e, nella parte superiore, ruote dentate stilizzate ma chiaramente riconoscibili) e Officine politiche italiane (qui la grafica non è visibile, ma la descrizione racconta di un "
quadrato bordato di nero diviso orizzontalmente in 2 metà da striscia blu, caricata della parola 'politiche' in maiuscolo bianca font lt Oksana; la parte superiore di bianco caricata in alto di 3 ingra-naggi blu di diverse dimensioni allineati a triangolo e, verso il divisore, della parola 'Officine' in maiuscolo verde font Futura Light; in basso della parola 'italiane' in maiuscolo cremisi font Soeraputera allineata in alto sino al divisore").
Dal mese di novembre 2021, peraltro, Gianfranco Librandi appare in frenetica attività: da allora al 19 gennaio risulta aver depositato ben dieci domande di marchio, inclusa quella relativa a L'Italia c'è. Il 3 novembre, in particolare, risulta presentata domanda di marchio (da Librandi e Piercamillo Falasca) per la Libera associazione i Riformisti italiani europei. Anche qui c'è un quadrato, nella parte inferiore tinto di blu scuro, mentre la parte verbale è concentrata tutta nella metà superiore a fondo bianco: la parte più evidente è rappresentata dall'espressione "i riformisti", giocata sul colore arancione (simile al tono impiegato dalla testata Il Riformista, senza che questo ovviamente dovesse impegnarla in alcun modo, essendo diverso il carattere impiegato).
Il 2 dicembre, invece, le domande depositate risultano essere addirittura sei per altrettante (potenziali) "libere associazioni"; la struttura grafica è la stessa già vista prima, mentre a cambiare è solo il nome e, in due casi, il colore. Quattro marchi sono strettamente imparentati tra loro (nomi scritti in rosso e bianco, nelle due metà del quadrato), per i nomi Fare Repubblica, Nuova Repubblica, Siamo Repubblica e Noi Res Publica: per queste quattro domande 
i richiedenti risultano essere Librandi, Falasca e Gennaro Migliore (deputato di Italia viva, già Pd). Le altre due domande presentate nello stesso giorno impiegano invece le parole Concreta e Concretezza, scritte in arancione nella parte superiore e riflesse nella parte inferiore blu; in questi due casi i richiedenti sono solo Librandi e Falasca.
Il 21 dicembre sempre Librandi e Falasca hanno presentato richiesta di marchio per l'associazione Al lavoro! (un marchio con la grafica ridotta al minimo, al di là di una sottile linea tricolore al di sotto della parola); del segno distintivo L'Italia c'è depositato il 3 gennaio di quest'anno si è già detto ieri. L'ultima domanda - fino al momento in cui si scrive - presentata da Librandi e Falasca risale al 19 gennaio: il nome inserito nella struttura quadrata questa volta è Associazione degli Italici
Con questo post non si intende minimamente dare un giudizio sui segni che Gianfranco Librandi (da solo o con altre persone) ha scelto di depositare nel corso degli anni. Da un certo punto di vista, anzi, la decisione di presentare domanda di marchio per ciascuno di questi - nonostante si traduca nell'uso di uno strumento pensato per un altro ambito: i segni politici o civili, più che protetti come marchi, dovrebbero essere usati in concreto - presenta un risvolto apprezzabile: dal momento che le domande di marchio sono pubbliche, il deposito rappresenta un sistema piuttosto trasparente per conoscere i progetti politici che "bollono in pentola" e (se il deposito è stato curato direttamente da una o più persone) chi li vorrebbe portare avanti, anche a costo di mettere a rischio l'effetto sorpresa. Di certo, nessuna persona impegnata in politica - che si sappia e, ovviamente, salvo errore - risulta avere depositato un numero così alto di domande: già solo per questo, valeva la pena di impegnarsi in questa carrellata.