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sabato 8 luglio 2017

Msi, la fiamma è di tutti?

Si è parlato ieri del progetto politico elettorale - Alleanza della destra nazionale - cui sta lavorando da alcune settimane il Movimento sociale italiano - Destra nazionale di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro: si è visto anche come l'uso della storica fiamma tricolore all'interno del contrassegno sarebbe garantito, secondo i dirigenti dello stesso (Nuovo) Msi, dalla sentenza della Corte d'appello di Firenze del 2016 che aveva negato ad An e alla Fondazione An il titolo a impedire al Msi l'uso dei segni distintivi missini. 
Meno fortunata è stata, ma solo in apparenza, un'altra decisione - questa volta un'ordinanza - emessa dal Tribunale di Roma un mese fa, il 7 giugno esattamente, a seguito di un ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile presentato a febbraio dallo stesso Msi, per chiedere come provvedimento d'urgenza l'inibizione a Fratelli d'Italia dell'uso della fiamma tricolore (contenuta nel simbolo-"pulce" di An). Il partito di Saya e Cannizzaro l'aveva chiesto proprio in virtù di quella sentenza della Corte d'appello fiorentina che, avendo - a detta del Msi - accertato la dismissione del simbolo da parte di An, rendeva illegittimo l'uso dello stesso emblema da parte di Fdi (che dalla Fondazione An l'aveva ricevuto, prima provvisoriamente e ora in modo più stabile): un uso che, secondo Cannizzaro, oltre a confondere gli elettori, creava un danno economico al suo partito, intenzionato a vendere gadget con il marchio missino. La giudice Cecilia Pratesi ha rigettato la richiesta, anche se le ragioni sono da guardare con attenzione, perché le conseguenze potrebbero essere di non poco conto. 
Da una parte, infatti, la giudice ha negato la confondibilità dei due emblemi, sufficientemente distinti sul piano cromatico (l'azzurro dominante di Fdi e il bianco del Msi) e per la diversa proporzione della fiamma, per cui non vi sarebbe alcun effetto decettivo sul piano merceologico e, secondo chi ha emesso l'ordinanza, anche elettorale, essendo i due simboli "nettamente distinguibili"; dall'altra, nella decisione si è negata anche la lesione dell'identità personale del Msi, poiché - basandosi proprio sulla sentenza fiorentina citata prima - la fiamma sarebbe stata il simbolo di "un patrimonio ideologico ben radicato nella storia politica italiana" e, venuto meno il Msi "storico", "non può essere inibito ad altre entità politiche, figlie della medesima identità ed ispirazione, di richiamare - nel proporsi al pubblico - la simbologia storicamente propria della stessa unica matrice".
Nei giorni successivi sui media il contenuto dell'ordinanza è stato diffuso come riconoscimento della legittimità dell'uso della fiamma fatto da Fratelli d'Italia (ma nel testo dell'ordinanza, che si inserisce in un procedimento a cognizione sommaria, non si valuta la legittimità della ricezione della fiamma dalla Fondazione An) o, addirittura, come riconoscimento dell'esclusiva a beneficio di questo partito (cose che nella decisione proprio non c'è). Leggendo bene il provvedimento, in realtà, le due affermazioni della giudice hanno qualcosa di innovativo e di favorevole al partito di Cannizzaro.
Agli occhi dello studioso, in effetti, è strano che un giudice civile abbia detto che l'uso del simbolo composito di Fratelli d'Italia, rispetto a quello del Msi, non comporta "effetto decettivo" (cioè ingannevole) neanche sul piano elettorale, visto che l'ambito delle elezioni è considerato "speciale" ed è retto da regole specifiche rispetto a quello civile, più ampio, dei titoli di proprietà industriale; eppure, se il tribunale si è sentito di poter e dover dire questo, la sua decisione potrebbe spiegare effetti anche nel procedimento che precede le elezioni.  
Certo, tali conclusioni hanno un peso relativo, essendo contenute in un'ordinanza ex art. 700 c.p.c.; se però fossero confermate nel giudizio di merito conterebbero di più. Il valore aumenterebbe se diventasse definitiva la sentenza della Corte d'appello di Firenze del 2016, su cui la decisione del tribunale di Roma si basa nel riconoscere il diritto di chiunque si ritenga "erede politico" di un partito a reinterpretare il simbolo originale di questo, purché non si confonda con gli altri eredi. Il punto debole dell'ordinanza è l'accettazione acritica della tesi alla base della sentenza fiorentina, in contrasto con quanto deciso fino ad allora sulle scissioni seguite a una virata ideologica in un partito (prima sulla lite tra la futura Rifondazione comunista e il Pds e poi proprio sul Msi di Rauti, non ancora Fiamma tricolore, contro An): solo chi resta nel partito - anche se ha cambiato idee, nome e simbolo - mantiene i diritti sui segni del passato, a differenza di scissionisti e altri emuli. Detto questo, è vero che dagli eventi di Fiuggi del 1995 - e dal presunto abbandono del vecchio simbolo, anche se per chi scrive reale abbandono non fu - sono passati oltre vent'anni: sebbene Fratelli d'Italia abbia ricevuto in uso il simbolo di An dalla fondazione, sembra difficile continuare a privare un gruppo che voglia seguire gli ideali missini della possibilità di avere un simbolo molto vicino a quello storico (tanto più che An, specie alla fine della sua storia, fu cosa molto diversa rispetto al Msi). 
"Quelli di Fratelli d'Italia - precisa Candida Pittoritto, portavoce del Msi - si sono incastrati con le loro mani. Giusto poche settimane prima, quando avevamo fatto ricorso contro l'esclusione delle nostre liste alle elezioni comunali di Verona e Lecce, loro avevano sostenuto la tesi della confondibilità del simbolo; davanti al tribunale di Roma, invece, hanno negato che gli emblemi di Msi e Fdi fossero confondibili, puntando tra l'altro sulla protezione che darebbe loro la rappresentanza parlamentare e sul loro disinteresse per la vendita di gadget con quel marchio che noi abbiamo registrato. A questo punto, la decisione del giudice ci mette in condizione di utilizzare senza problemi in ambito elettorale il simbolo, proprio perché è stato ritenuto non confondibile; io stessa, del resto, mi sono candidata a sindaco a Cerveteri col simbolo del Msi, in una delle coalizioni c'era anche Fratelli d'Italia e i due simboli hanno convissuto sulla scheda".
Lo scontro, c'è da giurarci, è ben lontano dall'essere risolto. Anche perché, al di là dell'aspetto elettorale, c'è quello dell'uso del marchio e nemmeno su questo il Msi intende demordere: "Visto che poi non è stato messo in discussione il nostro diritto sul marchio - continua Pittoritto - dai vertici del Msi partirà presto una denuncia-diffida a Fratelli d'Italia, perché loro non possono utilizzare la fiamma per farne gadget, nemmeno le bandiere, dunque saranno chiesti i danni. In sede di elezioni politiche, poi, non solo ci presenteremo al Viminale con il nostro simbolo, a questo punto legittimato, ma attraverso quest'ordinanza ci opporremo all'uso delle bandiere di Fdi in campagna elettorale". Se il ministero accetterà questo punto di vista, ora non è dato sapere; per conoscere il finale della storia, comunque, basterà aspettare qualche mese. Il tempo di finire la legislatura, sciogliere le Camere, mettersi in fila e depositare i simboli. 

venerdì 7 luglio 2017

Alleanza per la destra nazionale, un progetto targato Msi

No, non chiedete a loro se "la Fiamma è spenta o è accesa", come faceva dire a Lucio Battisti il venerato maestro Mogol. Non chiedeteglielo perché la risposta la sapete già: la Fiamma, con la maiuscola, è accesissima per loro. Per "loro" s'intendono i militanti del Movimento sociale italiano - Destra nazionale, noti anche come Nuovo Msi, anche se quell'aggettivo forse non piace proprio a tutti: loro sentono, in fondo, di essere quel Msi, in diretta discendenza politica (anche se formalmente e giuridicamente l'hanno dovuto rifondare poco più di dieci anni fa, l'8 dicembre 2005).
E come il Msi del passato volle poter incarnare la destra più di ogni altro soggetto politico, quello di oggi - fondato da Gaetano Saya e oggi guidato da Maria Antonietta Cannizzaro - vorrebbe essere il motore di una nuova aggregazione politica, aperta a tutti i soggetti che si riconoscono nell'ideologia e nel programma della destra missina "repubblicana, democratica, conservatrice". 

Un simbolo inequivocabile

Il nome e il simbolo con cui il progetto politico vorrebbe distinguersi circolano da alcuni giorni in Rete, soprattutto su Facebook, e non possono passare inosservati: la denominazione scelta sarebbe Alleanza per la Destra Nazionale - Partito unico della Destra; la seconda parte del nome è quasi invisibile sull'emblema, mentre la prima è composta in modo tale che della scritta - gialla su fondo blu - si legga essenzialmente "Alleanza nazionale"; il tutto è sormontato, manco a dirlo, dal simbolo del Nuovo Msi, dunque dalla fiamma tricolore con base trapezoidale nera (e l'effigie bianca "Nuovo Msi" sopra) e la dicitura "Destra nazionale" intorno.
"Questo simbolo - spiega la portavoce nazionale del Msi Candida Pittoritto - è stato registrato nel 2005 e lo stiamo per aggregare persone e partiti intorno a un'idea. Ogni partito, naturalmente, rimane con il proprio statuto, la propria organizzazione, i propri bilanci: l'emblema si pone di fatto come un contenitore di partiti che vorremmo presentare alle prossime elezioni. Qualcuno ha già aderito a questa proposta, altri potranno unirsi successivamente: ci sarà tempo per comunicare chi ha scelto di far parte del progetto".
In effetti nella banca dati dei marchi non risulta la richiesta di registrazione di quel segno distintivo - mentre si trova, invece, il simbolo del Nuovo Msi (senza l'aggettivo però), registrato come marchio il 14 dicembre 2011 a nome del partito - per cui è probabile che il deposito di cui parla la portavoce sia come opera dell'ingegno, dunque sul fronte del diritto d'autore. Posto che colpisce il fatto che sul simbolo domini la scritta "Alleanza nazionale" (visto che rimanda a una scelta, a una svolta politica per la quale i rifondatori del Msi hanno avuto parole tutt'altro che positive), una cosa è certa: se sarà davvero utilizzato in sede elettorale, quell'emblema avrà vita tutt'altro che facile

Problemi all'orizzonte

Difficilmente le commissioni elettorali e - soprattutto - i funzionari del Viminale accetteranno la presenza di un emblema con la scritta "Alleanza nazionale" in evidenza e la presenza della fiamma: la Fondazione An si opporrebbe di certo e probabilmente lo farebbe anche Fratelli d'Italia, che con quegli elementi testuali e grafici opera anche in Parlamento dal 2014 (ammesso, naturalmente, che voglia mantenere al suo interno l'emblema che fu del partito di Fini).
Questo, tuttavia, non ferma per niente il Msi, che anzi si fa forte della sentenza della Corte d'appello di Firenze che, a febbraio del 2016, aveva sostenuto che An non avrebbe potuto impedire al Nuovo Msi l'uso di nome e fiamma perché nel frattempo erano stati dismessi (e addirittura il simbolo che conteneva la fiamma è stato poi ceduto alla Fondazione An, quando per i giudici il diritto al nome era indisponibile) e comunque chi si richiamava allo stesso filone ideologico doveva poter usare i segni distintivi a esso collegati. Quando mi sono occupato di quella sentenza sul mio sito, avevo espresso molti dubbi sulla correttezza della decisione e qui non posso che ribadirli, rimandando all'articolo; resta il fatto, però, che quella sentenza c'è e non è possibile far finta che non ci sia, non tenendone conto.
Ovviamente, però, la decisione non è ancora definitiva e il verdetto potrebbe cambiare segno. Era improbabile che Alleanza nazionale, sia come associazione in liquidazione sia come fondazione, accettasse l'esito di quel grado di giudizio e infatti ha presentato ricorso in Cassazione ("Ma lo hanno fatto in ritardo - sostiene Pittoritto - per cui il loro ricorso verrà rigettato, anche se non è ancora stata fissata l'udienza"). Quella vicenda in ogni caso non ferma il progetto verso l'Alleanza per la destra nazionale e la fiamma del vecchio (e nuovo) Msi potrebbe restare ben piantata sul simbolo, anche per altri sviluppi giudiziari che si sono avuti nel frattempo. Ma di questo è bene parlare a parte.

mercoledì 18 maggio 2016

Torino, il Consiglio di Stato esclude la fiamma del Msi

I pronunciamenti del Consiglio di Stato di oggi, oltre a riammettere anche la seconda lista di Stefano Fassina, sono tornati anche sui due casi simbolici sollevati nei giorni scorsi dal Tar Torino. Uno di questi si è concluso nel modo giuridicamente più logico: il riferimento è al caso del Movimento sociale italiano di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro, le cui liste sono state bocciate nei comuni di Torino e Carmagnola dalla Commissione elettorale circondariale per la presenza (ritenuta indebita) della fiamma tricolore, ma erano successivamente state riammesse dai giudici amministrativi di primo grado, ritenendo che non vi fosse alcuna confondibilità con il contrassegno di Fratelli d'Italia e che l'uso della fiamma fatto dal partito di Giorgia Meloni, pur presente in Parlamento, non poteva ritenersi "tradizionale" e dunque non poteva creare alcuna "precedenza" per quell'emblema.
I giudici di Palazzo Spada, invece, hanno di nuovo escluso il simbolo - in particolare con riferimento alla lista presentata a Torino, con candidato sindaco Roberto Salerno - proprio in virtù della presenza della fiamma. Questo è il contenuto della sentenza, per la parte che interessa: 
L’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 361 del 1957 prescrive, infatti, che «non è ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore».Analogamente l’art. 33, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 570 del 1960, richiamato dalla Commissione, stabilisce che essa «ricusa i contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore».Si deve rilevare, anzitutto, che le disposizioni in esame si riferiscono, testualmente, anche agli elementi che caratterizzano il contrassegno e non necessariamente al contrassegno nel suo complesso, stante la indubbia e, si direbbe, la spesso esclusiva capacità connotativa dei simboli più che del contrassegno in toto considerato.Ora la “fiamma tricolore”, come ha rilevato la Commissione nel provvedimento di ricusazione contestato, costituisce un elemento incontestabilmente e profondamente caratterizzante, per ragioni di ordine storico prima ancora che ideologico, il contrassegno di “Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale”, utilizzato in modo stabile e, comunque, tradizionalmente da tale forza politica presente attualmente in Parlamento.E tanto è stato accertato, del resto, anche dall’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale della Corte Suprema di Cassazione, nella decisione del 19.1.2013, laddove ha chiarito che la finalità tutelata dall’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 570 del 1960 è quella di orientare correttamente l’elettore nella sua scelta consapevole, costituendo circostanza con sicuro potenziale decettivo la presentazione di un contrassegno contenente un simbolo – la fiamma tricolore – dotato di capacità identificativa del patrimonio politico e del bagaglio ideologico di un movimento che sia presente in Parlamento.Nella conoscenza degli elettori, come ha rilevato la Cassazione in tale decisione, il simbolo suddetto rimane legato ad un determinato tessuto ideologico-politico, dal quale essi devono poter distinguere le connotazioni peculiari di altri movimenti.Tanto basta a ritenere non rilevanti, ai fini del presente giudizio, tutte le considerazioni svolte nel controricorso dal Movimento Sociale in ordine alla storia del movimento, al preuso del simbolo, alla legittimità del suo utilizzo e alle controversie che ne hanno caratterizzato la tormentata storia.Tali considerazioni, recepite dalla sentenza impugnata, non sono in grado di superare il dato decisivo qui evidenziato e, cioè, che la indubbia idoneità decettiva della fiamma tricolore, per il suo pregnante significato simbolico, costituisce elemento che pienamente giustifica, ai sensi delle sopra esaminate disposizioni, l’esclusione della lista dalla competizione elettorale.Ne segue che, in accoglimento dell’appello, la sentenza impugnata deve essere riformata, con conseguente esclusione della lista “Destra Nazionale – M.S.I.”.
Come si vede, il Consiglio di Stato, pur non richiamando la continuità giuridico-associativa tra il Msi-Dn fondato da Giorgio Almirante e Alleanza nazionale (così come rivendicata, invece, nel ricorso di Fratelli d'Italia), ha però riconosciuto come la fiamma sia "un elemento incontestabilmente e profondamente caratterizzante, per ragioni di ordine storico prima ancora che ideologico, il contrassegno" di Fdi-An: si parla effettivamente di uso tradizionale ma, prima ancora, di uso "in modo stabile", cosa che può dirsi comprovata dal 2014 in poi e che è stata confermata anche dall'approvazione dello statuto di Fdi (contenente pure il simbolo "conteso") da parte della Commissione di garanzia degli statuti dei partiti politici.
Per sottolineare che quella fiamma rimandava comunque ad An, viene citata la decisione dell'Ufficio elettorale centrale nazionale all'inizio del 2013, alla vigilia delle elezioni politiche, resa sempre contro il Msi-Cannizzaro: è vero che in quel momento la Fondazione An non aveva ancora concesso a Fdi l'uso del simbolo, ma si poteva confermare allora come stavolta che costituiva "circostanza con sicuro potenziale decettivo la presentazione di un contrassegno contenente un simbolo – la fiamma tricolore – dotato di capacità identificativa del patrimonio politico e del bagaglio ideologico di un movimento che sia presente in Parlamento". Allora si parlava di An (che in Parlamento non c'era più da qualche anno, ma era ancora presente nella mente di molti), ora si parla di Fratelli d'Italia, che di quel simbolo ha ottenuto l'uso.
Più ancora che tutte le vigente legate alla (ri)costituzione del Msi, alla registrazione della fiamma come marchio e opera dell'ingegno e alla stessa titolarità riconosciuta in sede civile (con sentenza non passata in giudicato) al gruppo della Cannizzaro, il Consiglio di Stato ha ritenuto rilevante "la indubbia idoneità decettiva della fiamma tricolore, per il suo pregnante significato simbolico", per cui doveva ritenersi pienamente giustificata l’esclusione della lista dalle elezioni. E poco importa che l'identità riguardasse solo un particolare del contrassegno di Fdi, evidentemente diverso in una visione "globale" rispetto a quello del Msi-Cannizzaro: il "particolare" non era un elemento qualunque, ma una parte caratterizzante e lo stesso testo delle disposizioni da applicare consentiva una valutazione analitica del segno. Occorre dare atto ai giudici amministrativi di seconde cure, dunque, di avere correttamente interpretato le disposizioni e di avere inquadrato il caso in maniera giuridicamente credibile, anche se il tutto si è tradotto nell'esclusione di uno dei concorrenti dalla competizione.

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Postilla del 19 maggio

In coda a questo articolo, bisogna correttamente dare conto anche della posizione del Msi, che, dopo la sentenza di ieri, è intervenuto con il candidato escluso, Roberto Salerno: questi ha lamentato come "il Consiglio di Stato, proprio su ricorso del partito, Fdi, che lo sta utilizzando illegittimamente ha escluso un partito che, invece, per sentenza esecutiva (Firenze) ne ha pieno possesso e proprietà e che il Tar Piemonte riconosce anche sotto altri profili (confondibilità e uso tradizionale) ammesso alla competizione elettorale". Per lui si tratta di "un vulnus alla vita democratica della Nazione che altera e condiziona gli equilibri politici nazionali, essendo Torino una città di 1 milione di abitanti", pertanto occorre "trovare una immediata risposta sia in sede penale che civile, che non tarderà ad arrivare specie per i particolari che ora dopo ora cominciano a comporre un quadro inquietante di intrecci e rapporti a cominciare dalla presenza senza alcun titolo del sig. Ignazio La Russa a Palazzo Spada nelle ore che hanno preceduto la sentenza".
Giusto il 16 maggio, infatti nel sito del Msi-Cannizzaro si leggeva - in una "lettera aperta" alle massime autorità - che "in data odierna, il sig. La Russa Ignazio, di Fratelli d'Italia, si trovava all'interno del Consiglio di Stato, uscendo da una stanza, a braccetto con un Alto esponente del Consiglio stesso, negli stessi minuti il Sig. Andriani Avvocato della Fondazione di AN, presentava un ricorso contro la sentenza del Tar Piemonte, in merito alla ricusazione delle liste del M.S.I. – Destra Nazionale. Poiché tale atteggiamento ravvisa un dolo specifico da parte del membro appartenente al Consiglio di Stato [...] chiediamo alle Supreme Autorità dello Stato di intervenire in tal senso, Annunciando sin d’ora che procederemo con denuncia penale nei confronti del sig. La Russa, unitamente al Consigliere coinvolto". Questo elemento, ovviamente, non tocca in alcuna maniera le riflessioni giuridiche svolte ieri, ma è corretto riportarlo per non nascondere le lamentele della parte che in Consiglio di Stato ha avuto la peggio.

venerdì 13 maggio 2016

Iorio, a Roma in nome della Patria (e senza fiamma)

Lui stesso si è definito come "l'unico candidato sindaco di destra" a Roma. Alfredo Iorio, animatore della storica sezione di via Ottaviano 9 che si riconosce nella "destra sociale" (con la minuscola per distinguerla dall'omonima associazione di Luca Romagnoli - ex Fiamma Tricolore - che ha schierato alcuni candidati nelle liste di Fratelli d'Italia) correrà con una sola lista come sindaco di Roma: il suo nome è in evidenza sul simbolo, a tinte bianche e nere, e l'unica altra parola che si legge è "Patria".
In realtà, nei giorni scorsi, sembrava che le formazioni a sostegno di Iorio fossero due: vari media continuavano a parlare dell'appoggio tanto di Forza Nuova quanto del "Movimento sociale" (anche qui le virgolette sono d'obbligo, dopo si chiarirà perché), dunque era lecito pensare che quella del candidato sindaco fosse una strategia "a due punte".
"In effetti c'è soltanto una lista, non due come qualcuno dice da giorni. - spiega Alessio Costantini, coordinatore romano di Forza Nuova - Si tratta di un'unica formazione che coalizza lo sforzo di vari gruppi, da Forza Nuova al Popolo della vita al Movimento sociale europeo e va oltre: tutti ci siamo riconosciuti nella candidatura di Iorio e nella parola 'Patria', che abbiamo scelto per contrassegnare la nostra 'coalizione', sembrandoci la più adatta allo scopo, visto che è patrimonio comune di tutti noi".
Il simbolo ammesso dalla Commissione elettorale circondariale è lo stesso depositato già in prima battuta, senza che nel frattempo siano intervenute modifiche. Certo è che nei giorni precedenti era circolata la notizia che Iorio volesse presentare un simbolo "del Movimento sociale, privo del trapezio e della scritta 'Destra nazionale'": questo aveva indotto Maria Antonietta Cannizzaro, presidente del Msi - Destra nazionale, a diffidare - il 4 maggio - proprio Iorio dal presentare un simbolo "difforme rispetto al simbolo depositato" come marchio e opera dell'ingegno da Gaetano Saya. Il sito del Msi è stato anche più duro, prima definendo Iorio "sedicente missino", poi ieri ha precisato che quell'aspirante sindaco "non fa parte del M.S.I. – Destra Nazionale, pertanto la sua candidatura nulla ha da vedere con il partito politico M.S.I. – D.N" e lo stesso varrebbe per altri "piccoli movimenti, che lo affiancano".
"In realtà simboli con la fiamma non sono mai circolati. - precisa Costantini - Non nascondo che, se avessimo scelto di presentarci con quel simbolo, a Roma ci avremmo sicuramente guadagnato, per il radicamento che quell'emblema ha qui; abbiamo però fatto una scelta diversa, meno legata alla tradizione ma sicuramente identitaria". Una scelta, peraltro, che evita anche una serie di contenziosi legali: "Quasi certamente qualcuno si sarebbe opposto al nostro uso della fiamma e, a mio parere, non ci sarebbero state ragioni per farci perdere in un eventuale contenzioso - continua il responsabile romano di Fn - tuttavia, con l'emblema depositato, abbiamo eliminato ogni problema o rischio alla radice e possiamo concentrarci sulla campagna elettorale per Roma". Ecco allora che Iorio e i suoi puntano a Roma, in nome della Patria e senza temere incidenti legali.