Si è già visto che la diaspora nell'area socialista è stata vissuta - e in buona parte è così tuttora - in modo molto doloroso e lacerante: forte almeno quanto il desiderio di ricomporre le fratture è la convinzione che non sia indifferente il modo in cui le si vorrebbero ricomporre e lo schieramento politico in cui la ricomposizione potrebbe avere luogo. Anche per questo motivo, nel corso degli anni si sono succeduti vari tentativi di rimettere insieme alcune o molte tessere del mosaico socialista, con risultati più o meno ampi e di varia durata. Al di là dell'aggregazione di varie sigle, peraltro, in cima alle preoccupazioni di molti di questi progetti politici c'è stata e c'è l'identità socialista, l'idea cioè che dalle parole e dalle azioni di aderenti e dirigenti emergesse con assoluta nettezza il percorso ideale e politico del socialismo italiano, che aveva portato dalle origini fino all'esperienza di Bettino Craxi. Esperienza dalla quale, per questi gruppi, non si può in alcun modo prescindere.
In questo solco, dal 2017, si muovono anche i Liberalsocialisti per l'Italia, progetto politico che si propone di "ricominciare da dove Craxi è stato costretto a fermarsi". Lo guida da allora Antonino Distefano, ragusano, classe '45, un impegno di oltre vent'anni nella Uil (nel sindacato dei chimici), inizialmente socialdemocratico poi - dopo la breve stagione del Psi-Psdi unificato - a lungo iscritto socialista (molto attivo nella provincia di Varese). Dopo lo scioglimento del Psi si era allontanato dalla politica, salvo partecipare al Nuovo Psi di Gianni De Michelis. Dopo una lunga pausa rispetto all'impegno politico diretto, da tre anni ha scelto di riprenderlo con questo suo nuovo progetto.
"I Liberalsocialisti per l'Italia - spiega - nascono da un desiderio espresso da Bettino Craxi in esilio. Quando prese atto che il suo partito era ormai frammentato e ridotto a macerie, in uno dei suoi fax da Hammamet espresse l'auspicio che in Italia grazie a compagni generosi si desse vita a un movimento di ispirazione socialista democratico, autonomo, riformista e liberale. La nostra idea nasce, prende corpo da lì. Noi vogliamo salvaguardare e difendere i valori e l'identità socialista, sapendo che la nostra stella polare è il socialismo di Turati. Nenni, Saragat e Craxi. Noi di fatto ricominciamo da dove Craxi è stato costretto a fermarsi; lo facciamo senza senza subire richiami nostalgici, ma nella convinzione dell'attualità del socialismo e della visione di società che Bettino Craxi già vent'anni fa aveva avuto".
In questo solco, dal 2017, si muovono anche i Liberalsocialisti per l'Italia, progetto politico che si propone di "ricominciare da dove Craxi è stato costretto a fermarsi". Lo guida da allora Antonino Distefano, ragusano, classe '45, un impegno di oltre vent'anni nella Uil (nel sindacato dei chimici), inizialmente socialdemocratico poi - dopo la breve stagione del Psi-Psdi unificato - a lungo iscritto socialista (molto attivo nella provincia di Varese). Dopo lo scioglimento del Psi si era allontanato dalla politica, salvo partecipare al Nuovo Psi di Gianni De Michelis. Dopo una lunga pausa rispetto all'impegno politico diretto, da tre anni ha scelto di riprenderlo con questo suo nuovo progetto.
"I Liberalsocialisti per l'Italia - spiega - nascono da un desiderio espresso da Bettino Craxi in esilio. Quando prese atto che il suo partito era ormai frammentato e ridotto a macerie, in uno dei suoi fax da Hammamet espresse l'auspicio che in Italia grazie a compagni generosi si desse vita a un movimento di ispirazione socialista democratico, autonomo, riformista e liberale. La nostra idea nasce, prende corpo da lì. Noi vogliamo salvaguardare e difendere i valori e l'identità socialista, sapendo che la nostra stella polare è il socialismo di Turati. Nenni, Saragat e Craxi. Noi di fatto ricominciamo da dove Craxi è stato costretto a fermarsi; lo facciamo senza senza subire richiami nostalgici, ma nella convinzione dell'attualità del socialismo e della visione di società che Bettino Craxi già vent'anni fa aveva avuto".
Il fax cui si riferisce Distefano, probabilmente, è quello datato 1° ottobre 1996 (leggibile nel sito dell'Opera omnia messo a disposizione dalla Fondazione Bettino Craxi), quando l'ex presidente del Consiglio - in prossimità del primo congresso del Partito socialista di Intini e De Michelis - pur negando che potesse improvvisarsi la ricostruzione di un partito socialista, si rendeva conto di come "una vasta area di ispirazione e di orientamento socialista, democratica, liberale" sentisse con forza "la necessità di una nuova espressione e di una rappresentanza politica significativa", da costruire dal basso, grazie a persone che potessero formare "un movimento federato, libero da vincoli di subalternanza", in grado di superare le molte difficoltà davanti a sé "con un grande lavoro ed un grande coraggio".
L'idea, anche per il progetto di cui si parla ora, è di ricomporre la diaspora ("possiamo e dobbiamo farlo"), ma avendo le idee chiare sui modelli da non seguire e su chi non volere come compagno di viaggio. "I Liberalsocialisti per l'Italia - continua Distefano - nulla hanno a che spartire con quella classe dirigente socialista che ha concorso con la nuova generazione comunista e la componente della magistratura golpista al massacro socialista ed alla distruzione di uno dei grandi edifici della democrazia italiana. Ora da quelle macerie potrà rinascere il socialismo democratico, autonomo, riformista e liberale: niente a che vedere con Renzi, Zingaretti, nemmeno con il duo Nencini-Maraio. Spetta al popolo dei Liberalsocialisti per l'Italia, forti della coerenza nei valori del socialismo di Saragat e Craxi porsi alla testa di questa opera di ricostruzione. Ci rivolgiamo pertanto alle donne ed agli uomini che condividono questo presupposto, per trasformare il sogno in realtà".
Dopo i primi passi del 2017 si è definita la struttura essenziale del progetto politico, coordinato a livello nazionale da Distefano e attualmente attivo su 14 regioni. Il riferimento alla figura e al periodo di Craxi emerge anche dalla scelta di inserire la parola "Liberalsocialisti" in una doppia corona rossa - secondo l'intuizione grafica di Filippo Panseca - e di richiamare il garofano come elemento dominante. Qui, peraltro, i fiori - posti su un fondo grigio sfumato - sono addirittura tre: la scelta non è casuale, né dettata semplicemente dalla necessità di differenziarsi da altri emblemi esistenti (i garofani usati, peraltro, sono tutti diversi tra loro e non somigliano a quelli già usati in passato). "I garofani sono tre per richiamare l'ispirazione a Filippo Turati, ai fratelli Rosselli e a Bettino Craxi" chiarisce Distefano, mentre la fascetta tricolore richiama l'Italia (e non a caso proprio lì si posa la dicitura "per l'Italia) come anche la cultura liberale che si combina con quella socialista.
"Una volta messo in liquidazione il Psi, la sua politica, il suo simbolo, qualcuno doveva ricomporre la diaspora - conclude il coordinatore nazionale -. Noi vogliamo edificare la casa dei socialisti, creando contemporaneamente una nuova generazione di socialisti. Vogliamo creare un partito in cui possano trovare legittimazione tutte le correnti di pensiero, tenute insieme dalla democrazia e dalla dialettica interna, in cui si formano maggioranze e minoranze. Vogliamo un partito che dia voce ai socialisti senza voce, a coloro che hanno dato tutto senza chiedere nulla in cambio. Non dovranno esserci padroni e azionisti delle tessere; servirà un partito su base regionale perché sia saldamente ancorato al territorio, un partito che ritorna tra la gente interpretandone ansie e bisogni, Soprattutto vogliamo un partito che parli socialista al paese, riappropriandosi di parole e idee che sono state cancellate".
L'idea, anche per il progetto di cui si parla ora, è di ricomporre la diaspora ("possiamo e dobbiamo farlo"), ma avendo le idee chiare sui modelli da non seguire e su chi non volere come compagno di viaggio. "I Liberalsocialisti per l'Italia - continua Distefano - nulla hanno a che spartire con quella classe dirigente socialista che ha concorso con la nuova generazione comunista e la componente della magistratura golpista al massacro socialista ed alla distruzione di uno dei grandi edifici della democrazia italiana. Ora da quelle macerie potrà rinascere il socialismo democratico, autonomo, riformista e liberale: niente a che vedere con Renzi, Zingaretti, nemmeno con il duo Nencini-Maraio. Spetta al popolo dei Liberalsocialisti per l'Italia, forti della coerenza nei valori del socialismo di Saragat e Craxi porsi alla testa di questa opera di ricostruzione. Ci rivolgiamo pertanto alle donne ed agli uomini che condividono questo presupposto, per trasformare il sogno in realtà".
Dopo i primi passi del 2017 si è definita la struttura essenziale del progetto politico, coordinato a livello nazionale da Distefano e attualmente attivo su 14 regioni. Il riferimento alla figura e al periodo di Craxi emerge anche dalla scelta di inserire la parola "Liberalsocialisti" in una doppia corona rossa - secondo l'intuizione grafica di Filippo Panseca - e di richiamare il garofano come elemento dominante. Qui, peraltro, i fiori - posti su un fondo grigio sfumato - sono addirittura tre: la scelta non è casuale, né dettata semplicemente dalla necessità di differenziarsi da altri emblemi esistenti (i garofani usati, peraltro, sono tutti diversi tra loro e non somigliano a quelli già usati in passato). "I garofani sono tre per richiamare l'ispirazione a Filippo Turati, ai fratelli Rosselli e a Bettino Craxi" chiarisce Distefano, mentre la fascetta tricolore richiama l'Italia (e non a caso proprio lì si posa la dicitura "per l'Italia) come anche la cultura liberale che si combina con quella socialista.
"Una volta messo in liquidazione il Psi, la sua politica, il suo simbolo, qualcuno doveva ricomporre la diaspora - conclude il coordinatore nazionale -. Noi vogliamo edificare la casa dei socialisti, creando contemporaneamente una nuova generazione di socialisti. Vogliamo creare un partito in cui possano trovare legittimazione tutte le correnti di pensiero, tenute insieme dalla democrazia e dalla dialettica interna, in cui si formano maggioranze e minoranze. Vogliamo un partito che dia voce ai socialisti senza voce, a coloro che hanno dato tutto senza chiedere nulla in cambio. Non dovranno esserci padroni e azionisti delle tessere; servirà un partito su base regionale perché sia saldamente ancorato al territorio, un partito che ritorna tra la gente interpretandone ansie e bisogni, Soprattutto vogliamo un partito che parli socialista al paese, riappropriandosi di parole e idee che sono state cancellate".