L'esito delle elezioni politiche del 1987 è ricordato dai più per l'affermazione delle Liste Verdi e del Partito radicale (nell'anno in cui fu candidata ed eletta deputata Elena Anna Staller, nota come Cicciolina) e per l'ingresso della Lega Lombarda nel Parlamento italiano, facendo di fatto iniziare la storia di rilevanza nazionale iniziata con Umberto Bossi e arrivata a Matteo Salvini; il risultato uscito dalle urne, tuttavia, aveva avuto ricadute non secondarie sui territori, ad esempio in Piemonte. La contemporanea presenza di due liste autonomiste dal nome simile aveva lasciato entrambe le formazioni senza eletti; se però il Piemont autonomista di Gipo Farassino, gruppo nato due mesi prima delle elezioni, aveva avuto il risultato migliore e grazie a questo aveva ottenuto più attenzione e credito era diventato l'interlocutore piemontese della Lega Lombarda, ben peggiore era la situazione dell'Union Piemontèisa di Roberto Gremmo, a dispetto di un impegno politico almeno decennale.
Non c'era solo lo smacco della sconfitta, con l'inevitabile scoramento, le persone che se ne vanno quando le cose vanno male, la sensazione che tutti gli sforzi fatti sino a quel momento fossero stati vani. C'era anche il peso immane dei debiti - compresi i 50 milioni del prestito da restituire alla Liga Veneta - contratti durante la campagna elettorale, più pesante rispetto al passato proprio per la presenza di un'altra forza politica della stessa area di riferimento, in grado di intercettare i malesseri e il voto di protesta dei piemontesi.
A dire il vero, pochissimo tempo dopo le elezioni politiche, il piemontese Gremmo e il veneto Franco Rocchetta a Brescia stipularono per iscritto un accordo con Umberto Bossi perché la Lega Lombarda concedesse la "pulce" del suo simbolo alle elezioni amministrative a Liga Veneta e Union Piemontèisa (come la Liga aveva fatto con Union e Lega quando era in Parlamento: non a caso, a volere l'accordo fu proprio Rocchetta), a patto di non intrattenere rapporti con altri soggetti senza comunicarlo agli altri alleati e in cambio del rispetto di altre clausole (per cui, per esempio, Roberto Gremmo dovette firmare come direttore tutti i periodici dei movimenti alleati, compreso Lombardia autonomista della Lega Lombarda).
Alle comunali di Pino Torinese, di poco successive al voto politico, l'Union Piemontèisa - che nel frattempo aveva modificato il simbolo per rendere la parola "Piemont" più evidente e distinguersi dal Piemont autonomista: il fondo divenne nero e il riferimento al Piemonte intorno al drapò venne volto al bianco e assai ingrandito, oltre che reso con il carattere Cooper Black - volle presentarsi e andò piuttosto bene, ottenendo quasi il doppio del partito di Gipo Farassino che comunque riuscì per un soffio a diventare consigliere nel suo paese di residenza; in compenso, l'unico seggio dell'Union Piemontèsa non se lo aggiudicò Gremmo, che pure era il capolista, ma Luciano Vastapane che era riuscito a ottenere una ventina di voti in più (e che, incidentalmente, nessuna delle altre forze dell'accordo a tre era voluta intervenire per evitare che quella persona prendesse più voti di Gremmo).
Andò meglio nel 1988 in altri comuni, come Ciriè, Carignano e Bussoleno, con risultati sempre migliori rispetto al Piemont autonomista, non di rado anche in termini di eletti. Se però l'Union Piemontèisa di Gremmo poteva contare sul simbolo della Lega Nord per non dover raccogliere le firme, lo stesso risultato era stato garantito al Piemont autonomista dall'accordo con il Movimento autonomista dei democratici progressisti (Adp), formazione valdostana nata nel 1984 dalla fusione dei Democratici popolari e dell'Union Valdôtaine Progressiste. Questa poteva contare su un senatore, Cesare Amato Dujany, che però era stato eletto con la lista Vallée d'Aoste - Autonomie Progrès Fédéralisme: essa al suo interno conteneva il solo fregio dell'Uv. Questo particolare, al di là delle polemiche sollevate da Gremmo e da Bossi sulla legittimità dell'esenzione dalle firme da parte di un partito che non aveva presentato candidature riconoscibili col proprio simbolo ed esisteva solo come componente del gruppo misto di Palazzo Madama (ma già allora le componenti non erano ufficialmente previste dal regolamento del Senato), convinse lo stesso Gremmo che l'Union Valdôtaine aveva scelto di appoggiare il gruppo di Farassino: evidentemente anche se questo comportava ostacolare le sue liste (come del resto l'Uv, dopo i progetti di collaborazione messi in piedi da Bruno Salvadori, non aveva più appoggiato i tentativi di Gremmo di creare un fronte autonomista comune).
In quel 1988, Umberto Bossi operò formalmente per riavvicinare Gremmo e Farassino, anche perché l'anno precedente il secondo aveva querelato il primo (e la moglie Anna Sartoris) per alcune affermazioni fatte durante e dopo la campagna elettorale, legate a contributi stanziati da comune e provincia di Torino a favore della compagnia teatrale dello stesso Farassino. In cambio del ritiro della querela, Farassino (difeso, tra l'altro, da Mario Borghezio) ottenne il pagamento delle spese legali, pubbliche scuse di Gremmo sul suo quindicinale e, soprattutto, l'impegno a fare fronte comune in Piemonte e a fondere presto Union Piemontèisa e Piemont autonomista; in mancanza dell'accordo, avvertì Bossi, la Lega Lombarda avrebbe collaborato solo con il Piemont autonomista di Farassino.
Gremmo accettò di malavoglia il patto - siglato, tra l'altro, alla presenza di Leonardo Tamone, segretario dell'Union Valdôtaine - ma da mesi stava meditando il suo personale tentativo di rivincita, che sarebbe passato proprio per la Valle d'Aosta. A raccontarlo, nel suo libro Contro Roma del 1992, è lo stesso Gremmo:
Al momento di comporre la lista, Gremmo fu supportato da Luigi Nava, rappresentante aostano - ma di origine lombarda - dei Pensionati che, alle elezioni politiche del 1987, al Senato era riuscito almeno a ottenere il 2,58% correndo col simbolo della Liga Veneta. Per questo, la lista di Gremmo e Nava si chiamò Union Autonomiste - Pensionati: c'era il riferimento alla testata di Gremmo, Autonomie Valdôtaine (che da poco era stato rinominato proprio Union Autonomiste), e ai Pensionati di Nava. Il simbolo scelto era da antologia: la parola "Union" era scritta a caratteri cubitali, assai più evidente rispetto alla scritta presente nell'emblema dell'Union Valdôtaine; quanto all'icona scelta, se l'Uv aveva confermato il suo tradizionale leone rampante, Gremmo per la sua lista aveva scelto un camoscio bianco, parente strettissimo di quello che aveva adottato a suo tempo l'Unione ossolana per l'autonomia (Uopa). "un richiamo alle origini della mia battaglia autonomista - scrisse Gremmo nel suo libro - ma anche alla tradizione della mitologia alpina, comune all'Ossola come alla Val d'Aosta".
Così congegnato, quel contrassegno elettorale qualche grattacapo all'Union Valdôtaine avrebbe potuto darlo, visto che qualche elettore avrebbe potuto farsi suggestionare dalla parola "Union" e votare il camoscio invece del leone. Anche per questo, Gremmo si era cautelato e - racconta oggi - aveva comunque preparato anche un emblema di riserva, ma non ci fu bisogno di tirarlo fuori: l'Uv non ebbe nulla da eccepire e i giudici dell'ufficio elettorale circoscrizionale di Aosta nemmeno, quindi il camoscio si preparò a finire sulle schede.
Dopo una campagna tumultuosa, soprattutto per gli attacchi da parte di varie forze politiche e le contestazioni "inferocite" (parola di Gremmo) di varie persone provenienti dal Sud durante i comizi, i risultati delle elezioni del 26 e 27 giugno 1988 furono sorprendenti: quasi 1300 voti finirono all'Union Autonomiste - Pensionati e quell'1,64% ottenuto permise a Gremmo, il più votato della lista, di ottenere un seggio, mentre rimasero fuori dal consiglio per un soffio il Psdi (che fece ricorso sul conteggio dei voti, ma perse) e il Pli. Al di là del simbolo ammiccante (presentato a un elettorato forse non abbastanza smaliziato), il risultato fu determinato principalmente dallo stesso Gremmo, dalla sua propaganda e dalle reazioni che tutto ciò aveva provocato. Per lui, biellese, farsi eleggere consigliere in Valle d'Aosta, come outsider non esattamente in linea con l'Union Valdôtaine, era quasi il capolavoro della vita: gli diede soddisfazione sul piano politico e, tra l'altro, un po' di respiro in una situazione economica che nel 1987 era davvero delicata.
L'elezione in consiglio consentì a Gremmo, a giugno del 1990 e dopo la crisi della giunta Uv insediatasi dopo le elezioni, di entrare a far parte della maggioranza Dc-Pci-Adp-Psi-Pri-Union Autonomiste che mandò incredibilmente all'opposizione l'Union Valdôtaine (in seguito Gremmo sarebbe pure entrato nell'Ufficio di presidenza come segretario d'aula). Nel frattempo, però, si era già consumata nel 1989 una pagina politico-elettorale assai meno favorevole a Gremmo (e, secondo lui, al ruolo stesso del Piemonte) che dev'essere trattata nello specifico.
Non c'era solo lo smacco della sconfitta, con l'inevitabile scoramento, le persone che se ne vanno quando le cose vanno male, la sensazione che tutti gli sforzi fatti sino a quel momento fossero stati vani. C'era anche il peso immane dei debiti - compresi i 50 milioni del prestito da restituire alla Liga Veneta - contratti durante la campagna elettorale, più pesante rispetto al passato proprio per la presenza di un'altra forza politica della stessa area di riferimento, in grado di intercettare i malesseri e il voto di protesta dei piemontesi.
A dire il vero, pochissimo tempo dopo le elezioni politiche, il piemontese Gremmo e il veneto Franco Rocchetta a Brescia stipularono per iscritto un accordo con Umberto Bossi perché la Lega Lombarda concedesse la "pulce" del suo simbolo alle elezioni amministrative a Liga Veneta e Union Piemontèisa (come la Liga aveva fatto con Union e Lega quando era in Parlamento: non a caso, a volere l'accordo fu proprio Rocchetta), a patto di non intrattenere rapporti con altri soggetti senza comunicarlo agli altri alleati e in cambio del rispetto di altre clausole (per cui, per esempio, Roberto Gremmo dovette firmare come direttore tutti i periodici dei movimenti alleati, compreso Lombardia autonomista della Lega Lombarda).
Alle comunali di Pino Torinese, di poco successive al voto politico, l'Union Piemontèisa - che nel frattempo aveva modificato il simbolo per rendere la parola "Piemont" più evidente e distinguersi dal Piemont autonomista: il fondo divenne nero e il riferimento al Piemonte intorno al drapò venne volto al bianco e assai ingrandito, oltre che reso con il carattere Cooper Black - volle presentarsi e andò piuttosto bene, ottenendo quasi il doppio del partito di Gipo Farassino che comunque riuscì per un soffio a diventare consigliere nel suo paese di residenza; in compenso, l'unico seggio dell'Union Piemontèsa non se lo aggiudicò Gremmo, che pure era il capolista, ma Luciano Vastapane che era riuscito a ottenere una ventina di voti in più (e che, incidentalmente, nessuna delle altre forze dell'accordo a tre era voluta intervenire per evitare che quella persona prendesse più voti di Gremmo).
Andò meglio nel 1988 in altri comuni, come Ciriè, Carignano e Bussoleno, con risultati sempre migliori rispetto al Piemont autonomista, non di rado anche in termini di eletti. Se però l'Union Piemontèisa di Gremmo poteva contare sul simbolo della Lega Nord per non dover raccogliere le firme, lo stesso risultato era stato garantito al Piemont autonomista dall'accordo con il Movimento autonomista dei democratici progressisti (Adp), formazione valdostana nata nel 1984 dalla fusione dei Democratici popolari e dell'Union Valdôtaine Progressiste. Questa poteva contare su un senatore, Cesare Amato Dujany, che però era stato eletto con la lista Vallée d'Aoste - Autonomie Progrès Fédéralisme: essa al suo interno conteneva il solo fregio dell'Uv. Questo particolare, al di là delle polemiche sollevate da Gremmo e da Bossi sulla legittimità dell'esenzione dalle firme da parte di un partito che non aveva presentato candidature riconoscibili col proprio simbolo ed esisteva solo come componente del gruppo misto di Palazzo Madama (ma già allora le componenti non erano ufficialmente previste dal regolamento del Senato), convinse lo stesso Gremmo che l'Union Valdôtaine aveva scelto di appoggiare il gruppo di Farassino: evidentemente anche se questo comportava ostacolare le sue liste (come del resto l'Uv, dopo i progetti di collaborazione messi in piedi da Bruno Salvadori, non aveva più appoggiato i tentativi di Gremmo di creare un fronte autonomista comune).
In quel 1988, Umberto Bossi operò formalmente per riavvicinare Gremmo e Farassino, anche perché l'anno precedente il secondo aveva querelato il primo (e la moglie Anna Sartoris) per alcune affermazioni fatte durante e dopo la campagna elettorale, legate a contributi stanziati da comune e provincia di Torino a favore della compagnia teatrale dello stesso Farassino. In cambio del ritiro della querela, Farassino (difeso, tra l'altro, da Mario Borghezio) ottenne il pagamento delle spese legali, pubbliche scuse di Gremmo sul suo quindicinale e, soprattutto, l'impegno a fare fronte comune in Piemonte e a fondere presto Union Piemontèisa e Piemont autonomista; in mancanza dell'accordo, avvertì Bossi, la Lega Lombarda avrebbe collaborato solo con il Piemont autonomista di Farassino.
Gremmo accettò di malavoglia il patto - siglato, tra l'altro, alla presenza di Leonardo Tamone, segretario dell'Union Valdôtaine - ma da mesi stava meditando il suo personale tentativo di rivincita, che sarebbe passato proprio per la Valle d'Aosta. A raccontarlo, nel suo libro Contro Roma del 1992, è lo stesso Gremmo:
In Val d'Aosta pubblico da anni un giornaletto, Autonomie Valdôtaine, e, anche quando abitavo nel biellese, vi salivo almeno due volte al mese per effettuare la spedizione. Così, anche per non pensare troppo ai guai del dopo-elezioni, ero andato ad Aosta qualche giorno dopo il voto. [...] Per sfuggire a quest'aria rarefatta e ammorbata, m'ero preso dietro Anna e Gabriele e con la Dyane c'eravamo ritagliati un giorno di libertà.
Fu quasi per caso che vidi sui muri un manifesto che annunciava per la successiva primavera le elezioni regionali. Ancor oggi penso d'aver avuto un'ispirazione superiore e, senza esitare, dissi: "Ecco la nostra possibilità di rivincita. Dobbiamo venire in Val d'Aosta, proprio in casa di quelli che hanno aizzato Farassino a presentare la lista contro di noi. E ce la faremo senz'altro ad avere un seggio".
Anna mi guardò perplessa e meravigliata; forse pensò che stessi dando segni di follia. Mi era invece accaduto ciò che ogni tanto mi succede: di "sentire", "fiutare" che una cosa mi capiterà per certo. Una di quelle sensazioni irrazionali che si percepiscono in modo incontrollabile. Come quando succede di arrivare per la prima volta in un posto con la netta, impalpabile ma fortissima percezione di esserci già stati.
Sulla via del ritorno (altro "segno" del destino) l'auto fece le bizze, il carburatore iniziò a singhiozzare e, un po' allarmati, decidemmo di uscire dall'autostrada al casello di Chatillôn. Fu così che vedemmo per caso (ah, il "caso") il cartello di un'agenzia immobiliare che offriva in affitto un appartamentino di due stanzette con mansarda. Telefonai e, per la modica somma di trecentocinquantamila lire lo affittammo. Spesa quasi folle: avevamo un centinaio di milioni di debiti tra Liga Veneta e tipografia, eppure era così forte la mia determinazione di attuare il nuovo progetto elettorale che diedi fondo agli ultimi ultimissimi risparmi.Trasferirsi in Valle d'Aosta era necessario innanzitutto per potersi candidare: la legge elettorale regionale prevedeva che fossero eleggibili solo "i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un Comune della Valle d'Aosta", mentre dal 1993 - guarda caso, a partire dalla consiliatura successiva a quella iniziata nel 1998, forse per evitare un altro "caso Gremmo" - si richiedeva anche, come concesso dallo Statuto regionale, la residenza "nel territorio della Regione da almeno un triennio ininterrottamente", periodo ridotto a un anno nel 2002. Soprattutto, però, Gremmo trasferendosi poté saggiare gli umori dei valdostani, cogliere il loro malcontento legato alla pur vantaggiosa leva fiscale e soprattutto ai copiosi flussi migratori dal Sud degli ultimi anni e a una concezione dell'autonomia forse meno incisiva rispetto al passato. La campagna elettorale sarebbe stata imperniata su questo e amplificata dalle partecipazioni di Gremmo a seguite apparizioni sulle tv locali.
Al momento di comporre la lista, Gremmo fu supportato da Luigi Nava, rappresentante aostano - ma di origine lombarda - dei Pensionati che, alle elezioni politiche del 1987, al Senato era riuscito almeno a ottenere il 2,58% correndo col simbolo della Liga Veneta. Per questo, la lista di Gremmo e Nava si chiamò Union Autonomiste - Pensionati: c'era il riferimento alla testata di Gremmo, Autonomie Valdôtaine (che da poco era stato rinominato proprio Union Autonomiste), e ai Pensionati di Nava. Il simbolo scelto era da antologia: la parola "Union" era scritta a caratteri cubitali, assai più evidente rispetto alla scritta presente nell'emblema dell'Union Valdôtaine; quanto all'icona scelta, se l'Uv aveva confermato il suo tradizionale leone rampante, Gremmo per la sua lista aveva scelto un camoscio bianco, parente strettissimo di quello che aveva adottato a suo tempo l'Unione ossolana per l'autonomia (Uopa). "un richiamo alle origini della mia battaglia autonomista - scrisse Gremmo nel suo libro - ma anche alla tradizione della mitologia alpina, comune all'Ossola come alla Val d'Aosta".
Così congegnato, quel contrassegno elettorale qualche grattacapo all'Union Valdôtaine avrebbe potuto darlo, visto che qualche elettore avrebbe potuto farsi suggestionare dalla parola "Union" e votare il camoscio invece del leone. Anche per questo, Gremmo si era cautelato e - racconta oggi - aveva comunque preparato anche un emblema di riserva, ma non ci fu bisogno di tirarlo fuori: l'Uv non ebbe nulla da eccepire e i giudici dell'ufficio elettorale circoscrizionale di Aosta nemmeno, quindi il camoscio si preparò a finire sulle schede.
Dopo una campagna tumultuosa, soprattutto per gli attacchi da parte di varie forze politiche e le contestazioni "inferocite" (parola di Gremmo) di varie persone provenienti dal Sud durante i comizi, i risultati delle elezioni del 26 e 27 giugno 1988 furono sorprendenti: quasi 1300 voti finirono all'Union Autonomiste - Pensionati e quell'1,64% ottenuto permise a Gremmo, il più votato della lista, di ottenere un seggio, mentre rimasero fuori dal consiglio per un soffio il Psdi (che fece ricorso sul conteggio dei voti, ma perse) e il Pli. Al di là del simbolo ammiccante (presentato a un elettorato forse non abbastanza smaliziato), il risultato fu determinato principalmente dallo stesso Gremmo, dalla sua propaganda e dalle reazioni che tutto ciò aveva provocato. Per lui, biellese, farsi eleggere consigliere in Valle d'Aosta, come outsider non esattamente in linea con l'Union Valdôtaine, era quasi il capolavoro della vita: gli diede soddisfazione sul piano politico e, tra l'altro, un po' di respiro in una situazione economica che nel 1987 era davvero delicata.
L'elezione in consiglio consentì a Gremmo, a giugno del 1990 e dopo la crisi della giunta Uv insediatasi dopo le elezioni, di entrare a far parte della maggioranza Dc-Pci-Adp-Psi-Pri-Union Autonomiste che mandò incredibilmente all'opposizione l'Union Valdôtaine (in seguito Gremmo sarebbe pure entrato nell'Ufficio di presidenza come segretario d'aula). Nel frattempo, però, si era già consumata nel 1989 una pagina politico-elettorale assai meno favorevole a Gremmo (e, secondo lui, al ruolo stesso del Piemonte) che dev'essere trattata nello specifico.
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