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martedì 25 aprile 2023

Un simbolo per i riformisti, nonostante tutto e tutti: gli emblemi ricevuti

In questo post, periodicamente aggiornato, vengono pubblicati via via i simboli pervenuti per il "Concorso semiserio: Un simbolo per i riformisti, nonostante tutto e tutti": quelli riportati più in alto nel post sono quelli pervenuti più di recente, per poi risalire fino ai primi. Grazie fin d'ora coloro che hanno scelto di dedicare attenzione a questa proposta e di partecipare con le loro idee; grazie a chi vorrà aggiungersi e proporre altri spunti grafici (sempre seguendo le regole indicate nell'articolo di annuncio). E grazie soprattutto a Raffaele Dobelliniattento osservatore e commentatore di questo sito, che havuto l'idea di questo concorso e ha pazientemente atteso che maturassero le condizioni per proporlo, nella speranza che un nuovo simbolo - degno di questo nome e legato a un soggetto politico solido - possa nascere anche da qui.

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Unione riformista - Proposta di Raffaele Dobellini - 3 maggio




Libertà e progresso - Proposta di Raffaele Dobellini - 3 maggio




Democrazia - Proposta di Raffaele Dobellini - 26 aprile




Italia libera - Proposta di Raffaele Dobellini - 26 aprile





Libertà Italia - Proposta di Matteo Di Grande - 24 aprile




Canto libero per l'Italia - Proposta di Matteo Di Grande - 24 aprile




Azione liberale - Proposta di Matteo Di Grande - 24 aprile





Renew Italia - Proposta di Rocco Gerardo Rauseo - 23 aprile




Europa Democrazia Libertà - Proposte alternative di Francesco Polizzotti - 18 aprile



Europa Democrazia Libertà - Proposta di Francesco Polizzotti - 15 aprile



La Risposta - Proposta di Riccardo Olago - 14 aprile (il proponente spiega di aver inserito un nome fittizio per riempire lo spazio inferiore)



venerdì 14 aprile 2023

Concorso semiserio: Un simbolo per i riformisti, nonostante tutto e tutti

Da molti anni l'area dichiaratamente riformista e liberal(democratica) in Italia
- spesso r
appresentata come "centrista", essendo parte del più ampio "centro" - appare in continuo movimento: vari progetti politici, ciascuno a proprio modo e con proprie figure di riferimento, hanno cercato e cercano di rappresentare e incontrare le sensibilità di una parte più o meno consistente di quell'elettorato.
Limitandoci alle principali evoluzioni dagli "anni Dieci" in avanti, sulla scena politica sono comparsi, tra i molti soggetti, Fare per Fermare il Declino, Scelta civica per l'Italia, +Europa, Azione - in origine Siamo europei - e Italia viva (dei primi due si sono perse le tracce nel giro di alcuni anni); a questi occorre aggiungere almeno quei settori di partiti più ampi - soprattutto Pd e Forza Italia - che cercano di coinvolgere anche elettrici ed elettori liberaldemocratici e liberali (oltre che "popolari" e centristi, per restare in quello spazio politico).
Nel corso del tempo c'è chi ha manifestato disagio nel veder operare più sigle potenzialmente affini nella stessa area, con il risultato di mantenerla frammentata e renderla meno incisiva fuori e dentro le aule della rappresentanza. Anche per questo, più persone avevano guardato con interesse al percorso iniziato da Azione e Italia viva, presentando una lista unitaria e costituendo gruppi parlamentari unitari: benché tale scelta fosse dovuta anche alle norme elettorali (quelle sull'esenzione dalla raccolta delle firme) e a quelle dei regolamenti parlamentari (che di fatto, anche sulla base del numero delle persone elette, non consentono la nascita di gruppi distinti), pareva si fossero poste le prime basi per la nascita di un nuovo soggetto politico che potesse diventare punto di riferimento in quell'area politica, anche grazie all'esplicito riferimento al gruppo Renew Europe sorto al Parlamento europeo (punto d'incontro della tradizione dell'Alde e del più recente Partito democratico europeo).
Le notizie degli ultimi giorni sulle tensioni tra Azione e Italia viva sembrano allontanare sensibilmente l'orizzonte della costruzione di quel partito unitario. Lungi dal volersi esprimere sulle scelte e sulle posizioni divulgate, a questo sito interessa piuttosto cercare di fornire un altro tipo di contributo: rappresentare, sul piano ideale e grafico, l'area riformista e liberal(democratica). In altre parole, cercare di darle un nome e un simbolo
Non ci si vuole occupare delle differenze di vedute - vere, presunte o enfatizzate dai media - sul percorso verso quel nuovo soggetto politico o sui dissidi tra Carlo Calenda, Matteo Renzi e i rispettivi colleghi di partito. Sembra molto più produttivo, proprio ora che un approdo concreto sembra allontanarsi, cercare di lavorare sull'identità, cioè su qualcosa che unisce le persone, in cui più storie possono ritrovarsi (e che possa essere riconosciuto e rispettato anche da chi aderisce ad altre idee e posizioni) e che emerga per ciò che è, senza bisogno di qualificarsi come "terzo polo" (ammesso che lo sia in concreto). Qualcosa che, a differenza di quanto accade da ormai troppo tempo in Italia, prescinde dai nomi dei singoli leader, spesso divenuti elementi "pesanti" dei contrassegni elettorali, e cerca invece di riavvicinarsi alla migliore tradizione simbolica italiana.
Per questo I simboli della discordia ha scelto di promuovere un concorso di idee, aperto a chi si riconosce nell'area riformista e liberal(democratica) e vorrebbe vederla visualizzata anche sul piano grafico e anche a chi - a prescindere dalle proprie idee e posizioni - semplicemente crede che i riformisti meritino un proprio simbolo (e, a monte, un nome per il loro soggetto politico di riferimento) per poter essere identificati in modo diretto ed efficace. Si è scelto di parlare di concorso "semiserio", come si era fatto tra il 2017 e il 2018 nel dare un simbolo a Insieme per l'Italia di Sandro Bondi (visto che la componente un nome ce l'aveva già): anche questa volta il progetto è semiserio perché non si prevedono premi o compensi in denaro e perché il concorso non ha il "marchio ufficiale" di alcuna forza politica, dunque non nasce per dare un simbolo a un partito che sta per nascere (questo, anzi, dovrebbe rassicurare eventuali professionisti della grafica e della comunicazione: nessuno sta cercando di sfruttare la loro creatività e le loro soluzioni a costo zero, si tratta solo di cercare di rendere un servizio alle idee e al confronto politico sano)Se il concorso è semiserio, il concetto di fondo resta serissimo e merita l'attenzione di ogni appartenente alla categoria dei #drogatidipolitica - a prescindere dalle sue idee - che abbia a cuore il confronto tra pensieri (se non tra valori) e la cura nella loro rappresentazione. Del resto, alle elezioni europee del 2024, l'elettorato riformista e liberal(democratico) potrebbe guardare davvero con interesse a una lista che si riconosca pienamente nel progetto europeo Renew Europe (al di là di eventuali differenti posizioni su temi nazionali) e che, se pensata come davvero unitaria, possa superare senza problemi lo sbarramento del 4% e sfruttare il sistema proporzionale.
Chiunque abbia spunti da tradurre in grafica - in modo professionale o amatoriale, che usi Photoshop, Illustrator, Canva o altri programmi (o perfino le tradizionali matite colorate, in mancanza di altro) - può inviarli all'indirizzo contributi@isimbolidelladiscordia.itscegliendo tra i formati pdf, jpg, gif, png. Si tratta dunque di immaginare un nome e una sua resa grafica, secondo gli standard da scheda elettorale (tutti gli elementi racchiusi in un cerchio, con il risultato grafico non confondibile con altri segni e privo di immagini o soggetti religiosi): le proposte grafiche ricevute saranno mostrate via via in un post dedicato, che sarà aggiornato di volta in volta. Non c'è questa volta una vera scadenza, visto che il bisogno di un soggetto in cui gran parte dei riformisti possidentificarsi non sembra destinato a scemare. Pure questa volta, invece, benché si tratti di un "concorso semiserio", chiediamo a chi partecipa di prenderlo (almeno) abbastanza sul serio: non saranno accolte proposte denigratorie oppure offensive. Un filo di ironia, invece, è apprezzabile e potrebbe addirittura fare la differenza: del resto, tra lA-di-Azione/Avengers e l'ape (Di) Maio, sulla schednon ci siamo fatti mancare quasi niente e si può fare certamente di meglio. 

sabato 23 luglio 2022

R come Renzi, Riformisti, Radio Leopolda: nuova veste per Italia viva? (di Mauro Bondì e Gabriele Maestri)

Più o meno improvvisamente è tempo di elezioni e Matteo Renzi si prepara ad affrontare la sua prima campagna elettorale nazionale fuori dal Pd. L'ex Presidente del Consiglio, dopo aver lasciato i dem nel 2019 (poco dopo la nascita del secondo governo Conte), aveva fondato Italia viva, partito liberale e riformista (ispirato notoriamente all'esperienza francese di Macron).
Con il tempo in Francia il partito di Macron -
La République En Marche! - ha finito per "svuotare" il Parti Socialiste; se più di una voce aveva attribuito anche a chi aveva seguito Renzi l'idea di "svuotare il Pd", il progetto sembra in realtà essere stato via via accantonato, dopo i modesti risultati raggiunti da Iv sia nei sondaggi, sia nelle reali competizioni elettorali. Di certo in questo momento per Italia viva la strada di un rientro in Parlamento sembra decisamente in salita: senza un'organica alleanza con Azione, +Europa e le altre compagini liberali e libdem, la soglia di sbarramento rischia di essere un problema, come pure la possibilità di avere una buona rappresentanza in Parlamento. L’ex capo del governo, dunque, avrebbe deciso di effettuare un restyling - o, se si preferisce, un rebranding - della sua creatura politica, iniziando a proporre agli elettori un nome e un simbolo completamente nuovi. Se n'è avuta la prova ieri sera, quando lo stesso Renzi è intervenuto al Tg1 avendo alle sue spalle un pannello con un simbolo diverso da quello che era stato scelto alla Leopolda del 2019 (opera di Proforma di Giovanni Sasso).
La svolta in realtà era nell’aria e se ne parlava da tempo, almeno da quando - sempre alla Leopolda, ma all'ultima edizione, tenutasi il 19 novembre 2021 - Renzi e i suoi avevano iniziato a collaudare un nuovo vessillo assai diverso da quello originario di Iv. Si trattava già allora della "R rovesciata" (o specchiata), creata dalla combinazione di tre forme (bianco, azzurro e verde) curvilinee spezzate su un fondo blu scuro. All’epoca la "R" stava per "Radio Leopolda" - cioè il modo in cui era stata ribattezzata la manifestazione in quell'anno - ma molti iniziavano a intravedere in quel logo qualcosa di più vicino a un simbolo partitico che a un semplice brand
La "R rovesciata" è poi diventata l’emblema dei podcast realizzati nei mesi scorsi da Matteo Renzi e i parlamentari di Italia viva, nonché il logo di tutte le attività e trasmissioni di Radio Leopolda (emittente in onda online dalla metà di gennaio). Nella ENews 787 del 12 maggio scorso, un primo segno rilevante: "La R rovesciata e controcorrente di Radio Leopolda (ma anche di riformisti e rottamatori) sarà sempre più presente alle nostre iniziative. Chi vuole la metta anche sul telefonino", indicando anche un link per poterla scaricare. La stessa ENews si premurava anche di annunciare che "La R rovesciata è anche nella copertina de Il Mostro", il libro dello stesso Renzi allora in uscita per i tipi di Piemme a partire dalla propria "mala esperienza" con "inchieste, scandali e dossier": si trattava ovviamente di una "R" diversa, nello stile e nei colori, ma intanto c'era già il tentativo di richiamare un'immagine già nota a chi aveva sostenuto e continuava a sostenere l'ex Presidente del Consiglio. Sempre lui, non a caso, il 27 maggio a Omnibus ha dichiarato che ""La 'R' sta diventando il simbolo di chi non si accontenta di come vanno le cose, e vuole rovesciare, e penso che la rivedremo in futuro..."
Il futuro a quanto pare è arrivato, dopo la 
crisi di governo di questi giorni. Ieri mattina Pasquale Napolitano sul Giornale parlava di una "lista R" per una corsa solitaria come opzione alternativa a un rassemblement elettorale dell'area riformista che continua a riconoscersi in Draghi. Il simbolo era appunto la "R rovesciata" di Radio Leopolda (solo quella, senza altre scritte), che peraltro proprio da ieri compare sul sito www.matteorenzi.it in alto a sinistra, al posto delle iniziali "mr". Poi è arrivata l'intervista al Tg1, con alle spalle ancora la "R rovesciata", ma stavolta incastonata in un vero e proprio logo simil-elettorale circolare. Nella parte inferiore del cerchio, un segmento curvilineo bianco contiene in evidenza e in maiuscolo il cognome di Matteo Renzi (come ormai da anni si è abituati a vedere sulle schede, anche se finora Renzi non aveva mai inserito il suo nome nei simboli o nei contrassegni elettorali, né nel Pd né in Iv); sotto, il riferimento a "Italiaviva" (azzurro come la gambetta inferiore della R e senza spazio) è quasi impercettibile. In alcune delle immagini diffuse si è letto il riferimento alla "Sfida RIFORMISTA": è realistico pensare che R stia proprio per "Riformisti" e che possa essere il nome con cui i renziani si presenteranno alle politiche del 25 settembre. R, in fondo, sta anche per "Renew Europe", gruppo al Parlamento europeo di cui fanno parte gli eurodeputati passati a Italia viva (attraverso il Pde, di cui è segretario Sandro Gozi), come pure i macroniani. Non è mancato chi, con un po' di malizia, ha interpretato la scelta come un ulteriore tocco personalistico dell'ex Presidente del Consiglio: è facile dire, infatti, "R come Renzi". Un'operazione simile, in fondo, è già stata fatta fin dal 2017 proprio dal presidente della Repubblica francese Macron, quando ha chiamato il suo partito appunto "La Republique En Marche!", ove la sigla "EM" delle due parole in maggiore evidenza riprende proprio le iniziali del fondatore, Emmanuel Macron. 
C'è chi apprezza il nuovo emblema, ritenendolo rappresentativo e "di rottura", c'è già qualche critica ("sembra fatto con Paint"); si scoprirà nelle prossime settimane se finirà sulle schede e, prima ancora, nelle bacheche del Viminale. Cambiare simbolo poco prima delle elezioni è tendenzialmente rischioso, ma se Italia Viva dovesse alla fine presentarsi al di fuori delle coalizioni, questo contrassegno potrebbe essere molto utile a Matteo Renzi: essendo costretto a superare il 3% per ottenere parlamentari (senza possibilità di ottenerne nei collegi uninominali), puntare su un simbolo che lo identifica in pieno - grazie al cognome e magari a quella R rovesciata - potrebbe fare parte di una strategia incisiva per raccogliere il maggior numero di voti, in ogni modo possibile. Qualcuno accuserà Renzi di ulteriore personalizzazione, ma in quelle condizioni è quasi inevitabile che la lista che ha bisogno di emergere metta in gioco il suo leader, il suo nome, la sua immagine. 

lunedì 18 luglio 2022

Gruppi ai parlamentari M5S pro governo Draghi? L'offerta di L'Italia C'è

Entro qualche manciata di ore si potrà sapere qualcosa di più sul destino della XVIII Legislatura, se dunque Mario Draghi confermerà le sue dimissioni e ci si dovrà attendere uno scioglimento delle Camere in tempi rapidi (e un voto in autunno) o se il governo continuerà a operare nella pienezza dei suoi poteri anche dopo la "parlamentarizzazione" della crisi, magari dopo un nuovo voto di fiducia sull'eventuale mozione presentata a sostegno dell'esecutivo. Molti occhi sono puntati soprattutto sul MoVimento 5 Stelle, dopo la scelta di non partecipare al voto sulla questione di fiducia posta sulla conversione del "decreto-legge aiuti", alla base delle dimissioni presentate da Draghi (benché il Presidente della Repubblica non le abbia accolte, chiedendo al Presidente del Consiglio di presentarsi in Parlamento): fin da quel momento, i media si occupano del dibattito interno al MoVimento, tra chi sostiene le tesi del presidente Giuseppe Conte ("Non abbiamo tolto la fiducia al governo, ma senza chiarezza sui punti che abbiamo posto non potremo condividere responsabilità di governo") e le posizioni di chi non vuole comunque revocare partecipazione e sostegno al governo Draghi.
In questa situazione concitata e non ancora definita, non è passato inosservato l'intervento pubblicato sabato sui social network dai profili del movimento politico L'Italia C'è, attraverso il suo coordinatore nazionale Piercamillo Falasca: nel testo diffuso si parla esplicitamente della possibilità di dare sostegno ai parlamentari che volessero uscire dai gruppi del MoVimento 5 Stelle, accogliendoli in nuovi gruppi chiaramente volti ad appoggiare l'esecutivo guidato da Mario Draghi. In particolare, dopo aver rimarcato che non sono venute meno "le ragioni politiche del Governo Draghi", sostenendo che "non possiamo permetterci l'immobilismo e la paralisi, come hanno scritto il sindaco di Milano Beppe Sala e altri 10 sindaci di grandi città", Falasca ha rilevato che quella stessa posizione "sta emergendo in una parte consistente dei gruppi parlamentari del M5S", informando come "alcuni di questi parlamentari - sempre più distanti dalla linea distruttiva di Giuseppe Conte" abbiano contattato L'Italia C'è. "Siamo disposti ad accoglierli - ha continuato Falasca - e a lavorare con loro alla nascita di due gruppi parlamentari a Camera e Senato a sostegno del governo Draghi, aperti alla partecipazione di altri componenti delle Camere attualmente nel gruppo misto o in altre formazioni politiche, ai quali chiederemmo ovviamente di sottoscrivere un impegno programmatico preciso, basato sul sostegno all’Agenda Draghi e sulle proposte de L'Italia C'è". Falasca ha concluso sottolineando che quella proposta "vuol avere una valenza pienamente politica, e come tale la mettiamo a disposizione del presidente del Consiglio e di tutti i cittadini. Non è una decisione che avremmo assunto, prima di questa crisi, perché l'obiettivo de L'Italia C'è è (e continua a essere) quello di promuovere una iniziativa politica dal basso, che valorizzi le esperienze associative e civiche di tutta Italia".
In questi giorni, in effetti, chi ha parlato di possibili, nuove fratture nelle compagini parlamentari del MoVimento 5 Stelle ha anche spesso precisato che coloro che dovessero abbandonare i gruppi del M5S per continuare a sostenere il governo Draghi non avrebbero intenzione di approdare nei gruppi di Insieme per il futuro, ma sceglierebbero una via autonoma rispetto a quella di chi ha seguito Luigi Di Maio: in questo senso, la soluzione proposta da Falasca potrebbe tornare utile. Al momento sono riferibili al movimento L'Italia C'è quattro deputati: oltre a Gianfranco Librandi (che con Falasca ha depositato "L'Italia C'è" e altri segni come marchi) ci sono Gennaro Migliore (membro come Librandi del gruppo di Italia viva, nonché presidente dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo), Camillo D'Alessandro (altro deputato di Iv) ed Emanuela Rossini (eletta nella lista Svp-Patt e membro della componente Minoranze linguistiche del gruppo misto): se a costoro si unissero dunque almeno altre 16 persone elette alla Camera, potrebbe nascere il gruppo denominato "L'Italia C'è" (magari abbinato a un'altra denominazione, se chi avesse l'idea di abbandonare il gruppo del M5S volesse sceglierne una). 
Non pare invece che al momento al Senato ci siano figure direttamente riferibili a L'Italia C'è (anche se le relazioni non mancano): oltre a questo, bisognerebbe anche tenere conto di come i partiti in grado di consentire la formazione di un gruppo in corso di legislatura - per avere partecipato alle ultime elezioni "uniti o collegati", dunque con simbolo visibile, "conseguendo l'elezione di Senatori" - ormai scarseggino, anche dopo la lettura "squarciante" delle norme regolamentari "anti-transfughismo" introdotte nel 2017. Dopo che il Psi ha permesso la nascita del gruppo di Italia viva (grazie a Riccardo Nencini, eletto in un collegio uninominale in quota Insieme Italia-Europa - Psi), che l'Italia dei valori ha consentito la nascita del gruppo ora chiamato "Uniti per la Costituzione - C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro) - Alternativa - P.C. - Ancora Italia - Progetto SMART - I.d.V." (grazie a Elio Lannutti, eletto nel M5S ma tornato frattanto all'Idv, a sua volta ritenuta in grado di far nascere il gruppo in virtù della partecipazione alla lista Civica popolare, cui al Senato poteva riferirsi almeno Pierferdinando Casini, eletto in un collegio uninominale e tuttora membro del gruppo Per le Autonomie) e dopo che - da ultimo - Centro democratico ha fatto nascere il gruppo di Insieme per il futuro (nonostante Emma Bonino, unica eletta in un collegio uninominale in quota +Europa - Cd, avesse già formato e tuttora aderisca a una componente del gruppo misto grazie a quella lista comune), è rimasta probabilmente solo l'Udc a poter permettere la nascita di un gruppo autonomo, in forza dell'elezione di Paola Binetti, Antonio De Poli e Antonio Saccone in collegi uninominali in rappresentanza della lista presentata con Noi con l'Italia (che invece non ha eletto senatori, tranne Gaetano Quagliariello che però sta nel gruppo misto, membro della componente Italia al centro).
A prescindere dalla possibilità di formare un gruppo autonomo a Palazzo Madama, L'Italia C'è lavora comunque per strutturarsi ulteriormente: non a caso, il 17 e il 18 settembre è previsto - sempre ovviamente che non si tengano elezioni anticipate - l'evento fondativo del movimento politico, intitolato La forza del lavoro. La Terra di domani e programmato presso il Teatro Parenti a Milano. Oltre a Falasca, Librandi, Migliore, Rossini e D'Alessandro, è stato indicato tra gli animatori Federico Pizzarotti, sindaco di Parma fino alle ultime elezioni e con il quale L'Italia C'è ha stabilito una "collaborazione organica"; le conclusioni dell'evento sono state invece affidate al sindaco di Milano Giuseppe Sala.
Sempre a Milano, tra l'altro, è legata una piccola innovazione che ha riguardato il simbolo di L'Italia C'è dalla fine di giugno: nella parte inferiore del cerchio, infatti, è apparsa - su un segmento irregolare blu - la dicitura minuscola "i riformisti". Un post pubblicato sulla pagina di L'Italia C'è ricordava la nascita, un anno prima, della lista civico-politica "I Riformisti", qualificata come "esperimento che dovrebbe ispirare le scelte di molti piccoli e grandi partiti del fronte liberal-democratico" e ritenuta "determinante per la vittoria al primo turno e soprattutto per convincere i ceti produttivi, il mondo del lavoro e delle professioni, i più giovani e il mondo dell’associazionismo e del terzo settore, della bontà della proposta di Beppe Sala". Rilevato che dopo le amministrative milanesi "altre iniziative in giro per l’Italia hanno usato la nostra denominazione 'I riformisti' e molti hanno evocato quell’aggettivo per descrivere l’area politica ancorata all’Agenda Draghi, all’europeismo e alla modernizzazione del Paese" e con l'intenzione di dare peso all'area riformista anche in vista delle elezioni del 2023, la nota proseguiva notando che "i promotori de 'I Riformisti' oggi partecipano alla costruzione del progetto de L'Italia C'è e ne sono ogni giorno di più parte integrante. Per questo, oggi integriamo 'I riformisti' nel simbolo de L'Italia C'è". La scelta, a quanto pare, non è stata accolta da tutti i gruppi che hanno partecipato a quella lista (si vedano i post di dissenso pubblicati da Milano in Azione e +Europa Milano); è segno, in ogni caso, del tentativo di costruire qualcosa di più solido nell'area riformista-riformatrice. Con la possibilità che L'Italia C'è acquisti visibilità in Parlamento negli ultimi mesi di questa legislatura, se questa andrà a scadenza naturale e si verificheranno le condizioni per la nascita dei gruppi.

giovedì 29 luglio 2021

Moderati, ma anche riformisti: un test per il simbolo di Portas

Se si vuole cercare in Piemonte uno dei simboli più longevi, soprattutto tra le formazioni che in quella regione hanno preso il via e tuttora operano, presentando regolarmente liste, è inevitabile pensare ai Moderati, ben noti a Torino e in tutta la regione (con escursioni anche al di fuori) dalla fine del 2005, nonché presenti alla Camera dal 2008 grazie al loro segretario, Giacomo Portas (eletto sempre nelle liste del Pd, attualmente deputato del gruppo di Italia viva).
Proprio Portas, tre giorni fa, ha pubblicato sul suo profilo di Facebook una variante significativa dell'emblema del partito di cui è segretario, con tanto di messaggio: "Vi piace questo simbolo? Che ne pensate? Ditemi la vostra ☺️". L'unica modifica, peraltro piuttosto visibile, riguarda la parte inferiore della grafica, che al posto delle dodici stelle della bandiera europea inserisce la dicitura "e riformisti", con la "e" di colore giallo, richiamando un  po' il giallo delle stelle europee che non ci sono più.
"Questo in effetti è un test 'simbolico' - spiega a I simboli della discordia lo stesso Portas -. Io ho già provveduto alla registrazione, perché in Italia bisogna fare così e occorre tutelarsi, in ogni caso è un test per capire l'effetto che fa questa grafica: per ora l'ho inserita su Facebook e la proporrò in un focus che faremo in questi giorni, anche se non è il periodo più semplice per ottenere dei feedback perché la gente spesso è in vacanza o non è disponibile".
Inevitabile che l'accoppiata faccia venire in mente i Conservatori e riformisti fondati da Raffaele Fitto (poi trasformati in Direzione Italia), ma se quell'abbinamento era sempre sembrato un po' stridente e forzato - sebbene riprendesse chiaramente il nome e anche il leone dal gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei al Parlamento europeo -, in questo caso la coppia sembra più equilibrata, perché si vuol voler riformare il sistema senza smettere di essere moderati. "Guardi, posso garantirle che in questo periodo i simboli dei partiti, non corrispondono più ormai a delle ideologie, manca giusto 'Viva la mamma!' - precisa Portas - quindi tutt'al più non saremmo gli unici ad aver scritto cose che possono sembrare incoerenti. Al di là di questo, l'idea di fondo è cercare di rappresentare un mondo di centrosinistra o di centro, a seconda dell'evoluzione o scomposizione dei partiti che ci sarà da qui a qualche anno, con l'intento di far capire che si può essere riformisti anche se si è moderati, senza per forza dover essere 'di sinistra', non sta scritto da nessuna parte che dev'essere così."
A parte il possibile inserimento dell'espressione "e riformisti", il simbolo è rimasto identico a come gli elettori piemontesi l'hanno conosciuto a partire dal 2006, quando partecipò alle elezioni amministrative torinesi a sostegno di Sergio Chiamparino (eleggendo pure due consiglieri); in effetti il soggetto politico era nato negli ultimi giorni del 2005 e nel consiglio regionale, quando Giuliano Manolino e Giovanni Pizzale l'avevano creato - con il nome "Moderati per il Piemonte" - lasciando i rispettivi gruppi (Forza Italia e Italia dei valori). Lo stesso soggetto politico - che fin dall'inizio si è avvalso dell'apporto di Portas, forte anche della sua esperienza con la società di consulenza e marketing Contacta - aveva fatto capolino in consiglio provinciale a Torino, con l'adesione di Stefano Ruffini (già Forza Italia anche lui). Ed è proprio il nome di Ruffini a risultare come titolare dell'emblema depositato come marchio il 2 febbraio 2006, sia nelle versioni verbali ("Moderati per Torino", "Moderati per il Piemonte", "Moderati per la Puglia" e "Moderati per l'Italia"), sia nella prima rappresentazione grafica, in un certo senso speculare a quella attuale: la parola Moderati era sempre al centro, ma il segmento tricolore e quello blu con le stelle europee erano scambiati di posto (il primo in basso e il secondo in alto). Tempo tre mesi e un'altra domanda di marchio - poi regolarmente accolta, come le precedenti - ha sancito il simbolo nell'aspetto definitivo, conservatosi fino a oggi.
Le uniche modifiche di rilievo riguardano l'inserimento del cognome del candidato di volta in volta sostenuto alla carica di sindaco o di presidente; altri cambiamenti sono legati all'uso del simbolo al di fuori del "natio" Piemonte o alla partecipazione a progetti politici e amministrativi comuni, con altre forze politiche. E a volte anche al di fuori le cose vanno bene: nel 2012, alle elezioni comunali di Piacenza, la lista Moderati e piacentini per Dosi (a sostegno di Paolo Dosi, candidato sindaco per il centrosinistra poi risultato vincente), ottenne addirittura il 13,38%.
La notorietà del simbolo dei Moderati, dunque, va oltre il Piemonte, al punto che qualcuno alle volte è interessato a utilizzarlo (chiedendo di poter presentare liste con quel fregio), ma capita anche che altri gruppi vogliano semplicemente utilizzare il nome, qualificandosi come "Moderati", con la maiuscola. Ora, essere moderati (con la minuscola) non è mai un problema, ma ambire alla maiuscola come se altri non ci fossero arrivati prima lo diventa: per questo il partito di Portas ha preso contromisure - come si è già visto - fin dai suoi primi passi. "Il simbolo è assolutamente tutelato sul piano legale, registrato fin dall'inizio: quando qualcuno prova a copiarlo, parte subito la richiesta di danni. Lei faccia un test: vada su Google e cerchi 'moderati'. Guardi un po' cosa le esce come prima occorrenza?" Esce, ovviamente, la pagina di Wikipedia dedicata ai Moderati (con la maiuscola, altrettanto ovviamente): "Durante le cause sulla titolarità e sull'uso della parola "moderati" è stata fatta spesso questa prova, l'esito è sempre lo stesso e non sono certo io a controllare Wikipedia o gli algoritmi di Google". Chissà se, tra qualche settimana o mese (anche in vista delle elezioni amministrative che interesseranno anche Torino"), cercando "moderati" su Google uscirà una pagina o un sito legato ai Moderati e riformisti...