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martedì 2 agosto 2022

Sgarbi e il valore del/nel simbolo: leggendo Labate sul Corriere di oggi

Ma chi l'ha detto che tutte le cose importanti, all'interno di un quotidiano, stanno in prima pagina? I #drogatidipolitica, a dire il vero, sanno bene che i particolari più succosi, quelli che riescono ad accendere il loro interesse, di solito stanno un po' più avanti, ovviamente tra le pagine di politica che di solito stanno tra le prime insieme agli esteri, ma magari anche più in là, in mezzo a qualche commento o tra i fatti locali. Magari in "vetrina" c'è solo un accenno e il particolare che si aspettava va cercato all'interno, annegato tra altri dettagli di certo rilevanti ma meno pregiati; altre volte in prima pagina non c'è proprio niente, ma se ci si concede il tempo e la pazienza di scorrere le pagine, si può avere la fortuna di imbattersi in qualcosa - poche righe, un'immagine nuova o vecchia, una battuta strappata al segreto e all'oblio - che valeva la pena di trovare.  
Per dire, il Corriere della Sera di oggi andava sfogliato con molta, molta attenzione da una persona appassionata di simboli dei partiti. A parziale - e piacevole - smentita di quanto detto poc'anzi, già sulla prima pagina si poteva trovare una discreta chicca "simbolica", data dalla vignetta di Emilio Giannelli (chi scrive non finirà mai di apprezzare il suo modo di leggere, ridisegnare e restituirci la realtà) sul cammino politico-elettorale che avvicina Luigi Di Maio a Bruno Tabacci, con tanto di scudo crociato democristiano sullo sfondo. Certo, chi avesse voluto sapere di più sul varo di Impegno civico, conoscendo anche il suo simbolo (con tanto di "pulce" di Centro democratico), non trovando nessun accenno - nei titoli o nei testi - in prima pagina, avrebbe dovuto iniziare a sfogliare, arrivando a pagina 5, trovando la notizia del lancio di Impegno civico (e della presentazione di Ambiente 2050) in taglio basso, subito sotto l'articolo in cui si legge - tra l'altro - che il nome di Giuseppe Conte non sarà inserito nel contrassegno del MoVimento 5 Stelle. 
Eppure la lettrice o il lettore con la curiosità dei simboli, fermandosi lì, avrebbe perso la parte migliore: per svelarla - anzi, sfogliarla - e trovarsela davanti bastava girare pagina, leggere quella seguente (la numero 6) e lasciar cadere l'occhio sulla rubrica "Tipi da campagna" (elettorale, evidentemente, l'unica del resto che interessi davvero i #drogatidipolitica) curata da Tommaso Labate. Un nome che in questo sito si è incontrato almeno una volta, per aver fatto riemergere - in pieno toto-Quirinale - un gustoso particolare sulla genesi del simbolo del Ccd di Pier Ferdinando Casini
Anche ora Labate non si smentisce, in più non ha neanche bisogno di pescare un particolare quasi inedito per soddisfare l'appetito esigente dei lettori affamati di storie "simboliche": tutto viene dall'attualità. Lo si capisce fin dal titolo del pezzo
Sgarbi lotta per il simbolo: "Da solo valgo l'1-1,5%. Se hai uno come Vasco non lo metti nella scheda?" Impossibile, di fronte a queste parole, restare impassibili: occorre leggere, scavare, immaginare, anche solo la voce dell'intervistato che ripete le frasi scritte con un'inflessione e un ritmo ben noti. O forse no: lo stesso Labate invita a dimenticare "la versione arrabbiata, fumantina ed esplosiva di Vittorio Sgarbi", sostituita dalle sembianze e dall'espressione di "un uomo che non si dà pace", che non si capacita, ma non si arrende all'idea di non vedere il simbolo del suo partito - Rinascimento - con il suo nome sulle schede elettorali
La faccenda, per chi ha potuto comprendere il valore dei simboli, è serissima, anche perché attiva subito ricordi di episodi e immagini di altri emblemi elettorali. "Metti caso che hai Vasco Rossi che sta in coalizione con te. Che cosa fai, gli dai un collegio blindato e tanti saluti? Oppure fai in modo che quel nome porti consensi a tutta l'alleanza? Lo tieni nascosto o lo metti bello visibile sulla scheda elettorale in modo da sfruttarne la popolarità? Davvero, io non capisco. Però dai, vediamo in un modo o nell’altro di risolverla...". Così raccontava ieri pomeriggio Sgarbi a Labate, mentre era "spalmato [...] sul sedile di dietro di una berlina che gira per le vie di Viterbo", spiegando come a lasciarlo perplesso non fossero dubbi sulla rielezione (sarebbe pronta una candidatura "col centrodestra in un collegio granitico", sostenuta soprattutto da Giorgia Meloni e appoggiata dai vertici degli altri partiti), ma il serio rischio di invisibilità per il suo partito e per il nome del suo fondatore
Scartata l'idea di presentare una lista su cui raccogliere le firme, la soluzione poteva (e potrebbe) avere le sembianze di Noi con l'Italia, partito esonerato che potrebbe condividere il suo contrassegno con Rinascimento e contenere anche il cognome di Sgarbi. Qualcosa, però, non sarebbe andato secondo i piani iniziali del critico d'arte, come si evince dal flusso di pensieri che segue: 
Non voglio polemizzare con Lupi. Lui è un ragazzo buono, semplice, sincero. Ma, dico io, mi volete usare nel simbolo? Io da solo prendo dall'1 all'1,5%, a prescindere dalla coalizione. In un Comune di duemila elettori, venti voti non me li toglie nessuno. Pensa poi nelle grandi città! Questi consensi li posso portare dentro, possono essere decisivi [...]. Ma quanto fanno schifo i nomi dei partiti di oggi, ancorati esclusivamente al racconto dell'immediato, del presente? Italia viva fa schifo, Azione fa schifo, un po' anche Noi con l'Italia fa schifo. Senti quant'e bello Ri-na-sci-men-to... [...] La storia, il racconto, il cammino, l'idea: com'era per i nomi bellissimi della Prima repubblica, Partito repubblicano, Partito comunista... [...] Lupi mi ha telefonato per dirmi "sai, Vittorio, se mettiamo più simboli nel tondino poi l'elettore si confonde". Qua ne ho uno che riprende la Creazione di Adamo di Michelangelo. Ma secondo voi Michelangelo può mai confondere l'elettore? Ma scherziamo? Le mani di Dio e di Adamo protese l'una verso l’altra come la mia e quella di Lupi... Ma sapete quanti voti di centro toglieremmo a Calenda, Carfagna e Gelmini?
Anche chi si ritenesse poco compatibile con la figura di Vittorio Sgarbi finirebbe, leggendo questo fluire e immaginandolo detto da lui, per riconoscere che in quelle parole sta almeno una parte di ragione. Indubbiamente un riferimento esplicito a Sgarbi, specie in una competizione nazionale, è in grado di spostare una porzione di consensi (quelli di chi lo apprezza in entrata, quelli di chi non lo stima in uscita); sul vuoto comunicato da molti nomi e molti simboli della politica recente è difficile non essere d'accordo. Tra una frase di Sgarbi e l'altra, poi, l'occhio cade sul passaggio in cui si legge che il critico d'arte "in una cartelletta, ma anche memorizzati tra file di WhatsApp, ha delle bozze di simbolo" e si ammette che, oggettivamente, sarebbe valsa la pena stare su quell'auto per dare uno sguardo alla cartelletta e allo schermo dello smartphone
Se poi, dopo aver messo per iscritto quel desiderio, almeno uno di quei simboli - appunto quello che sovrappone le mani della michelangiolesca Creazione di Adamo alla pennellata tricolore di Noi con l'Italia, accostata ai nomi di Lupi e dello stesso Sgarbi - fa capolino sullo schermo come un cadeaux insperato, non si può che essere grati all'autore dell'articolo che ha voluto condividere quell'immagine per rendere più concreto il racconto di un sogno - di una lista "con simbolo griffato da Michelangelo Buonarroti" - che il suo propugnatore "non vuole lasciare in un cassetto". Anche perché stavolta non finirebbe come nel 1996, quando Sgarbi aggiunse il suo nome al simbolo a taijitu della Lista Pannella, ma poi venne candidato da Forza Italia in Calabria (ma il simbolo pannellian-sgarbiano ormai era stato ammesso così) e nemmeno come nel 2018, quando il critico d'arte era invece riuscito a far togliere il proprio nome dal contrassegno della lista autonoma Rinascimento-Mir, visto che lui nel frattempo aveva stretto un accordo con Forza Italia (con cui fu candidato ed eletto nel collegio Emilia-Romagna - 02). Stavolta, come candidato in un collegio uninominale, Sgarbi sarebbe proposto nella stessa coalizione cui apparterrebbe il simbolo con il suo nome, quindi potrebbe esercitare davvero un ruolo di traino, di voti e di persone (lui stesso nella conversazione ha citato Tommaso Cerno, Luca Palamara, Mario Mori, Alberto Veronesi e "Marco Castoldi detto Morgan", già citato da Sgarbi come possibile nome di punta della lista Pri - Liberal Sgarbi - "Partito della bellezza" alle elezioni europee del 2004, anche se poi la candidatura non si concretizzò). Per realizzare il sogno di Sgarbi ci sarebbero due settimane scarse: pochino, ma in fondo altri sogni sono assai meno a portata di mano...

Grazie di cuore a Tommaso Labate per avere concesso la pubblicazione del simbolo-sogno, citato ma finora non mostrato.

giovedì 24 marzo 2022

#IoApro - Rinascimento a "congresso" (e Sgarbi riprende la Città ideale)

Anticipata da settimane e annunciata da giorni, ieri si è concretizzata la nuova reincarnazione di Rinascimento, il partito fondato nel 2017 da Vittorio Sgarbi. Si tratta più esattamente di un'alleanza - o, volendo ragionare in termini imprenditoriali, di una joint venture - con #IoApro, il soggetto politico fondato e guidato da Umberto Carriera, ristoratore di Pesaro noto per avere scelto - fin dagli ultimi mesi del 2020 - di tenere aperti i suoi locali a dispetto delle prescrizioni limitative contenute nei decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri (con lo strascico di sanzioni e impugnazioni di cui i media hanno dato conto a tempo debito). 
Ieri, in particolare, all'Hotel Parco dei Principi a Roma si è tenuto il "1° Congresso Nazionale" (così era scritto sul banner diffuso in rete) di #IoApro - Rinascimento, ufficializzando così anche sul piano politico-organizzativo il sostegno che Sgarbi ha dato fin dall'inizio alle iniziative dei ristoratori che, quanto lui, ritenevano ingiuste e illegittime alcune limitazioni imposte dai d.P.C.M. ("Carriera, resistendo, ha trasformato la sua attività in un'attività politica - ha detto ieri Sgarbi, come si può sentire dal suo discorso ripreso da Radio Radicale - è bastato aspettare per ottenere ragione da vari tribunali, il tempo e la magistratura hanno dato soddisfazione"). Sotto il motto "Tu sei quello che sai" ("La battaglia per la ragione è la battaglia della mia vita: significa avere ragione alla fine, ma anche usarla, perché la competenza, la conoscenza e la capacità dipendono dallo studio) si è svolto questo evento di presentazione, di un tenore che ha trovato la sua orchestra (così si è espresso Sgarbi), parlando di "Italia da salvare nella sua integrità" (parlando di anche di giustizia, patrimonio naturale e artistico) e di un piano da mettere in campo da qui al momento delle elezioni. "Abbiamo esattamente un anno da qui al momento del voto - ha aggiunto il deputato - per non essere presi in giro da partiti finti con personaggi velleitari, come sono stati i 5 Stelle. In quel nuovo Parlamento, più piccolo, dobbiamo esserci per dire le cose che io ho detto da solo con pochi altri usciti dal M5S, ma per dire chi siamo e quanto contiamo occorre passare per questo primo esame delle elezioni amministrative".
Il primo traguardo, dunque, dovrebbe essere quello del voto in primavera, presentando ove sarà possibile - si è parlato di una settantina di comuni - liste "ciniche", solitarie (anche a Pesaro, con Carriera candidato sindaco): "Vogliamo che si sappia - ha precisato Sgarbi - che noi siamo un'oasi, un punto di riferimento, un'isola in mezzo a un mondo contaminato che, dal Pd ai 5 Stelle ha tradito non solo i suoi elettori, ma anche le sue stesse posizioni". Con riguardo alle elezioni politiche, invece, dovendo - con le norme elettorali attualmente in vigore - immaginare schieramenti di coalizione, "occorrerà trovare, con la nostra totale autonomia, un accordo col centrodestra", cercando comunque di intercettare soprattutto i voti del dissenso non più raccolti dal M5S e quelli in uscita da partiti che hanno tradito la loro identità, "come Forza Italia in alcuni casi".
Durante l'evento è stato proiettato il probabile contrassegno elettorale, già diffuso online nei giorni precedenti. La parte inferiore del simbolo è dedicata a Rinascimento, che per l'occasione lascia il dettaglio della michelangiolesca Creazione di Adamo e recupera La Città ideale, il dipinto conservato a Urbino (come a voler aumentare il tasso di "marchigianità" del progetto, visto che Carriera è appunto pesarese). Sopra al nome del partito e dello stesso Sgarbi (meno evidente rispetto al passato, anche per il carattere piuttosto sottile impiegato, sul fondo bianco) c'è invece l'emblema di #IoApro: si tratta di "un logo raffigurante una finestra con due ante aperte: quella di sinistra di coIore verde e quella di destra di colore rosso mentre nel centro di colore bianco viene riportata l'immagine dell'Italia di colore nero". La descrizione è quella contenuta all'interno dello statuto riportato nel sito di #IoApro - Rinascimento: si tratta in effetti dello statuto (allegato all'atto costitutivo) del solo movimento #IoApro, costituito ufficialmente il 17 luglio 2021 con atto notarile; come fondatori e figure di vertice il sito indica Momi El Hawi (fiorentino, a sua volta ristoratore) quale presidente, Umberto Carriera come segretario nazionale, Biagio Passaro e Lorenzo Nannelli (presso il cui studio legale il movimento ha ufficialmente sede) come consiglieri nazionali (l'atto costitutivo indicava tra i fondatori anche Antonino Alfieri, inizialmente scelto come presidente). 
Tornando al simbolo, la parte che riguarda #IoApro può facilmente ricordare qualcosa ed è più che normale: l'idea delle porte aperte tricolori era stata già utilizzata - e sviluppata graficamente allo stesso modo - per il marchio elaborato per le iniziative della campagna #IoApro, ma nell'apertura della porta, al posto della sagoma dell'Italia, c'erano le posate stilizzate di colore nero. Vale la pena segnalare che - come già fatto notare dai media all'epoca - quel segno è stato depositato come marchio il 16 marzo dello scorso anno e registrato a settembre (tra l'altro anche per la classe 45, relativa a "Servizi giuridici; servizi di sicurezza per la protezione di beni e di individui; servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali"): a chiedere la registrazione del marchio è stata la Confederazione imprese unite per l'Italia di Massa-Carrara.
Lo statuto di cui si è detto prima indica anche, per punti (riportati nella forma "#IoApro a..."), il programma del partito: l'elenco inizia con cinque punti strettamente connessi alla situazione legata alla pandemia, dunque con "il ripristino di tutte le libertà costituzionali", la riapertura di ogni attività economica, l'abolizione definitiva della distinzione cromatica tra zone (ancora attiva al momento della fondazione del partito) la fine dell'emergenza sanitaria e anche "l'impedimento di qualsiasi obbligo vaccinale" (ma si auspica anche "la rimozione dalla carica di Ministro della Salute del dott. Roberto Speranza"). Si propone poi di abolire il bollo auto e ogni tassa relativa al suolo pubblico per le attività economiche con il fatturato fino a 5 milioni di euro, di prorogare fino a fine 2023 la moratoria sui mutui, di eliminare per tre anni i canoni Rai e Siae per le attività di ristorazione (e, in generale, il canone Rai per chi ha più di 65 anni); si vorrebbero poi togliere i limiti all'uso del contante e le commissioni sui pagamenti via Pos (equiparando i costi bancari ai livelli europei), introdurre ammortizzatori sociali anche per i lavoratori autonomi e intervenire sul costo del lavoro (riducendolo e azzerando per tre anni i contributi su ogni nuova assunzione), valutando pure una quota minima di due terzi di persone cittadine italiane tra i dipendenti di ogni azienda (contrastando invece l'immigrazione clandestina e i progetti di introdurre lo ius soli). Contrario a ogni "nuova imposizione fiscale", #IoApro punta invece sulla "connessione Internet gratuita a tutte le famiglie con figli a carico", su vari bonus (per chi viene in vacanza o fa il viaggio di nozze in Italia e per chi ha figli, ma eliminando il reddito di cittadinanza) e su una flat tax al 20%, rimodulando piuttosto l'imposizione esistente (tassando del 30% le multinazionali che vendono servizi in Italia, prevedendo una patrimoniale straordinaria all'1% per redditi superiori al milione di euro, ma "solo sulle liquidità con ridistribuzione") e deducendo ogni costo relativo alle attività imprenditoriali e professionali.
Vittorio Sgarbi non fa parte dunque dell'organigramma di #IoApro: da tenore quale si dichiara, resta probabilmente a capo del suo Rinascimento, ma prepara la strada comune in vista del primo appuntamento elettorale utile, in preparazione a ciò che accadrà alle elezioni politiche del 2023. Quali simboli finiranno nelle bacheche del Viminale? Quello di Rinascimento, quello di #IoApro o quello composito (com'era accaduto con il tandem Rinascimento-Mir, anche se poi Sgarbi si candidò in Forza Italia e ottenne di far cancellare il suo nome dal contrassegno)? Occorrerà attendere qualche manciata di mesi per saperlo.

martedì 23 febbraio 2021

I simboli di Vittorio Sgarbi per rigenerare Roma

Il suo nome circolava da tempo, ma oggi ha ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Roma. "Per Roma io ci sono, non posso non esserci": a dirlo è Vittorio Sgarbi, che quest'oggi a mezzogiorno ha presentato il suo progetto per la Capitale, anche se a quanto pare si va verso un rinvio delle elezioni amministrative. Non si sa quando si voterà, dunque, ma si sa che il deputato (nonché sindaco di Sutri) intende essere presente come aspirante sindaco, sperando che a sostenerlo ci sia anche il centrodestra: "Io dico che mi presento, perché sono Sgarbi e Rinascimento è importante che ci sia. O il centrodestra converge su di me, oppure io faccio una lista che va anche contro il candidato del centrodestra, poi al ballottaggio si potrebbe discutere e a quel punto si potrebbe trovare un accordo, del quale l'assessorato alla cultura sarebbe parte importante".
La lista di cui parla Sgarbi è ovviamente Rinascimento, il progetto cui il critico d'arte e politico lavora dal 2017: "In un panorama di partiti che non sanno quello che sono, quello che fanno e da che parte stanno, ma si inventano destra e sinistra - ha detto - ci voleva un partito di tutti, un Pc nel senso di 'partito della cultura', appunto Rinascimento. Con quello sono diventato sindaco di Sutri e, sia pure dopo una fase di letargo, quando l'anno scorso dei gruppi di persone hanno presentato liste con quel simbolo ad Aosta e in Valle d'Aosta, hanno ottenuto rispettivamente il 25% e il 5%, quindi ho pensato che fosse arrivato il momento di ripresentare Rinascimento, sia nella sua accezione più alta, per tutto ciò che di elevato si è fatto nel Rinascimento italiano, sia per quanto riguarda la salute. Questa giornata di sole ci ricorda che dovremmo essere amici dell'aria aperta, magari tenendo la mascherina se si è troppo vicini, ma negarsi l'aria aperta è una forma di turbamento mentale: il Rinascimento è innanzitutto quello della consapevolezza della salute".
Oltre a Rinascimento (che in questo caso nel simbolo ha anche il Colosseo e il dettaglio della michelangiolesca Creazione di Adamo leggermente reintepretato), però, dovrebbero esserci altre liste: così pare di capire da quanto è stato annunciato nella conferenza stampa, iniziata in robusto ritardo al centro di Piazza Navona, dopo che non è stato possibile tenerla al ViviBistrot dov'era stata convocata ("Raggi aveva detto che non si poteva fare lì, lo ha fatto sapere ai gestori..."; "ma questa è una piazza d'arte importante, che rappresenta la bellezza di Roma e dell'Italia" ha detto all'inizio Cristiano Aresu, segretario politico di Rinascimento, presente con Dario Di Francesco, vicesegretario), con un quasi-assembramento di persone e microfoni quasi inevitabile
Innanzitutto è stato annunciato il sostegno della lista Italia libera, quella annunciata da Carlo Taormina poco prima di Natale: il simbolo, tra l'altro, è proprio quello con il cuore di Vandea stilizzato, che questo sito aveva mostrato proprio la vigilia di Natale, trovandolo sul sito curato da Giuliano Castellino. Tra i candidati, peraltro, è stato fatto il nome del portavoce Nino Galloni, noto economista post-keynesiano, presidente del Centro Studi Monetari e attento al tema della moneta complementare. Poi c'è Geo - Ambientalisti animalisti europei, lista il cui nome parla da sè e con la parola "Geo" gialla inserita in un cerchio di frecce (... vi ricorda qualcosa?) su fondo verde: come portavoce è stato indicato 
Cristiano Riggio, già due volte consigliere municipale a Roma eletto con il Pd.
C'è poi Domenico Faccini, segretario e tesoriere del Movimento cittadini italiani, presieduto da Silvana Bruno e nato, come si legge sulla sua pagina Facebook, "per rappresentare quella fascia di persone che, per colpa di leggi che vanno a discapito della gente onesta, è costretta a vivere in grave difficoltà economica". Il simbolo è rappresentato da un tricolore con un quadrato azzurro nella parte centrale, in cui è incastonato un cerchio con l'emblema di due mani che accolgono il globo con l'Italia. Da ultimo c'era anche Carmelo Leo, coordinatore nazionale del Movimento Sviluppo Italia: una traccia di gesso tricolore su fondo blu sfumato caratterizza l'emblema di questo gruppo, che per ora completa la squadra a sostegno della candidatura di Sgarbi.
A livello nazionale il critico e deputato vorrebbe proporre uno spazio, una casa politica per le tante persone che al momento ne sono sprovviste, ma l'occhio è ovviamente puntato innanzitutto sulla capitale e sull'amministrazione dei beni culturali: "Ci sono i diritti fondamentali - ha detto oggi - ma c'è un diritto alla bellezza di cui ognuno è tutore e che non è tutelato in pieno dalla Costituzione, al di là dell'articolo 9: invece che una "repubblica democratica fondata sul lavoro" all'articolo 1 si potrebbe dire 'fondata sulla bellezza'. Roma è la prima città del mondo, per tutto il suo patrimonio, ma occorre cultura politica, non è possibile tenere i beni culturali come li tiene ora l'amministrazione. Per tuti Parigi è il Louvre e si identifica con quello, Roma potrebbe identificarsi con uno dei suoi musei e invece non succede: Roma dev'essere un luogo in cui accadono più cose che a Parigi, è da lì che si rigenera una città". 
Una candidatura, dunque, in nome della cultura: "Io rappresento la cultura più di molti altri. Non può arrivare qui Gualtieri perché l'hanno bocciato altrove; non può arrivare Calenda, che certamente è un fenomeno ma non un potenziale sindaco di Roma, perché non ha un'esperienza vissuta di Roma e dei suoi monumenti come ce l'ho io". Da qui a quando si voterà (la data, appunto, non si conosce), Sgarbi avrà tempo per consolidare la sua candidatura e proporsi ad altre forze politiche potenzialmente interessate. Da solista, quale si qualifica da sempre, ma pronto a valutare accordi.

martedì 22 dicembre 2020

Rinascimento, Sgarbi si candida a Roma (e in Calabria)

Già intorno alla metà di ottobre aveva annunciato la sua intenzione di candidarsi come sindaco alle prossime amministrative a Roma. Oggi pomeriggio Vittorio Sgarbi ha confermato il suo progetto, corroborandolo presentando in conferenza stampa anche i candidati alla guida dei municipi della Capitale. E tutte queste candidature saranno contrassegnate - se non ci saranno intoppi da qui al giorno delle elezioni - dal simbolo del movimento politico fondato da Sgarbi, Rinascimento, adattato graficamente alla competizione romana.  
Non si tratta certo della prima candidatura a sindaco annunciata dal critico (considerando solo gli anni dell'elezione diretta, quindi dal 1993 in avanti): oltre a quelle andate a segno a Salemi nel 2008 (mentre nel 2014 il successo non si è ripetuto) e a Sutri nel 2018 (proprio con il simbolo di Rinascimento), si contano quelle effettivamente presentate a Ferrara nel 1999 e a Cefalù nel 2012, ma anche quelle soltanto annunciate alle elezioni amministrative di Milano del 2006 e del 2016. C'è ovviamente tempo perché il progetto si concretizzi, ma intanto i nomi di punta per il "pacchetto Sgarbi" ci sono.
Il simbolo destinato a finire sulle schede, come si diceva, è quello del movimento Rinascimento, che conferma il dettaglio della michelangiolesca Creazione di Adamo ammirabile alla Cappella Sistina, su fondo blu questa volta omogeneo. Sotto al nome è stato dato maggiore rilievo al cognome di Vittorio Sgarbi, proprio per l'evidenza della sua candidatura a sindaco; tra i due elementi verbali si è inserito un filetto tricolore, perché si tratta pur sempre della Capitale d'Italia. Il riferimento a Roma, peraltro, risulta rafforzato non solo dall'indicazione esplicita del comune nel contrassegno, ma anche dall'immagine realistica del Colosseo, che nella parte inferiore del cerchio in qualche modo "bilancia" l'altro elemento artistico collocato nell'area superiore. 
Sgarbi crede al progetto: per lui "Rinascimento esiste e può essere la rinascita di Roma", anche grazie al consenso personale che in Rete sarebbe particolarmente evidente ("Sono il quarto politico più seguito sui social dopo Salvini, Conte, ma non per meriti suoi, e Di Maio. Per me è un insulto. Dopo di me ci sono Grillo al quinto posto e poi gli altri, a partire da Berlusconi"). Se nei giorni scorsi aveva fatto rumore un possibile sostegno a Sgarbi da parte di Italia libera, nuovo soggetto politico fondato da Carlo Taormina (e al quale potrebbe concorrere anche Forza Nuova), oggi il critico d'arte si è limitato a escludere alleanze con il MoVimento 5 Stelle e con il Pd, dando come principali alternative una corsa solitaria o una "alleanza con il centrodestra in modo stabile". Lo stesso Sgarbi, tuttavia, non ha escluso un'alleanza con Carlo Calenda, a suo dire potenzialmente sorprendente: "Siamo due personaggi che potrebbero avere un effetto sugli elettori che non sono di destra né di sinistra, sia a Roma che in Italia - si legge nel resoconto pubblicato da Roma Today - l'idea è quella di mettere insieme due personalità autonome dei due poli di centrodestra e centrosinistra. Sul piano dell'elaborazione strategica è un'alleanza che ha il suo fascino".
Come si diceva nella conferenza sono stati presentati anche i nomi delle candidature alla guida dei municipi romani, una proposta decisamente varia: nel I Municipio il violinista laureato in medicina Luigi Balbi, nel II il nutrizionista Emanuele Gutierrez Tomassetti, nel III Massimiliano Toti, culturista, pluricampione italiano ed internazionale già partecipante a Mister Universo, coordinatore sport per Fratelli d'Italia, ma soprattutto capolista di Avanti Lazio nel 2001 a sostegno della candidatura a sindaco di Dario Di Francesco (insieme alla lista Forza Roma, allora guidata da Riccardo Schicchi). Si candidano a guidare il IV Municipio Cristiano Riggio (consigliere già eletto due volte, proveniente dal Pd), il V Michela Nicoli, il VI Arturo Fontana, il VII Giovanni Tosti Croci, l'VIII Matteo Costantini (già al 118) e il IX Valerio Pappalardo (laureato in etruscologia ed esperto di arti marziali). Completano il quadro al X Municipio Valentina Colicchia, giovane istruttrice di nuoto, al XI l'informatico Luca Bonanni, al XII l'osteopata Cinzia Ponziani, al XIII Annarita Cardamano, al XIV Andrea Costa e al XV, Eliana Michelazzo, "influencer ed estetista".
Resta peraltro aperta la ricerca di candidature: lo aveva annunciato uno dei coordinatori della campagna elettorale (e figura ben nota agli studiosi di simboli), Diego Volpe Pasini, invitando a inviare il curriculum alla mail roma2021@vittoriosgarbi.it. Nel frattempo, Sgarbi ha anche annunciato l'intenzione di candidarsi alla presidenza della Regione Calabria - per le elezioni che dovrebbero svolgersi il 14 febbraio 2021 - per "liberare i calabresi dalle menzogne". Anche in questo caso la lista avrebbe il simbolo di Rinascimento, sia pure con altri riferimenti (verbali e magari grafici) territoriali.

domenica 28 gennaio 2018

Opposizioni sui simboli, la Cassazione conferma tutto (ma cancella Sgarbi)

Chi ha avuto modo di studiare le decisioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale, costituito presso la Corte di cassazione, sa che nella quasi totalità dei casi questo finisce per confermare le decisioni con cui il Ministero dell'interno ha chiesto di sostituire un contrassegno e cui il depositante si sia opposto (ma si dà anche il caso in cui qualche avente diritto si è lamentato dell'accettazione di un emblema che a suo dire lo danneggiava). Stavolta non è andata diversamente: su quattro opposizioni, infatti, i magistrati di cassazione ne hanno respinte, in un certo senso, tre e mezza. 
Osservazione preliminare: quest'anno il numero delle opposizioni da decidere è stato molto contenuto. Certamente il dato è in linea con la notevole contrazione dei simboli presentati: nel 2013, per dire, le opposizioni erano state 10, a fronte però di 219 simboli presentati (quest'anno, va ricordato, erano soltanto 103); a contenere decisamente il numero delle contestazioni, tuttavia, ha contribuito anche il discreto numero di contrassegni sostituiti (ben sei su dieci ritenuti non accettabili). Va anche dato merito alla Corte di cassazione per avere reso pubbliche, in questa occasione, le sue decisioni, consentendo a tutti di prenderne visione sul suo sito.
Ciò detto, il solo accoglimento parziale di un'opposizione ha riguardato il simbolo che unisce Rinascimento (il partito fondato da Vittorio Sgarbi) e il Mir di Gianpiero Samorì. L'opposizione n. 1 era stata presentata proprio da Vittorio Sgarbi, che il 23 gennaio aveva fatto arrivare al Viminale alcuni documenti con cui chiedeva di ritirare il simbolo di Rinascimento dalla consultazione (e l'accettazione del ruolo di capo della forza politica). Essendo comunque stato ammesso il contrassegno, Sgarbi si è rivolto all'Ufficio elettorale nazionale per ottenere che sparissero dal simbolo i riferimenti a lui e al suo partito (nome e mani) o che fosse ricusato l'intero contrassegno. Il ministero aveva considerato gli atti di Sgarbi tardivi, ammettendo al più che si togliesse il solo riferimento a Sgarbi, avendo questi ritirato la sua accettazione della guida della forza politica. Così è andata: per i magistrati Sgarbi non poteva chiedere di annullare l'ammissione del simbolo (sono legittimati solo i depositanti dei simboli ricusati e i depositanti di un contrassegno ritenuto confondibile), ma aveva titolo per chiedere la rimozione del suo nome, poiché questo poteva indurre in errore i votanti (facendo credere che Sgarbi fosse ancora a capo della forza politica, mentre invece aveva stretto un accordo con Forza Italia). Nel giro di qualche ora il riferimento a Sgarbi è sparito, a tutto vantaggio di quello del Mir di Samorì, che risulta ora visibile a chiunque; il nome Rinascimento (più piccolo, come in origine) e il particolare di Michelangelo, invece, sono rimasti al loro posto, non essendo stati ritenuti confondibili.
L'opposizione n. 2 è stata presentata dal Movimento sociale italiano - Destra nazionale di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro, che anche questa volta si era visto bocciare il contrassegno dal Ministero dell'interno, ovviamente per la presenza della fiamma tricolore, ritrovabile anche nel segno di Fratelli d'Italia. Saya aveva lamentato la lesione dei propri diritti sul segno (depositato nel 2011 come marchio) e aveva soprattutto sventolato la sentenza della Corte d'appello di Firenze che, a detta sua, avrebbe dovuto assegnare irrevocabilmente la fiamma al Msi.
Per l'Ufficio elettorale nazionale, invece, quella sentenza non rileva affatto, perché per l'ammissibilità valgono soltanto le norme elettorali, considerate lex specialis rispetto a ogni altra norma (comprese quelle civilistiche sui segni di identificazione o distintivi) e qui conta il fatto che Fratelli d'Italia non solo è presente in Parlamento con la fiamma, ma ha certamente partecipato alle elezioni europee del 2014 con un simbolo contenente la fiamma (e con quello si è sottoposta al giudizio del Viminale): proprio come in passato, insomma, l'opposizione è stata rigettata.
Più delicata era la questione legata ai Libeguali di Luciano Chiappa: lui aveva presentato due emblemi per rivendicare la primogenitura del concetto di "libegualità" (anche rispetto ai Liberi e Uguali di Grasso), ma era stato invitato dal Viminale a sostituire i contrassegni "e, nel contempo, a modificare la stessa denominazione del partito". Con l'opposizione n. 3, Chiappa aveva rifiutato di cambiare il nome, ritenendo che ciò non sia previsto dalla legge ("Sarebbe a dir poco singolare, sotto il profilo dello stato di diritto e dei principi del nostro ordinamento giuridico [...] che sia imposto per atto ministeriale ad un libero gruppo politico non solo il diniego del diritto all'esercizio dell’uso della sua propria preesistente denominazione ma persino l’obbligo della sua modificazione"); quanto al simbolo, il depositante aveva dato una lettura solo storica del criterio di precedenza previsto dalla legge elettorale (e non anche con riguardo all'ordine di arrivo nei giorni del deposito: Liberi e Uguali era stato presentato il giorno prima), lamentando l'assoluta mancanza di "uso tradizionale" del nome da parte di Liberi e Uguali, visto che il gruppo parlamentare è stato costituito il 20 dicembre 2017, ma nello stesso giorno Chiappa aveva diffidato il gruppo affinché non utilizzasse quel nome. 
I magistrati di Cassazione hanno sì ridimensionato l'invito a modificare la denominazione del partito, ritenendo che questo riguardasse solo il nome presente all'interno del simbolo (e non anche il nome vero e proprio del soggetto politico), ma hanno comunque rigettato l'opposizione. Si è ritenuto che prevalesse l'esistenza in Parlamento di un gruppo con "Liberi e Uguali" nella denominazione (anche se quel nome era stato aggiunto solo negli ultimi giorni della legislatura), a tutela non tanto dei partiti o delle liste ma dei loro elettori; di più, l'Ufficio elettorale ha sostenuto che il concetto di "uso tradizionale" vada interpretato "alla luce dell'evoluzione storica degli strumenti di informazione che consentono di portare a conoscenza quasi immediata della intera collettività tutti i cambiamenti e i processi evolutivi del contesto politico", dunque anche con riferimento alla "notorietà acquisita tramite la diffusione dei mass media"
Si tratta esattamente delle stesse tesi sostenute dalla Direzione centrale dei servizi elettorali nel 2013, quando a lamentarsi della possibile esclusione era stato il Movimento politico Fratelli d'Italia di Salvatore Rubbino, esistente e partecipante a elezioni locali ben prima che Giorgia Meloni costituisse il suo partito (ma erano già state citate espressamente dall'Ufficio nella decisione n. 8/2013, relativa alla titolarità elettorale del contrassegno di Grande Sud); averle ripetute anche in quest'occasione ha l'effetto pratico di certificare che la notorietà mediatica, magari ottenuta da chi gode di per sé di visibilità o ha ingenti risorse da investire in pubblicità, finisce per rendere irrilevante il titolo di chi ha immaginato prima un nome uguale o simile o addirittura lo ha usato elettoralmente, ma solo a livello locale o circoscritto. La tutela degli elettori e del loro affidamento è importante, ma questa consapevolezza è oggettivamente piuttosto avvilente, perché "a pelle" c'è qualcosa di sbagliato. Tanto più che qui il gruppo rivendica non una semplice preesistenza, ma l'essere un gruppo politico "che nel neologismo Libeguali esprime un progettualità e una fondazione filosofica nettamente distinta, alla radice e nei suoi risvolti politici pratici, rispetto a ciò che può essere portato nel nome Liberi e Uguali", dunque con una proposta ideale e politica del tutto diversa da ogni altra proposta attuale (a partire dal concetto di "libegualità", che supera libertà e uguaglianza con "libera individualità ed eguale socialità").
L'ultima opposizione era stata presentata da Diego Coroni, che aveva depositato il simbolo della Democrazia cristiana su mandato del presidente dell'associazione Gianni Fontana, ma si era visto chiedere la sostituzione per la somiglianza dello scudo crociato con quello utilizzato dall'Udc nel cartello con Noi con l'Italia. L'opposizione, a dire il vero, aveva sorpreso molti, visto che proprio Coroni lo stesso giorno aveva accolto l'invito del Viminale e aveva presentato un nuovo simbolo (quello a metà tra il lenzuolo, la bandiera e la vela crociata); il depositante, però, intendeva far riconoscere l'infondatezza della richiesta di sostituzione e far valere l'interesse a impedire l'uso dello scudo a Noi con l'Italia - Udc. L'Ufficio elettorale centrale nazionale, peraltro, ha correttamente considerato inammissibile l'opposizione, "per l'assoluta mancanza di interesse del ricorrente che ormai utilizza il nuovo contrassegno depositato" (oltre che per contrarietà alla dichiarazione di rinuncia a contenziosi sul simbolo che viene ritualmente sottoscritta in sede di sostituzione del contrassegno). Si trattava probabilmente dell'opposizione dall'esito più prevedibile; certo è che, con la sua presentazione, si è arrivati alla settima elezione nazionale di fila con almeno una decisione dell'Uecn su simboli legati alla Dc e a chi ritiene di poterne usare il simbolo. Un primato davvero considerevole, non c'è che dire.

venerdì 5 gennaio 2018

Sgarbi corre da solo, via il simbolo (orribile) a tre di "Noi con l'Italia"

Tratto da Il Giornale
Ci risiamo. Non si fa in tempo a immaginare un simbolo per le elezioni che già lo si deve buttare, perché non ci sono più le condizioni per usarlo. Giusto la vigilia di Natale Vittorio Sgarbi aveva tenuto a precisare alle agenzie, una volta che si è saputo che l'Udc aveva reso visibile la propria presenza in Parlamento aderendo al gruppo senatoriale di Grandi autonomie e libertà (Gal) - probabilmente nel tentativo di evitare la raccolta delle firme sfruttando l'esistenza al 15 luglio 2017 del gruppo Gal, privo di simbolo perché frutto dell'unione di varie forze - che lui era arrivato prima del partito di Lorenzo Cesa: "Prendiamo atto, con soddisfazione, che alcuni esponenti dell'Udc sono entrati nel gruppo parlamentare Gal. Ma è doveroso osservare che il gruppo Gal ha da tempo assunto, con atto notarile firmato dal presidente, il senatore Mario Ferrara, da Paolo Naccarato, Giulio Tremonti e dal sottoscritto, un accordo preciso con l'indicazione del simbolo per le prossime elezioni politiche. L’accordo prevede che il gruppo parlamentare Gal assuma la denominazione 'Rinascimento Gal', indicando con tale nome non un gruppo ma una lista o partito politico. Naturalmente nella descrizione di simboli e parole l’atto non preclude l’annessione di altri simboli o parole che facciano riferimento alla tradizione dell'Udc, con l’accordo e il consenso delle parti che hanno contratto l’accordo notarile e con la garanzia del presidente, il senatore Ferrara". Sgarbi, in sostanza, sperava che non venisse toccata la possibilità per lui di presentare liste senza firme e non voleva che quella possibilità gliela sfilasse l'Udc (essendo al più concepibile un contrassegno composito con lo scudo crociato all'interno).
Dopo che il 29 dicembre l'Udc, forse temendo che la propria lista solitaria non arrivasse a percentuali degne di nota, aveva annunciato l'adesione al progetto politico di Noi con l'Italia - lasciando molto perplessi coloro che stanno tentando di rimettere in pista la Democrazia cristiana e avevano accarezzato l'idea di partecipare alle elezioni con una lista Dc - per un po' non si era parlato di nuovo di Sgarbi. Fino a quando, ieri mattina, il Giornale in un box ha inserito il possibile simbolo che avrebbe dovuto tenere insieme il suo Rinascimento, l'Udc (cui evidentemente era rimasto legato dopo l'accordo Udc-Gal) e l'intero gruppo di Noi con l'Italia. L'immagine sulla carta era un po' sgranata, ma era sufficientemente visibile per manifestarsi in tutta la sua disarmonia, per un contrassegno addirittura a tre piani: la parte superiore appaltata a Rinascimento, con il nome di Sgarbi piuttosto visibile se comparato all'etichetta del partito; al centro lo scudo crociato presente nel simbolo dell'Udc, senza nomi o sigle; nella parte inferiore, Noi con l'Italia, adattato su un'unica riga ricurva, in una forma biconcava con l'arcobalenino tricolore, ancora più "schiacciato" in basso rispetto all'inizio.
Si trattava probabilmente, in mezzo a tanti emblemi dall'aspetto non esaltante, del primo simbolo veramente brutto di questa marcia di avvicinamento alle elezioni. Un campione di bruttezza che però, per fortuna, è durato solo lo spazio di poche ore, affondato - guarda caso - da colui che nel 2004 aveva promosso il "partito della bellezza", vale a dire Vittorio Sgarbi. Una sua nota, diffusa anche su Facebook, ha segnato il suo distacco definitivo da quel progetto: 
Dopo avere tessuto un accordo con Lorenzo Cesa a partire dal 24 dicembre, fino alla definizione del simbolo variamente rielaborato e infine concordato con Ghedini per l'ammissione di una quarta componente dell'alleanza di centrodestra, ho malinconicamente dovuto verificare, nella tarda serata di ieri, dopo l'incontro del coordinatore Naccarato con gli altri costituenti, l'impossibilità logica e politica di perseguire questo pur attraente obiettivo. La «bad company» guidata da Fitto, infatti, ha il solo obiettivo di rendere incoerente l'azione politica del centrodestra e accentuare il contrasto tra Berlusconi e Salvini.Il gruppo "Noi con L'Italia" è prevalentemente costituito da riciclati, membri del Governo Renzi, cacciati o dimissionari come Costa e Lupi, sostenitori di Renzi, come Tosi, Saverio Romano e Zanetti, anch'egli Sottosegretario del Governo Renzi. Questi soggetti poi, senza un'idea e con il solo voto clientelare, pensano di guidare con Cesa un gruppo il cui unico obiettivo è di ritornare in Parlamento per riprendere la loro azione servile e opportunistica. Prendo atto che noi, Rinascimento, Vittorio Sgarbi, Giulio Tremonti, dotati di pensiero e coerenti nelle alleanze - aggiunge Sgarbi - siamo un corpo estraneo. E, nell'impossibilità di far ragionare zucche vuote, parassiti di Berlusconi che lo hanno tradito quando lo pensavano debole e lo cercano quando lo credono forte, ho deciso che il pur apprezzabile "lodo Ghedini" che voleva tutti uniti, è impraticabile. Non solo, è giustamente inviso a Salvini e dannoso per Berlusconi. Il quale si caricherebbe di personaggi inutili e pericolosi che danneggiano la coalizione e diminuiscono la coerenza e l'azione.Ho dunque deciso di sciogliere immediatamente ciò che appariva unito nel simbolo concordato con Ghedini, rispettando la tradizione democristiana ma non gli opportunisti che fingono d'interpretarla. Concluderò le consultazioni per eventuali alleanze prima di decidere di andare da solo (abbiamo già attivato 200 punti di raccolta delle firme in tutta Italia per la presentazione delle liste con il Mir di Giampiero Samorì) con gli unici corpi sani di un mercato politico malato e contaminato: Stefano Parisi, Benedetto della Vedova, Emma Bonino. E saranno Berlusconi e Salvini a valutare se avanzare con compagni di strada onesti, leali e capaci o con una zavorra di riciclati senza arte né parte. Rinascimento riprende la propria azione culturale e politica e lascia al loro destino Cesa e l'Italia per loro.
Il simbolo, dunque, cambia ancora. E non solo perché l'emblema ospiterà, a questo punto, il riferimento - solo testuale, con la sigla - ai Moderati in rivoluzione di Gianpiero Samorì; e non solo perché il nome "Rinascimento" viene decisamente stiracchiato in senso verticale. La novità maggiore è l'abbandono del particolare dell'affresco della Sistina di Michelangelo (il dito di Dio che sfiora quello di Adamo) in favore del centro visivo di un'opera rinascimentale altrettanto nota - ma di autore ignoto - ossia l'edificio religioso circolare della Città ideale. Simbolo che peraltro era già stato utilizzato - ma solo stilizzato e in versione "arcobaleno" - dalla lista Uniti con Dario Fo, che nel 2006 appoggiava Bruno Ferrante come candidato sindaco di Milano (e, nel 2010, da Emma Bonino alle regionali del Lazio). Pur essendo oggettivamente molto pieno, l'emblema - che si prepara a raccogliere le firme necessarie - risulta tutto sommato gradevole: gli occhi ringraziano, soprattutto per aver tolto di mezzo l'obbrobrio di prima...  

lunedì 16 gennaio 2017

I Cattolici liberali, ovvero Michelangelo prima di Sgarbi

Che poi, a bocce ferme, le rotelle si rimettono in moto e si cerca di recuperare le puntate perdute. Per esempio, una volta passati lo stupore e l'emozione per il nuovo (e forse non ultimo) simbolo di Vittorio Sgarbi, che per il suo Rinascimento ha voluto il dettaglio più famoso della Creazione di Adamo di Michelangelo, tratto direttamente dalla Cappella Sistina, ti viene in mente (o c'è chi ti suggerisce) che quelle due dita che stanno per sfiorarsi, nell'attimo che precede la trasmissione della vita, qualcuno aveva già avuto l'idea di utilizzarle come emblema politico qualche anno prima, ma l'uso era stato talmente fugace da non lasciare quasi traccia.
A quel punto si va a scartabellare un po' per aiutare la memoria a ricordare, finché - eureka! - la risposta che si cercava appare davanti agli occhi. Perché già in una delle prime elezioni suppletive per la Camera dei deputati - tra il 1994 e il 1995 - tra i contrassegni depositati appare quello dei Cattolici liberali. E le dita che si sfiorano sono proprio quelle, prese giusto da un po' più vicino; a emergere più di ogni altra cosa, tuttavia, è la precarietà del simbolo, disegnato anche con una certa cura, ma da tre pennarelli in tutto. Tocca a loro stendere il verde e il rosso della bandiera italiana sul fondo (in modo irregolare e frastagliato) e tracciare in blu il contorno delle mani, la circonferenza e la scritta in maiuscolo inclinato (evidentemente senza un normografo). 
I Cattolici liberali erano legati ad Alberto Michelini, giornalista, già volto noto del Tg1: nella XII legislatura fu eletto a Montecitorio con il Patto Segni, ma al momento della scelta dei gruppi si iscrisse semplicemente al misto, senza aderire alla componente dei pattisti (al pari, per dire, di Giulio Tremonti ed Ernesto Stajano). Già in quell'occasione, appunto, creò i Cattolici liberali, un movimento - lo spiegò lo stesso Michelini alla prima convention nazionale del partito tenutasi quasi un anno dopo, il 24 febbraio 1995 - che poneva "al centro della propria azione la persona e le sue libertà; valori comuni a laici e cattolici", convinto che gli alleati dovessero essere cercati "sulla base delle affinità ideali e culturali con l'obiettivo di raggiungere un'unità sui valori" (senza per questo rifare la Dc o qualcosa di simile).
A livello parlamentare, in realtà, i Cattolici liberali non ebbero mai visibilità diretta: Michelini, infatti, già a dicembre del 1994 contribuì a creare alla Camera il gruppo dei Federalisti e liberaldemocratici, che alle elezioni suppletive del 9 aprile 1995 - quelle indette per stabilire chi dovesse subentrare a Emma Bonino, nuova commissaria europea - finirono persino sulle schede, accanto al nome di Giovanni Negri, candidato "imposto" al centrodestra dalla Lista Pannella - Riformatori (ma sconfitto da Giovanni Saonara). 
Che quella compagine fosse lontana, lontanissima dall'essere un partito, lo dimostrava il simbolo, uno dei più bianchi e più anonimi di sempre; in seguito, all'inizio del 1996, si sarebbe tentato di mettere in piedi i Federalisti liberali, con il loro elefante tricolore simil-repubblicano, ma i tempi non erano maturi. 
Nel frattempo, il 10 ottobre 1995, Michelini aveva annunciato la confluenza dei Cattolici liberali in Forza Italia: da quel momento il simbolo con le mani michelangiolesche non si vide più sulle schede, dopo aver partecipato a un numero ridottissimo di competizioni elettorali, nemmeno troppo visibili. Chissà se Sgarbi - che nel 1994 aveva presentato un suo emblema, SI con Sgarbi, con cui poi avrebbe tentato di contestare i Socialisti italiani di Enrico Boselli sull'uso della sigla "Si" - ricordava quel fugace precedente, quasi da meteora, anche solo per distaccarsene nettamente mentre faceva progettare il simbolo per il suo nuovo progetto politico... 

Grazie a Mario Cinquetti per avermi ricordato questo episodio.

venerdì 13 gennaio 2017

Sgarbi, dalla Rivoluzione al Rinascimento

Il 2016 doveva essere l'anno della sua candidatura a sindaco di Milano, annunciata con molto anticipo, ma alla fine non concretizzatasi. Vittorio Sgarbi, in ogni caso, fa capolino nelle cronache politiche già in quest'inizio 2017, presentando il primo simbolo nuovo nuovo - e decisamente artistico - di quest'anno che conterrà le elezioni o vi condurrà. Si tratta di Rinascimento, nuovo movimento politico che probabilmente non è ancora nato in modo ufficiale, ma dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane: dalla sua ha un programma ambizioso e un imperativo ben preciso, "ricominciare a credere e investire nella bellezza". 

Presentazioni e anticipazioni

L'emblema è stato svelato oggi da Sgarbi al Corriere della Sera, in un'intervista di Maurizio Donelli che ha incontrato il critico d'arte nella casa-museo di famiglia a Ro Ferrarese. In quell'occasione Sgarbi ha illustrato la genesi del suo progetto: "L'idea mi è venuta qualche mese fa, sfogliando l'inserto del Corriere dedicato al Bello dell'Italia. Ho pensato fosse giusto creare un progetto che riportasse al centro dell’azione politica il primato della bellezza. Abbiamo un patrimonio immenso che racchiude un'economia ignota. C'è qualcosa di alterato nella percezione di ciò che l'Italia è. E di questo la politica non si occupa".
La notizia del nascituro movimento, tuttavia, l'aveva già data la Gazzetta di Reggio poco meno di un mese fa, il 19 dicembre 2016. Sgarbi, infatti, lo aveva svelato in anteprima in una videointervista con il direttore del quotidiano - e amico di vecchia data - Stefano Scansani: "Ho un progetto piuttosto subdolo, - aveva detto - cioè far coincidere il mio spettacolo sul Rinascimento con un movimento politico di simile nome, Rinascimento".
Il casus belli raccontato in quel caso era un po diverso, ma ugualmente eloquente: 
"La decadenza che noi abbiamo nella politica italiana parte da una consapevolezza, che percepii già parlando con Gianni Agnelli e con Berlusconi una volta in cui, come Parlamento in seduta comune, eleggevamo il Presidente della Repubblica: nessuno dei due era o è mai stato a vedere Piero della Francesca ad Arezzo. Può un italiano che ha un ruolo di governo ed è parte della classe dirigente ignorare il più importante ciclo di opere d'arte che vi sia in Italia? Sarebbe come se ignorasse la pizza... Occorre che riprendiamo coscienza della civiltà artistica italiana."
A Scansani, che gli ricordava il passato da "scapigliato" col Partito della rivoluzione - ma si potrebbero citare, ancora prima, i suoi Liberal, all'apparenza poco rivoluzionari e rinascimentali - e lo punzecchiava ("Devi decidere cosa vuoi essere"), Sgarbi rispondeva risoluto: "Non cambia niente, il concetto è lo stesso: la rivoluzione è un rinascimento e viceversa. Il problema è capire che queste rivoluzioni o questo rinascimento corrispondono a un rovesciamento dell'offerta politica: qual è l'offerta politica del Pd, della Lega? Boh... E' tutta in negativo o legata a scelte miserabili".  

Primo: salvare la bellezza 

Non è affatto miserabile, invece, investire sulla bellezza, "anche limitandosi a lasciare certi luoghi come sono perché - ha precisato Sgarbi al Corriere - nulla ha più valore di ciò che è incontaminato". Stop dunque al modello di sviluppo industriale come l'unico da considerare ("Questo ha portato agli scempi di Bagnoli, Taranto, Termini Imerese") e sì agli investimenti sul passato, su ciò che merita di essere preservato, conservato e valorizzato. "Possibile - aveva detto invece a Scansani - che oggi gli uomini costruiscano solo orrori e non salvino la bellezza che c'è?"
La bellezza, ovviamente, non dovrebbe essere solo quella da salvare, ma anche un canone cui tornare nella costruzione. "IItalia - ha continuato il critico d'arte nell'intervista uscita oggi - ci sono 25 milioni di edifici: di questi, 12 milioni sono stati eretti dal sesto secolo avanti Cristo fino al 1960, tutti gli altri, 13 milioni, da quel momento in poi. Il caos estetico è evidente": la soluzione, secondo lui, sarebbe inventare una sorta di Slow Architecture, "che non prevede pale eoliche ma un ritorno all'edilizia con materiali tradizionali e dall'impatto estetico positivo".
Se questo dovrebbe essere il cuore del programma (magari da realizzare coinvolgendo il Fai "e la parte più sana di Italia Nostra"), altri punti forti riguarderebbero l'abolizione delle Regioni ("Oggi i parlamentari a Roma lavorano solo dal martedì al giovedì. Poi tornano a casa. Se venissero abolite le Regioni, le funzioni degli attuali consiglieri potrebbero essere assunte da questi parlamentari i quali dedicherebbero il venerdì, in apposite commissioni, ai problemi delle loro singole regioni") e l'introduzione di tetti fiscali (il 15% fino a 36mila euro, il 25% fino a 500mila euro, il 30% fino a un milione di euro, il 35% oltre un milione di euro), superabili solo in caso di calamità naturali "come espressione di solidarietà"

Simbolo artistico, con un occhio alla legge elettorale

Quando Sgarbi aveva parlato con Scansani di Rinascimento, non c'era ancora un simbolo (o, se c'era, non era ancora definitivo). Da oggi, invece, possono vederlo tutti: l'elemento più evidente è il dettaglio più noto di uno degli affreschi più riprodotti e parodiati al mondo, la Creazione di Adamo della Cappella Sistina, uno dei reali capolavori del Rinascimento (appunto), opera di Michelangelo. Così, su un fondo blu-azzurro sfumato stile cielo, si staglia in modo netto la scena del dito indice di Dio che sfiora quello di Adamo (e non di Abramo, come purtroppo i lettori del Corriere hanno letto sull'edizione cartacea di oggi e come qualche quotidiano online ha riscritto, nel rilanciare la notizia). 
La stessa figura di Adamo (ma senza il braccio disteso di Dio), tra l'altro, figura sulla copertina di Gli immortali, libro pubblicato da Sgarbi nel 1999 per Rizzoli; al di là del precedente editoriale, emerge con forza come quel dito divino, pronto a trasmettere la scintilla vitale, voglia simboleggiare il desiderio e l'auspicio di un (nuovo) Rinascimento, artistico e non solo. E' il quotidiano online ForlìToday a rivelare che "una buona parte del concept [...] della [...] nuova formazione politica è stata elaborato a Forlì", città in cui peraltro risiede Sauro Moretti, "braccio destro" di Sgarbi, e città in cui ha la sede principale l'agenzia PubliOne, curatrice dell'emblema; completano l'emblema il nome del movimento e del suo leader (quest'ultimo un po' più sobrio graficamente rispetto al passato, ma sempre in bella vista), proposti in una font stile Bodoni Bold, in controtendenza rispetto alla consuetudine che preferisce i "bastoni" alle grazie.
Per sapere se quel simbolo finirà o no sulle schede alle prossime elezioni politiche, tuttavia, bisogna attendere di conoscere la nuova legge elettorale. Lo stesso Vittorio Sgarbi, infatti, a Stefano Scansani ha spiegato i diversi orizzonti a seconda del sistema elettorale che verrà scelto: 
"Ci sono due possibilità: la prima è quella di un proporzionale puro, che è la più logica ma non so se passerà, nel qual caso ognuno presenterà il menù che riterrà più giusto, senza doversi qualificare come di destra o di sinistra. La seconda è il ritorno al Mattarellum, che non mi è mai piaciuto ma questa volta ha un significato: i poli non sono più due, ma tre più o meno equivalenti e tutto quello che porterà il candidato sarà merito suo, nel senso che chi vincerà non lo farà sulla base dei voti che il partito che lo candida aveva già in quel collegio, ma perché è un candidato buono. A quel punto, dovremo decidere se schierarci con Renzi o col centrodestra".     
"Ti sei disamorato di Berlusconi?", ha chiesto Scansani in modo provocatorio a Sgarbi, il quale ha risposto senza mezzi termini: "Berlusconi è finito, fuori gioco, poi la linea della destra non mi piace". E sul gruppo che dovrebbe accompagnare Sgarbi in quest'impresa politica - "Convivere con te - diceva sempre Scansani - è impossibile!" - il critico ha dato qualche cenno: "Ho già fatto un movimento che ha funzionato, con Nicola Grauso, lui sicuramente è disponibile, come è disponibile chi ha fatto cose nell'ambito della politica e si sente fuori dal gioco. Non faremo molta fatica a trovare aderenti; il problema è convincere i cittadini che la tua offerta politica è migliore degli altri". Col tocco divino scelto come simbolo forse sarà più facile, chissà...

martedì 31 maggio 2016

Capracotta, quando il nome è pericoloso

Al censimento del 2011 il comune di Capracotta, in provincia di Isernia, è risultato avere 950 abitanti, una manciata di persone al di sotto della quota oltre la quale la legge impone a chi vuole presentare una lista di raccogliere le firme dei cittadini a suo sostegno. La fantasia di abitanti ed eventuali "forestieri" interessati poteva non conoscere freni e affollare la scheda elettorale, eppure si è contenuta, visto che il manifesto ufficiale delle candidature riporta soltanto tre formazioni per altrettanti aspiranti sindaci: va notato, peraltro, che alle elezioni precedenti erano soltanto due, dunque c'è già stato uno sforzo maggiore e almeno una lista provoca curiosi ricordi.
Il riferimento, ovviamente, non è al gruppo che sostiene la ricandidatura di Antonio Vincenzo Monaco, Uniti con Capracotta nel cuore: cinque anni fa, in realtà, la lista si chiamava Uniti per Capracotta, ma la parte grafica è rimasta sostanzialmente uguale. Così il bel fiore rosso - un lilium? - impiegato nel 2011 è tuttora in bella vista nel contrassegno nuovo e potrà certamente essere riconosciuto con facilità dai cittadini che vorranno confermare il ruolo e l'operato dell'amministrazione uscente; non è certo sufficiente non cambiare le insegne per ottenere il secondo mandato, ma in qualche modo aiuta a non disperdere le forze ed evita di aumentare la confusione.
Ben difficilmente, invece, gli abitanti di Capracotta avranno visto prima l'emblema del gruppo sorteggiato per primo su schede e manifesti, la Lista Beta. Un marchio del tutto anonimo, che però ai drogati cronici di politica dovrebbe ricordare qualcosa: la grafica, infatti, è praticamente identica - al di là dello sfondo, allora bianco e adesso verde - a quella vista giusto un anno fa a Roccavivara, un paese in provincia di Campobasso (sempre di Molise si parla). E allora il M5S accusò i depositanti di quella lista, al pari di quelle omologhe denominate Alpha e Gamma, di avere presentato formazioni "che dopano la competizione elettorale aumentando considerevolmente il numero dei candidati": il gruppo se la prese soprattutto con "alcuni appartenenti alle forze dell’ordine che, approfittando della norma, vanno alla ricerca di piccoli comuni, preferibilmente non nella propria regione, solo al fine di beneficiare dei permessi elettorali", Qui non si è verificato se le cose siano andate così, ma chi ha presentato la lista - a sostegno del candidato sindaco Davide Pucci - deve sperare in un esito migliore rispetto all'anno passato: allora le liste Alpha, Beta e Gamma in totale a Roccavivara ben 0 voti, quindi non dovrebbe essere una impresa impossibile.
Resta da vedere la terza lista, a sostegno di Candido Paglione. Sul piano simbolico non ci sono problemi - e come potrebbe esservi, se l'ingrediente fondamentale è una veduta del paese, mentre sul fondo si stagliano le montagne e il sole occhieggia da dietro - ma leggendo il nome si può restare perplessi. Perché Capracotta viva, certamente, ha alla base l'idea di una città che non ha mai smesso di muoversi e, nel caso, vuole dare una scossa al paese; quelle due parole vicine, però, danno una strana impressione. Se viste in fretta, infatti, queste possono essere lette in modo tragico e sanguinolento come "Capra cotta viva" (in tempi di persone arse vive, non è certo una bella immagine) o in maniera comunque ambigua come "Capracotta viva", come a dire che non si sa se la povera capra sia stata cotta o sia viva (evidentemente non cotta) e nessuno ha modo di svelare l'arcano. Almeno Vittorio Sgarbi, nella sua lista del Partito della Rivoluzione in corsa a Cosenza, aveva sì piazzato un capra nel simbolo, ma questa non aveva l'aria di essere cotta.