Mancano circa tre settimane alla presentazione ufficiale delle liste in vista delle elezioni amministrative di primavera, ma c'è già qualche scintilla qua e là: in alcuni casi, al centro delle polemiche ci sono proprio i simboli che dovrebbero finire sulle schede elettorali. Si è già raccontato, una manciata di giorni fa, della diffida che Fratelli d'Italia avrebbe inviato al gruppo che intenderebbe presentare la lista Fratelli di Riccione (a sostegno di Claudio Cecchetto). Già all'inizio di questo mese, tuttavia, una prima polemica era scoppiata a Padova, con un altro partito di livello nazionale che aveva lamentato un possibile uso indebito di parte del proprio nome ad opera di una potenziale lista.
Il soggetto politico nazionale in questione, peraltro, è abituato a sostenere lotte "simboliche": si tratta infatti di Europa Verde - Verdi, vale a dire lo stesso partito che fino a pochi mesi fa era denominato Federazione dei Verdi. Il 1° aprile, sul sito di Europa Verde - Veneto, è apparsa la seguente nota dei co-portavoce di Europa Verde-Verdi del Veneto, Luana Zanella ed Enrico Bruttomesso, e dei co-portavoce padovani della stessa formazione, Nicola Mazzucato e Eugenia Fortuni:
Abbiamo mobilitato i nostri avvocati e inviato all'Associazione "Verdi per l'Italia" di Padova una diffida dall'utilizzo, alle prossime elezioni comunali, di simboli elettorali che contengano la denominazione "Verdi". Riteniamo inaccettabile il tentativo di mistificazione della realtà portata avanti da questa associazione, la quale intende con ogni evidenza cavalcare l'onda mediatica delle tematiche ambientaliste, sfruttando il nome e la storia pluridecennale dei Verdi per trarne vantaggio elettorale. A nessuno deve essere consentito utilizzare impropriamente la parola "Verdi" nel proprio nome o simbolo e per tutelare il nostro diritto al nome e all’identità siamo pronti a ricorrere alle sedi giudiziarie opportune. I cittadini veneti conoscono bene i veri Verdi, le loro battaglie storiche in difesa dell'ambiente, degli animali e per la giustizia ambientale e sociale: non si faranno confondere da liste improvvisate dell'ultimo minuto. Questa vicenda dimostra una volta di più la nostra determinazione nel difendere e tutelare da brutte imitazioni un pezzo rilevante della storia politica di questo Paese, che ha condotto battaglie importanti come quella contro il nucleare.
In particolare, stando a quanto della diffida - firmata dal tesoriere e rappresentante legale di Europa Verde - Verdi, Francesco Alemanni - è stato riportato dal Mattino di Padova, si è fatto notare che "Il nome Verdi è una denominazione protetta, trattandosi di un segno distintivo che identifica la storia e cultura politica del movimento nato nel 1986. È un nome registrato anche presso la commissione di controllo dei partiti e movimenti politici. C'è da aggiungere poi che l'utilizzo del nome Verdi nel simbolo, in un momento in cui le tematiche ambientaliste hanno ripreso un enorme vigore, avrebbe come esito evidente quello di generare grande confusione nell'elettore. Questa è una violazione concreta con una piena lesione del diritto al nome e all'identità e per questo diffida l'associazione a non utilizzare questo nome e a modificarlo". La confusione, in più, si avrebbe sul piano elettorale anche perché Europa Verde ha nel frattempo annunciato il proprio sostegno alla ricandidatura del sindaco uscente di Padova, Sergio Giordani.
La pagina Facebook dei Verdi per l'Italia esiste dal 20 febbraio; il progetto di un'associazione con lo stesso nome, tuttavia, risale alla metà di ottobre del 2021, quando Domenico Minasola, già a capo del Mercato agro alimentare di Padova ed ex esponente di Area civica, formazione che nel 2017 aveva sostenuto Giordani pur essendo stata costituita da soggetti già legati alla giunta Bitonci - aveva sostenuto che " i temi ambientali non possono essere ad appannaggio esclusivo di una sola parte politica": con lui c'erano coloro che avrebbero costituito sul piano giuridico insieme allo stesso Minasola il soggetto politico, Sebastiano Arcoraci (già assessore provinciale) e Gianernesto Zanin; si era visto anche l'ex parlamentare di Civici e innovatori (eletto in Scelta civica, in passato aderente a Forza Italia e poi riferimento di Energie per l'Italia) Domenico Menorello. Nei mesi successivi sono stati trattati vari temi, tra cui la riconsiderazione del "nucleare pulito" come alternativa sul piano energetico (così si spiega, tra l'altro, il riferimento alle battaglie antinucleariste nella dichiarazione di Europa Verde).
Alla diffida di Europa Verde i Verdi per l'Italia hanno risposto, intervistati sempre dal Mattino di Padova: per Menorello "qualcuno qui vuole metterci il bavaglio. Anche perché l'ultima cosa al mondo che vorremmo è quella di essere confusi con questi signori, che a tutto pensano tranne che allo sviluppo sostenibile della nostra città. Noi siamo un'associazione culturale e non un partito, quindi la loro diffida è quanto meno grottesca, ma al di là di questa deriva autoritaria, non credano di essere gli unici depositari dei temi ambientali. Mi auguro che l'attuale sindaco, sostenuto da questa gente, si faccia sentire per garantire la pluralità di voci". Arcoraci, tuttavia, ha precisato: "Ovvio che non lo metteremo", con riferimento alla parola "Verdi".
Certamente una scelta simile si può spiegare con l'idea di voler evitare guai e contestazioni che, una volta fatta la lista, potrebbero finire con l'estrometterla dalla competizione elettorale, vanificando il lavoro fatto sino a quel momento. In questa sede, però, è lecito chiedersi se effettivamente Europa Verde - Verdi abbia l'esclusiva sull'uso della parola "Verdi" oppure no (fermo restando che, comprensibilmente, quel soggetto politico cerca in ogni caso di difendere ciò che ritiene proprio).
Si è ricordato prima che la Federazione dei Verdi in passato ha parecchio combattuto per cercare di vedersi riconoscere l'uso esclusivo della parola Verdi, almeno fin da quando alle elezioni del 1992 erano spuntati nelle bacheche del Viminale i contrassegni dei Verdi-Verdi, dei Verdi Federalisti e via via verdeggiando. In quell'occasione i Verdi si opposero all'ammissione di quegli emblemi e in effetti anche il Viminale aveva invitato i depositanti a sostituire i contrassegni, visto che la parola "Verdi" era già in Parlamento legata al "sole che ride"; i rappresentanti di quelle formazioni, però, si rivolsero all'Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di cassazione e i magistrati riammisero quei simboli. Per loro, la denominazione "Verdi", "sia per la acquisita riferibilità ad una vasta area politico-culturale trascendente l'ambito di singole organizzazioni partitiche sia, anche, per il fatto di essere stata utilizzata in passato contemporaneamente nelle denominazioni e nei contrassegni di distinti movimenti di ispirazione ambientalistica ed ecologistica postisi in concorrenza tra loro in diverse competizioni elettorali, deve essere ritenuta, allo stato, carente di specifica portata individualizzante intrinseca e di una propria rilevanza ai fini della caratterizzazione dei simboli e dei contrassegni elettorali"; in più, non c'erano altre somiglianze grafiche che potessero essere contestabili. In questo senso, è bene notare che il simbolo dei Verdi per l'Italia difficilmente potrebbe essere ritenuto confondibile con quello di Europa Verde: il fondo è di colore verde chiaro, ma al posto del girasole stilizzato e del sole che ride c'è una sagoma bianca dell'Italia racchiusa in un cuore verde stilizzato; in più, la parola "Verdi" ha un rilievo grafico assai minore e pure decentrato.
Com'è noto, nuovi ricorsi della Federazione dei Verdi non hanno avuto fortuna, fino al 2004: in quell'anno il contrassegno della lista comune tra Verdi-Verdi e Verdi Federalisti pensata per le elezioni europee sopravvisse all'esame del Viminale e della Cassazione, ma non del Consiglio di Stato (cui si erano rivolti i Verdi, dopo aver visto bocciare il loro ricorso al Tar del Lazio). I giudici di palazzo Spada il 18 maggio, meno di un mese prima del voto, sostennero che "l’apposizione in primo piano, all'interno del contrassegno delle liste appellate, di segni grafici (p. es. espressione letterale 'verdi' nel carattere e nella forma utilizzati; colore giallo in campo verde, simboli grafici stilizzati) è idonea a produrre confusione nell'elettore medio, richiamando simboli tradizionalmente associati alla formazione politica dell’appellante": il collegio impose di ingigantire la "pulce" della lista Abolizione scorporo (per evitare la confondibilità e valorizzare l'esenzione dalla raccolta firme ottenuta col "prestito" di quell'emblema), ma il contrassegno rimase. Nel 2006, grazie a quel precedente, i Verdi contestarono il nuovo emblema unitario degli "altri" Verdi e allora l'Ufficio elettorale centrale nazionale diede loro ragione: al di là delle differenze esistenti, "i due simboli [...] appaiono identicamente connotati dalla parola 'Verdi' riprodotta, su entrambi, con la medesima collocazione e identico carattere grafico, in un cerchio tagliato, a pari distanza dal centro, da due linee parallele, al cui interno la parola è inserita", dunque secondo l'interpretazione delle disposizioni "in termini di diritto vivente" si doveva dire che "la riproduzione, nel simbolo, della parola 'Verdi', con la specifica collocazione e composizione grafica di cui sopra, in quanto tradizionalmente riferibile al partito ricorrente, ha assunto carattere identificativo dello stesso [...]. Con la conseguenza che la riproduzione della parola stessa, in un contesto grafico assai similare per quelli che sono i profili di più immediato impatto visivo, effettivamente realizza quella potenzialità di inganno dell'elettore che ne comporta il divieto".
Sicuramente dopo quella decisione - di cui si prende atto, senza commento - la parola "Verdi" è più tutelata rispetto al passato; non sfugge tuttavia che anche in quel caso i giudici hanno insistito sulla collocazione, sul carattere e sulla "composizione grafica" della parola "Verdi", mentre - lo si deve ammettere - per i Verdi per l'Italia non potrebbe in alcun modo riscontrarsi un uso visivo "tradizionalmente riferibile" a quello fatto dalla Federazione dei Verdi e a Europa Verde. Resta da dire di un importante passaggio citato nella diffida, vale a dire l'iscrizione di Europa Verde - Verdi (e, fin dal 2014, della Federazione dei Verdi) nel Registro dei partiti politici: ciò comporterebbe, tra l'altro, l'applicazione dell'art. 3, comma 1 del decreto-legge n. 149/2013 (la fonte che ha dettato in Italia le prime norme di "democrazia interna" relative ai partiti), in base al quale, tra l'altro, "[i]l simbolo del partito e la denominazione, anche nella forma abbreviata, devono essere chiaramente distinguibili da quelli di qualsiasi altro partito politico esistente". La disposizione si applica certamente ai partiti che chiedono la registrazione e non alle liste civiche locali, anche legate a comuni "superiori", tuttavia mette sicuramente su un piano di forza il partito "registrato" rispetto alle altre forze politiche. Anche quella disposizione, tuttavia, potrebbe non bastare a "blindare" l'uso elettorale della parola "Verdi": se il simbolo non fosse modificato, infatti, in sede di ammissione delle liste si potrebbe rilevare che non solo i contrassegni elettorali sarebbero ben diversi tra loro (lo si è già detto), ma anche i nomi "Europa Verde - Verdi" (declinato sul piano locale) e "Verdi per l'Italia" non sarebbero così simili. O, almeno, non sarebbero meno "chiaramente distinguibili" di quanto non lo siano tra loro i nomi di partiti già regolarmente registrati, quali Alternativa popolare e dei Popolari per l'Italia, oppure ancora Alternativa popolare e Alternativa (proprio ieri inserita nel registro dei partiti).
Detto tutto questo, la scelta di un altro nome toglierebbe ogni rischio di vedersi bocciare la lista, almeno per queste ragioni: sta ovviamente ai promotori delle candidature scegliere se conservare il nome speso finora e rischiare, oppure cambiare nome e riprendere a lavorare per consolidare quello. La vicenda, in ogni caso, meritava di essere approfondita a dovere.