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sabato 23 gennaio 2016

Msi, la fiamma brucia ancora

Ma chi l'ha detto che "non ritorna mai più niente"? Nessuno vuole contraddire il principe De Gregori (Viaggi e miraggi), ma in politica il suo verbo non vale, per lo meno nello studio simbolico. Più appropriato è citare Eraclito e il suo "eterno ritorno dell'uguale", anche se in effetti sarebbe meglio mettere mano all'idea del filosofo e parlare di "eterno ritorno del quasi uguale": quando un emblema ritorna, infatti, difficilmente è identico a quello del passato, se non altro perché nel frattempo tecniche e gusti grafici sono cambiati e limitarsi alla copia carbone di un disegno - che magari all'inizio era fatto a mano, senza essere ben curato - non è mai la scelta più gradevole.
Di più, il ritorno di cui ci si occupa oggi non è nemmeno troppo nuovo, riguardando la fiammella tricolore. E, si badi, non tanto quella mignon che era nel contrassegno di Alleanza nazionale, di cui è titolare la Fondazione An e che dalla fine del 2013 l'organismo ha concesso all'evoluzione di Fratelli d'Italia (dopo che altri soggetti, a partire dalla Destra di Storace e Io Sud di Adriana Poli Bortone avevano provato a ricostituire il Movimento per An, fermati sul nascere dalla fondazione stessa). Stavolta la fiamma che ritorna è proprio quella del Movimento sociale italiano - Destra nazionale. Così almeno si intende dalla caterva di manifesti che da qualche giorno tappezzano vari angoli di Roma: fondo nero, come da tradizione, con uno slogan tipicamente "da fiamma" ("Nel buio della politica noi ci siamo") e l'indicazione di un luogo che per molti romani parla da sé: via Ottaviano 9, la storica sede della destra romana. Lì ebbe sede per molti anni il Msi, lì nel 2011 venne fondato il Movimento sociale europeo e fu quella stessa sede che qualche mese fa le forze dell'ordine tentarono di sgombrare per eseguire uno sfratto, impedito dai militanti della sezione Prati (guidata da Alfredo Iorio, che di quella sede è il responsabile)
Proprio in quella sede questa mattina, a mezzogiorno, è stato presentato il simbolo "rinnovato" del Msi. Che, a scanso di equivoci, non è un partito appena nato, ma quello che sostiene di aver rifondato in continuità con la vecchia esperienza Gaetano Saya. Se la presidenza è di Maria Antonietta Cannizzaro, coordinatore nazionale da alcuni mesi è Francesco Proietti Cosimi, deputato per due legislature, in An nella XV e nel Pdl (con passaggio a Fli) nella XVI: l'emblema lo ha presentato proprio lui.
E' lo stesso Proietti Cosimi a dichiarare al Tempo - intervistato da Pietro De Leo - che "il Msi-Dn è un partito che ha sempre continuato ad esistere con il suo simbolo e i suoi iscritti, che ammontano a diverse migliaia" e la presentazione di oggi è il primo passo verso un rilancio nazionale, che partirà dalle prossime elezioni amministrative: "Ci presenteremo nelle città maggiori, da Roma, ovviamente, fino a Napoli, Bologna, Milano e Torino. Ma correremo anche nei centri più piccoli". L'idea di base è la riaggregazione della destra ("la guerra tra poveri non conviene"), perché, per Proietti Cosimi, "per fare il centrodestra, prima occorra rifare la destra, e al momento non c’è, e non mi pare sia rappresentata da Fratelli d’Italia". Né, beninteso, da Matteo Salvini, autore di "una grande operazione di marketing" che è piaciuta a destra "ma solo perché al momento mancano dei punti di riferimento". 
Per il Msi si dovranno fare le primarie (anche) a destra per scegliere il sindaco di Roma, ma nell'agenda ci sono varie altre cose, a partire da una manifestazione prevista al cinema Adriano il 28 febbraio: in quella data fu ucciso nel 1975, proprio all'ingresso della sede di Via Ottaviano 9, Mikis Mantakas, militante del Fronte della Gioventù. Anche questo, a ben guardare, è un ritorno, così come, lo è lo stesso Msi di Saya, Cannizzaro e Proietti Cosimi. Nato nel 2000 come Destra nazionale, il partito negli anni successivi sembra subire una trasformazione: "dal 2003 al 2005 - si legge nel sito - dopo un lungo, difficile lavoro, osteggiato da forti ed agguerriti poteri occulti, Gaetano Saya riusciva nell’impresa in cui molti avevano fallito, riportare sulla scena politica Nazionale il glorioso nome e simbolo storico". Come possa esserci riuscito, Dio sa come; di certo il Ministero dell'interno non ha mai ammesso l'emblema, che è riuscito a finire sulle schede giusto in qualche comune, in cui il metro di giudizio di confondibilità non è stato applicato rigidamente. 
Vero è che nel 2011 il Msi-Dn è riuscito a registrare come marchio una personale versione della fiamma tricolore del Msi, con la base trapezoidale nera e il punto anche dopo la "I". La versione presentata oggi, invece, ingrassa decisamente la scritta "Destra nazionale" e propone la fiamma a base rossa e lettere bianche, proprio come quella presente nel simbolo di An. La foggia della fiammella, in ogni caso, è la stessa in uso dalla metà degli anni '60 (microritocchi a parte) ed è inconfondibile: riusciranno realmente a usare quel segno oppure la Fondazione An (titolare giuridico del segno della fiamma come soggetto che ha "ereditato" tutte le posizioni di An, già denominata Msi-Dn) e Fratelli d'Italia si metteranno di traverso?

mercoledì 9 settembre 2015

E se a questo punto An non torna?

(Ri)fare Alleanza nazionale con gli altri della Fondazione An? No, grazie. Sembra questo il risultato del questionario somministrato via mail agli iscritti di Fratelli d'Italia nei giorni scorsi. Era stato questo sito a dare la notizia per primo della survey sottoposta ai soci: il sondaggio sarà pure stato - come riportato da Luca Cirimbilla per L'ultima Ribattuta - "un appuntamento fisso e un’occasione periodica con cui i vertici vogliono analizzare il sentimento della base", dunque un episodio di ordinaria amministrazione, ma c'era eccome e il fatto che i dirigenti sentissero il bisogno di capire cosa la base pensasse sulla questione "nuovo partito a destra" (cosa pienamente legittima, ovviamente) meritava di essere segnalato. 
Gli esiti dell'indagine sono parzialmente riportati oggi sul Tempo in un articolo di Vincenzo Bisbiglia: non è chiarissimo il numero dei partecipanti (il giornale romano parla genericamente di decisione da parte dei "circa 20mila iscritti", mentre l'editoriale di Francesco Storace sul Giornale d'Italia indica "ben duemila persone", un po' pochine rispetto agli iscritti totali, opinione condivisa pure da altre fonti, come il Secolo Trentino), ma i risultati - di un sondaggio "anonimo e non ripetibile", come notato dal Tempo - dicono cose interessanti. 
Le domande che più interessano qui sono due. La prima era sul futuro di Fratelli d'Italia davanti a un possibile scenario di trasformazione della fondazione in partito per riunire tutti gli ex An: per il 74,8% dei partecipanti al sondaggio, il partito guidato dalla Meloni dovrebbe "continuare il proprio percorso aggregando nuove energie", quando a gradire l'opzione "convergere sulla proposta di Alemanno, con Fini, Scopelliti e altri ex An, fondando con loro un nuovo soggetto politico sviluppatosi nell'ambito della Fondazione An" sarebbe solo il 16% di coloro che hanno risposto (gli altri hanno scelto la risposta "non conosco l'argomento"). 
La seconda domanda interrogava gli iscritti sul loro comportamento elettorale in caso di nascita di "un nuovo soggetto politico di destra dopo l’Assemblea della Fondazione An": secondo quanto si legge sul quotidiano, l'87% dei partecipanti avrebbe preferito l'opzione "FdI Giorgia Meloni" rispetto a "nuovo soggetto a destra" e "altro". C'è chi ha fatto prontamente notare che le risposte a tale quesito sarebbero evidentemente influenzate dalla presenza del nome della leader del partito all'interno della risposta, quasi come se facesse parte della denominazione e se si volesse evidenziare che la Meloni, in fondo, ha già scelto che strada prendere. Si sarebbe tentati, in realtà, di dire lo stesso sulla prima domanda: quanti, tra i potenzialmente interessati alla conversione in partito della Fondazione An, avranno scelto l'opzione del percorso autonomo per la sgradita presenza del nome di Fini nell'altra alternativa?
A corroborare i risultati delle due domande precedenti, c'è anche la classifica dei "magnifici dodici", ossia i dodici personaggi che gli iscritti dovevano numerare in ordine di importanza quanto ad attitudine alla guida unitaria del centrodestra. Non ci si stupisce troppo a trovare in cima alla "top 12" la Meloni, né di trovare subito dopo di lei Matteo Salvini; è già più interessante trovare sul gradino più basso del podio uno che - pur avendo co-fondato Fdi - la politica l'ha lasciata come Guido Crosetto, preferito nell'ordine a Ignazio La Russa e a Fabio Rampelli. A scendere si trovano, nell'ordine, Giuseppe Scopelliti e Flavio Tosi, mentre è solo ottavo Silvio Berlusconi, che pure precede immediatamente Raffaele Fitto; in fondo alla classifica, se i malpensanti di professione sono stati facili profeti nel vaticinare l'ultima posizione di Gianfranco Fini, colpiscono di più il decimo posto di Maurizio Gasparri e, soprattutto, l'undicesimo di Gianni Alemanno, autosospesosi da tutti gli incarichi in Fratelli d'Italia.
Ammesso che l'esito del sondaggio sia attendibile e generalizzabile, riferendolo a tutti gli iscritti al partito, il messaggio che esce sembra molto chiaro: a Fdi rifare Alleanza nazionale non interessa, men che meno avendo Alemanno come figura di riferimento (anche se lo stesso Alemanno aveva detto di non volersi candidare ad alcuna poltrona). La questione non è di poco conto: in sede di assemblea della Fondazione An, un "no" degli aderenti che si riconoscono in Fratelli d'Italia all'impegno politico diretto dell'ente (attraverso una riedizione del partito che fu di Fini), unito ai "no" di chi avversa quella strada da tempo (soprattutto Gasparri e Matteoli) potrebbe bloccare sul nascere la "voglia di An" manifestata da alcuni soggetti negli ultimi mesi, evitando tra l'altro di sbloccare il "tesoretto" di cui la fondazione è titolare.
Certamente la notizia del sondaggio non dev'essere piaciuta dalle parti di Prima l'Italia. Il neoportavoce, Marco Cerreto, dopo aver precisato "da componente della direzione nazionale" di Fdi di non avere mai ricevuto nulla al pari di tanti colleghi iscritti al partito, si esprime negativamente sul modo in cui sono stati formulati i quesiti ("modalità forzatamente capziose, oltre che viziate nell'elaborazione: vengono citate persone che oggi non sono più in politica o non sono iscritte alla Fondazione An"), sul canale di somministrazione delle domande (era meglio usare il sito del partito) e sulle stesse dinamiche di divulgazione dei risultati: esse "lasciano intendere una volontà di dar vita ad una temeraria strumentalizzazione su un tema così importante in questi giorni che ci separano dalla data dell'Assemblea degli iscritti della Fondazione An".
In ogni caso, che fine farà ora il simbolo di Alleanza nazionale? Resterà sul contrassegno di Fratelli d'Italia? La risposta è tutt'altro che scontata. Se non nascerà alcun soggetto politico di diretta emanazione della fondazione, in teoria l'assemblea della fondazione potrà anche decidere di lasciarlo nella disponibilità di Fdi; è altrettanto possibile, tuttavia, che l'emblema sia rimosso e torni nella piena disponibilità della fondazione stessa (alla concessione del fregio a Fdi, tra l'altro, gli aderenti a Prima l'Italia avevano contribuito in modo decisivo). Alla fine sarà una questione di scelte e, soprattutto, di numeri: quelli degli aventi diritto a partecipare all'assemblea della fondazione (due anni fa si era litigato innanzitutto su questo), quelli dei votanti sul simbolo e sulla "mozione dei quarantenni". Inutile, però, fare pronostici prima dell'assemblea del 3 ottobre: tutto può ancora cambiare.

domenica 2 agosto 2015

An, 62 giorni alla (ri)Fondazione?

Domani mancheranno due mesi esatti all'assemblea dei partecipanti di diritto e degli aderenti della Fondazione Alleanza nazionale; oggi il conto alla rovescia segna precisamente 62 giorni, ma di certezze relative agli esiti di quell'assise ce ne sono ancora davvero poche. 
Una è data, come si diceva pochi giorni fa, dall'ordine del giorno, che comprende tra l'altro la discussione sull'uso del simbolo che fu di An e - al punto 3 - la "discussione e votazione di eventuali mozioni presentate ai sensi dell’art.12, comma 3 dello Statuto". I punti sono inevitabilmente legati: se discutere sull'uso dell'emblema significa (implicitamente) decidere se potrà ancora fregiarsene il soggetto che rappresenta l'evoluzione di Fratelli d'Italia (e che alla fine del 2013 era stato autorizzato a usare quel segno distintivo grazie al voto su una mozione), il confronto sulle mozioni potrà essere molto più ampio e riguardare, a monte, la qualità dell'impegno richiesto alla fondazione, magari decidendone la diretta discesa in campo politico.
Questo, in fondo, si legge nella mozione presentata il 22 luglio da un gruppo di persone legate a FdI, ma anche a Forza Italia e Ncd - Sabina Bonelli, Michele Facci, Fausto Orsomarso, Andrea Santoro, Alessandro Urzì e Gianluca Vignale - che chiedono agli organi della fondazione di impegnarsi ad approvare gli atti che consentano a quel soggetto di svolgere "un'azione politica che si traduca in forme di rappresentatività elettiva nelle diverse istituzioni, attraverso l’aggregazione degli italiani che si riconoscono nei principi espressi dall'articolo 1 dello Statuto del Movimento politico Alleanza Nazionale al momento del Congresso di scioglimento del marzo 2009". 
In pratica, si chiede agli organi della fondazione di impegnarsi a creare un partito in piena continuità politica con An o, meglio ancora, di trasformare la fondazione stessa in associazione, dunque di ritornare al partito An e di indire un congresso entro il 2015, aperto ai vecchi iscritti ad An e a coloro che si riconoscano nei principi del partito che fu di Fini, per "promuovere le nuove iniziative politiche necessarie ad affermare i valori ed i principi della Destra politica italiana, anche organizzandosi in strutture territoriali, provinciali e regionali". Il confronto per definire il nuovo percorso politico dovrebbe essere avviato con tutti i partiti e gruppi che si qualificano come "di destra", partendo però da Fratelli d'Italia, in ragione della sua presenza in Parlamento e dell'uso fatto sin qui del simbolo di An.
Il documento, sostenuto da Forum Destra e ribattezzato "la mozione dei quarantenni", ha trovato l'appoggio anche di un gruppo di membri della Direzione nazionale e dell’Assemblea nazionale di Fdi (che sono contemporaneamente soci della Fondazione An). Si tratta di diciassette nomi, non di spicco; loro sanno che occorre "fare un salto di qualità e prendere atto che bisogna provare a riaggregare chi [...] ha provato a trovare il modo attraverso il quale la destra italiana possa ritrovare una sua autonomia di mezzi e risorse ed un peso elettorale che le consenta di influire in modo decisivo sulle sorti del Paese". L'unico "luogo" in cui le persone di destra si sentano "a casa propria" è identificato con An (che al momento è una fondazione e non un partito), con la consapevolezza che è giusto puntare anche su "giovani volti ed energie", senza che questo significhi "cancellare uomini e storie sulla base dell’anagrafe". Per i nuovi aderenti costituire Fratelli d'Italia e far crescere quell'esperienza è stato un tentativo di riunificare la destra e le sue esperienze, ma loro ammettono che "i numeri ed i fatti dicono che il tentativo stenta": i risultati restano poco soddisfacenti e molte persone che potevano essere della partita sono rimaste lontane.
Certamente si sfiora anche il tema del patrimonio di cui è titolare la fondazione An ("Ci pare [...] chiaro che sia giunto il momento [...] di provare a giocare la partita con tutti i mezzi a nostra disposizione, non vogliamo che le scelte della destra siano condizionate dall'asfissiante assenza di risorse e dalla rincorsa degli zero virgola necessari a superare a stento nuove soglie di sbarramento"; si vogliono però troncare sul nascere le polemiche che ancora nelle scorse settimane tenevano banco sull'uso di quei beni, soprattutto da parte degli ex An finiti in Forza Italia ("le risorse della Fondazione non solo erano state messe da parte proprio per essere la scialuppa di salvataggio nel caso fosse naufragato il PDL, ma [...] ogni centesimo di quei soldi era stato versato dai militanti e dallo Stato con il preciso scopo di fare politica").
Si vedrà che fine farà questa mozione; nel frattempo, l'ex An - ora Fi - Marco Martinelli, intervistato da Pietro De Leo per Il Tempo, non solo definisce Forza Italia "un ex partito" (per il quale l'addio di Verdini ha rappresentato solo il colpo di grazia), ma aggiunge che non gli pare possibile "fare An con il 5% dell’An di prima" (cosa che rischierebbe di accadere a ottobre, visto il calo degli aderenti alla fondazione registrato nel tempo) e che per ridare voce politica alla destra "serve un’operazione che non sia residuale" (e che comprenda tutti gli ex An, Fini compreso), mentre Fratelli d'Italia, che "nel suo logo ha quello di Alleanza Nazionale, [...] fa una gran fatica a raggiungere il 3%". 
Per parte sua, Francesco Storace si è chiamato fuori da tempo, non facendo parte della fondazione: "Se dalla Fondazione AN nascerà davvero il partito a cui sono stato iscritto, vedrò di che cosa si tratta - si è limitato a dire (già il 22 luglio) -. Non sono interessato a mettermi di traverso rispetto alla nascita di un fronte della sovranità che veda protagonisti Matteo Salvini e lo stesso movimento di Fratelli d'Italia"; nel frattempo, la Destra (il partito di Storace) resta in piedi, continua il tesseramento e guarda a un congresso nei prossimi mesi. Morale, la fiamma è accesa, ma non si sa ancora esattamente quale. 

mercoledì 26 febbraio 2014

Fratelli d'Italia, tre simboli al prezzo di uno?

Alla fine il verdetto simbolico è arrivato: Fratelli d'Italia, per lo meno alle elezioni europee e alle altre consultazioni di quest'anno, cambierà contrassegno, o meglio lo "aggiusterà" un po', secondo le indicazioni ricevute alle primarie che ha svolto lo scorso fine settimana. Delle otto proposte messe a disposizione dei votanti (dietro pagamento di 2 euro, ormai l'obolo primario è stato istituzionalizzato), ci dicono che la più votata - 28% delle schede tricolori votate - inserisce per intero l'emblema che fu di Alleanza nazionale e di cui la Fondazione An ha concesso l'uso con nutrito contorno di polemiche. In effetti non è proprio la prima versione del logo di An partorita da Massimo Arlechino, ma l'ultima elaborazione di mani ignote, che ha assottigliato il nome e colorato la fiamma a tinte fosforescenti, manco fosse fatta con l'evidenziatore. 
La "pulce" nazionalalleata copre del tutto il nodo tricolore che Fdi aveva scelto in continuità con la grafica e le campagne di An (del resto, a che serve il richiamo, quando si può contare sull'originale), lasciando solo le corde spuntare da sotto al cerchio. Il nome dei Fratelli resta nella parte superiore, meno elegante dell'ultima versione e un po' compresso, per far spazio al "nuovo arrivato".
Posto che Fratelli d'Italia non si può certo dire erede di An (che gli ex siano sparsi in varie altre realtà, a partire da Forza Italia, è cosa arcinota), il principio utilizzato è lo stesso che aveva messo in campo la neonata Alleanza nazionale - allora ancora solo formazione elettorale - quando nel 1994 scelse di racchiudere in un cerchietto la fiammella e di metterla nella parte bassa del cerchio grande. Che poi era lo stesso, identico stratagemma che nel 1991 avevano coniato gli ex comunisti, quando avevano deciso di chiamarsi Pds senza abbandonare del tutto la loro storia, piazzando le bandiere con falce, martello e stella alla base della quercia.
Stavolta però c'è una sorta di unicum, perché - a memoria - è la prima volta che un contrassegno elettorale di fatto ne contiene tre. Quello del Msi all'interno di quello di An che a sua volta è ospite di Fdi. Un gioco di rimandi che lotta anche con la grafica elettorale obbligata (su 3 centimetri di diametro richiesti per l'emblema da scheda, la fiamma sarà alta 6 millimetri), ma di fatto cerca di racchiudere nel cerchio più grande quasi 70 anni di storia.
Si potrebbe dire che i Fratelli d'Italia guardano avanti con un occhio al passato, nel senso che la fiamma la vogliono a tutti i costi? Così così, perché dipende dalla domanda che è stata loro posta. Perché è vero che dei tanti loghi inviati durante la consultazione online su Facebook molte delle proposte avevano la fiamma, così come l'aveva il logo più votato (quello di Enea Paladino, che prendeva il simbolo di An e metteva semplicemente il nuovo nome) che misteriosamente sulla scheda non ci è finito mai, ma in fondo non si deve dimenticare che sei proposte delle otto presenti in scheda avevano la fiammella. Il 77,9% dei votanti ha scelto un simbolo "infiammato", ma considerando che solo due erano senza il vecchio logo, "l’analisi “il 77.9% dei votanti vuole la fiamma nel simbolo” - come scrive con acutezza Rosario D'Auria - ha la stessa profondità della battuta che mi faceva mio zio, unico fratello di mia madre, quando io, unico figlio di sua sorella, ero bambino: 'sei il miglior nipote che ho!'".
In ogni caso, per il futuro bisognerà attrezzarsi: a voler far entrare tanti anni in un simbolo solo, o si allarga la scheda, o si muniscono gli scrutatori di lenti da distribuire ai seggi, assieme alla matita copiativa. Facciamo un preventivo?

lunedì 17 febbraio 2014

Fratelli d'Italia, se il simbolo più votato sparisce dalle primarie


I frequentatori di Facebook con l'occhio più allenato se n'erano accorti quasi subito, già da quando ieri sera sulla pagina ufficiale di Fratelli d'Italia erano state divulgate - come anticipazione - le prime miniature della scheda similelettorale (così suggerirebbe la trama dello sfondo, palesemente clonata dai fac-simile del Viminale) che sarebbe stata distribuita alle primarie sabato e domenica. Quando oggi il partito ha messo a disposizione il pdf della scheda, il sospetto è diventato certezza: alcuni degli emblemi più votati in rete nella consultazione che era stata indetta dal partito proprio per raccogliere le idee simboliche della base ed effettuare una prima scrematura grazie ai voti degli utenti di Faccialibro, nel bollettino preparato per le primarie non si trovavano nemmeno a cercarli con la lente.
A ben guardare, in realtà, dei sette simboli che erano stati presentati con maggiore enfasi a Cagliari a gennaio, sembrano esserne sopravvissuti assai pochi: qualcuno è anche relativamente somigliante, ma magari è stato cambiato qualche dettaglio qua e là. L'assenza più pesante di tutte, tuttavia, è senza dubbio quella del contrassegno che era risultato più votato: quello di Enea Paladino, che riprendeva in tutto la grafica che era stata di Alleanza nazionale, sostituendo soltanto il nome varato tra il 1994 e il 1995 da Gianfranco Fini con la denominazione scelta da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto per la loro formazione.

Sulla scheda, invece, finiranno altre rappresentazioni grafiche. Qualcuna, per esempio, riprende il tema grafico già oggi in uso, spostando il nodo tricolore verso la metà del cerchio (e schiacciando, se del caso, la scritta bianca del nome) per fare posto nella parte inferiore bianca al vecchio nome di An (magari con l'aggiunta della parola "popolare", cui Gianni Alemanno sembra tenere molto).
Altre soluzioni, invece, lasciano la parte superiore intatta e non spostano di un millimetro le corde annodate: al nodo viene sovrapposta la "pulce" del simbolo messo nel cassetto tra il 2008 e il 2009, oppure di quel contrassegno resta solo la fiamma - stavolta senza base - che troneggia nel solito cerchietto bianco, sopra la scritta "Alleanza nazionale", insolitamente colorata di rosso.
Altra possibilità sarà mantenere di nuovo la struttura attuale del segno, sostituire "Centrodestra nazionale" con "Alleanza nazionale" e, ancora una volta, coprire il nodo con il cerchietto bianco in cui inserire solo la fiamma (e questo, a ben guardare, è uno dei pochi loghi che di fatto si sono salvati dalla prima consultazione). Per qualcuno, però, a quel punto tanto vale tornare all'antico e riprendere quasi per intero il contrassegno di An, non fosse che per il nome di Fdi, morbidamente schiacciato tra la fiamma cerchiata e il bordo inferiore del cerchio grande.

Gli unici due emblemi che innovano almeno un po' la grafica tradizionale prevedono l'inserimento di una fascetta a metà del cerchio per contenere la dicitura maiuscola "Alleanza nazionale". La versione blu arriva addirittura a coprire la punta della fiamma, gigantesca e sproporzionata rispetto al suo semicerchio; la versione grigia (con parte superiore blu scura e nome del partito meno maiuscolo del solito) lascia nella parte inferiore una fiammella che però prende la foggia del più recente Front National, quasi uno scambio a parti invertite, dopo che monsieur Le Pen all'inizio aveva adattato al suo logo la fiamma di Almirante. 
Saranno dunque queste le otto opzioni tra cui i simpatizzanti e iscritti a Fratelli d'Italia potranno scegliere il loro emblema per le prossime consultazioni. Le polemiche delle ultime 24 ore, però, rischiano di far pesare più gli emblemi assenti di quelli stampati sulla scheda: la corsa verso le primarie sembra iniziata con una falsa partenza.

domenica 26 gennaio 2014

Sette fiamme per i Fratelli d'Italia

Lo avevano annunciato nei giorni scorsi: tra tutti i simboli inviati per le "primarie", i più votati su Facebook sarebbero entrati assieme a quelli scelti dalla direzione di Fratelli d'Italia in una seconda votazione, che si terrà tra poco meno di un mese, il 22 e il 23 febbraio: in quei giorni, oltre al nuovo logo (specie in vista delle elezioni europee di maggio), saranno indicati il presidente nazionale e i dirigenti legati al territorio.
I contrassegni che parteciperanno a questo "secondo turno" sono stati svelati questa mattina, a Cagliari, nel corso di una conferenza stampa (anche se la scelta, inspiegabilmente, non ha avuto una grande visbilità al di fuori dei presenti all'evento). Tra le oltre 100 varianti che la pagina Facebook aveva ricevuto e posto in votazione - purtroppo l'archivio non è più consultabile, visto che la pagina è stata chiusa il 24 gennaio - ne sono state scelte 7, su cui i militanti di Fdi saranno chiamati a esprimersi.
Alcune delle opzioni saranno, a dire il vero, molto simili tra loro e, nel complesso, emerge con una certa chiarezza l'intenzione dell'attuale gruppo dirigente, oltre che della base che si è espressa sulla Rete. Dopo l'assenso "strappato" (e si è visto con che clima) all'assemblea della Fondazione An all'utilizzo anche solo parziale del contrassegno che fu di Alleanza nazionale, gran parte dei militanti chiedeva a gran voce il ritorno del disegno della fiamma tricolore nell'emblema. Ora è chiaro che era proprio quella la parte del vecchio simbolo cui puntavano i dirigenti di Fdi: delle sette proposte in campo, infatti, non ce n'è una che sia priva di una raffigurazione della fiamma e cinque riportano proprio quella che fu di An, con o senza base.
La soluzione più semplice, indubbiamente, è quella che riprende quasi per intero il vecchio simbolo aennino varato nel 1994 e partorito dal creativo Massimo Arlechino: unica modifica, la sostituzione il nome nella parte superiore azzurra/blu (a seconda della base che l'autore del simbolo ha usato per realizzare la sua variante) da An a Fratelli d'Italia. La differenza grafica, in fondo, si avverte pochissimo: ulteriore prova, ove ce ne fosse stato bisogno, che già il simbolo di Fdi richiamava in quasi tutto il partito in cui la Meloni e La Russa avevano militato fino al 2009, cordino tricolore compreso. Cordino che, peraltro, varie versioni cercano di mantenere, lasciando spazio però anche alla "fiamma antica".
Così, c'è chi pensa di mettere sempre il nome in alto e lasciare le tre corde dove sono, ma di coprire il nodo con una riproduzione più o meno piccola della fiamma con base, inscritta in un cerchio - un po' com'era all'inizio al tempo del bianco e nero e come Pino Rauti avrebbe voluto che fosse nel 1995, se solo le commissioni non gliel'avessero bocciata senza appello - adagiando sull'arco inferiore di circonferenza la dicitura "Alleanza nazionale", dove ora si parla di "Centrodestra nazionale" (in fondo cambia una parola, oltre alla font usata). Questo tema ha addirittura due versioni, una tradizionalmente piatta e una quasi tridimensionale, con tanto di luci e ombre a segnalare il rilievo. La versione piatta, peraltro, è stata ripresa anche da qualcun altro, con le corde messe ad arco di cerchio, per rendere il nodo nuovamente visibile: alzandolo, però, finisce schiacciato tra il nome e il tondo della fiamma, incastrato tra le corde e la dicitura bassa "Alleanza nazionale". Una grafica fin troppo ammassata, per poter mostrare tutto.  
Una ripartizione simile dello spazio appare utilizzata in un altro simbolo, che - unico tra quelli considerati - mette tutto il nome in maiuscolo. Di fatto, il contrassegno sembra composto da tre cerchi concentrici (due bianchi bordati di azzurro e il terzo centrale azzurro, che ospita il nome nella parte alta) e un quarto tondo bianco senza bordo, sovrapposto agli altri, grande come quello azzurro ma con il centro collocato poco sotto al bordo del cerchio esterno. La "mandorla" che si crea comprende la fiamma - stavolta senza base - sopra al nome di An, scritta in un carattere più fine: il tutto per una composizione che si presenta più armonica e che lascia maggiore visibilità alla fiamma. 
Queste cinque soluzioni, come si vede, non fanno dell'originalità un punto di forza. Tenta qualche cambiamento grafico un'altra versione, che sembra una variante del logo 3D visto prima, che scrive il nome riducendo al minimo le maiuscole, inserisce la dicitura "Alleanza nazionale" su una fascia grigia al di sotto del semicerchio blu. La modifica più rilevante, però, riguarda la fiamma, sempre piazzata nella parte inferiore bianca: non viene proposta infatti nella versione tradizionale, ma in quella a due corni utilizzata dal Progetto nazionale di Piero Puschiavo. Che però non risulta essersi avvicinato a Fdi, per cui sarebbe difficile da mantenere in quella soluzione grafica. 
L'ultima versione, invece, è quella più "innovativa": il fondo, infatti, è tutto blu, sempre con un sentore tridimensionale, a giudicare dalle sfumature che danno l'idea di un fondo curvo e lucido. La scritta "Alleanza nazionale" è traforata su una striscia bianca, posizionata a metà del cerchio: in alto resta il nome in carattere bastone, bianco ombreggiato, mentre al di sotto c'è una fiamma tricolore di forma del tutto diversa, con tre "onde" a dare l'impressione delle vampe. Tra tutte le soluzioni scelte, sembra decisamente la più "fresca" e la più interessante graficamente, anche se probabilmente è quella che ha meno possibilità di essere scelta, perché si distanzia molto dalla versione adottata circa un anno fa. Si dovrà attendere febbraio per conoscere l'esito della scelta, ma per ora una cosa è sicura: i Fratelli d'Italia avranno di nuovo una fiamma, riappropriandosi di un pezzo della loro storia. Che però non è solo loro. 

mercoledì 13 novembre 2013

Il simbolo di un’Alleanza nazionale in Movimento

alleanza nazionale storace
Acque agitate a dritta. O a tribordo. Insomma, a destra, per farla breve. E non perché qualcuno abbia voglia di spaccare qualche partito (il livello di frammentazione è già notevole), ma perché piuttosto nelle profondità c’è chi sta lavorando per rimettere insieme i cocci, o almeno ci prova. In realtà i tentativi sono almeno due: se ha aperto per prima l’Officina Italia voluta da Fratelli d’Italia, in questi giorni ha avuto più risonanza il progetto di ridare vita ad Alleanza nazionale.
I timori di chi aveva paura di assistere alla nascita di un nuovo partito che annullasse (subito) le differenze delle varie forze in campo per ora sono stati messi da parte, per cercare di rendere concreto il progetto messo in campo soprattutto da Francesco Storace della Destra e da Adriana Poli Bortone di Io Sud. La formula scelta è quella della “Federazione di persone, movimenti e partiti”, dunque salvaguardando l’autonomia pur nella comunione di intenti.


Il nome scelto per questa federazione è “Movimento per l’Alleanza nazionale“: oltre a La Destra e Io Sud, hanno firmato l’atto costitutivo Fli con il suo coordinatore Roberto Menia, Nuova Alleanza che in Sicilia rispolvera la coccinella (simbolo fugace di una convention aennina) e vede il ritorno alla ribalta di Domenico Nania, l’associazione Nazione sovrana (rappresentata da Oreste Tofani), il quotidiano Il Giornale d’Italia (rappresentato da Roberto Buonasorte), Il popolo della vita – Trifoglio di Antonio Buonfiglio. Spicca su tutte la firma di Luca Romagnoli, segretario del Movimento sociale Fiamma tricolore, che non solo di An non ha mai fatto parte, ma che ha lasciato il vecchio Msi proprio nel momento in cui si trasformava in Alleanza nazionale, seguendo Pino Rauti nella costituzione di un nuovo soggetto politico in continuità ideologica con l’esperienza precedente. 

lunedì 16 luglio 2012

Ri-Forza Italia


Passa un giorno e tocca ancora parlare di lui. Possibile che l’aquilone fosse un falso allarme (o una «fantasia», per dirla con Cicchitto) o, magari, un fine depistaggio per preparare la sorpresa, direttamente dalla una testata della Germania di frau Merkel. E se l’aquilone tricolore su fondo blu non era poi così nuovo come poteva sembrare, è l’esatto opposto della novità il ritorno al nome e al simbolo di Forza Italia.
Qualcuno, in questo giorni, ha avuto la tentazione di parlare di «nuovo partito» del Cav., ma nel caso sarebbe un errore. Qualora fosse confermato infatti il “ripescaggio” dei vecchi segni distintivi di Fi, non ci sarebbe alcun bisogno di fondare una nuova formazione politica. Che i simboli, come i partiti, fossero «duri a morire» lo si era già detto qualche giorno fa, dunque non dovrebbe stupire sapere che Forza Italia, come partito e come soggetto giuridico, esiste ancora. Doveva per forza esistere fino allo scorso anno, quando ha ricevuto gli ultimi rimborsi elettorali relativi alla XV legislatura (finita nel 2008, ma non per le casse dello Stato), ma non risulta che sia stato sciolto nei mesi successivi.
Se dunque Forza Italia esiste ancora, non dovrebbe essere un problema per gli iscritti del Pdl iscriversi nuovamente al partito da cui in gran parte provengono; certo, ci sarebbe il problema degli ex An non confluiti in Fli. Che a La Russa, Matteoli, Gasparri e compagnia non piaccia l’idea di essere etichettati come “forzisti” è noto, così come difficilmente raggiungerebbero Fini. Così, se davvero i tanti fedelissimi di Berlusconi dovessero “tornare a casa”, gli ex An potrebbero seriamente pensare di tenersi il Pdl e lo farebbero a ragion veduta, visto che in quel caso sarebbero loro a continuare la vita politica del partito, mentre i rinnovati forzisti sarebbero trattati da “scissionisti” che hanno esercitato il loro diritto di recesso.
Se per Galan la situazione sarebbe il male minore («Sai che problema…» dichiara sui giornali di oggi), è tutto da vedere che ai pidiellini aennini – comprensivi tra l’altro di Francesco Pontone, tuttora tesoriere di An e, come tale, probabilmente titolare del simbolo – convenga tenersi quell’emblema. Nel caso, non andrebbe certo buttato: è pronto a farsi assegnare il “rottame” Gianfranco Rotondi, cofondatore del Pdl, per fare «un partito intestato al popolarismo di ispirazione cristiana e liberale». Lo stesso Rotondi, per capirci, che nel 2004 era riuscito a farsi autorizzare dal “dormiente” Ppi all’uso della denominazione «Democrazia cristiana», utilizzata per il proprio partito fino al 2008, sia pure con il correttivo «per le autonomie» (subentrato a fine 2005). Come a dire: se qualcun altro ha simboli di cui sbarazzarsi, li scarichi a Rotondi che non li butta di sicuro.

lunedì 2 luglio 2012

Simboli (e partiti) duri a morire

Pare che in Italia far sparire un partito dalla circolazione sia maledettamente difficile: prima di chiudere bottega, occorre avere chiuso tutte le pendenze, economiche o giuridiche che siano. Finché è in piedi anche una sola causa davanti a un giudice, magari contro un dipendente, il partito deve continuare a esistere; finché non sono stati riscossi tutti i crediti, chiudere il partito non conviene. 
Ecco perché, ad esempio, esistono ancora tutte le formazioni politiche che hanno partecipato alle elezioni politiche del 2006 e, fino allo scorso anno, hanno percepito i rimborsi elettorali per la XV legislatura anche se questa si è conclusa prematuramente: Alleanza nazionale, Forza Italia, Ds e ovviamente Margherita (Lusi docet) sono ancora vivi e vegeti e ne hanno ben donde. Anche se per il 90% degli elettori (compresi quelli più preparati) li dà per morti e sepolti.
La chiusura di un partito, dunque, ha tempi piuttosto lunghi e poco pubblicizzati. Si pensi che il Ccd (Centro cristiano democratico), fondato da Casini, D'Onofrio, Mastella e la Fumagalli Carulli nel 1994 all'indomani della trasformazione della Democrazia cristiana in Partito popolare italiano, politicamente ha cessato di esistere nel 2002, quando ha dato vita all'Udc (Unione dei democratici cristiani e di centro) assieme al Cdu di Buttiglione e alla giovanissima Democrazia europea di Sergio D'Antoni. Il partito della vela (ovviamente con lo scudo crociato appena accennato sulla tela gonfiata dal vento), tuttavia, ha continuato a operare giuridicamente per anni: la chiusura, infatti, risale all'inizio del 2010 e fino ad allora ha continuato ad approvare bilanci e a tenere riunioni tra i rappresentanti rimasti.
Durante tutto il tempo necessario a sciogliere un partito, il simbolo continua a vivere per gli atti interni che riguardano quella formazione politica, così come può sopravvivere nei contrassegni di altre formazioni, cui quel partito ha "politicamente" contribuito (la vela casiniana, appunto, spunta ancora nell'emblema dell'Udc). La legge, però, non obbliga un partito a sciogliersi: l'estinzione potrebbe non arrivare mai e quel segno può essere cavato fuori quando nessuno se lo aspetta. Se ne sono accorti tanti elettori di centrosinistra, all'inizio della campagna di raccolta di firme per il referendum elettorale "anti Porcellum": accanto ai simboli dell'Idv, del Partito liberale italiano di Stefano De Luca ed Enzo Palumbo, di Sel e altre formazioni meno note, faceva bella mostra di sé l'asinello semidisneyano dei Democratici, a rappresentare Arturo Parisi, tra i promotori del referendum. Oh bella, ma quell'asino è sopravvissuto alla Margherita e al Pd, e chi lo sapeva? Parisi sicuramente, a quanto pare...