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lunedì 15 gennaio 2018

Energie per l'Italia, tornano le lampadine

Ascoltare la base, in politica, dovrebbe essere naturale, ma a quanto pare è una delle cose più rare e difficili (e forse è rara proprio perché è difficile). A volte, per fortuna, non va così e qualcuno i suggerimenti li ascolta: sembra essere andata così con il simbolo di Energie per l'Italia, dopo che Stefano Parisi aveva lanciato online la proposta grafica di Giovanni Negri nell'ipotesi di una corsa solitaria della lista, fuori dalla coalizione guidata da Silvio Berlusconi.
Perché, sì, ci poteva stare il voler mettere in grande evidenza la collocazione, convinta e identitaria, nel ma soprattutto per il centrodestra, come a rimarcare che il centrodestra-quello-vero sono loro e non altri (e pazienza se "Centro" e "Destra", impilati l'uno sull'altra, sembravano tratti direttamente dal simbolo di Ncd, anche quello composto con una font tra il Nexa e il Monserrat). Ci stava il dire "è un simbolo che ci rappresenta appieno". Tutto vero, tutto bene, ma per costruire un'identità non bastano le parole e nemmeno i colori: riuscirci senza un'immagine, un segno grafico riconoscibile è molto difficile. Soprattutto se questo segno grafico esiste e lo si è messo da parte.
Evidentemente, al di là delle reazioni positive di cui parla Parisi, più di qualcuno - online e non solo - deve aver fatto notare che il simbolo pensato da Giovanni Negri in realtà era piuttosto vuoto e spoglio, soprattutto per l'assenza del tricolore di lampadine che ormai da oltre un anno accompagna Stefano Parisi nel suo progetto politico poi trasformato in progetto elettorale. Nel corso dei mesi si è assistito a una certa variabilità di quell'elemento grafico: lampadine vere o disegnate? Soprattutto, accese o spente? (particolare, quest'ultimo, che non ha mancato di finire nel mirino dell'ironia di chi si è chiesto se la bolletta fosse stata pagata). A dispetto di questo, però, il legame Energie-Parisi-lampadine-tricolore si era ormai consolidato e non metterlo in luce all'interno del simbolo con cui ci si vorrebbe presentare agli elettori, dopo tanti Megawatt in giro per l'Italia, non sarebbe stato saggio. 
Ecco allora che, procedendo per aggiustamenti successivi, si è ridotto un po' di dimensioni il riferimento al centrodestra (ma si vede bene lo stesso, niente paura) per piazzare le tre lampadine sotto al nome del progetto politico, che resta piuttosto piccolo ma con il ritorno del tricolore poco luminoso - le lampadine sono pur sempre spente e non certo grandi - acquista un po' di visibilità in più. A conti fatti, ora l'obiettivo del centrodestra e la leadership di Parisi nel contrassegno hanno esattamente lo stesso peso: se entrasse nella coalizione berlusconiana, sarebbe il quarto di quell'area con il nome ben visibile (giusto la "quarta gamba" di Noi con l'Italia e dell'Udc ne sarebbe priva); se corresse da solo, il nome del leader sarebbe già pronto per l'impresa non facile di raccogliere voti qua e là. Ci vogliono molte Energie, ma Parisi si prepara da mesi per questo...

sabato 13 gennaio 2018

Parisi spegne le lampadine e corre "per il centrodestra" (di Fabio Blasigh)

Oggi lascio spazio volentieri a Fabio Blasigh, componente della redazione, che ha notato per primo il possibile simbolo che contraddistinguerebbe la corsa (solitaria) di Stefano Parisi, probabilmente in condominio con Vittorio Sgarbi e il Mir di Samorì, sempre senza dover raccogliere le firme dopo la "garanzia" offerta dai Civici e innovatori (nella speranza - secondo me non correttamente riposta - che non occorra indicare il loro nome nel simbolo, bastando il nuovo nome della componente parlamentare). Certo è che, per ora, l'emblema presentato oggi è sicuramente il più spoglio e anonimo (non per il nome di Parisi, sempre ben visibile) di questa competizione. E, senza offesa per alcuno, il più triste.

L’appello all'unità del centrodestra, lanciato da Stefano Parisi alcuni giorni fa, ad oggi non ha ancora trovato risposta; Energie per l’Italia si organizza quindi per correre in solitaria.
In vista di questa eventualità, il movimento dell’ex candidato sindaco di Milano è pronto a darsi un nuovo simbolo elettorale. Ad annunciarlo oggi su Facebook è Giovanni Negri, promotore de La Marianna, che, dopo aver incontrato in mattinata Parisi, annuncia: "nel caso sempre più probabile di un No all'apparentamento ho proposto l’adozione di un simbolo elettorale che possa meglio esprimere l’identità della Lista e la sua tensione unitaria verso un preciso campo di appartenenza. Del resto in queste stesse ore l’ipotesi di partecipazione indipendente alle elezioni suscita adesioni così importanti e diversificate da giustificare un simbolo sulla scheda elettorale capace di non escludere nessun apporto e di raffigurare con efficacia l’obiettivo comune di costruire un centrodestra con nuove regole, nuove identità, nuova capacità di offerta politica".
Il simbolo proposto da Parisi ai propri comitati elettorali, ai quali chiede opinioni e proposte, presenta significative novità. Innanzitutto, sorprende la scomparsa delle tre lampadine tricolori che hanno accompagnato la nascita del movimento fin dai tempi del Megawatt di Milano. Il nome Energie per l’Italia, posto dapprima al centro della mezzaluna gialla, viene ora rimpicciolito e collocato lungo il bordo in alto, per far posto alla dicitura "per il Centrodestra", quasi ad avere l'ambizione di rappresentarlo come e più di altri. Non cambia, invece, la scelta dei colori giallo e blu, che in tutta Europa caratterizzano i movimenti di ispirazione liberale, come la tedesca FDP.
Nessun riferimento, invece, al gruppo parlamentare dei Civici e Innovatori, che pochi giorni fa ha annunciato il proprio sostegno al movimento di Stefano Parisi, il cui nome resta in grande evidenza nella metà bassa del logo.
Ancora pochi giorni di attesa, e sapremo se sarà questo il simbolo con cui Energie per l’Italia sarà presente sulla scheda elettorale oppure se, raggiunto in extremis un accordo con la coalizione berlusconiana, torneranno a brillare le luci (rigorosamente delle lampadine tricolori) del movimento fondato da Stefano Parisi.
Fabio Blasigh

martedì 5 dicembre 2017

Energie PER l'Italia, Parisi ci mette la faccia

Nomi che vengono, nomi che vanno. Se l'altro ieri Fratelli d'Italia ha presentato il suo nuovo simbolo in cui non è più presente il nome di Giorgia Meloni (a meno che ricompaia nell'emblema che sarà depositato al Viminale a gennaio), Stefano Parisi ha inserito il suo nome - e in modo piuttosto visibile - nel rinnovato simbolo di Energie PER l'Italia, una formazione che guarda decisamente alle prossime elezioni politiche e lancia un messaggio chiaro: ci saremo e ci metteremo la faccia direttamente.
L'emblema, presentato a conclusione dell'ultimo evento Megawatt a Milano - in cui si è discusso del programma elettorale di quella stessa forza politica - comprime nella parte superiore del cerchio la grafica originaria del progetto politico, mantenendo sempre il "PER" molto più evidente rispetto al resto del nome e conservando anche il tricolore fatto di lampadine (preferendo quelle vere a quelle stilizzate e, a dispetto di quanto si poteva pensare, scegliendo la versione spenta e non quella accesa) e ricavando in basso un ampio segmento circolare bianco in cui inserire il nome del leader, il cui peso visivo sembra addirittura maggiore rispetto a quello della forza politica stessa.
Da un po' di tempo la formazione dell'ex sfidante di Beppe Sala alle comunali di Milano sta cercando di ottenere maggiore visibilità: in questa strategia sembra rientrare anche l'approdo a Montecitorio, dal momento che il 2 agosto l'ex gruppo degradato a componente del gruppo misto alla Camera di Civici e innovatori era stato ribattezzato "Civici e innovatori PER l'Italia" e dal 17 novembre il nome è "Civici e innovatori - Energie PER l'Italia", con il nome intero e le maiuscole al loro posto.
Questo traguardo - al di là della curiosità di vedere l'ingresso di una forza di centrodestra in tandem con una compagine che sinora ha sostenuto il governo di centrosinistra - assieme alla decisione di inserire il nome nel simbolo dovrebbe preludere alla scelta di presentare una lista in proprio, senza confluire in altre formazioni elettorali. Questo, ovviamente, comporta la necessità di raccogliere le firme, attività per la quale il gruppo si sta già attivando da tempo, nella speranza che il Parlamento decida di abbassare sensibilmente l'asticella. Nel frattempo, all'esperienza di Parisi sta guardando anche la Marianna di Giovanni Negri, con l'idea di elaborare un vero programma di "ricostruzione del Paese".  Sperando di poterlo fare finendo sulle schede elettorali.

lunedì 27 febbraio 2017

Verso i Cittadini con la Marianna, per ridare casa alla passione politica (radicale)

D'accordo, non si poteva non dedicare molta attenzione alla Dc e all'ennesimo tentativo di farla tornare, ma l'assemblea degli iscritti al vecchio partito non è stato il solo evento politicamente interessante della domenica: a Bologna, infatti, sempre ieri si è chiusa la convenzione con cui ha preso avvio La Marianna, progetto politico immaginato da Giovanni Negri dopo una sua lunga assenza dalla politica attiva (il suo addio ai radicali è del 1995, dopo le suppletive fallite del collegio di Padova). Lui stesso, nel sito della Marianna, ricorda che tutto è iniziato da un invito di Enrico Mentana a Bersaglio mobile su La7, per ricordare Marco Pannella dopo la sua morte: l'intervento in trasmissione di Negri è parso raccogliere notevoli consensi tra coloro che avevano militato nel Partito radicale e continuano a farlo, oppure si limitano a seguire la politica senza praticarla perché "non c'è più un luogo dove far vivere le loro idee". 
E La Marianna si è posta proprio come "casa per gli homeless della politica", costruita da Negri, autoribattezzatosi "dottor Jekyll della vigna o dei libri" e ora anche "Mr. Hyde della politica", seguendo la convinzione in base alla quale "ricominciare da capo non vuol dire tornare indietro". E se la scelta della Marianna, "allegoria della Rivoluzione francese, dei diritti, della libertà" era quasi obbligata per chi aveva un passato - e forse un presente - da radicale libertario, le forme sono state nuove: nuovo il mezzo di comunicazione (soprattutto Facebook), nuova la piattaforma web ("Ordigno", nome molto rivoluzionario) per partecipare e deliberare. E nuovi anche i colori della stessa Marianna, prima caratterizzata soprattutto dalla coccarda tricolore e poi con le stesse tinte della bandiera stese con una certa eleganza sul nuovo simbolo (il cui disegno è assai più delicato rispetto alla Marianna radicale tradizionale).
Se al centro dell'azione e del pensiero del nuovo soggetto politico ci sono soprattutto le Frecce, ossia le proposte di iniziativa politica elaborate online fin qui (Giustizia è Economia, Shock fiscale, Esercito del lavoro, Migrazioni & piani Marshall, Europa, Nuova Repubblica), nonché il documento finale approvato all'unanimità dalla convenzione, sul piano organizzativo gli iscritti - che entro il 2016 avevano versato la quota di tesseramento, ottenendo di poter partecipare all'evento fondativo di Bologna - si sono trovati d'accordo sul considerare la strada fatta sin qui come un punto di partenza per una nuova avventura politica, già denominata Cittadini con la Marianna, un movimento "che - si legge nel documento organizzativo, sempre votato all'unanimità - avrà forma giuridica, statutaria, politica, organizzativa altra da quella sin qui sperimentata". L'idea è di proseguire le iscrizioni dei singoli e di creare "circoli della Marianna" in tutta l'Italia, il tutto con l'idea di convocare entro il 2018 - e comunque non prima di un anno - la convenzione fondativa dei Cittadini con la Marianna: alle prossime elezioni, dunque, il movimento ufficialmente non esisterà, anche se potrebbero esserci comunque le liste.
Benché non sia un soggetto definitivo, infatti, la neonata Marianna ha eletto i suoi organi. C'è innanzitutto una presidenza collegiale, di cui fa parte Negri e coordinata da Riccardo Chiavaroli (per i giornali "l'ex braccio destro di Pannella in Abruzzo") come segretario: spetterà al collegio svolgere le funzioni esecutive e di rappresentanza, perseguire gli obiettivi delle Frecce, gestire il sito www.lamarianna.eu (costituendo, tra l'altro, "una società responsabile" dello stesso, che manterrà il doppio ruolo di informatore e di piattaforma di partecipazione politica democratica) ed elaborare, con l'aiuto di una commissione, una bozza di statuto per il nuovo movimento, sottoponendolo alla nuova convenzione nazionale. Il consiglio della Marianna - di cui è portavoce Beniamino Bonardi e al cui interno siedono soggetti noti come Giuliano Cazzola, l'ex comandate del Ros e direttore del Sisde Mario Mori e l'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, ex ministro degli esteri dell'era Monti - sarà invece più attenta all'evoluzione dei contenuti e alla valutazione di provvedimenti e proposte provenienti dai vari livelli normativi e governativi.
Poiché al momento nessuno dei soggetti della galassia radicale può, per statuto, partecipare alle elezioni "in quanto tale e con il proprio simbolo", toccherà alla Marianna di Negri dare di nuovo ai radicali un simbolo da votare e sotto cui potersi naturalmente candidare?

giovedì 29 settembre 2016

La Marianna (laica e radicale) di Negri, un simbolo che parla

Nel dibattito relativo al destino dell'area radicale in Italia dopo la scomparsa di Marco Pannella (legato anche a un articolo di Adriano Sofri pubblicato sul Foglio il 12 giugno) si sta facendo sempre più strada un nuovo progetto politico, il cui nome di maggior spicco è Giovanni Negri. Lui, che è stato segretario del Partito radicale dal 1984 al 1988 - anche se da svariati anni è, come lui ha detto a Radio Radicale, "fortunatamente e felicemente restituito all'agricoltura in quell'angolo di Francia al confine con l'Italia che è il Piemonte" - è da poco ritornato in pista: oltre a guidare il comitato Radicali per il sì, da alcuni mesi è presidente di La Marianna, un'associazione dal nome assolutamente radicale (la denominazione esatta è "La Marianna - I Laici") e che si propone, come Negri ha dichiarato a Goffredo Pistelli di Italia Oggi, "l'ambizione di ricostruire un Paese, di dare casa a quella grande masse di homeless della politica, che non sono solo la diaspora radicale" e, soprattutto "a chi domanda un luogo della politica pulita, utile e necessaria".
Il progetto si muove da alcuni mesi: a Parma, il 18 giugno, si è svolta la prima riunione del movimento tra coloro che lo hanno promosso. L'idea è di arrivare a una Convenzione nazionale - altra parola dall'aroma rivoluzionario - fissata per il 14 e 15 gennaio a Bologna. "Sarà - ha spiegato meno di un mese fa, intervistato dall'Indro - il primo atto di fondazione di quello che sarà, non so se un partito o non un partito, e come si chiamerà, perché Marianna è il nome di una convenzione. E’ un simbolo, non è ancora il nome di una forza politica, né è detto che lo sia …"
Già, perché la cosa importante qui, prima del nome, è il simbolo. Un simbolo "molto bello, che ricorda storia radicale e secolo dei lumi", come ha detto ancora Negri a Radio Radicale: non a caso, la "testa di donna con berretto frigio" nota anche come "dea della Libertà", disegnata forse da Mario Pannunzio (così scriveva Fabio Morabito nel 1977), fu emblema del primo partito radicale - già dal 1956 - e nel 1967, in occasione del 3° congresso straordinario che trasformò il Pd in un soggetto politico completamente diverso, fu addirittura inserita all'interno dello statuto. Quella figura femminile, ben presto accostata a quella di Marianne, simbolo della repubblica francese e dei suoi valori, fu accantonata solo nel 1976, dopo l'adozione di un altro segno importato dalla Francia, la rose au poing mutuata dai socialisti di Mitterand. Da lì in poi, la si vide soltanto come marchio della casa editrice Kaos di Milano, che ancora conserva quel segno: nessuno ha chiesto permessi o autorizzazioni ai radicali (del resto il segno della Marianna era in qualche modo tradizionale e ben difficilmente il partito se ne sarebbe lamentato) e, in ogni caso, per il tipo di libri pubblicati e di temi trattati la scelta era venuta quasi naturale.
Se si scorre il sito dell'associazione nata da pochi mesi, tuttavia, la cosa più interessante che emerge è che i promotori della Marianna fanno parlare direttamente la ragazza del loro simbolo, più curata e delicatamente femminile nel suo profilo, provvista di coccarda tricolore oltre che di berretto frigio. Che le idee verso la Convenzione siano espresse per bocca di questa figura emblematica, lo dimostra l'articolo di presentazione, intitolato Chi sono? Io sono ciò che faccio
Io sono la sinistra riformista, o forse sono la destra storica, o forse sono semplicemente voce, essenza, pensiero del popolo che lavora e che soffre. Io, così presuntuosa da illudermi di sapere da dove vengo, chi sono e dove vado, ho in testa la Convenzione: io sono La Marianna,  la ragazza che è il simbolo dei Lumi, di una luce necessaria a un Paese malinconico, in penombra.Certo, io sono  anche il tentativo di riunire i radicali. Coloro che hanno scritto le pagine più belle della politica italiana – dal divorzio all'assoluzione di Enzo Tortora, dal no al finanziamento pubblico dei partiti a Leonardo Sciascia parlamentare della Repubblica – e che hanno rappresentato un cambiamento, un’Italia bella, sorridente, europea, diversa da quella di oggi. Una storia che deve continuare e che per poterlo fare ha necessità di ben altri e tanti altri, senza i quali io Marianna non sarò. Altri chi? Tanti laici, tanti homeless della politica che non trovano casa ma sentono dentro di sé una grande voglia di impegno civile, tanti liberali, tanti socialisti. Donne e uomini che hanno fame di politica, che non accettano più una realtà italiana dove la politica è stata ridotta a roba da tribunale o a corrida da talk show.Per fare cosa, insieme? Non per rifare una tribù, un partitino, una sigla. L’ambizione può apparire smisurata, ma è così. Più guardo questo Paese, più assisto al suo declino e più cresce la consapevolezza che adesso o mai più. Io voglio ricostruire questo Paese, voglio aiutarlo a rialzarsi. Oltre a queste storie politiche che si rincontrano, oltre a un’identità civile che appartiene alla storia italiana, io voglio  soprattutto essere ciò che faccio. Ciò che occorre esigere, qui e subito. Quindi poche, ben definite proposte politiche. In particolare: cinque provvedimenti semplici e forti, che vogliono essere altrettante mani tese al Paese, agli italiani, e che vogliono indicare una strada.
Non era mai accaduto prima di imbattersi in un "simbolo parlante", al più ci si limitava al sole che ride. Negri ne è ben consapevole: "Direi che è un simbolo antico e nuovo - mi spiega - è la grafica che è originale, ed è originale che Marianna si sia messa a parlare in prima persona sui social". Non solo parla, enunciando "cinque frecce" per lo sviluppo di un programma (No al Declino, uno Shock fiscale, un Esercito del Lavoro; Giustizia, Potere Politico e Ordine Giudiziario; Un’ altra Europa, No Taxation without Representation e Stati Uniti d’Europa; Immigrazione, Nuovi Piani Marshall e imprese per lo sviluppo; Repubblica Presidenziale, completare il cambiamento), ma si spinge persino a fare una proposta per dare il nome al nuovo soggetto politico che dovesse nascere dopo l'inizio ufficiale di Bologna.
Oh, fate gli schifiltosi? Ah, non vi piaccio? E certo, ridicolo che un partito si chiami così. La Marianna la va in campagna e tutte le altre cosine che fanno sorridere. Cuccioli loro. Hanno bisogno di un partito dal bel nome forte, mica possono vivere senza il biberon. Un nome macho, fallico, un bel nomone obelisco. E io naa, sono solo una girl. Età ? Ben più di 200 ma ben portati. Sono la più bella di tutte. Le vedi le altre? Osserva le rughe della sfiorita bellezza fascista un tempo smagliante del suo futurismo, scruta le occhiaie della comunista intristita, l’amara piega di una bocca ormai muta.Ecco: io sono viva. Viva. Il sangue della vita corre dentro di me come un fiume. Limpido e forte, pulito. Rinasco ogni giorno perché non sono mai morta. Fui bambina all’Agorà, scorrazzavo fra le macerie della biblioteca di Alessandria in fiamme, inseguivo la libertà fuggendo dalle inquisizioni di finti Dei e veri Sacerdoti, fui strega fra le streghe che erano le donne buone, eretica fra le colpevoli di credere davvero, libera fra tutte le schiave che sapevano obbedire e mai amare, lottare. Ero a Londra fra le prime a protestare, e protestante con Lutero a Worms, poi di nuovo sul Tamigi con zio Bentham e fra i Riformatori di Rotterdam, gli ugonotti straziati e i catari crocefissi, gli ebrei di Barcellona, i mercanti lombardi, i finanzieri fiorentini e i banchieri ginevrini. Ero lì: accanto a Danton, quando avvenne la meraviglia e nemmeno i francesi lo avevano capito che la loro rivoluzione, la mia, sarebbe stata la rivoluzione del mondo.Sì, sono modesta: sono il Lume, sono il Mondo Nuovo. Solo questo? No, lo ammetto. Anche cortigiana, libera cortigiana nella libera Serenissima. Amante di cento corti. Felicità di mille letti. Madre, compagna e sorella di mille pianti, risate, scherzi, dolori, fughe, ritorni. E allora? No, non mi prenderete. Io scappo. Se vi avvicinate vi graffio. Non mi avrete, sappiatelo, voi non mi avrete mai. [...]Lo so: forse non basta. Per fare un partito ci vuole di più. Però magari provateci. Provateci un attimo. Scrivete la parola Partito, sotto di me. Così come altri scrissero Blocco, Fascio, Lega. Partito. Il Partito di questa ragazza. E niente di più. Non una parola di più. Per dire agli altri, a chi non è noi, che forse c’è bisogno di nuovi partiti, veri partiti, parti vere di società libere e intere.Ecco, la storia potrebbe essere persino questa. Se voi non saprete fare di me una parte e un partito, il sonno dei tanti partiti di plastica continuerà a cullare l’oblio di una democrazia che invece noi risveglieremo.
Sarebbe anche qui la prima volta che un soggetto politico sceglie di avere nel proprio emblema "Partito" come unica parola. Potrebbe accadere senza opposizioni da parte del Viminale (a impedire confusioni, del resto, penserebbe la grafica, anche se è proprio il termine "partito" ad essere lontano da gran parte dei contrassegni politici di oggi). Certo, La Marianna - o comunque dovesse chiamarsi - non potrebbe impedire a nessuno di utilizzare quel vocabolo nella propria denominazione, non potendo rivendicare su di esso alcuna esclusiva. La strada per la Marianna, in ogni caso, è ancora lunga: c'è tempo per vedere quanti, tra coloro che si sentono intimamente radicali ma hanno voglia di impegnarsi direttamente in politica e alle elezioni (cosa che, per statuto, non potrebbero fare con gli emblemi del Partito radicale transnazionale e di Radicali italiani), aderiranno al progetto.

martedì 20 settembre 2016

Il ragazzo che sorride che sulle schede non arrivò mai

Il simbolo poteva essere così
"Il ragazzo che sorride: sulla prossima e già affollatissima scheda elettorale sta per fare capolino un nuovo simbolo, lo stesso utilizzato in Cecoslovacchia dal presidente Vaclav Havel". Iniziava così un articolo di Massimo Gramellini - intitolato I radicali voteranno "il ragazzo che sorride" - pubblicato dalla Stampa il 12 gennaio 1992, con cui si prefigurava la nascita di una nuova lista, in vista delle elezioni politiche che si sarebbero svolte il 5 e il 6 aprile di quell'anno.
L'articolo, tuttavia, non parlava di una lista promossa direttamente dal Partito radicale, da meno di un lustro trasformatosi in un soggetto politico transnazionale (oltre che nonviolento e transpartito) e dunque impossibilitato a partecipare "in quanto tale e con il proprio simbolo" alle elezioni politiche. Il progetto elettorale di cui si parlava, invece, si chiamava Riforma democratica, evoluzione del Comitato per la riforma democratica, nato a settembre del 1991 per promuovere la raccolta di firme per tre referendum all'insegna del motto "Più Stato, meno Partito". 
A presiedere il comitato era Massimo Severo Giannini, costituzionalista e amministrativista tra i più apprezzati: se dall'esperienza della raccolta delle firme per i quesiti doveva nascere un progetto che guardava alle urne, di certo lo avrebbe guidato lui (assieme ad altre figure come il coordinatore del comitato Giovanni Negri, dalla lunga militanza radicale come Giuseppe Calderisi). L'idea effettivamente di presentare liste comuni al Senato da parte di coloro che avevano concorso a promuovere i referendum - che si sarebbero poi votati nel 1993 - superando gli steccati partitici (all'operazione avevano contribuito tra l'altro Pds, Pri e Pli) era propria del gruppo guidato da Giannini, ma molti guardavano con titubanza l'idea, preferendo altre soluzioni. 
Proprio Negri aveva parlato della possibilità di presentare liste autonome da ogni altra forza politica ("uno scherzo serio", l'avrebbe chiamato). E secondo Gramellini c'era la possibilità concreta che come simbolo venisse usato il "ragazzo sorridente" di Občanské Fórum, il "Forum civico" delle forze dissidenti messo in piedi da Vaclav Havel e alla guida del quale era riuscito a ottenere la presidenza della Cecoslovacchia. Non si sa bene quanto fondo di verità ci fosse in quella notizia (non se ne trova traccia in nessun'altra fonte relativamente raggiungibile), ma l'operazione sarebbe stata piuttosto ardita. Il segno, pur essendo semplice e facilmente leggibile, era di minore impatto rispetto a un altro sorriso, quello del sole degli antinuclearisti danesi che i radicali pochi anni prima avevano comprato per donarlo agli Amici della Terra e poi alle Liste verdi; in più, sarebbe stato impossibile utilizzare l'emblema così com'era, visto che la sigla era diversa, non prevedeva nemmeno una "O" e, in ogni caso, era necessario che tutto il contrassegno - che per la prima volta sarebbe stato a colori, ma ancora non c'era certezza, visto che la legge che lo prevedeva era in via di approvazione - fosse contenuto in un cerchio di 2 centimetri di diametro. 
Il fatto è che si capì abbastanza in fretta che Marco Pannella difficilmente sarebbe stato della partita: "Guardiamo alla possibilità di una lista nuova e altre in cui presentarci - si legge nel pezzo di Gramellini - ma non ci convincono le soluzioni piccole". Con in più la consapevolezza che presentarsi in modo da eleggere qualcuno era una necessità, più pratica che politica: "Sono obbligato a presentarmi - continuava - perché per garantire i contributi alla nostra radio bisogna che almeno un radicale venga eletto. Ma dove e con chi lo stabilirò all'ultimo momento. Voglio prima attendere gli errori degli altri...". 
Com'è finita la storia, è cosa nota: quasi all'ultimo minuto Pannella decise di varare liste che portavano il suo nome all'interno (il primo caso in Italia e probabilmente non solo), mentre Giannini e parte dell'originario Comitato per la riforma democratica continuarono nel loro progetto, dando vita - non senza polemiche - alla Lista Referendum, con un vistoso "SI" bianco su fondo arancione. Per poter presentare le candidature senza raccogliere le tante firme necessarie, Pannella utilizzò per sé la pulce della lista degli Antiproibizionisti sulla droga (rappresentati dal 1989 al Parlamento europeo) e concesse in extremis alla formazione di Giannini di inserire sul fondo il contorno bianco corolla della rosa nel pugno, mutuata dal Partito radicale che era arrivato nelle Camere italiane - per l'ultima volta - nel 1987. A conti fatti l'esperimento della lista referendaria andò maluccio: non arrivò nessun parlamentare, l'esperimento si esaurì dopo l'appuntamento elettorale e del ragazzo sorridente - che nessuno allora avrebbe osato chiamare emoticon - non si sarebbe più parlato.

sabato 18 giugno 2016

Giovanni Negri recupera la vecchia Lista Referendum (con una rosa di troppo?)

In pieno silenzio elettorale non voglio parlare di cose che, in un modo o nell'altro, possono avere influenza sulle sfide amministrative che si decideranno domani con il ballottaggio. L'occasione, dunque, può essere buona per guardarsi intorno e trovare altri spunti interessanti. Scartabellando qua e là, scopro che da poche settimane è resuscitato il simbolo della Lista Referendum, costituita ad hoc per le elezioni politiche del 1992. Se ne fregia Giovanni Negri, segretario del Partito radicale dal 1984 al 1988 (l'ultimo prima della trasformazione in Partito radicale transnazionale), europarlamentare tra il 1988 e il 1989 e, appunto, tra i promotori della Lista Referendum voluta da Massimo Severo Giannini.
Da anni Negri era impegnato essenzialmente a produrre vino e a scrivere libri, ma ora ha scelto di combattere di nuovo, anche per dare continuità a quella battaglia condotta all'inizio degli anni '90 (e, volendo, anche prima). Sulla pagina Facebook Radicali per il Sì - Sì per i Radicali rivendica innanzitutto di aver promosso "i referendum Segni, i referendum Giannini, i referendum Tortora" per "dare al Paese una democrazia moderna e bipartitica, mandare a casa la partitocrazia spartitoria il cui debito pubblico ci incatena ancora oggi", per avere "più Stato ma meno Partito" e arrivare allo Stato di Diritto, all'equilibrio dei poteri. 
Negri, mettendo in guarda da "tutte le ombre lunghe, i mandarini, gli immobilisti, le voglie di rese dei conti, i gattopardi, gli interessi di chi vuole inchiodare la Repubblica a questo malinconico Macondo" che si starebbero affollando intorno al referendum costituzionale, ha scelto di schierarsi dalla parte del "sì". Perché "la nuova legge elettorale non trasformerà il rospo in principe, né la riforma costituzionale muterà i topolini nei destrieri di Cenerentola. Però ci sono", non sono perfette ma danno effetti desiderabili, come liberare il sistema politico "dal proporzionale spartitorio e dalle porcellate" e indurlo al bipartitismo, ridando poi allo Stato "poteri troppo superficialmente delegati a Regioni spesso deresponsabilizzate". 
Il sostegno alla riforma è espresso "da Radicale e spero con tanti altri radicali, perché io non so definirmi in altro modo"; Negri punta a "fare uscire dalla marginalità, da un cono d’ombra, dalla malinconia [...] soprattutto una storia politica e una vicenda umana - quella radicale, appunto [ndb] - che può guardare diritto negli occhi ciascun italiano". Lo scopo non è candidarsi o essere eletto di nuovo da qualche parte, precisa, né puntare a controllare "le radio, le frequenze ed antenne, le sedi e gli immobili" (della galassia radicale) che sono – letteralmente – affari altrui. Semplicemente, rivendica la propria storia e le sue convinzioni: "siamo radicali dalla Marianna alla Rosa nel Pugno - spiega - siamo radicali perché questo è anche un modo di vivere e di essere, orgogliosi di quella che fu una forza povera e nobile ma umili quanto basta per ascoltare, capire anche chi è più diverso e lontano da noi". Non a caso, dopo avere ricordato l'epopea delle cataste di firme raccolte con poche forze, delle veglie, dei digiuni e dei sit-in, Giovanni Negri conclude convinto: "Coraggio. Vedrete come faremo in fretta a ritrovarci, a consegnare la parola Radicali non al passato ma al futuro. Un futuro del quale non abbiamo paura".
Per fare tutto questo, dev'essere risultato praticamente ovvio a Negri ritirare fuori l'emblema dell'ultima grande battaglia politico-referendaria condotta: quella, appunto, della Lista Referendum del 1992. Tutto bene e tutto tranquillo? Insomma, perché quello non era il simbolo di quel gruppo - emblema che tra l'altro nel 1992 irritò alcuni dei referendari di allora, Mario Segni compreso: sentendosi defraudati dell'iniziativa, tentarono inutilmente di mettersi di traverso - ma la sua versione elettorale. Questa, oltre al "Si" gigantesco bianco su fondo arancione, con la scritta "Referendum" sovrimpressa, conteneva anche la corolla della rosa radicale (senza pugno e senza foglie), concessa dal Partito radicale transnazionale (lontano dalle elezioni, ma ancora presente in Parlamento dopo il voto del 1987) in extremis, mentre non era ancora scaduto il termine per depositare i contrassegni al Viminale, al solo scopo di evitare la raccolta delle firme.
La prima versione del simbolo
Non stupisce che Negri abbia voluto usare proprio quel disegno con la rosa (e non la prima versione che ne era prima ed era stata già depositata al ministero), visto il suo esplicito riferimento alla propria storia radicale; tanto però è bastato perché in rete una parte dei radicali protestasse in modo vibrato, lamentando un'usurpazione del segno storico di quell'area, che il Partito radicale aveva mutuato - con varie traversie che ho raccontato altrove - dal Psf di Mitterand negli anni '70 e aveva utilizzato per anni. 
Ora, è vero che qui non c'è nessuna competizione elettorale di mezzo (se non il referendum, che però non prevede l'uso di simboli), dunque non valgono le regole dettate per i contrassegni; è altrettanto rispettabile l'intento di Negri di rifarsi alla sua storia radicale. E' altrettanto certo, tuttavia, che l'uso di quella rosa non pare del tutto opportuno: un comunicato radicale, tuttora leggibile sul vecchio sito dell'area, ricorda come, nell'impossibilità di raccogliere in pochissimi giorni le firme richieste ai nuovi soggetti politici e per la necessità di tenere aperti il più a lungo possibile gli elenchi di candidati, la Lista Referendum avesse "chiesto al Partito Radicale, che come noto non si presenta alle elezioni, di consentirci l'esenzione dalla raccolta di firme suddette - come la legge gli consente di fare con la conseguente aggiunta (che la legge prescrive) - nel contrassegno della lista referendaria di una parte del simbolo del P.R., la rosa" e che "il Partito Radicale, in armonia con tutta la sua lunga storia di servizio e di battaglie democratiche [...], ha deciso di acconsentire alla richiesta della Lista Referendum di Massimo Severo Giannini".
Appare chiaro, dunque, come la concessione di parte del simbolo del Pr sia stata fatta - oltre che per la presenza in lista di radicali come Negri - all'esclusivo scopo "tecnico" di evitare la raccolta delle sottoscrizioni (lo stesso avvenne per la Lista Pannella, che si esentò dalle firme inserendo l'intera "pulce" degli Antiproibizionisti sulla droga, rappresentati a Strasburgo): la rosa, insomma, sarebbe stata concessa una tantum, in modo precario e al più per la durata di quella legislatura, ma non era certo diventata parte stabile del simbolo della Lista Referendum (che, peraltro, nemmeno riuscì ad approdare in Parlamento). Tutto, naturalmente, sarebbe giuridicamente ineccepibile se l'uso della rosa fosse stato richiesto a monte all'attuale titolare del segno, ossia la Lista Pannella - che, nel frattempo, ha come nuovo presidente Maurizio Turco - e questa avesse dato l'assenso: ciò potrebbe anche essere accaduto, ma non c'è modo di verificarlo. Per evitare grane di qualunque tipo, tra l'altro, sarebbe bastato anche solo far ridisegnare quella corolla di fiore con una foggia diversa: il riferimento radicale sarebbe stato colto comunque, ma nessuno se ne sarebbe potuto lamentare.