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giovedì 18 novembre 2021

Europeisti, Partito comunista e Alternativa: il gruppo misto in evoluzione

Nell'ultimo mese le dinamiche interne al gruppo misto di Camera e Senato hanno richiesto tutta l'attenzione possibile da parte delle persone aderenti alla categoria dei #drogatidipolitica. Ieri, per esempio, si è diffusa in fretta una notizia comunicata attraverso i suoi canali social da Emanuele Dessì, senatore eletto con il MoVimento 5 Stelle e uscito dal gruppo dopo il sostegno del M5S al governo Draghi: da una manciata di giorni, infatti, Dessì nel gruppo misto del Senato rappresenta con una propria componente il Partito comunista guidato da Marco Rizzo, facendo dunque approdare questa formazione politica per la prima volta nelle aule parlamentari. 
Già questa, ovviamente, è una notizia assolutamente rilevante; lo è ancora di più considerando che Emanuele Dessì - guardando alla sua biografia presente su Wikipedia - prima di aderire al MoVimento 5 Stelle nel 2009, negli anni '70 aveva militato nella sinistra extraparlamentare (Autonomia operaia), per poi approdare al Partito comunista italiano e (dopo l'ultimo congresso nel 1991) a Rifondazione comunista, rimanendovi fino al 1999. Si spiega anche così il commento dello stesso Dessì contenuto nel post: "Dopo un lungo peregrinare, spesso piacevole, a volte tormentato, si torna a casa..." (anche se ovviamente la "casa" di oggi, a dispetto del nome molto simile, non è quella di allora, essendo il Pc di Rizzo diverso dal Pci che ha finito la sua esperienza nel 1991 cambiando nome in Pds, come è diverso dal Pci che ha ripreso nome e gran parte del vecchio simbolo ed è guidato da Mauro Alboresi). 
Il post è apprezzabile anche perché alla notizia accompagna una lettera dell'ufficio politico del Partito comunista, firmata dal segretario Marco Rizzo e dal presidente (e legale rappresentante) Giuseppe Canzio Visentin, datata 10 novembre, con la quale si comunica alla Presidente del Senato che Dessì avrebbe rappresentato il Pc all'interno del Senato "ottenuta una vostra autorizzazione", precisando che il partito aveva concorso alle ultime elezioni politiche ed europee con il proprio simbolo. La lettera è utile perché ricorda in poche righe come possa nascere ora una componente del gruppo misto al Senato, anche se questa componente ha tutto sommato prerogative ed effetti limitati a Palazzo Madama (a differenza che alla Camera): benché il regolamento del Senato nulla dica in proposito, ora si ritiene che la Presidenza dell'assemblea debba autorizzare la formazione della componente (dunque di un'articolazione parlamentare diversa dal gruppo), autorizzazione arrivata l'11 novembre, giorno in cui in effetti la componente è stata annunciata in aula; in più, in armonia con quanto deliberato dalla Giunta per il regolamento a maggio (che di fatto ha integrato il regolamento, innovandolo su un punto rilevante, senza voti dell'aula con le maggioranze richieste dal regolamento stesso, come rilevato da Salvatore Curreri), perché una componente del gruppo misto possa sorgere si chiede che rappresenti un partito che ha partecipato alle ultime elezioni politiche con cui si è aperta la legislatura in corso. Dalla lettera dei vertici del Pc non si evince se ora Dessì sia iscritto al partito o se intenda farlo, in ogni caso quella missiva soddisfa la condizione richiesta (anche se è evidente che il partito in questione non ha avuto eletti).
L'ingresso del Pc non è stata l'unica novità rilevante dell'ultimo periodo all'interno del gruppo misto del Senato. Il 28 ottobre, infatti, la componente IDeA e Cambiamo è stata ribattezzata IDeA-Cambiamo-Europeisti. Ricompare dunque il nome del gruppo nato all'inizio dell'anno per sostenere l'eventuale governo Conte-ter e ricompare, guarda caso, nella stessa articolazione parlamentare di cui fanno parte da mesi sia Mariarosaria Rossi (tra le persone protagoniste della formazione di quel gruppo) e soprattutto Raffaele Fantetti, eletto all'estero nella lista comune, poi aderente al Maie, creatore con Ricardo Merlo di Italia23 e infine presidente del gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico. Il simbolo presente sul sito degli Europeisti è sostanzialmente lo stesso precedente: semplicemente sono stati cancellati i riferimenti a Maie e Cd presenti sotto al nome, mentre è rimasto il "tricolore a pallini" dell'associazione Italia23 legata a Fantetti.
Sempre al Senato, poi, il 12 novembre ha leggermente modificato il suo nome la componente ItalExit per l'Italia - Partito valore umano (prima era solo ItalExit-Partito valore umano), nata per dare maggiore visibilità al progetto politico di Gianluigi Paragone ma sorta il 14 settembre solo grazie al sostegno necessario del Pvu, che aveva concorso alle ultime elezioni politiche. Il 9 novembre, in compenso, era cessata la componente L'Alternativa c'è, sorta grazie al sostegno tecnico (e dichiarato nel nome) della Lista del Popolo per la Costituzione. Questo fatto, tuttavia, va letto insieme alla scomparsa del nome "L'Alternativa c'è" alla Camera il 15 novembre; non è però venuta meno la componente, che ha semplicemente cambiato nome.
La componente, infatti, ora si chiama semplicemente Alternativa e dovrebbe essere questo il nome del futuro partito di coloro che hanno lasciato il MoVimento 5 Stelle soprattutto all'indomani della nascita del governo Draghi. Per capirne qualcosa di più occorre leggere quanto riportato da La Notizia giornale: si legge che si sta preparando un partito "per rilanciare le battaglie 'di opposizione contro il governo Draghi'. Aprendosi a tutto il mondo dell'associazionismo e delle forze civiche che vorranno farne parte. Per essere pronti già alle elezioni Amministrative del 2022, guardando alle Politiche del 2023" e che quel partito (in cui i riferimenti sarebbero al momento soprattutto i deputati Andrea Colletti e Pino Cabras e il senatore Mattia Crucioli) dovrebbe essere presentato domani in una conferenza stampa. "
Nei giorni scorsi - si legge sempre nell'articolo - è stato depositato lo statuto ed è stata effettuata la registrazione all’Agenzia delle Entrate". Per vedere il simbolo, o almeno una sua base, occorre andare nel sito in costruzione: si trova una A arancione stilizzata, dentro la quale sembra di poter vedere (in negativo) parte del segno che ora occupa il centro del simbolo di L'Alternativa c'è, cioè Alpha. Al momento l'articolazione parlamentare comprende 14 persone, quindi non bastano per formare un gruppo autonomo alla Camera, ma solo la componente attuale (che peraltro, superando i dieci membri, non ha bisogno del sostegno di un partito che ha concorso alle elezioni per esistere); non è nemmeno dato sapere se quello che ora si vede come emblema sarà mantenuto come simbolo (sicuramente dovrà essere preparata la forma rotonda, per poter concorrere alle elezioni). Domani, probabilmente, se ne saprà di più.

mercoledì 17 aprile 2019

Alle europee senza firme, se la breccia del 2014 diventa uno squarcio

Quando, dopo il deposito del simbolo del "suo" Partito comunista, si è fermato a scambiare qualche battuta con giornalisti e studiosi soprattutto sulla possibilità che le liste del Pc fossero ammesse senza firme a sostegno (grazie alle aggiunte al contrassegno elettorale che questa volta, a differenza di cinque anni fa, aveva fatto), Marco Rizzo ha offerto ai presenti uno scampolo di saggezza torinese: "Dalle mie parti si dice: A pasa ün, a paso tüti. A pasa nen ün, a pasa niün!". E a chi gli faceva notare che, sì, era vero che il Kke (Partito comunista di Grecia) aveva nel 2014 eletto un rappresentante al Parlamento europeo, ma l'Iniziativa dei partiti comunisti e operai d'Europa non era ufficialmente un partito politico europeo (ma un'associazione di partiti), lui restava imperturbabile: o passano tutti o non passa nessuno e, visto che cinque anni fa erano passati i Verdi e si preparavano a farlo di nuovo assieme ad altre liste, doveva passare anche il Pc.  
Bene, alla fine sembra aver avuto ragione lui, visto che sono passati praticamente tutti, anche se al momento manca ancora il verdetto sulle liste di Forza Nuova (che rivendica l'affiliazione all'Alleanza per la Pace e la Libertà - Apf, presieduta da Roberto Fiore)Oltre alle liste che non avevano bisogno di raccogliere firme per la loro rappresentanza parlamentare italiana (Forza Italia, Fratelli d'Italia, Lega, MoVimento 5 Stelle, Partito democratico - Siamo Europei, +Europa - Italia in Comune, Svp, Autonomie - Uv) e a quelle di cui era acclarata la matrice europea dell'iniziativa (Europa Verde - European Green Party, La Sinistra - Gue - European Left, Destre Unite - CasaPound - Aemn), sono già state ammesse senza sottoscrizioni le candidature del Popolo della Famiglia - Alternativa popolare (grazie all'esenzione Ppe apportata proprio da Ap), dei Popolari per l'Italia (anche qui per l'appartenenza al Ppe del partito di Mario Mauro), del Partito pirata (grazie all'esenzione firmata direttamente a Roma dal Partito pirata europeo: l'ammissione certa per ora riguarda la circoscrizione Isole), del Partito animalista (che vorrebbe essere esente grazie all'inserimento nel contrassegno dei loghi del Partei Mensch Umwelt Tierschutz tedesco - il cui leader nel 2014 è stato eletto al Parlamento europeo - di Animal Politics Eu e del Partij voor de Dieren olandese: l'ammissione riguarderebbe le circoscrizioni Centro e Sud) e, ovviamente, del Partito comunista di Rizzo.
Proprio per quest'ultimo, in realtà, si nutrivano dubbi quanto all'ammissione: come detto, le Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature del Viminale richiedevano espressamente - a ricalco di quello che aveva deciso l'Ufficio elettorale nazionale nel 2014 sul caso dei Verdi europei - il collegamento e la presenza simbolica di un "partito politico europeo rappresentato nel Parlamento europeo con un proprio gruppo parlamentare", con tanto di "documentazione attestante il pagamento, da parte della forza politica nazionale, delle quote associative al partito o gruppo politico europeo". Ora, se da una parte si è detto che l'Iniziativa dei partiti comunisti e operai d'Europa non era esattamente un partito (e questo poteva essere un problema), dall'altra si poteva dire che il Kke era un "partito politico europeo" in senso lato (cioè un partito di un paese europeo) rappresentato al Parlamento europeo, ma sarebbe diventato difficile sostenere questa lettura perché non avrebbe consentito di produrre idonea documentazione per attestare "il pagamento delle quote associative", risultando difficile per un partito italiano associarsi a un partito di uno stato europeo.
L'auspicato chiarimento, tuttavia, non è arrivato: le decisioni degli Uffici elettorali circoscrizionali, infatti, si sono limitate a dichiarare che si è accertato, tra l'altro, che "non sussiste l'obbligo della sottoscrizione della lista da parte di elettori, ai sensi dell'art. 12, 4° co., L. 24.01.1979, n. 18 e succ. mod.". Tutto qui, nulla di più e nulla di meno, senza alcun cenno ai riferimenti europei inseriti nel contrassegno (del partito nazionale o del "partito" europeo) e nemmeno a quanto richiesto, con una certa precisione, dalle Istruzioni ministeriali, che certamente in alcuni casi non sono soddisfatte. Per esempio, non esistono i gruppi parlamentari dei Pirati europei, dell'Apf o dell'Aemn, che pure sarebbero richiesti dalle Istruzioni; si è già detto prima che non sembra essere a tutti gli effetti un partito l'Iniziativa dei partiti comunisti e operai d'Europa, mentre Apf e Aemn sono stati cancellati dal registro dei partiti politici europei (Aemn peraltro, a quanto si apprende, ha comunque i requisiti per essere partito europeo, mentre la cancellazione riguarderebbe solo l'accesso ai benefici economici) e - come si è detto - non è esattamente chiaro come un partito nazionale possa essere considerato affiliato - con tanto di pagamento di quota di adesione - a un altro partito nazionale che pure è rappresentato all'Europarlamento.
Di fatto, ci si sarebbe dovuti interrogare in modo approfondito sulla spettanza dell'esenzione e sui requisiti per ottenerla se gli Uffici elettorali circoscrizionali in prima istanza avessero deciso di ricusare le liste proprio a causa della contemporanea mancanza delle firme e dei requisiti per avere l'esenzione (com'era accaduto con i Verdi Europei e il Partito comunista nel 2014), provocando inevitabilmente l'opposizione dei soggetti esclusi dalla competizione elettorale e il successivo intervento dell'Ufficio elettorale nazionale. Non è invece in alcun modo prevista la possibilità di ricorrere contro la decisione di ammissione di una lista, né da parte del Ministero dell'interno, né da parte di altre liste ammesse o non ammesse: in questi casi, dunque, si possono fare semplici congetture su come abbiano ragionato i magistrati impegnati nel vaglio dei documenti.
Evidentemente gli uffici elettorali si sono accontentati, a quanto pare, di un'interpretazione non larga, ma larghissima di quanto previsto dalla legge elettorale per le europee (n. 18/1979). L'articolo 12, in particolare, nel disciplinare al suo comma 4 le ipotesi di esonero dalla raccolta firme, accorda il beneficio tra l'altro a una lista "contraddistinta da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico esente da tale onere", compreso uno dei "partiti o gruppi politici che nell'ultima elezione abbiano presentato candidature con proprio contrassegno ed abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo". Se fino al 2014 si era interpretata la disposizione con esclusivo riguardo a partiti italiani che avevano presentato candidature e ottenuto almeno un seggio in Italia, mentre le decisioni dell'Ufficio elettorale nazionale del 2014 avevano accettato - in ragione di varie fonti europee - anche l'esonero attraverso partiti politici europei rappresentati all'Europarlamento a seguito dell'ultima elezione, questa volta sono caduti tutti i muri possibili: salvo novità, è stata ritenuta valida l'esenzione apportata da qualunque partito che in qualunque paese europeo abbia presentato candidature con il proprio contrassegno e abbia ottenuto almeno un seggio. 
Si tratta, oggettivamente, di una lettura possibile del testo normativo, forse anche meno "forzata" di quella che permetteva l'esenzione mediante i partiti europei (non i partiti dei paesi europei); certo è che, a questo punto, la breccia aperta dai Verdi nel 2014 si è trasformata in uno squarcio o in una voragine. Non solo è ormai accertato che lo stesso partito politico europeo può esentare anche più di una formazione tra quelle che vi aderiscono (il Ppe, come si è visto, ha sollevato dalla raccolta firme tanto il Popolo della famiglia, per il tramite di Alternativa popolare che ne è parte, e i Popolari per l'Italia, che nelle loro liste ospitano anche i Cristiani insieme per l'Europa di Piero Pirovano e Costruire insieme di Ivo Tarolli e, a quanto sembrava, anche qualche nome della Dc-Sandri): ora si può dire che, per essere presenti alle elezioni europee, basterà ottenere la delega da una qualunque delle liste nazionali presenti al Parlamento europeo (magari le forze più piccole di paesi come la Germania, con molti seggi e senza soglia di sbarramento) per l'inserimento del loro emblema nel contrassegno elettorale. 
In questo modo, il numero di liste presenti sulla scheda sarà potenzialmente enorme; di più, perde ogni significato la disposizione che richiede di raccogliere 30mila firme per ogni circoscrizione (questa volta ci ha provato solo il Pci e, a quanto è dato sapere, l'obiettivo non è stato centrato). O tutto resta così, e quell'istituto non ha davvero più senso, oppure per le prossime elezioni europee si cambia la legge: lo si può fare per regolamentare in modo più chiaro, serio (e magari più restrittivo) le esenzioni oppure per rimuovere l'ipocrisia e superare definitivamente la raccolta firme (quella per le europee oggettivamente è la più onerosa di tutte quelle previste in ambito elettorale), visto che a superarla scavalcandola ci hanno già pensato partiti e partitini. Che fanno la gioia di noi #drogatidipolitica, ma rischiano di consegnarci schede-lenzuolo, per giunta affollatissime.

lunedì 20 gennaio 2014

Torna il Pc? Nessun nuovo nato, solo un cambio di nome

A qualcuno dei media non pareva vero di poterlo dire, scrivere, strombazzare, come semplice curiosità, come mezza-notizia del giorno o come ritorno di un nemico da combattere. Così, si sprecano titoli e titolini con frasi come "Rifaccio il Partito comunista" o "Rinasce il Partito comunista" o ancora "Tornano i comunisti". Come se qualcuno si fosse messo lì seriamente a riattivare il vecchio Pci, non si sa bene come, visto che del vecchio nome ed emblema sono ancora titolari i Democratici di sinistra - tuttora vivi, non si sa quanto vegeti - rappresentati da Ugo Sposetti e eredi del partito che nel 1991 aveva scelto di chiamarsi Pds, consegnando il comunismo alla storia e spingendo gli irriducibili a sfoderare di nuovo in bella vista la falce e il martello attraverso Rifondazione comunista, per lo meno prima di varie scissioni successive.
Da una di quelle multispaccature, in effetti, sono nati anche i Comunisti sinistra popolare, dopo che nel 2009 il Pdci aveva espulso Marco Rizzo, che pure ne era stato uno degli esponenti più noti. All'inizio, in realtà, il simbolo era nato per essere spigoloso, un quadrato ideale se si vuole considerare anche lo spazio della parola "comunisti", posizionata in alto. E non era stata scelta a caso la forma rettangolare-quadrata del simbolo centrale: Rizzo l'aveva voluta così per marcare "un’inversione di tendenza rispetto alle logiche elettoralistiche che purtroppo hanno permeato anche la sinistra".
Quel simbolo e quel nome, però, erano destinati a durare ancora poco, per lo meno così com'erano. Nel 2012, infatti, tutte le diciture presenti sono state sostituite da un'espressione che sapeva di antico: "Partito comunista". L'idea si è portata avanti fino a questi giorni, con il congresso che ha stabilito che il nuovo nome del partito dev'essere proprio quello di "Partito comunista". Una mera scelta grafica, dunque, che col tempo si è trasformata in una scelta ideologica. Che però, per qualcuno, somigliava a un po' troppo al simbolo del Pdci: il Viminale bocciò il segno e Rizzo dovette accettare di cambiare colore al fondo (che divenne grigio) e agli arnesi sull'area rossi. Per fermare Rizzo, però, ci voleva altro. Il comitato centrale prima, il congresso poi hanno sancito il cambio di nome del soggetto politico: se il Pci di allora non si può rifondare o riattivare, per qualcuno rivedere il vecchio nome è già qualcosa.