Chi
aspetta le elezioni europee per vedere il trionfo dei partiti
antieuropeisti può intanto prendere nota di una "nuova" sigla politica,
che si inserisce perfettamente in quel filone. Si tratta di Io cambio,
movimento che si è presentato oggi alla Capranichetta a Roma e punta a
cambiare radicalmente volto all'Europa e a "farle pagare", per vie
legali, i danni che una guida troppo tecnocratica e rigorosa avrebbe
arrecato ai cittadini, anche attraverso l'Euro.
A
dire il vero, il soggetto politico non è proprio nuovo. La sua nascita -
almeno come primo nucleo - era stata annunciata già a gennaio: il
progetto aveva raccolto soprattutto ambientalisti, autonomisti ed ex
leghisti, ma la trasformazione in partito non era un esito scontato.
Per sicurezza, in ogni caso, i fondatori avevano scelto di depositare un primo simbolo al Viminale, indicando come capo della forza politica Angelo Alessandri, a lungo segretario nazionale della Lega Nord Emilia, prima di lasciare il Carroccio alla fine del 2012 per contrasti insanabili con il nuovo corso maroniano. In seguito non hanno presentato alcuna lista, ma tutto era pronto per partecipare a pieno titolo alle elezioni politiche di febbraio. A distanza di quasi un anno, il movimento si è strutturato meglio; Alessandri è presidente del soggetto politico, mentre alla segreteria c'è Agostino Dantuoni e tra gli aderenti più noti si segnala l'europarlamentare toscano Claudio Morganti. In questo tempo, però, l'emblema scelto undici mesi fa ha cambiato un po' fisionomia, specie su alcuni particolari.
Oggi come allora, in realtà, il contrassegno non prevede nessun disegno particolare all’interno: il compito di comunicare è affidato tutto al nome della forza politica. Allora però la «i» di «io» aveva la foggia di una sagoma umana e si allungava alla base verso destra con una coda morbida e appena ricurva. «Volevamo rappresentare l’idea di un movimento autonomista, pur non estremo – mi spiegò allora Matteo Iotti, che fu incaricato di depositare l'emblema –. Per essere davvero autonomisti, occorreva avere come fulcro la persona: non a caso, la “i” ha quella forma particolare e viene per prima».
Non era nemmeno un caso che quella «i» umanoide fosse tinta di verde («Noi quel colore ce l’abbiamo anche nel cuore» mi disse sorridendo Iotti), mentre il segmento circolare blu della base sembrava rispondere a esigenze grafiche, anche se ricordava un po’ la lunetta che c'è anche nel simbolo della Lega e ha ospitato il riferimento alla Padania e ai vari leader.
Stavolta, invece, la «i» in forma umana è rimasta semplicemente una lettera minuscola della parola che è diventata blu: il pallino, univo vago ricordo della testa dell'ometto, è praticamente incastrato nel bordo del contrassegno, molto più corposo rispetto alle origini. E molto più verde, soprattutto. Quel colore, infatti, stavolta domina più di metà della grafica, compresa la metà inferiore del cerchio, il cui bordo alto "a onda" ricorda la coda della vecchia «i». Chi volesse leggere una scelta "leghista" nella svolta grafica - ispirato dalla tonalità di verde utilizzata, effettivamente molto simile a quella impiegata dal Sole delle Alpi alle camicie verdi - sbaglierebbe obiettivo: più che alla Lega, la tinta vuole rimandare alla terra, al territorio, che secondo il movimento dev'essere il centro delle rivendicazioni.
Alla fine dei conti, il nuovo simbolo dà un risultato più pulito e "rinfrescato": grazie al "traforo" della scritta «cambio» e al pallino della «i» riesce a sembrare leggero pur essendo molto più pieno rispetto alla prima versione. Nella sua essenzialità, però, quel protoemblema sapeva essere più coraggioso, per il maggiore spazio dato al bianco e per quella figura umana e letterale che non conosceva eguali e non passava inosservata. Se la grafica nuova potrà fare presa sugli elettori, in ogni caso, saranno le urne a dirlo, tra una manciata di mesi.
Per sicurezza, in ogni caso, i fondatori avevano scelto di depositare un primo simbolo al Viminale, indicando come capo della forza politica Angelo Alessandri, a lungo segretario nazionale della Lega Nord Emilia, prima di lasciare il Carroccio alla fine del 2012 per contrasti insanabili con il nuovo corso maroniano. In seguito non hanno presentato alcuna lista, ma tutto era pronto per partecipare a pieno titolo alle elezioni politiche di febbraio. A distanza di quasi un anno, il movimento si è strutturato meglio; Alessandri è presidente del soggetto politico, mentre alla segreteria c'è Agostino Dantuoni e tra gli aderenti più noti si segnala l'europarlamentare toscano Claudio Morganti. In questo tempo, però, l'emblema scelto undici mesi fa ha cambiato un po' fisionomia, specie su alcuni particolari.
Oggi come allora, in realtà, il contrassegno non prevede nessun disegno particolare all’interno: il compito di comunicare è affidato tutto al nome della forza politica. Allora però la «i» di «io» aveva la foggia di una sagoma umana e si allungava alla base verso destra con una coda morbida e appena ricurva. «Volevamo rappresentare l’idea di un movimento autonomista, pur non estremo – mi spiegò allora Matteo Iotti, che fu incaricato di depositare l'emblema –. Per essere davvero autonomisti, occorreva avere come fulcro la persona: non a caso, la “i” ha quella forma particolare e viene per prima».
Non era nemmeno un caso che quella «i» umanoide fosse tinta di verde («Noi quel colore ce l’abbiamo anche nel cuore» mi disse sorridendo Iotti), mentre il segmento circolare blu della base sembrava rispondere a esigenze grafiche, anche se ricordava un po’ la lunetta che c'è anche nel simbolo della Lega e ha ospitato il riferimento alla Padania e ai vari leader.
Stavolta, invece, la «i» in forma umana è rimasta semplicemente una lettera minuscola della parola che è diventata blu: il pallino, univo vago ricordo della testa dell'ometto, è praticamente incastrato nel bordo del contrassegno, molto più corposo rispetto alle origini. E molto più verde, soprattutto. Quel colore, infatti, stavolta domina più di metà della grafica, compresa la metà inferiore del cerchio, il cui bordo alto "a onda" ricorda la coda della vecchia «i». Chi volesse leggere una scelta "leghista" nella svolta grafica - ispirato dalla tonalità di verde utilizzata, effettivamente molto simile a quella impiegata dal Sole delle Alpi alle camicie verdi - sbaglierebbe obiettivo: più che alla Lega, la tinta vuole rimandare alla terra, al territorio, che secondo il movimento dev'essere il centro delle rivendicazioni.
Alla fine dei conti, il nuovo simbolo dà un risultato più pulito e "rinfrescato": grazie al "traforo" della scritta «cambio» e al pallino della «i» riesce a sembrare leggero pur essendo molto più pieno rispetto alla prima versione. Nella sua essenzialità, però, quel protoemblema sapeva essere più coraggioso, per il maggiore spazio dato al bianco e per quella figura umana e letterale che non conosceva eguali e non passava inosservata. Se la grafica nuova potrà fare presa sugli elettori, in ogni caso, saranno le urne a dirlo, tra una manciata di mesi.