Una volta sentivi un tale che diceva «Forza Italia» e pensavi
alla Nazionale di calcio, da vedere allo stadio o alla Tv. Da vent’anni a questa
parte, senti «Forza Italia», anche (ma non solo) in televisione e pensi a
Silvio Berlusconi. Anche se magari non lo voti e non hai
nessuna intenzione di votarlo.
Se però la creatura politica del Cavaliere è
riuscita a penetrare così a fondo in tutti gli italiani, lo si deve anche a una
piccola bandiera tricolore che ha materializzato sul piano grafico i sogni e gli
incubi politici di milioni di elettori. A dare forma al simbolo di Forza Italia,
in pieno 1993, è stato Cesare Priori, creativo di talento.
Lavora con Silvio Berlusconi dal 1979: il primo disegno del biscione di Canale
5, per dire, è suo.
Da una decina di anni Priori ha lasciato il
gruppo, ma del recupero dell’antico emblema (e di eventuali varianti che però
non ci sono state) si è occupato ancora lui. Tocca allora a Priori raccontarci
la storia del marchio politico più efficace (nel bene e nel male) degli
ultimi vent’anni esatti. Un marchio che, forse, uscirà di scena assieme
alla persona per cui è stato inventato.
* * *
Priori, quando Silvio Berlusconi le aveva
chiesto di disegnare il simbolo di Forza Italia, le aveva commissionato un
simbolo di partito o un marchio generico?
Diciamo che all’inizio si parlava di un
movimento, non mi era stata ancora comunicata l’idea di un partito. Sul come
fare, conoscendo il personaggio, doveva essere una cosa molto semplice,
immediata, non dovevano esserci fronzoli, simboli strani… doveva essere una cosa
che si vedesse subito e parlasse da sola.
No, non mi aveva detto niente di specifico. Come
si vede anche dai bozzetti che io ho inserito nel volume sulle campagne
elettorali realizzato lo scorso anno, avevamo fatto diverse altre prove, prima
di arrivare al logo definitivo. Inizialmente l’espressione «Forza Italia» non
era ancora nell’aria, per cui si provava con «Il BuonGoverno», «L’Italia che
vogliamo», «Italia giusta», etc. Tutte espressioni che erano circolate o che, in
qualche caso, ho elaborato e proposto io, come Berlusconi mi aveva chiesto di
fare.
Si può dire quindi che all’inizio lei ha
lavorato senza avere un obiettivo grafico preciso…
Esatto, anche se a un certo punto era comunque
nata la necessità che nel marchio ci fosse almeno la parola «Italia». Era già un
passo avanti, se vogliamo.
In effetti quella parola non era molto
presente nei simboli, così come era piuttosto assente il tricolore, fatta
eccezione per i contrassegni di liberali e missini. Come mai ha scelto di usare
i colori nazionali?
Alla base della scelta c’era il fatto che, come
detto prima, si era deciso di inserire la parola «Italia» nel contrassegno, per
cui è stato abbastanza spontaneo, doveva essere un leit-motiv. Alla fine
poi ho scelto di dare ai colori la forma della bandiera perché il disegno fosse
immediatamente riconoscibile, con una scritta che non lasciasse dubbi
interpretativi: nessun fiore, nessun animale, niente di niente. Doveva essere
tutto chiaro, colpire.
Bandiera che però è nata dopo rispetto allo
slogan «Forza Italia», giusto?
Beh, sì, a un certo punto si è deciso di lavorare
proprio sul concetto di «Forza Italia», scartando le altre idee sviluppate fino
a quel momento, così mi sono concentrato graficamente solo su quel nome.
Esatto. L’espressione «Forza Italia» era un
incitamento a darsi da fare, muoversi, mettersi insieme. Eppoi c’è un
particolare che può essere divertente: si sapeva che nel 1994 ci sarebbero stati
i Mondiali di calcio e Berlusconi ne tenne conto. «Potremmo sfruttare il veicolo
sportivo, le partite in cui i tifosi allo stadio gridano “Forza Italia!”,
avremmo già una frase che è sulla bocca di tutti e può entrare nella testa». La
concomitanza dei Mondiali, dunque, era un aggancio in più perché il nome facesse
presa, ma a livello di battuta era diventata persino una via d’uscita: «Speriamo
che tutto vada bene – diceva Berlusconi –. Male che vada, le bandiere che
abbiamo fatto ce le possiamo vendere allo stadio…»
Tornando al disegno, come si è arrivati a
scegliere il disegno che poi è diventato definitivo?
Come accennavo, la bandiera era sentita come
segno di aggregazione. Il nome scritto in obliquo rendeva il marchio un po’ più
“nuovo”, diverso, più di quanto non avrebbe fatto una semplice scritta sparata
in mezzo. In più, si è sempre pensato che, poiché l’utilizzo maggiore del segno
sarebbe stato su dimensioni piccole, di due centimetri (il diametro dei simboli
sulle schede in quel periodo era appunto di 2 cm, ndr), occorreva dare la
massima leggibilità anche nel “piccolo”, mantenendo però inalterata l’idea della
bandiera: altre soluzioni erano più banali, avevano meno appeal.
Anche la scelta di non usare le classiche
bande verticali della bandiera italiana va in questo senso?
Sì, ci interessava richiamare il tricolore sul
piano cromatico, ma ci è bastato “simboleggiare” il discorso dei colori, senza
metterli nella posizione classica della bandiera. Avevamo provato la stessa
scritta con le bande verticali, ma non funzionava bene: questa soluzione invece
aveva più impatto, si muoveva meglio, accompagnava anche quell’accenno di
“sventolio” – sebbene finto – che avevo dato alla bandiera, per cui ho trovato
che il tutto fosse più “legato”.
È curioso però che il nome del partito fosse
scritto in un carattere un po’ retrò, non proprio “anni ‘90”: c’era un
motivo?
In effetti fui criticato, mi dissero che avevo
usato un disegno “vecchio”. Siamo partiti da un carattere “bastone”, un
Helvetica per capirci, ma non legava bene: comprimendolo abbiamo occupato il più
possibile lo spazio. Non sarà stata una genialata, il “bastone” è datato, forse
anche brutto, adattato per essere il più leggibile possibile; alla fine però il
messaggio è passato. Tra l’altro, nelle versioni successive togliemmo l’ombra
interna della scritta perché, riducendo il bianco delle lettere, impastava il
tutto e faceva perdere in leggibilità; consideri poi che la stampa delle schede
non sempre era di buona qualità, per cui era meglio semplificare il disegno.
Piccola divagazione tecnica: la scelta di una
particolare font, cioè di un tipo di carattere piuttosto che un altro,
che peso ha in un marchio politico?
Ha decisamente un peso rilevante. Noi abbiamo
usato caratteri sempre piuttosto “potenti”, sempre classificabili come
“bastoni”: abbiamo evitato caratteri con grazie, sempre tenendo presente che il
disegno doveva essere ridotto a due o tre centimetri di diametro, per cui tutte
le grazie e i particolari sottili si “impastano” e “si chiudono”, insomma non si
vedono.
Provo a immaginare la scena: lei porta a
Berlusconi il bozzetto e glielo sottopone. Lui come ha reagito?
Suggerendo un intervento solo millimetrico,
modificando la forma della bandiera perché le sue punte fossero esattamente a
contatto con la circonferenza che delimitava il diametro del simbolo, per
guadagnare il più possibile in visibilità. Anche il millimetro in più è servito
allo scopo. Negli anni successivi, rispetto a quel disegno, sono state giusto
smussate un po’ le “onde” della bandiera.
E così nacque il simbolo di Forza Italia. Era
il suo primo marchio politico?
Sì. Io già lavoravo da anni con Berlusconi come
direttore creativo prima di Fininvest e poi di Mediaset, ma di grafica politica
ho iniziato a occuparmi – sempre con lui – a partire dai primi esperimenti del
1993.
Quando il simbolo è stato definito, aveva il
sentore che potesse durare vent’anni?
No, assolutamente no. Io, data la mia estrazione
di grafico, l’ho vissuto come un lavoro di grafica, un’opera che mi era stata
commissionata e allora non ho fatto valutazioni. Poi ha funzionato, ma è stata
una sorpresa che è venuta dopo.
Dopo aver visto che il segno aveva fatto
presa, si è dato una spiegazione di quel successo?
Secondo me era senz’altro merito del carisma di
chi stava dietro a quell’emblema. Ritengo che Forza Italia sia ancora un marchio
valido, pulito, senza inutili esibizioni, se si vuole anche senza troppa
fantasia, ma il simbolo è stato valorizzato dal carisma del personaggio
Berlusconi che lo ha trascinato e lo ha portato in cima come una novità
politica. Senza il suo carisma, Forza Italia sarebbe stato un marchio “buono”,
ma non a livello di brand come Coca-Cola, Fiat, Apple o simili.
Come esperto di comunicazione, quali meriti
riconosce all'emblema “varato” nel 1994?
Come accennavo prima, un’estrema chiarezza: è
immediato, non occorre ragionarci sopra, come invece avviene per contrassegni
che usano magari fiori, animali e comportano almeno un minimo di ragionamento.
Vale anche qui la filosofia enunciata da Berlusconi, per cui se un messaggio
impiega più di tre secondi per essere capito, non è chiaro oppure può essere
sbagliato.
Parlavamo prima dell’uso del tricolore, che
dopo l’avvento di Forza Italia è stato replicato a mani basse, al punto che un
certo uso dei colori nazionali nel simbolo permetteva di richiamare subito una
certa vicinanza a Fi o al Pdl. Non le è mai venuto il sospetto che il vostro uso
così evidente potesse escludere una parte degli italiani dall’affezione al
tricolore, un po’ come chi non se l’è più sentita di continuare a urlare «Forza
Italia» alle partite della Nazionale?
Mah, no, non l’ho mai pensato… Per lo meno,
allora non ci ho pensato. Riflettendo oggi, dico che altri partiti lo hanno
usato, siamo in Italia e a nessuno si può impedire di avvalersi dei colori
nazionali; ma Forza Italia aveva il valore aggiunto del carisma del personaggio,
di quello che ha fatto.
Tra l’altro, nonostante nel simbolo ci fossero
solo il verde, il bianco e il rosso, sostenitori, candidati ed eletti di Forza
Italia erano diventati subito “gli azzurri”…
Beh sì. Da una parte c’era la scelta dell’azzurro
del cielo, che era presente nel materiale di propaganda e negli spot:
l’azzurro era stato giustificato con la scelta di un’iconografia molto semplice,
molto tranquilla, per comunicare serenità e leggerezza. Una volta peraltro ho
ricevuto una critica, tra le tante, perché lo sfondo dell’azzurro con le nuvole
era lo stesso usato nella scenografia del funerale di Fellini… e io non lo
sapevo. Dall’altra parte c’era il famoso concetto sportivo della “discesa in
campo”, legato anche – come dicevo – all’esperienza dei Mondiali che si
sarebbero giocati quell’anno avendo l’Italia, dunque gli Azzurri, come
protagonista.
Nel 1996 il simbolo cambia leggermente: dalla bandiera su fondo bianco si passa a riempire tutto il cerchio con il verde e il
rosso, con la scritta in maggiore evidenza. Quella versione però, di fatto, è
stata abbandonata molto in fretta: perché si era deciso di adottarla e perché la
si cambiò quasi subito?
Avevamo utilizzato quel disegno, che peraltro era
già pronto nel 1994, per dare ancora più risalto al nome della forza politica:
se guarda bene, le lettere arrivano quasi a toccare i bordi del cerchio e lo
scopo principale era proprio ingrandirle il più possibile, senza tradire l’idea
iniziale. L’unico motivo che mi viene in mente per l’abbandono è che, pur
essendo uguali la scritta e il carattere, rimaneva ancora vivo il discorso della
bandiera, che si era radicata in maniera più evidente e forte.
Il fatto che le elezioni non fossero state
vinte da Berlusconi c’entrava qualcosa?
Beh, sì, probabile… (ride) Il marchio
aveva comunque funzionato e avrebbe funzionato anche in seguito, quella volta
volevamo farlo funzionare meglio facendo risaltare il nome, ma non tutte le cose
vanno come uno pensa…
Facciamo un salto in avanti di undici anni e
arriviamo al varo del Pdl: in quel caso cosa le era stato chiesto?
C’era senz’altro la volontà di creare un nuovo
simbolo, in cui non ci fosse più l’elemento caratteristico della bandiera ma ci
fosse comunque un accenno di tricolore. C’era però anche l’esigenza di inserire
anche il nome del partito, che ancora non si sapeva se sarebbe stato «Partito» o
«Popolo della libertà», e l’indicazione della leadership di Berlusconi.
Si trattava dunque di mettere insieme diversa roba in poco spazio; solo che il
simbolo di Forza Italia per me era davvero un marchio, quello del Pdl somiglia
di più a un’accozzaglia di segni che mi convince meno.
Alla fine dunque come si è arrivati a
scegliere i contrassegni effettivamente in uso?
Semplicemente erano le soluzioni grafiche più
“tranquille”, nient’altro. Lo ha pensato Berlusconi quando gli ho sottoposto le
varie versioni ed era un’idea che avevo anch’io. Tra i bozzetti ce n’era uno che
non mi dispiaceva, quello che in alto aveva una specie di ventaglio con
l’azzurro e il tricolore: sarebbe stato un po’ più “marchio” e meno
“accozzaglia”.
Anche la scelta dell’arcobalenino tricolore
rientrava nel disegno di “tranquillità” del simbolo o aveva un’altra
ispirazione?
Si trattava di riprendere il tricolore,
attraverso la forma dell’arcobaleno che è un simbolo di speranza, di ricchezza,
visto che all’origine dell’arcobaleno c’è la pignatta d’oro… Io tra l’altro ero
un po’ perplesso, perché mettere il tricolore in quella posizione rischiava di
richiamare piuttosto la bandiera dell’Ungheria; mi è stato detto però che quello
che veniva evidenziato era comunque il tricolore e non dovevo pormi questo
problema.
Quella volta lei ebbe la sensazione che quel simbolo sarebbe durato meno?
Eh sì, ammetto che a me personalmente non era
piaciuto molto, anche se poi è stato portato avanti per alcuni anni. In Forza
Italia, però, vedevo qualcosa, non era un’invenzione grafica ma aveva forza; in
questo segno ho cercato di mettere tutti gli elementi nel modo più efficace
possibile, ma l’effetto era ben diverso.
Berlusconi ha spesso puntato il dito contro il
nome del partito, ritenendolo poco emozionale, eppure dietro c’era sempre lui:
il nome può aver impedito al simbolo di attecchire a dovere?
In effetti sì: alla fine è stato adottato «Il
Popolo della libertà», ma sullo sfondo c’era sempre Forza Italia, sentivamo che
era quello il discorso da portare avanti. Il passaggio al nuovo nome non è stato
vissuto molto bene, anche se era rimasto il fattore aggregante di
Berlusconi.
Così per chi aveva fatto parte di Forza Italia
c’era un nome che aveva meno appeal, ma anche un gradimento minore per
quel progetto, che risultava meno convincente di Forza Italia?
Penso di sì, penso di sì.
Da quando ha avuto il sentore che si potesse
tornare a Forza Italia?
Direi da vari mesi. In più già l’anno scorso
c’era il sentore del cambio di marchio, avevamo fatto alcune prove, io in
particolare avevo disegnato un aquilone, a tre spicchi coi colori della
bandiera, chiusi in basso da due curve…
Ho visto quel simbolo, a me ricordava
piuttosto un deltaplano…
Possiamo anche chiamarlo così, però l’idea era
quella di un aquilone. Berlusconi inizialmente se n’era innamorato, gli piaceva
molto, aveva sparso la voce, ma poi ha deciso di restare su Forza Italia com’era
in origine, credo giustamente.
A sinistra, il simbolo diffuso dall'agenzia Dire nel 2011, a destra, quello disegnato da Priori nel 2012 |
Che impressione le ha fatto questo ritorno? Le
è parso un ritorno a una carta vincente o ha avuto il sentore che per qualcuno
fosse una “minestra riscaldata”?
No no, credo proprio che fosse tornare a una
carta vincente. Chi era all’inizio di Forza Italia era rimasto un po’
frastornato dal passaggio al Pdl, anche se con il tempo l’aveva assorbito; il
ritorno alle origini, alla “novità” di Forza Italia e al suo potenziale avrebbe
però potuto aggregare tutti, compresi quelli che erano rimasti delusi.
Dimostrazione, se si vuole, che anche quando non è stato usato, il simbolo di
Forza Italia ha continuato a “vivere” e ad essere forte.
Le è stato chiesto di ritoccare leggermente la
bandierina di Forza Italia?
Ci abbiamo provato per vedere se, pur mantenendo
l’idea grafica, si poteva avere qualche miglioramento smussare o cambiare
leggermente le curve della bandiera oppure cambiando carattere alla scritta,
usando una font come quella del Pdl, sempre un “bastone” ma più corposo.
Alla fine però ci siamo accorti che si perdeva in qualità, così siamo ritornati
sui nostri passi e il simbolo è rimasto uguale.
Tra i simboli scartati nel 1993, ce n’era
anche qualcuno con la sola scritta «Italia». Anche nel 2011 qualcuno ipotizzò di
sostituire il Pdl con un nuovo partito che si chiamasse appunto Italia, magari
con un lettering particolare: sarebbe stato un marchio forte, nel
caso?
Mah, lo troverei abbastanza qualunquistico.
«Forza Italia» era forte anche per la presenza della prima parola, solo «Italia»
credo che sarebbe privo di fantasia, piuttosto ordinario.
Secondo lei, il simbolo di Forza Italia in
futuro potrebbe esistere senza Berlusconi o a prescindere da lui?
A mio parere no. Forza Italia è
Berlusconi, le due cose vanno assolutamente assieme. Se qualcun altro prendesse
le redini del partito, credo che crollerebbe tutto. Se Berlusconi rimanesse
comunque come “padre nobile”, come persona che anche dall’esterno guida le sorti
del partito, il segno potrebbe avere ancora la sua forza; in caso di un distacco
più profondo, anche per motivi “di forza maggiore”, il simbolo rischierebbe di
non funzionare più.
(Articolo pubblicato su www.termometropolitico.it - Salvo diversamente indicato, i disegni
pubblicati a corredo dell’articolo provengono dal volume di Antonio Palmieri,
Gianni Comolli, Cesare Priori e Massimo M. Piana, Come Berlusconi ha
cambiato le campagne elettorali in Italia, Cipidue, 2012. Si ringrazia
per la collaborazione Roberto Zuffellato di Cipidue).
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