martedì 28 aprile 2020

Il teschio contro droga e immigrati clandestini: il progetto incompiuto di Gremmo

L'esclusione della lista dell'Union piemonteisa dalle elezioni europee del 1989 era stata per Roberto Gremmo una batosta davvero pesante, soprattutto perché lui era consapevole di quanto sarebbe stato importante contare almeno su un eletto al Parlamento europeo, potendo far sentire la propria voce e ponendosi come "pari" della Lega Lombarda (in procinto di trasformarsi in Lega Nord). In quelle condizioni, invece, molti dei militanti piemontesisti della prim'ora meditavano di andarsene e qualcuno se ne andò davvero: ben pochi, tra gli elettori consolidati di Gremmo, alle europee avevano votato per l'Alleanza Nord in cui era confluito il Piemont autonomista Gipo Farassino, ma questo non bastava certo a ripartire con facilità, dopo una simile battuta d'arresto.
D'accordo, Gremmo era ancora consigliere regionale in Valle d'Aosta (anche se doveva difendere in tribunale il suo ruolo ottenuto nel 1988 dalle accuse di irregolarità nel procedimento elettorale), la moglie Anna Sartoris era ancora consigliera comunale a Santhià (dal 1987), ma era tempo di fare un balzo in avanti e bisognava capire come, possibilmente senza farsi assorbire dalla Lega Nord a trazione lombarda (mentre in effetti Roberto Vaglio, assieme ad altri esponenti interni, suggeriva di allearsi con il partito di Alberto da Giussano) e comunque senza chiudersi nel "recinto" autonomista.
Gremmo elaborò una strategia, che comunicò a simpatizzanti e aderenti all'Union Piemonteisa in un congresso che si svolse proprio a Santhià, in una domenica di luglio del 1989. Ed era una strategia spiazzante, che suonava come sfida all'umanamente possibile: in un momento in cui le forze disponibili erano poche o comunque in calo, il leader autonomista pensava di quadruplicare l'impegno, in vista delle elezioni regionali del 1990. "Quadruplicare" non era detto a caso: "Piemont - disse Gremmo, come riportato in Contro Roma - deve fare non una, ma quattro liste: la prima tradizionalmente autonomista; una seconda che raggruppi i pensionati; una terza che si occupi dell'ambiente e infine una per avere i voti dei meridionali, stufi dei partiti ma che non voterebbero mai Piemont". E ogni lista avrebbe avuto l'obiettivo di portare a casa un consigliere, arrivando a quattro o cinque in tutto.
Da La Stampa del 25 luglio 1989
Il congresso, a dispetto dello stupore di molti - che forse non si aspettavano tanta iniziativa dopo una sconfitta che non aveva nemmeno permesso di gareggiare - approvò la strategia di Gremmo, anche se in effetti questa era stata svelata solo in parte. Passi per le prime due liste, che - anche se avessero usato simboli nuovi rispetto al passato - erano comunque già state proposte da Gremmo; le altre due proposte, tuttavia, erano sufficientemente indefinite. La lista che doveva occuparsi di ambiente, per esempio, fu identificata dai più come un nuovo progetto di "lista verde", anche sulla scorta del risultato delle ultime europee (le liste della Federazione delle liste verdi e dei Verdi arcobaleno insieme avevano preso il 6% e in Piemonte anche qualcosa di più), mentre Gremmo spiegò di avere pensato soprattutto ai cacciatori, gruppo che aveva un proprio seguito e che era in sofferenza. La quarta lista, poi, era decisamente misteriosa: chi lo confermò alla guida dell'Union piemonteisa ne accettò il progetto in sostanza a scatola chiusa. 
Dal Corriere della Sera del 26 luglio 1989
Quelle dichiarazioni di Gremmo al congresso dell'Union Piemonteisa non fecero ovviamente piacere alla Lega Lombarda (non ancora Nord): Bossi, nei giorni successivi, dichiarò al Corriere della Sera che "a Gremmo è scoppiato il cervello", non potendo sembrare più lontane le posizioni dei due gruppi, oltre che i disegni politici. Bossi stava costruendo la sua Lega (Nord), Gremmo stava lavorando alle sue liste in Piemonte (e, lo si vedrà poi, anche in Lombardia). In effetti La Stampa, nel ricordare quei giorni, parlava addirittura di cinque liste: quella autonomista, quella di pensionati e quella sull'ambiente coincidono, quella più fumosa doveva servire "perché Farassino resti a casa". Ce n'era però una quinta, "contro la droga perché sono contro Pannella". Ed era proprio quello uno dei punti caratterizzanti il nuovo progetto politico, anche se non l'unico e, come si vedrà, non quello destinato a fare maggior scalpore. Lo stesso Gremmo spiegò il suo ragionamento nel suo libro Contro Roma:
In piena estate viaggiavo per ore sui lenti teni della Roma-Genova e mi accorgevo come la presenza di marocchini, neri, extracomunitari in genere era diventata un fenomeno massiccio e mal tollerato dai cittadini qualunque. I viaggiatori che dovevano stringersi come sardine negli scompartimenti per far posto a decine e decine di immigrati con ingombranti e voluminosi "bagagli", cioè involti, borse e sacchi contenenti le "merci" che cercavano di vendere per le strade e sulle spiagge. Sentivo i discorsi della gente. Ricorreva un preoccupante interrogativo: "Ma questi extracomunitari vivono veramente solo vendendo ninnoli ed accendini o non nascondono dietro ad un commercio legale qualche altra cosa?"  
La risposta la trovai ancora una volta in treno. Stavo scendendo a Torino su un treno locale della Valsusa che raccoglieva a tarda sera pochi viaggiatori e la gran massa di questi "vu cumprà" che avevano trascorso la giornata nei paesi valligiani. Uno di loro, un africano, se ne stava comodo comodo all'inizio del vagone. Io leggevo tranquillamente dalla parte opposta. Ad una fermata intermedia [...] salì un giovane. Guardandomi di sottecchi, con fare sospettoso, si avvicinò all'africano. La loro conversazione fu breve, essenziale. Dopo pochi minuti, l'africano "passò" al giovane un pacchettino ottenendo del denaro. Difficile pensare ad una vendita di accendini o carabattole.  
Ecco, proprio sotto i miei occhi, senza ombra di dubbio, avevo avuta la prova della pericolosità sociale di questa immigrazione incontrollata che cominciava ad affacciarsi in massa nel nostro Paese. La gente comune, insomma, nella sua istintiva diffidenza aveva ben compreso il rischio che queste migliaia di clandestini comportavano. Essi erano la manodopera a basso prezzo per la delinquenza organizzata, l'anello più debole della catena dello spaccio della droga. Immigrati-droga: era l'equazione allarmante da cui volevo partire per aprire un nuovo fronte di azione politica per l'autonomia.
Da StampaSera del 25 agosto 1989
Era questo, dunque, il pensiero di fondo della quarta (o quinta) lista coperta di Roberto Gremmo, meditato da mesi. E il fatto che, a suo dire, "nel Sud la cultura del 'Mamma li turchi' [fosse] radicata nei secoli" avrebbe attirato con maggiore facilità l'interesse delle persone di origine meridionale per queste battaglie. L'annuncio del nuovo fronte d'impegno Gremmo lo diede il 23 agosto dagli schermi di Televox, nel suo spazio settimanale: il varo ufficiale del nuovo progetto, denominato Lega contro la droga e contro l'immigrazione clandestina del Terzo Mondo, sarebbe avvenuto il 2 settembre ad Asti. Il simbolo? "Un teschio nero che addenta una siringa: l'avevo visto - spiega oggi Gremmo - in un giornalino tedesco: era un segno di paura, che metteva in guardia le persone dalle possibili conseguenze della droga, facendo capire dove avrebbe potuto portare. Lo feci riprodurre a un amico grafico ed era pronto per essere utilizzato".
Da La Stampa del 26 agosto 1989
Tempo una manciata di ore e proprio il simbolo apparve sulla Stampa, assieme alla conferma che a presiedere la nuova Lega sarebbe stata Anna Sartoris, moglie di Gremmo, e anche alle critiche anche piuttosto aspre che iniziavano ad arrivare dalle forze politiche esistenti e da parte di esponenti della società civile (tra i primi commenti negativi apparsi, quelli di Ernesto Olivero del Sermig e di don Luigi Ciotti del Gruppo Abele). Nel giro di alcuni giorni, anche altre testate si accorsero dell'iniziativa di Gremmo e le diedero un certo spazio, anche solo per attaccarla assieme al suo proponente, proprio mentre da mesi ormai - dopo il risultato delle elezioni europee - i media avevano aumentato di molto l'attenzione verso la Lega di Bossi (con la Lega Nord che sarebbe ufficialmente nata con atto notarile il 4 dicembre 1989).
Da StampaSera del 30 e 31 agosto 1989
In vista del "battesimo" ad Asti - città scelta perché "gran parte degli immigrati clandestini giungevano in Piemonte da Genova" e proprio ad Asti le tensioni erano più marcate - la protesta di parte dei cittadini e delle forze politiche (soprattutto da parte dei comunisti) crebbe, nel tentativo di non far svolgere l'evento di presentazione. Nei giorni precedenti c'era stato anche un confronto a distanza tra Dacia Valent, eurodeputata Pci che lamentava un "ritorno al Medioevo" e non si capacitava del fatto che a capo dell'iniziativa ci fosse una donna ("non riesco a capire come non comprenda le difficoltà e i disagi degli altri") e la stessa Sartoris: "L'80% del traffico e dello spaccio di stupefacenti è ormai in mano agli stranieri, soprattutto immigrati clandestini del Terzo Mondo. E sono proprio i clandestini ad essere, secondo noi, facile preda di quelle organizzazioni, come la mafia e la camorra, che approfittano della loro debolezza e li ricattano".
Da La Stampa del 3 settembre 1989
L'incontro iniziò con "insulti e lanci di uova", come riportato anche dalla Stampa, e finì con nuove contestazioni e - come racconta Gremmo nel suo libro - persino con un inseguimento da parte dei manifestanti che lui riuscì a evitare infilandosi in una bottega da barbiere ("Mi feci fare tranquillamente la barba mentre gli inseguitori perdevano le mie tracce"). In compenso, Gremmo era convinto che aver tirato fuori quel tema, al di là delle polemiche divampate e delle accuse di razzismo, fosse stata la mossa giusta per portare allo scoperto un problema esistente, avere più attenzione e per catalizzare i consensi di chi, in fondo, era convinto che l'immigrazione fosse davvero eccessiva e, dunque, pericolosa soprattutto per i legami che lui aveva messo in luce con il mercato della droga, in un'Italia che negli anni '70 aveva conosciuto il dilagare dell'eroina e negli anni '80 aveva dovuto sperimentare sempre di più le "quattro letterine magiche" (alla Max Pezzali), vale a dire l'Aids.
Da La Stampa del 27 agosto 1989
Fin dagli ultimi giorni di agosto, peraltro, Gremmo aveva accusato il colpo della dissociazione di Roberto Vaglio (che allora era consigliere comunale a Bussoleno) e di altri membri di un certo rilievo dell'Union Piemonteisa (Dario Bocco, Mauro Pellissero, Vittorio Pallieri e Giovanni Pesando). Già in quell'occasione il gruppo aveva manifestato interesse per il progetto politico di Bossi e, nel giro di alcune settimane, i dissidenti aderirono alla nascente Lega Nord con l'avvicinamento al gruppo di Farassino, tra le anime fondatrici del partito. 
A dispetto di tutte quelle polemiche, però, la lista con il teschio e la siringa sulle schede non ci finì mai. E non perché Gremmo o Sartoris si siano ricreduti sulla sua opportunità o utilità, ma essenzialmente perché entrò in vigore la legge n. 53/1990, approvata in tutta fretta dalle Camere a partire dal disegno di legge presentato dal ministro dell'interno Antonio Gava. Pur essendo tuttora nota come la legge che ha allargato la platea degli autenticatori per le sottoscrizioni, in quell'occasione fu soprattutto la legge che aveva ampliato notevolmente il numero di firme da raccogliere per le elezioni comunali a sostegno delle liste: si vollero espressamente inserire "elementi di deterrenza alla proliferazione delle liste elettorali che si prefiggono azioni di disturbo e talora sono fattori di inquinamento delle stesse operazioni di voto", come disse in aula a Palazzo Madama il relatore, il democristiano Paolo Cabras. Per lui i sempre più numerosi esempi di "proliferazione delle liste (vedi le circa 40 liste presentatesi per le elezioni amministrative al comune di Roma [che però erano 23, ndb]) non sono un omaggio al pluralismo, ma sono molte volte l'ingresso di un 'parco buoi', per cui usufruendo di alcuni vantaggi elettorali i rappresentanti di liste inesistenti vendono i loro servigi per rappresentanza di lista nei casi di collegi senatoriali per aiutare a migliorare le percentuali di un candidato in questo o in quel collegio". 
Al di là dell'esempio, le modifiche riguardarono solo le elezioni comunali, ma furono modifiche tutt'altro che blande: se le firme richieste raddoppiarono nei comuni fino a 2mila abitanti (da 10-15 a 20-30) e nella fascia 2mila-5mila (da 30-45 a 60-90), l'aumento fu di cinque volte nei comuni tra 5mila e 10mila abitanti (da 35-50 a 175-250), nella fascia 10mila-40mila (da 70-100 a 350-500), in quella 40mila-100mila (da 150-220 a 750-1100) e in quella 100mila-500mila (da 200-300 a 1000-1500). La sorte peggiore, tuttavia, toccò ai comuni più grandi: se infatti in quelli tra 500mila abitanti e il milione il numero di firme comunque quintuplicò (da 350-500 a 1750-2500), venne creata un'ulteriore categoria sopra il milione di abitanti, in cui si richiesero tra le 3500 e le 5000 firme, dieci volte di più rispetto alle comunali precedenti. Il tutto mentre venne confermata e ampliata l'esenzione dalla raccolta firme alle stesse elezioni comunali per i partiti rappresentati alle Camere o al Parlamento europeo. 
Per i partiti nuovi o comunque non giunti alla rappresentanza nazionale, dunque, presentare liste nei comuni medio-grandi diventava all'improvviso assai più complicato (a meno di poter contare sulla "pulce", prestata da qualche soggetto compiacente): considerando che la legge era entrata in vigore il 23 marzo e si votava il 6-7 maggio, ma le liste dovevano essere presentate nei primi giorni di aprile, il tempo per raccogliere quell'improvvisa montagna di firme si era ridotto a pochi giorni. Troppo pericoloso, a quel punto, disperdere le forze su più liste: meglio, molto meglio concentrarle su una sola e sperare nel risultato. Che in effetti arrivò e non da una sola parte, ma questo merita di essere raccontato a parte. 

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