In effetti ci vorrebbe la sfera di cristallo, o forse nemmeno quella basterebbe. Sapere esattamente quando sarà applicata per la prima volta la nuova legge elettorale, probabilmente, a tutt'oggi è impossibile, sebbene la versione ufficiale renziana fissi come data indefettibile il 2018, mentre altri sperano di anticipare la naturale scadenza parlamentare di uno o due anni, anche se magari non sono attrezzatissimi per far fronte alle esigenze poste dall'Italicum.
Già, perché le preoccupazioni che i singoli attori politici dovranno affrontare saranno ben distinte: le forze politiche che aspirano essenzialmente a entrare in Parlamento vorranno fare di tutto per superare la soglia del 3%; quelle che vorrebbero governare il paese, sanno già da ora che conterà arrivare primi, possibilmente superando già al primo turno il 40% dei voti validi. In entrambi i casi, comunque, a quel risultato bisognerà arrivarci "ufficialmente" da soli: non essendo possibili né coalizioni, né apparentamenti manifesti (ovviamente in sede di ballottaggio), sarà il singolo simbolo a dover ottenere almeno il 3% dei voti, a dover puntare ad arrivare almeno secondo per giocarsela al ballottaggio e, vivaddio, a prendere anche solo un voto in più dell'ultimo concorrente rimasto.
Di certo, per alcune formazioni non sarà scontato nemmeno superare la soglia del 3%: alle scorse europee il nucleo della futura Area Popolare (col simbolo composito di Ncd e Udc) aveva superato di poco il 4%, Fratelli d'Italia non ce l'aveva fatta per poco (e aveva la "pulce" di An), non si sa che faranno Sel, l'Altra Europa, Fare! con Tosi, l'evoluzione di Scelta civica, Centro democratico; sarà interessante poi vedere quanto consenso raccoglieranno i Conservatori e riformisti (anche se Fitto certamente spera di volare ben più in alto del 3%) e cosa si muoverà a sinistra (leggi: a sinistra di Possibile).
Tutti gli occhi, tuttavia, saranno naturalmente per le posizioni di vertice, con una sfida che quasi certamente sarà a tre. Perché il premio lo prenderà un solo concorrente, al ballottaggio accederanno i primi due, ma è praticamente ovvio che a contendersi la vittoria e il premio di maggioranza saranno il Partito democratico, il MoVimento 5 Stelle e una lista rappresentativa del centrodestra. Quale, ovviamente, non è ancora dato sapere: a dispetto delle professioni di correre "soli", piuttosto che "male accompagnati", tanto Forza Italia quanto la Lega Nord sanno che contribuire a un'unica lista è la sola soluzione che dia a entrambe una possibilità concreta di arrivare al ballottaggio e, magari, vincere. Scartando così l'eventualità di schierare gli emblemi in modo autonomo, resta ancora da capire chi altro potrebbe far parte della stessa "maxi-lista" di centrodestra (i fittiani? Area popolare? I verdiniani, se nel frattempo avranno fondato un partito?) e, soprattutto, con quale simbolo complessivo si potrebbe correre. Salvini aveva già detto di non voler rinunciare a un riferimento grafico alla Lega, così come è ben difficile che vi rinunci Forza Italia, ma certamente nel cerchio di tre centimetri di diametro concesso per le schede non si può far entrare qualsiasi cosa.
Il concetto è ben chiaro, tra l'altro, anche a Danilo Toninelli, probabilmente il parlamentare del MoVimento 5 Stelle più attento alle questioni di natura elettorale: nell'intervista rilasciata oggi al sottoscritto per Termometro Politico, ha spiegato molto bene come potrebbero andare le cose alla prima applicazione del Mattarellum:
Nemmeno questa eventualità, invece, si potrà immaginare con il MoVimento 5 Stelle. Già da ora, infatti, è possibile escludere ogni tipo di patto con altre forze politiche, così come ogni forma di sostegno che possa avere anche un riscontro grafico. L'emblema così è stato formato nel 2009 e così, senza alcun dubbio, resterà in futuro. L'unico simbolo pronto a tutti gli effetti per l'Italicum, dunque, è quello di Beppe Grillo e del suo M5S: per gli altri c'è ancora tempo, ma non si sa quanto.
Già, perché le preoccupazioni che i singoli attori politici dovranno affrontare saranno ben distinte: le forze politiche che aspirano essenzialmente a entrare in Parlamento vorranno fare di tutto per superare la soglia del 3%; quelle che vorrebbero governare il paese, sanno già da ora che conterà arrivare primi, possibilmente superando già al primo turno il 40% dei voti validi. In entrambi i casi, comunque, a quel risultato bisognerà arrivarci "ufficialmente" da soli: non essendo possibili né coalizioni, né apparentamenti manifesti (ovviamente in sede di ballottaggio), sarà il singolo simbolo a dover ottenere almeno il 3% dei voti, a dover puntare ad arrivare almeno secondo per giocarsela al ballottaggio e, vivaddio, a prendere anche solo un voto in più dell'ultimo concorrente rimasto.
Di certo, per alcune formazioni non sarà scontato nemmeno superare la soglia del 3%: alle scorse europee il nucleo della futura Area Popolare (col simbolo composito di Ncd e Udc) aveva superato di poco il 4%, Fratelli d'Italia non ce l'aveva fatta per poco (e aveva la "pulce" di An), non si sa che faranno Sel, l'Altra Europa, Fare! con Tosi, l'evoluzione di Scelta civica, Centro democratico; sarà interessante poi vedere quanto consenso raccoglieranno i Conservatori e riformisti (anche se Fitto certamente spera di volare ben più in alto del 3%) e cosa si muoverà a sinistra (leggi: a sinistra di Possibile).
Tutti gli occhi, tuttavia, saranno naturalmente per le posizioni di vertice, con una sfida che quasi certamente sarà a tre. Perché il premio lo prenderà un solo concorrente, al ballottaggio accederanno i primi due, ma è praticamente ovvio che a contendersi la vittoria e il premio di maggioranza saranno il Partito democratico, il MoVimento 5 Stelle e una lista rappresentativa del centrodestra. Quale, ovviamente, non è ancora dato sapere: a dispetto delle professioni di correre "soli", piuttosto che "male accompagnati", tanto Forza Italia quanto la Lega Nord sanno che contribuire a un'unica lista è la sola soluzione che dia a entrambe una possibilità concreta di arrivare al ballottaggio e, magari, vincere. Scartando così l'eventualità di schierare gli emblemi in modo autonomo, resta ancora da capire chi altro potrebbe far parte della stessa "maxi-lista" di centrodestra (i fittiani? Area popolare? I verdiniani, se nel frattempo avranno fondato un partito?) e, soprattutto, con quale simbolo complessivo si potrebbe correre. Salvini aveva già detto di non voler rinunciare a un riferimento grafico alla Lega, così come è ben difficile che vi rinunci Forza Italia, ma certamente nel cerchio di tre centimetri di diametro concesso per le schede non si può far entrare qualsiasi cosa.
Il concetto è ben chiaro, tra l'altro, anche a Danilo Toninelli, probabilmente il parlamentare del MoVimento 5 Stelle più attento alle questioni di natura elettorale: nell'intervista rilasciata oggi al sottoscritto per Termometro Politico, ha spiegato molto bene come potrebbero andare le cose alla prima applicazione del Mattarellum:
Premetto che speriamo vivamente che, con il referendum confermativo sulla riforma costituzionale in programma l'anno prossimo, i cittadini dicano "no" e facciano contemporaneamente venire meno le condizioni per l'Italicum. Se non dovesse andare così e l'Italicum dovesse rimanere, sarebbe falso dire che quel sistema non ci dà una chance di vittoria, ma sarebbe altrettanto falso dire che ci avvantaggia. Si tratta di un sistema che vuole o vorrebbe imporre il bipartitismo; in un contesto come questo, Salvini che fa tanto il "duro e forte" finirà per entrare in un unico listone con le altre forze di centrodestra, come del resto ha già fatto in alcune regioni. Quel listone in parlamento si scioglierà come neve al sole, ma certamente l'Italicum costringerà il centrodestra a correre con un'unica lista, una situazione che per noi è difficile, ma questo è ciò che possiamo prevedere.Se dunque l'orizzonte simbolico del centrodestra è ancora da definire e ciò potrebbe essere un ostacolo per quello schieramento ("Questo svantaggia coloro che hanno un senso di appartenenza forte - ha riconosciuto Toninelli - e farebbero ben fatica a mettere una croce su un simbolo diverso da quello votato per tanti anni"), il Pd ha certamente meno difficoltà: l'emblema è rodato e nessuno parla di modifiche di qualche tipo. Certo è che la grafica elettorale potrebbe essere utilizzata per segnalare qualcos'altro, come ad esempio l'affiliazione europea o l'esistenza di qualche patto federativo con altre forze (del resto, la sigla "PSE" delle scorse europee non dava conto solo dell'appartenenza ai socialisti europei, ma anche dell'accordo stretto con il Psi).
Nemmeno questa eventualità, invece, si potrà immaginare con il MoVimento 5 Stelle. Già da ora, infatti, è possibile escludere ogni tipo di patto con altre forze politiche, così come ogni forma di sostegno che possa avere anche un riscontro grafico. L'emblema così è stato formato nel 2009 e così, senza alcun dubbio, resterà in futuro. L'unico simbolo pronto a tutti gli effetti per l'Italicum, dunque, è quello di Beppe Grillo e del suo M5S: per gli altri c'è ancora tempo, ma non si sa quanto.
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