Alle ultime amministrative su manifesti e schede non lo si è visto, anche perché era nato meno di un mese prima della presentazione delle candidature; non è finito nemmeno nelle bacheche del Ministero dell'interno, anche solo per cercare un po' di visibilità o un deposito meramente cautelativo. Il fatto è che la presentazione dei contrassegni per le elezioni europee si è chiusa nel pomeriggio dell'8 aprile, mentre il simbolo del Partito dei Veneti - pur concepito certamente con un discreto anticipo - è ufficialmente nato solo il giorno dopo, con tanto di deposito presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi per la registrazione come segno distintivo (sia pure nella versione in bianco e nero).
Si tratta di un tentativo di mettere ordine e "semplificare" la galassia indipendentista venetista, un'opera piuttosto difficile visto il gran numero di sigle che nel corso degli anni si sono moltiplicate, non di rado attraverso scissioni da altri gruppi della stessa area. Questo progetto, in particolare, mette insieme i movimenti politici Siamo Veneto, Indipendenza Veneta, gruppo Chiavegato x l'indipendenza, Progetto Veneto Autonomo, Veneto Stato d'Europa e varie reti civiche locali. Basta guardare quell'elenco per rendersi conto che vari soggetti non ne fanno parte (a partire dalla Liga Veneta Repubblica o da Indipendenza del Veneto) e, nel contempo, per rendersi conto che, rispetto alle scorse regionali, i gruppi provengono da collocazioni diverse: Progetto Veneto Autonomo appoggiava Alessandra Moretti e il centrosinistra, Indipendenza Veneta era a favore del suo candidato Alessio Morosin (e Chiavegato era con lui), Veneto Stato appoggiava Flavio Tosi.
L'obiettivo principale della nuova aggregazione, come si legge sulla pagina Facebook del neonato soggetto politico, è ottenere e perseguire "la piena attuazione dell’art.2 dello Statuto della Regione del Veneto", in base al quale "L'autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e alle tradizioni della sua storia. La Regione salvaguarda e promuove l'identità storica del popolo e della civiltà veneta e concorre alla valorizzazione delle singole comunità. Riconosce e tutela le minoranze presenti nel proprio territorio". E, per quanto riguarda la parola "autogoverno", i promotori del partito concepiscono un solo significato: "potersi governare da soli, con la possibilità di gestire autonomamente le proprie risorse economiche al fine di garantire i migliori servizi e possibilità di sviluppo al territorio". Ciò dovrebbe poi tradursi anche in un "vero decentramento amministrativo con la concessione della più ampia autonomia possibile ai Comuni, alle Comunità Montane, ai Comprensori e alle Provincie, garantendo particolari forme di autonomia per territori particolari come Venezia, il Lago di Garda e le zone montane quali, Belluno, Lessinia e Altopiano di Asiago".
L'obiettivo è ambizioso, anche se è ben difficile che questo possa essere attuato a costituzione invariata; per il Partito dei Veneti, in ogni caso, si tratta di una meta da raggiungere con ogni mezzo, compresa l'indizione di un referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto "come avvenuto per la Scozia, il Montenegro e il Quebec, lasciando così democraticamente decidere ai veneti le sorti del loro futuro".
Il nuovo coordinatore del soggetto politico, Giacomo Mirto, cerca di dare conto della novità di questo progetto: "Siamo ad una svolta storica, oggi nasce finalmente un grande Partito pronto a difendere i soli interessi dei veneti. Nessun partito centralista e nazionale si è dimostrato in grado di farlo. E come potrebbero se per sopravvivere elettoralmente devono garantire gli interessi di altre Regioni che nella maggior parte dei casi sono in antitesi ai nostri? La prima battaglia che condurremo è quella per la piena attuazione dell'art. 2 dello Statuto regionale: l'Autogoverno. In altre parole, che i soldi dei veneti restino in Veneto". L'idea è di utilizzare il 2019 per radicarsi sul territorio, con varie assemblee pubbliche nelle province, per poi essere pronti a una proposta coesa per le regionali del prossimo anno, proponendo un partito territoriale che possa risultare credibile sullo schema di quelli trentini o bolzanini.
"Il Veneto - continua Mirto - paga la mancanza di un Partito territoriale che risponda unicamente ai veneti e che non abbia sedi e interessi in Liguria, Calabria o Sicilia. La riprova è il fatto che in tutte le Regioni europee dove vi sono forti movimenti territoriali i risultati in termini di Autogoverno non sono mai mancati. Ed è naturale sia così. Per tali ragioni abbiamo unito il fronte indipendentista e pro-autogoverno veneto dando vita al Partito dei Veneti che, libero da logiche elettorali 'nazionali', può trattare da una posizione di forza e senza paura di perdere voti nel resto d’Italia con lo Stato centrale. In questo modo la Scozia sta ottenendo un secondo referendum indipendentista dopo la devolution del 1997. In questo modo Baschi e Catalani godono di un’ampissima autonomia, così come i bavaresi, fiamminghi e sud-tirolesi".
Si cerca di fare questo, quasi inevitabilmente, sotto l'insegna che unisce quattro dei cinque soggetti che hanno dato luogo al Partito dei Veneti: il leone di San Marco. Si tratta, come è facile vedere, non del leon da guera, ma di quello in tempo di pace, che con le zampe non impugna una spada ma regge il libro della Parola e anche - a quanto si apprende - della sovranità. Quello stesso simbolo storico, dunque, diventa emblema della volontà di autogoverno; sul piano cromatico, c'è il rosso della bandiera veneta, così come un più rassicurante blu tinge la parte inferiore del contrassegno. C'è tempo per far conoscere l'emblema prima che arrivi il momento, per le prossime regionali, per schierarlo, sperando che il messaggio "Veneto solo ai veneti" faccia presa, erodendo gli altri schieramenti.
Si tratta di un tentativo di mettere ordine e "semplificare" la galassia indipendentista venetista, un'opera piuttosto difficile visto il gran numero di sigle che nel corso degli anni si sono moltiplicate, non di rado attraverso scissioni da altri gruppi della stessa area. Questo progetto, in particolare, mette insieme i movimenti politici Siamo Veneto, Indipendenza Veneta, gruppo Chiavegato x l'indipendenza, Progetto Veneto Autonomo, Veneto Stato d'Europa e varie reti civiche locali. Basta guardare quell'elenco per rendersi conto che vari soggetti non ne fanno parte (a partire dalla Liga Veneta Repubblica o da Indipendenza del Veneto) e, nel contempo, per rendersi conto che, rispetto alle scorse regionali, i gruppi provengono da collocazioni diverse: Progetto Veneto Autonomo appoggiava Alessandra Moretti e il centrosinistra, Indipendenza Veneta era a favore del suo candidato Alessio Morosin (e Chiavegato era con lui), Veneto Stato appoggiava Flavio Tosi.
L'obiettivo principale della nuova aggregazione, come si legge sulla pagina Facebook del neonato soggetto politico, è ottenere e perseguire "la piena attuazione dell’art.2 dello Statuto della Regione del Veneto", in base al quale "L'autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e alle tradizioni della sua storia. La Regione salvaguarda e promuove l'identità storica del popolo e della civiltà veneta e concorre alla valorizzazione delle singole comunità. Riconosce e tutela le minoranze presenti nel proprio territorio". E, per quanto riguarda la parola "autogoverno", i promotori del partito concepiscono un solo significato: "potersi governare da soli, con la possibilità di gestire autonomamente le proprie risorse economiche al fine di garantire i migliori servizi e possibilità di sviluppo al territorio". Ciò dovrebbe poi tradursi anche in un "vero decentramento amministrativo con la concessione della più ampia autonomia possibile ai Comuni, alle Comunità Montane, ai Comprensori e alle Provincie, garantendo particolari forme di autonomia per territori particolari come Venezia, il Lago di Garda e le zone montane quali, Belluno, Lessinia e Altopiano di Asiago".
L'obiettivo è ambizioso, anche se è ben difficile che questo possa essere attuato a costituzione invariata; per il Partito dei Veneti, in ogni caso, si tratta di una meta da raggiungere con ogni mezzo, compresa l'indizione di un referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto "come avvenuto per la Scozia, il Montenegro e il Quebec, lasciando così democraticamente decidere ai veneti le sorti del loro futuro".
Il nuovo coordinatore del soggetto politico, Giacomo Mirto, cerca di dare conto della novità di questo progetto: "Siamo ad una svolta storica, oggi nasce finalmente un grande Partito pronto a difendere i soli interessi dei veneti. Nessun partito centralista e nazionale si è dimostrato in grado di farlo. E come potrebbero se per sopravvivere elettoralmente devono garantire gli interessi di altre Regioni che nella maggior parte dei casi sono in antitesi ai nostri? La prima battaglia che condurremo è quella per la piena attuazione dell'art. 2 dello Statuto regionale: l'Autogoverno. In altre parole, che i soldi dei veneti restino in Veneto". L'idea è di utilizzare il 2019 per radicarsi sul territorio, con varie assemblee pubbliche nelle province, per poi essere pronti a una proposta coesa per le regionali del prossimo anno, proponendo un partito territoriale che possa risultare credibile sullo schema di quelli trentini o bolzanini.
"Il Veneto - continua Mirto - paga la mancanza di un Partito territoriale che risponda unicamente ai veneti e che non abbia sedi e interessi in Liguria, Calabria o Sicilia. La riprova è il fatto che in tutte le Regioni europee dove vi sono forti movimenti territoriali i risultati in termini di Autogoverno non sono mai mancati. Ed è naturale sia così. Per tali ragioni abbiamo unito il fronte indipendentista e pro-autogoverno veneto dando vita al Partito dei Veneti che, libero da logiche elettorali 'nazionali', può trattare da una posizione di forza e senza paura di perdere voti nel resto d’Italia con lo Stato centrale. In questo modo la Scozia sta ottenendo un secondo referendum indipendentista dopo la devolution del 1997. In questo modo Baschi e Catalani godono di un’ampissima autonomia, così come i bavaresi, fiamminghi e sud-tirolesi".
Si cerca di fare questo, quasi inevitabilmente, sotto l'insegna che unisce quattro dei cinque soggetti che hanno dato luogo al Partito dei Veneti: il leone di San Marco. Si tratta, come è facile vedere, non del leon da guera, ma di quello in tempo di pace, che con le zampe non impugna una spada ma regge il libro della Parola e anche - a quanto si apprende - della sovranità. Quello stesso simbolo storico, dunque, diventa emblema della volontà di autogoverno; sul piano cromatico, c'è il rosso della bandiera veneta, così come un più rassicurante blu tinge la parte inferiore del contrassegno. C'è tempo per far conoscere l'emblema prima che arrivi il momento, per le prossime regionali, per schierarlo, sperando che il messaggio "Veneto solo ai veneti" faccia presa, erodendo gli altri schieramenti.
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