Dopo gli annunci, ieri è arrivato il giorno della "rinascita a nuova vita", più culturale che politica, dello scudo crociato, attraverso la presentazione della Fondazione Democrazia cristiana. Così almeno l'ha intesa Gianfranco Rotondi, deputato eletto in Forza Italia ma soprattutto ultimo legale rappresentante (quale tesoriere) dei Cristiani democratici uniti, il partito nato ufficialmente il 4 ottobre di 24 anni fa - davanti al notaio Edmondo Maria Capecelatro - ma in realtà frutto dei dissidi interni al Partito popolare italiano sorti a partire dalla decisione di stipulare accordi con il centrodestra comprensivo di Alleanza nazionale, che videro opporsi la fazione legata al segretario in carica Rocco Buttiglione a quella vicina al neoeletto Gerardo Bianco.
Com'è ben noto ai #drogatidipolitica e ai semplici curiosi e interessati, quello scontro conobbe numerose scaramucce a Piazza del Gesù e varie puntate in tribunale (anche di molto successive rispetto a quegli eventi), ma trovò una prima, transitoria sistemazione con i cosiddetti "accordi di Cannes", stipulati tra Buttiglione e Bianco il 24 giugno e formalizzati il 14 luglio: proprio in quegli accordi si decise la spartizione politica dei segni identificativi, per cui Bianco avrebbe conservato il nome del Ppi, mentre il gruppo di Buttiglione ottenne l'uso dello scudo crociato (il nome invece, un chiaro omaggio sia alla storia democristiana sia a quella della Cdu di Helmut Kohl - che si era speso perché la diatriba nel partito cattolico terminasse - lo avrebbe suggerito a Buttiglione lo stesso Rotondi, allora giovane direttore del Popolo).
Quella storia, dopo la decisione del Cdu nel 2002 di confluire all'interno dell'Udc (apportando l'uso dello scudo crociato), è rimasta in sospeso fino ad agosto dell'anno scorso, quando Buttiglione aveva dato incarico a Rotondi di chiudere il partito, attivando tutte le procedure per la liquidazione e la sistemazione di ciò che era ancora pendente. Un mese fa, poi, era stato annunciato l'ultimo passaggio, vale a dire lo scioglimento del Cdu e - a patto che si sia ben inteso - la sospensione delle attività della Democrazia cristiana (già Dca) guidata dallo stesso Rotondi, con il conferimento di nomi e simboli alla Fondazione Fiorentino Sullo, ribattezzata per l'occasione Fondazione Democrazia cristiana: proprio quella presentata ieri alla Camera, alla Sala della Regina, all'interno di un incontro intitolato "Il futuro del cattolicesimo politico. Ci rivediamo in centro?", con Rotondi, Buttiglione e Mario Tassone, ultimo presidente del consiglio nazionale del Cdu, nonché segretario del Nuovo Cdu rinato nel 2014 e ieri presente con funzione di moderatore.
Correttamente ieri Rotondi ha detto che ieri non si era di fronte al funerale della Dc o dello stesso Cdu, visto che le loro vite politiche continuano sia pure con un'altra forma, ma solo a "un passaggio giuridico cui abbiamo voluto dare una certa solennità". Eppure, i presenti a quello che lui stesso ieri ha chiamato "rito sacrificale" - ma solo perché "in un venerdì di luglio, alle tre del pomeriggio, può venire qui solo chi è terribilmente affezionato alla Democrazia cristiana" - non hanno assistito ad alcuna firma di atti (notarili o no), né alla consegna dello scudo crociato alla Fondazione Democrazia cristiana. Allo scioglimento del Cdu si è fatto solo rapido cenno, con un riferimento da parte di Rotondi ("Come legale rappresentante del Cdu dico che oggi si conclude questa lunga vicenda attraversata da una serie infinita di cause civili, liti sul simbolo e sul patrimonio, una quantità di esposti che se li pubblicassimo tutti faremmo un romanzo di appendice, ma dico con orgoglio che non abbiamo mai ricevuto un'iscrizione nel registro degli indagati") e il ricordo da parte di Tassone, secondo il quale a Buttiglione "tutti dobbiamo molto, perché abbiamo fatto rivivere il Ppi e non abbiamo perso lo scudo crociato".
Qualcosa di più sulla Fondazione Dc (già Fondazione Fiorentino Sullo, nome che campeggia ancora in qualche pagina del sito www.fondazionedemocraziacristiana.it) Rotondi l'ha detto, chiarendo innanzitutto che questa sarà vicina a tutti i soggetti che si richiamano alla storia e ai valori democristiani, a iniziare da partiti come l'Udc, il Nuovo Cdu e la Dc guidata da Renato Grassi, ma senza toccare il ruolo che spetta a questi ultimi, "visto che una fondazione non può svolgere attività politico-elettorale, tanto più che si tratta di una fondazione partecipata anche da enti pubblici, compreso il Mibact; i partiti per possono aderire alla fondazione come associazioni, se lo desiderano".
Il deputato ha poi spiegato che la fondazione vorrà rappresentare "un luogo nel quale noi pensiamo di poter richiamare i democratici cristiani a discutere, a produrre pensiero e quindi politica: non è un passo indietro, ma ha l'ambizione di essere un passo avanti". Lo farà avendo nella propria insegna (eccolo qui) lo scudo crociato passato politicamente dalla Dc al Ppi al Cdu, ma non nella versione che ora si vede nel sito, che accosta il simbolo della Dc al volto di Fiorentino Sullo: è lo stesso Rotondi a spiegare a questo sito che sarà mantenuto proprio il simbolo del Cdu (quello effettivamente conferito alla fondazione) con tanto di denominazione del partito e riferimento al Ppe, ma nell'uso pratico sarà aggiunto al di sotto il nome intero della fondazione. "Lo scudo crociato - ha continuato Rotondi durante l'evento - rinasce a nuova vita, perché come effigie di questa fondazione si affaccia sul mercato culturale: chi conosce la legge sa che nomi e simboli si possono declinare in vari modi, possono avere un esercizio politico elettorale ma anche culturale. Il fatto che ci sia una Fondazione Dc non impedisce né l'uso elettorale del simbolo da parte di chi ha nel frattempo acquisito il diritto né che altri diano vita alla Democrazia cristiana, superando tutte le divisioni che vi sono state in questi anni: questo è l'augurio che sta in tutti i nostri cuori e, nel caso, la fondazione sarà ancora più impegnata a sostegno di quel soggetto, ma se anche le cose non dovessero andare così non dobbiamo perderci di vista: ci siamo e ci saremo ancora".
Contestualmente, Rotondi ha annunciato che "la fondazione ha acquisito anche l'acronimo editoriale della Dc, con un sacrificio grande perché quando si tocca l'aspetto editoriale ci si accollano anche i debiti". Per un attimo si sarebbe tentati di restare interdetti: quale acronimo editoriale della Dc? Ovviamente non ci si riferisce alle testate storiche, Il Popolo e la Discussione, entrambe dirette da Rotondi, sia pure in tempi diversi (solo la seconda è in qualche modo sopravvissuta, passando dal Cdu all'Udc, fino alla gestione editoriale di Giampiero Catone e attualmente diretta da Giovanni Masotti; quanto al Popolo, la sua storia ufficiale è finita nel 2002, anche se in seguito è stato rieditato in altra forma dalla Dc-Sandri, che ancora ne cura la presenza online); Rotondi non parla nemmeno della testata Democrazia cristiana, fondata nel 2001, di cui lui stesso è stato direttore politico, mentre direttore responsabile era il suo portavoce Alfredo Tarullo (formalmente, peraltro, risultava quotidiano del movimento politico Magna Graecia Sud Europa di Fausto Sacco). Il parlamentare spiega - contattato da I simboli della discordia - che per acronimo editoriale intendeva "la registrazione del marchio a fini editoriali, in modo da poter editare il sito www.fondazionedemocraziacristiana.it". Sara questo, evidentemente, l'organo (telematico) della fondazione: si troveranno lì, tra l'altro, le notizie relative all'attività della fondazione, che prevede "un bellissimo programma autunnale e invernale di eventi, da tenere nei luoghi simbolici dei convegni della storia della Dc e delle correnti, da Saint Vincent a Belgirate, da Chianciano a Sorrento".
La fondazione - che si doterà presto di altri organi oltre al presidente (lo stesso Rotondi) e al presidente d'onore (Buttiglione, mentre della Fondazione Sullo era Gerardo Bianco), a partire dal "consiglio nazionale" composto da tutti coloro che sono stati parlamentari di area Dc (presieduto, su richiesta di Rotondi, da Mario Tassone) - andrà avanti col contributo tanto dei soci fondatori (che hanno messo più risorse), quanto di chiunque vorrà aderire, pagando la quota di dieci euro (nulla per disoccupati e sotto i trent'anni), con la possibilità di organizzare sezioni (territoriali, d'ambiente, tematiche) ogni dieci aderenti: "l'organizzazione avverrà in piena autonomia, proprio perché la fondazione non è un partito: a livello locale potrà sostenere realtà sociali e politiche diverse, ma a livello nazionale avrà una sola idea, emergente dalla votazione online degli aderenti".
Il resto dei contenuti del pomeriggio di ieri - che hanno occupato la maggior parte dell'evento - è legato agli interventi che si sono succeduti, sull'effettivo spazio che l'iniziativa della fondazione potrà avere, in un panorama politico in evoluzione. "Noi auspichiamo fortemente che si affacci una novità - ha detto Rotondi - mi pare che questa legislatura sia simile a quella del 1992, per cui i partiti che ora sono in Parlamento penso non arriveranno vivi alle politiche e, come allora, credo che il favorito della vigilia (allora il Pds, oggi la Lega) sarà lo sconfitto. Il rosario ostentato, le provocazioni costanti al Papa e la caduta di laicità sono preoccupanti per i democratici cristiani: per questo non ci alleiamo con Salvini".
Francesco Verderami del Corriere della Sera, per parte sua, ha riconosciuto alla Dc di essere stata "il collante politico di una nazione divisa, un partito che sul piano dei rapporti istituzionali è stato il perno del paese, facendosi carico anche delle esigenze degli alleati e a volte degli avversari; sul piano interno è stata invece l'unico esempio di forza democratica, visto che il segretario era rappresentante di una maggioranza ma anche il garante delle minoranze tutelate dal tanto vituperato manuale Cencelli". La sua colpa più grave è invece il non avere lasciato un'eredità mentre si era persa a trovare eredi, mentre si preparava la stagione in cui "si cambiavano i partiti per non cambiare i capi dei partiti e si facevano partiti sempre più piccoli per garantire leadership sempre più piccole": oggi, per Verderami, è necessario che la politica si faccia trovare pronta con una classe dirigente nuova e competente, "e non si tratta di ricostruire la Dc, perché il passato non ritorna, ma di usare le esperienze della Dc per garantire un rientro della politica, una nuova tenda per nuovi uomini".
Correttamente ieri Rotondi ha detto che ieri non si era di fronte al funerale della Dc o dello stesso Cdu, visto che le loro vite politiche continuano sia pure con un'altra forma, ma solo a "un passaggio giuridico cui abbiamo voluto dare una certa solennità". Eppure, i presenti a quello che lui stesso ieri ha chiamato "rito sacrificale" - ma solo perché "in un venerdì di luglio, alle tre del pomeriggio, può venire qui solo chi è terribilmente affezionato alla Democrazia cristiana" - non hanno assistito ad alcuna firma di atti (notarili o no), né alla consegna dello scudo crociato alla Fondazione Democrazia cristiana. Allo scioglimento del Cdu si è fatto solo rapido cenno, con un riferimento da parte di Rotondi ("Come legale rappresentante del Cdu dico che oggi si conclude questa lunga vicenda attraversata da una serie infinita di cause civili, liti sul simbolo e sul patrimonio, una quantità di esposti che se li pubblicassimo tutti faremmo un romanzo di appendice, ma dico con orgoglio che non abbiamo mai ricevuto un'iscrizione nel registro degli indagati") e il ricordo da parte di Tassone, secondo il quale a Buttiglione "tutti dobbiamo molto, perché abbiamo fatto rivivere il Ppi e non abbiamo perso lo scudo crociato".
Logo della Fondazione Sullo |
Contestualmente, Rotondi ha annunciato che "la fondazione ha acquisito anche l'acronimo editoriale della Dc, con un sacrificio grande perché quando si tocca l'aspetto editoriale ci si accollano anche i debiti". Per un attimo si sarebbe tentati di restare interdetti: quale acronimo editoriale della Dc? Ovviamente non ci si riferisce alle testate storiche, Il Popolo e la Discussione, entrambe dirette da Rotondi, sia pure in tempi diversi (solo la seconda è in qualche modo sopravvissuta, passando dal Cdu all'Udc, fino alla gestione editoriale di Giampiero Catone e attualmente diretta da Giovanni Masotti; quanto al Popolo, la sua storia ufficiale è finita nel 2002, anche se in seguito è stato rieditato in altra forma dalla Dc-Sandri, che ancora ne cura la presenza online); Rotondi non parla nemmeno della testata Democrazia cristiana, fondata nel 2001, di cui lui stesso è stato direttore politico, mentre direttore responsabile era il suo portavoce Alfredo Tarullo (formalmente, peraltro, risultava quotidiano del movimento politico Magna Graecia Sud Europa di Fausto Sacco). Il parlamentare spiega - contattato da I simboli della discordia - che per acronimo editoriale intendeva "la registrazione del marchio a fini editoriali, in modo da poter editare il sito www.fondazionedemocraziacristiana.it". Sara questo, evidentemente, l'organo (telematico) della fondazione: si troveranno lì, tra l'altro, le notizie relative all'attività della fondazione, che prevede "un bellissimo programma autunnale e invernale di eventi, da tenere nei luoghi simbolici dei convegni della storia della Dc e delle correnti, da Saint Vincent a Belgirate, da Chianciano a Sorrento".
La fondazione - che si doterà presto di altri organi oltre al presidente (lo stesso Rotondi) e al presidente d'onore (Buttiglione, mentre della Fondazione Sullo era Gerardo Bianco), a partire dal "consiglio nazionale" composto da tutti coloro che sono stati parlamentari di area Dc (presieduto, su richiesta di Rotondi, da Mario Tassone) - andrà avanti col contributo tanto dei soci fondatori (che hanno messo più risorse), quanto di chiunque vorrà aderire, pagando la quota di dieci euro (nulla per disoccupati e sotto i trent'anni), con la possibilità di organizzare sezioni (territoriali, d'ambiente, tematiche) ogni dieci aderenti: "l'organizzazione avverrà in piena autonomia, proprio perché la fondazione non è un partito: a livello locale potrà sostenere realtà sociali e politiche diverse, ma a livello nazionale avrà una sola idea, emergente dalla votazione online degli aderenti".
Per i cultori della vicenda giuridica democristiana, va registrato anche l'intervento di Renato Grassi, segretario della "Democrazia cristiana storica" (così l'ha chiamata Rotondi, anche se in realtà quel nome si riferisce piuttosto ad altri soggetti): nel suo saluto ha accolto il nuovo inizio della fondazione come evento che "rimette in moto un processo di confronto politico di cui si sentiva la mancanza, offrendo un laboratorio per la formazione di idee e di una classe dirigente". Ritenendo che questo nuovo contenitore abbia comunque bisogno di luoghi (politici, s'intende) per concretizzare quelle idee, Grassi ha ricordato di aver avviato, assieme ad altre persone, "un percorso di ricomposizione dell'area tradizionale Dc e abbiamo avuto, grazie a una sentenza di Cassazione, la possibilità di recuperare anche formalmente il nome della Dc e lavoriamo per ricomporre un mondo che si richiamava a quei valori, in un progetto politico con una prospettiva più ampia". Sulla sincerità d'intenti di molti partecipanti a quel percorso non ci sono dubbi; sul fatto che possa proseguire con nome e simbolo tradizionali ce ne sono molti (ma se n'è parlato parecchie volte e se ne dovrà riparlare a breve).
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Francesco Verderami del Corriere della Sera, per parte sua, ha riconosciuto alla Dc di essere stata "il collante politico di una nazione divisa, un partito che sul piano dei rapporti istituzionali è stato il perno del paese, facendosi carico anche delle esigenze degli alleati e a volte degli avversari; sul piano interno è stata invece l'unico esempio di forza democratica, visto che il segretario era rappresentante di una maggioranza ma anche il garante delle minoranze tutelate dal tanto vituperato manuale Cencelli". La sua colpa più grave è invece il non avere lasciato un'eredità mentre si era persa a trovare eredi, mentre si preparava la stagione in cui "si cambiavano i partiti per non cambiare i capi dei partiti e si facevano partiti sempre più piccoli per garantire leadership sempre più piccole": oggi, per Verderami, è necessario che la politica si faccia trovare pronta con una classe dirigente nuova e competente, "e non si tratta di ricostruire la Dc, perché il passato non ritorna, ma di usare le esperienze della Dc per garantire un rientro della politica, una nuova tenda per nuovi uomini".
Assai meno convinto che ci si spazio per un soggetto che si ispiri ai valori cristiani, anche solo in senso culturale, è apparso David Allegranti del Foglio, "in questo trionfo del populismo la vedo difficile, ma la sfida, pur complicata, è preziosa e il valore è tanto". Con la fine della Prima Repubblica, com'è noto, sono scomparsi i partiti tradizionali o "pesanti", per usare le parole di Fabrizio D'Esposito del Fatto Quotidiano: "Da allora è mancato un vero luogo fisico, dove contarsi, parlare, emozionarsi e selezionare la classe dirigente. La fine della Democrazia cristiana, poi, ha indotto una deriva clericale della vita politica italiana, il risultato è che lo spazio che fu della Dc ora è occupato da Salvini".
Solidarietà all'iniziativa di Rotondi è stata espressa anche da Mariastella Gelmini, presidente del gruppo forzista alla Camera, Ubaldo Livolsi (Semplice Italia, ex manager Fininvest, per il quale "per far ripartire l'economia italiana in una fase così critica servirebbero un governo e una classe politica con idee molto chiare, ma mancano. Occorre ripartire dalla meritocrazia e da proposte di medio periodo: la Fondazione Dc può essere un punto di partenza per questo") e Achille Colombo Clerici (presidente dell'Istituto Europa Asia: "Non ci sono più i referenti che sapevano tutti delle istanze popolari e dei loro bisogni: chi ha vissuto la diaspora dei politici cattolici come una diluizione dei valori cristiani nei vari ideali non può che vedere con favore il rafforzamento di una fondazione cui affidare la custodia e la declinazione dei valori cristiani nella società, nell'economia e nella politica").
La chiusura del rito è stata affidata a Rocco Buttiglione: "In questo momento in Italia interessi e valori si sono scissi e per questo non fondiamo un partito: visto che i valori non muoiono, mettiamo in campo una fondazione per fondare la nuova classe dirigente. Quando abbiamo fondato il Cdu avevo alcune idee, che sono ancora attuali perché purtroppo non sono state attuate, anche per una nostra poca capacità di comunicazione: dobbiamo riuscire a formare persone ragionando a partire dai fatti, aderendo alla realtà e non alla sua rappresentazione".
Si resta in attesa, dunque, del programma di iniziative della fondazione, che quasi sicuramente coinvolgerà in futuro (lo ha fatto capire Rotondi) figure da Berlusconi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: chi ostinatamente vuol essere e sentirsi democristiano, anche senza partito, avrà la possibilità di farlo.
Si resta in attesa, dunque, del programma di iniziative della fondazione, che quasi sicuramente coinvolgerà in futuro (lo ha fatto capire Rotondi) figure da Berlusconi al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: chi ostinatamente vuol essere e sentirsi democristiano, anche senza partito, avrà la possibilità di farlo.
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