Inutile negarlo, tocca tornare sempre - e non con dispiacere - sui luoghi dei delitti, specie se hanno continuamente cose da raccontare. Non c'è dubbio che, per chi frequenta da tempo questo luogo, il principale sia la Democrazia cristiana. Non di rado, nuovi spunti per occuparsi della vicenda scudocrociata vengono forniti da Gianfranco Rotondi, "uno degli ultimi democristiani praticanti", secondo il servizio che il Tg1 (con Andrea Bovio) giusto oggi ha dedicato all'ultima - per ora - puntata della storia.
Non più tardi di mercoledì 5 giugno Rotondi, eletto deputato di Forza Italia in quota Rivoluzione cristiana, aveva fatto arrivare ai media una dichiarazione che suonava come la presa d'atto di una sconfitta: "Inutile far finta che non sia successo niente: la nostra linea era di costruire la Dc nel Ppe, il risultato è che tutti assieme abbiamo fatto il 9% e i voti sono tutti di Berlusconi. Mi assumo le mie responsabilità, per piccole che siano, e passo la mano". Aveva così reso pubbliche le proprie dimissioni dalla guida non di Rivoluzione cristiana, partito la cui attività era stata sospesa già ad agosto dell'anno scorso, ma della Democrazia cristiana, fondata il 25 ottobre 2004 ad Avellino, ribattezzata otto mesi esatti dopo - il 25 giugno 2005, giorno dell'assemblea di lancio all'hotel Summit di Roma con Paolo Cirino Pomicino e altri big - Democrazia cristiana per le autonomie, operante sino al 9 febbraio 2008 (giorno in cui il consiglio nazionale scelse di aderire al berlusconiano Popolo della libertà) e "congelato" dal 13 dicembre dello stesso anno (quando lo stesso organo decise la sospensione delle attività in vista della fondazione del Pdl come partito) al 31 agosto 2018, quando toccò appunto alla Dca (ribattezzata di nuovo Dc) essere "ridestata" per prendere il posto di Rivoluzione cristiana.
A quanto pare, però, la vita della "scongelata" Dc - ex Dca è durata poco più di nove mesi: dopo le dimissioni di Gianfranco Rotondi, sarebbe arrivata la decisione di una nuova svolta, che anche stavolta ha la forma della sospensione dell'attività partitica (ormai lo si è capito, che un partito italiano si sciolga sul piano giuridico è un evento più unico che raro, anche per difficoltà giuridiche non di poco conto). Nessun successore di Rotondi alla presidenza, dunque, ma un percorso diverso, illustrato in una conferenza stampa - con al fianco Giampiero Catone, da tempo vicino a lui e prima ancora a Buttiglione - tenutasi stamattina a Pescara, la stessa città in cui si era data notizia a fine agosto del 2018 del "risveglio" di una Dc (e non certo "della" Dc storica, ma i frequentatori assidui di questo sito non hanno bisogno di sentirselo dire) e in cui secondo Rotondi sarebbe nata la storia proprio di quella Dc (che, pur nata in Irpinia, presentò le sue prime liste nel 2005 proprio alle regionali in Abruzzo, oltre che in Piemonte, Marche, Campania e Puglia; il seggio abruzzese, peraltro, non uscì a Pescara ma a Chieti).
Vista la delicatezza della materia, è meglio rivolgersi direttamente all'interessato e cercare di capire con lui come sono andate le cose.
Rotondi, nemmeno il tempo di far scongelare la "sua" Democrazia cristiana e, dopo qualche mese, è già il momento di rimetterla in ghiaccio?
Ma no, il progetto continua, è solo un modo diverso di proporlo. In questi mesi abbiamo fatto delle "prove tecniche di trasmissione", presentando liste dei due partiti democristiani - Udc e Democrazia cristiana - "riannodati", con lo scudo crociato: in Abruzzo si è sfiorato il 3%, in Piemonte l'Udc-Ppe ha preso l'1,15%.
E che ne pensa?
Parlando al di fuori di tutti i convenevoli politici, se avessimo avuto una Forza Italia in salute, con il 20% anche solo di qualche anno fa, poteva starci una Dc-Udc lievito del grande panettiere Berlusconi, sarebbe andata bene così. Ci siamo però trovati di fronte però a un fatto nuovo: non solo la Dc non ha sfondato - quelle percentuali sono quelle che ho fatto io dopo che nel 2004 avevo lasciato l'Udc - ma abbiamo assistito al disastro di Forza Italia, con il suo 9% scarso alle europee che oggi nei sondaggi è ancora più basso, poi Toti che va verso la scissione e chissà cos'altro. Di fronte a questo scempio, col nuovo bipolarismo populista e il centro soffocato in culla, da dirigente politico mi sono posto il problema di cosa fosse più giusto fare della Dc e, in condivisione con gli amici di questo lungo percorso, mi è venuta l'idea di trasformarla in fondazione, o meglio, di mettere il simbolo fuori dal mercato elettorale, facendo un passo indietro e invitando tutti a darci una regolata: l'aereo centrista viaggia a rotta di collo verso lo schianto, al più si può discutere se finirà in mare o sulla terraferma, ma che l'aereo sbatta è chiaro, quindi ho voluto provocare un piccolo shock.
Quali passaggi sono stati fatti in questi giorni, "con tanto di atti sottoscritti dal notaio", come recita una nota diffusa una manciata di ore fa?
Chiariamo bene quest'aspetto, che a noi due è chiaro ma forse alla gran parte delle persone sfugge. Occorre calarci nell'ottica di cosa sia un marchio politico: di quale simbolo e di quale nome parliamo? Il nome è quello della Democrazia cristiana, cosiddetta "delle autonomie", che è l'unico uso legittimo di quell'antico nome che sia stato fatto nella vita politico-elettorale italiana dopo la "fine" della Dc nel 1994: questo perché non viene da favolette ben inventate di fantomatiche sentenze che non esistono, ma da un'autorizzazione rilasciata dal Partito popolare italiano a me nel 2004. Io fui autorizzato a usare quel nome per il mio partito, tant'è che io l'ho costantemente usato, hanno provato in molti a farmi causa per questo ma io ho sempre vinto.
E il simbolo?
Il simbolo di cui parlo, invece, è lo scudo crociato che nel 1995 Rocco Buttiglione ricevette con i "patti di Cannes" e che è stato usato dal Cdu, partito guidato da Buttiglione [di cui Rotondi è tuttora tesoriere e legale rappresentante]: la mia Dc e il Cdu sospendono le attività e devolvono i propri segni distintivi a una fondazione, che nel caso specifico è la Fondazione Fiorentino Sullo, di cui io sono e resto presidente e che avrà come direttore del comitato scientifico il professor Buttiglione. La mia Dc, dunque, devolve alla fondazione il nome, il Cdu devolve il simbolo: preciso che stiamo parlando di segni distintivi in un'ottica civilistica, dunque i rispettivi soggetti politici sono titolari dei segni che devolvono; non parliamo affatto di un uso elettorale, che noi escludiamo perché crediamo di più in un'operazione sul terreno culturale. Che poi ci siano altri partiti, a partire dall'Udc, ma anche le Dc di Renato Grassi e di Angelo Sandri - per dire un paio - che usano lo scudo crociato, sia pure in forma diversa, noi non lo contestiamo, ognuno resta libero di fare come crede; in termini politici pensiamo però occorra fare un passo in avanti, cioè non tenere in vita i partitini, tra i quali ormai c'è anche Forza Italia, ma avere un'ambizione più grande: creare un centro forte. La Germania ha galoppato fin qui grazie a un centro forte, in Europa il centro forte esiste e la traina: e se l'Italia arretrasse proprio perché non c'è più la Dc o, comunque, un centro forte?
Mi scusi, ma penso sia opportuno chiarire meglio alcuni passaggi. Non ne ha parlato, ma immagino che alla fondazione sia stato devoluto anche il simbolo della Dc - ex Dca, dunque quello con le bandiere italiana ed europea sventolanti...
Esattamente, è stato devoluto tutto, di fatto e in parole povere i partiti hanno chiuso bottega [anche se, almeno per la Dc-Rotondi, è molto presto per parlare di liquidazione o scioglimento, ndb].
Di liquidazione del Cdu lei però aveva iniziato a parlare già a metà agosto dell'anno scorso, sbaglio?
No, ma noi abbiamo in questo caso rivolto a tutti gli amici, iscritti, dirigenti e parlamentari del Cdu l'invito a entrare nella Fondazione Sullo, continuando la loro attività in quella sede.
Ora, posto che la "sua" Dc e il Cdi hanno ceduto i propri segni distintivi e non quelli storici della Dc (per quanto simili possano essere), mi spiega come fa a cedere alla fondazione un nome di cui ha avuto il riconoscimento dell'uso esclusivo, ma di cui non è titolare, visto che la proprietà della denominazione "Democrazia cristiana" è tuttora del Ppi - ex Dc rappresentato da Luigi Gilli e Nicodemo Oliverio (come si legge nel loro atto e anche nell'atto costitutivo della "sua" Dc)?
Beh, diciamo che esiste ormai un uso plurale del nome. Certo, il nome è in campo al Ppi - ex Dc, poi esiste l'uso fatto dal nostro partito, consolidatosi nel tempo, perché quando un partito presente in Parlamento utilizza il nome di fatto gli appartiene, vale come il simbolo; ci sono poi varie associazione, come quella di Sandri e quella di Grassi che citavo prima e che, a torto o a ragione, hanno finito anch'esse per consolidare un uso corrente del nome. Come dicevo, non è nostra intenzione andarglielo a contestare, non ci importa nulla perché noi facciamo un'altra cosa.
D'accordo, però allora diciamo che alla Fondazione Sullo lei conferisce la titolarità dell'uso legittimo del nome, non la titolarità del nome in sé: sembrerà pure una questione di lana caprina, ma non lo è...
Diciamo che concediamo alla fondazione un uso non elettorale: quell'ente, se si mettesse in testa di fondare un partito, non lo potrebbe fare, perché andrebbe a confliggere con accordi precedenti che io e lei conosciamo bene.
Tornando ai segni distintivi, è curioso notare che nell'atto costitutivo della "sua" Dc si fosse identificato come simbolo "un cerchio con fondo blu scuro, con al centro uno scudo crociato con la scritta 'Libertas' e intorno, sotto lo scudo, la dicitura 'Democrazia cristiana'". Quel simbolo però, solo descritto e non allegato all'atto, non si è mai visto, o sbaglio?
Eh no. Vede, inizialmente si era immaginato un primo simbolo che contenesse uno scudo crociato con sette punti di differenza rispetto a quello dell'Udc, così da superare la prova di confondibilità, perché in quel modo sarebbe stato approvato dalle varie commissioni. Decidemmo però poi di non usare quello scudo, perché quella confusione avrebbe potuto danneggiare l'Udc ma anche noi: per questo ci siamo limitati a chiedere al Ppi di legittimare il nostro uso del nome e niente di più, utilizzando poi la prima versione del simbolo con le due bandiere, giusto un po' meno sventolanti [che erano a loro volta state mutuate dai Cristiani democratici europei di Stefano Pedica e Alessandro Meluzzi, ndb].
Eppure, in occasione delle elezioni suppletive del 2005, al Viminale era stato depositato un simbolo che nella parte superiore era quasi identico al precedente, ma sotto c'era effettivamente uno scudo crociato, ma solo stilizzato, tracciato a pennello.
In effetti fu un tentativo portato avanti dal compianto senatore Gianni Prandini, che volle provare comunque a introdurre uno scudo crociato nel simbolo: fu una specie di test, cui però nessuno di noi credeva granché. Uno dei nostri provò a utilizzarlo, ma non fu mai il nostro simbolo [anche perché risulta che sia stato ricusato dal Viminale e sostituito con l'emblema ufficiale, ndb].
Fu in compenso molto simpatico un emblema che apparve alle elezioni regionali in Calabria di quel 2005: il nome era lo stesso, ma c'era una stilizzazione della balena dai contorni bianchi, il tutto su fondo azzurro e con la scritta "Ecologisti democratici". Eravate sempre voi?
In effetti sì, anche se in realtà si trattava della componente dei Verdi Verdi - Verdi Federalisti, che ci aveva concesso proprio tra febbraio e aprile del 2005 di formare una componente autonoma alla Camera con il nome "Ecologisti democratici" [perché Verdi Federalisti non sarebbe stato accettato dalla Federazione dei Verdi, ndb]. Loro pensavano di avere un certo radicamento locale, ma in effetti arrivarono poche manciate di voti.
Poi venne il tempo delle autonomie, anzi, della Democrazia cristiana per le autonomie: era stato solo un modo per evitare di essere accusati di confondibilità dagli altri soggetti che detenevano o ritenevano di detenere il nome originale?
Assolutamente no: fu un bidone che ci tirò il simpatico futuro presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. In vista delle elezioni politiche del 2006 disse che avrebbe fatto la lista insieme a noi, ma fece capire che per allearsi sarebbe stato necessario cambiare il nome, visto che lui aveva il suo Movimento per l'autonomia in Sicilia. Fin dal giugno 2005 noi cambiammo il nome, in quell'assemblea fondativa intervenne anche Lombardo, poi lui a febbraio del 2006 si alleò sì con la Casa delle libertà, ma fece un cartello con la Lega Nord. In pratica facemmo un matrimonio per il quale cambiammo il cognome, ma perdemmo lo sposo... e mi creda, quel cambio di nome ci fece male, anche sul piano dei contenziosi giuridici che avevamo in corso.
Tornando al matrimonio più recente, possiamo dire che gli atti compiuti in questi giorni sono la prosecuzione del cammino iniziato un anno fa, quando il Cdu aveva ceduto il suo simbolo alla Fondazione Sullo.
Esatto, andiamo semplicemente avanti, non cambia nulla, perché la fondazione farà molto di più di quello che ha fatto il partito: congressi, eventi, corsi di formazione, seminari, investimenti sulla formazione dei giovani. L'unico cambiamento è che quel soggetto non presenterà sue liste: al massimo metterà candidati nel partito del centro che verrà.
Lei ha annunciato la presentazione della fondazione per venerdì 12 luglio, alle ore 15, alla Camera dei deputati. Avrete una sede, magari quella avellinese che l'anno scorso fu al centro di sgradevoli visite indesiderate?
In realtà non avremo sedi fisiche: questa non è una fondazione ricca che può permettersi grandi sedi, anche se rimarrà quella legale di Avellino. Per il resto sarà un luogo virtuale: costituiremo una piattaforma apposita, analoga - pur se con mezzi ben più limitati - a Rousseau, un luogo interattivo cui i soci potranno iscriversi, partecipare, esprimersi, discutere, votare sulle posizioni da prendere. Il grosso del lavoro sarà online e fisico: online per la connessione tra i soci e fisico perché si organizzeranno incontri tra gli aderenti ed eventi attraverso i quali la fondazione si fa conoscere. Aggiungo che prima di questi cambiamenti la Fondazione Sullo nel suo statuto era del tutto "agnostica", mentre nelle nuove regole comuni si è riconosciuto alla fondazione il diritto di sostenere partiti, movimenti e candidati, per cui se ci sarà qualche soggetto meritevole la fondazione potrà democraticamente decidere di sostenerlo.
A breve quindi è previsto il lancio di un sito internet?
Certo, ora la fondazione dovrà adeguarsi a tutte le norme cui le fondazioni devono sottostare: dovrà mettere online i bilanci, le voci di spesa, le carte bollate e ogni altro documento richiesto.
A chi penserà che sia in arrivo un'altra Dc, la risposta sarà no?
Esatto, perché non presenterà liste, si limiterà a sostenere partiti affini. Diciamo che scende in campo una fondazione che punta a riunire davvero per la prima volta tutti i democristiani, che potranno finalmente litigare in santa pace senza essere obbligati a stare insieme in un partito o in una coalizione. La fondazione sarà un luogo di discussione, con questo portale in cui i democristiani potranno esercitarsi nella cosa che riesce loro meglio, litigare appunto.
Questo spazio non poteva essere l'Istituto Luigi Sturzo, che più "campioni di scudo crociato" nel corso degli anni avevano indicato come luogo in cui riconoscersi tutti?
No, perché si tratta di realtà diverse. Lei ha citato un'istituzione culturale, alla quale in effetti abbiamo dato tutti i documenti storici di cui eravamo in possesso; la fondazione è uno strumento di battaglia politica. La lotta non è finita, anzi entra nella fase più bella. Il primo dei nostri interlocutori rimane Silvio Berlusconi, perché è il leader del Partito popolare europeo in Italia; poi ci sono i capi dei due partiti democristiani principali, Lorenzo Cesa e Mario Tassone. Poi ci sono altre persone che mostrano se non altro un interesse e usano un linguaggio democristiano, per cui hanno la nostra attenzione: penso al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per noi molto più interessante di tutto il resto del governo. C'è poi Urbano Cairo, del cui ingresso in politica si parla sempre di più: noi come fondazione saremmo lieti di ascoltarlo e conoscerlo meglio.
Non più tardi di mercoledì 5 giugno Rotondi, eletto deputato di Forza Italia in quota Rivoluzione cristiana, aveva fatto arrivare ai media una dichiarazione che suonava come la presa d'atto di una sconfitta: "Inutile far finta che non sia successo niente: la nostra linea era di costruire la Dc nel Ppe, il risultato è che tutti assieme abbiamo fatto il 9% e i voti sono tutti di Berlusconi. Mi assumo le mie responsabilità, per piccole che siano, e passo la mano". Aveva così reso pubbliche le proprie dimissioni dalla guida non di Rivoluzione cristiana, partito la cui attività era stata sospesa già ad agosto dell'anno scorso, ma della Democrazia cristiana, fondata il 25 ottobre 2004 ad Avellino, ribattezzata otto mesi esatti dopo - il 25 giugno 2005, giorno dell'assemblea di lancio all'hotel Summit di Roma con Paolo Cirino Pomicino e altri big - Democrazia cristiana per le autonomie, operante sino al 9 febbraio 2008 (giorno in cui il consiglio nazionale scelse di aderire al berlusconiano Popolo della libertà) e "congelato" dal 13 dicembre dello stesso anno (quando lo stesso organo decise la sospensione delle attività in vista della fondazione del Pdl come partito) al 31 agosto 2018, quando toccò appunto alla Dca (ribattezzata di nuovo Dc) essere "ridestata" per prendere il posto di Rivoluzione cristiana.
A quanto pare, però, la vita della "scongelata" Dc - ex Dca è durata poco più di nove mesi: dopo le dimissioni di Gianfranco Rotondi, sarebbe arrivata la decisione di una nuova svolta, che anche stavolta ha la forma della sospensione dell'attività partitica (ormai lo si è capito, che un partito italiano si sciolga sul piano giuridico è un evento più unico che raro, anche per difficoltà giuridiche non di poco conto). Nessun successore di Rotondi alla presidenza, dunque, ma un percorso diverso, illustrato in una conferenza stampa - con al fianco Giampiero Catone, da tempo vicino a lui e prima ancora a Buttiglione - tenutasi stamattina a Pescara, la stessa città in cui si era data notizia a fine agosto del 2018 del "risveglio" di una Dc (e non certo "della" Dc storica, ma i frequentatori assidui di questo sito non hanno bisogno di sentirselo dire) e in cui secondo Rotondi sarebbe nata la storia proprio di quella Dc (che, pur nata in Irpinia, presentò le sue prime liste nel 2005 proprio alle regionali in Abruzzo, oltre che in Piemonte, Marche, Campania e Puglia; il seggio abruzzese, peraltro, non uscì a Pescara ma a Chieti).
Vista la delicatezza della materia, è meglio rivolgersi direttamente all'interessato e cercare di capire con lui come sono andate le cose.
Rotondi, nemmeno il tempo di far scongelare la "sua" Democrazia cristiana e, dopo qualche mese, è già il momento di rimetterla in ghiaccio?
Ma no, il progetto continua, è solo un modo diverso di proporlo. In questi mesi abbiamo fatto delle "prove tecniche di trasmissione", presentando liste dei due partiti democristiani - Udc e Democrazia cristiana - "riannodati", con lo scudo crociato: in Abruzzo si è sfiorato il 3%, in Piemonte l'Udc-Ppe ha preso l'1,15%.
E che ne pensa?
Parlando al di fuori di tutti i convenevoli politici, se avessimo avuto una Forza Italia in salute, con il 20% anche solo di qualche anno fa, poteva starci una Dc-Udc lievito del grande panettiere Berlusconi, sarebbe andata bene così. Ci siamo però trovati di fronte però a un fatto nuovo: non solo la Dc non ha sfondato - quelle percentuali sono quelle che ho fatto io dopo che nel 2004 avevo lasciato l'Udc - ma abbiamo assistito al disastro di Forza Italia, con il suo 9% scarso alle europee che oggi nei sondaggi è ancora più basso, poi Toti che va verso la scissione e chissà cos'altro. Di fronte a questo scempio, col nuovo bipolarismo populista e il centro soffocato in culla, da dirigente politico mi sono posto il problema di cosa fosse più giusto fare della Dc e, in condivisione con gli amici di questo lungo percorso, mi è venuta l'idea di trasformarla in fondazione, o meglio, di mettere il simbolo fuori dal mercato elettorale, facendo un passo indietro e invitando tutti a darci una regolata: l'aereo centrista viaggia a rotta di collo verso lo schianto, al più si può discutere se finirà in mare o sulla terraferma, ma che l'aereo sbatta è chiaro, quindi ho voluto provocare un piccolo shock.
Quali passaggi sono stati fatti in questi giorni, "con tanto di atti sottoscritti dal notaio", come recita una nota diffusa una manciata di ore fa?
Chiariamo bene quest'aspetto, che a noi due è chiaro ma forse alla gran parte delle persone sfugge. Occorre calarci nell'ottica di cosa sia un marchio politico: di quale simbolo e di quale nome parliamo? Il nome è quello della Democrazia cristiana, cosiddetta "delle autonomie", che è l'unico uso legittimo di quell'antico nome che sia stato fatto nella vita politico-elettorale italiana dopo la "fine" della Dc nel 1994: questo perché non viene da favolette ben inventate di fantomatiche sentenze che non esistono, ma da un'autorizzazione rilasciata dal Partito popolare italiano a me nel 2004. Io fui autorizzato a usare quel nome per il mio partito, tant'è che io l'ho costantemente usato, hanno provato in molti a farmi causa per questo ma io ho sempre vinto.
E il simbolo?
Il simbolo di cui parlo, invece, è lo scudo crociato che nel 1995 Rocco Buttiglione ricevette con i "patti di Cannes" e che è stato usato dal Cdu, partito guidato da Buttiglione [di cui Rotondi è tuttora tesoriere e legale rappresentante]: la mia Dc e il Cdu sospendono le attività e devolvono i propri segni distintivi a una fondazione, che nel caso specifico è la Fondazione Fiorentino Sullo, di cui io sono e resto presidente e che avrà come direttore del comitato scientifico il professor Buttiglione. La mia Dc, dunque, devolve alla fondazione il nome, il Cdu devolve il simbolo: preciso che stiamo parlando di segni distintivi in un'ottica civilistica, dunque i rispettivi soggetti politici sono titolari dei segni che devolvono; non parliamo affatto di un uso elettorale, che noi escludiamo perché crediamo di più in un'operazione sul terreno culturale. Che poi ci siano altri partiti, a partire dall'Udc, ma anche le Dc di Renato Grassi e di Angelo Sandri - per dire un paio - che usano lo scudo crociato, sia pure in forma diversa, noi non lo contestiamo, ognuno resta libero di fare come crede; in termini politici pensiamo però occorra fare un passo in avanti, cioè non tenere in vita i partitini, tra i quali ormai c'è anche Forza Italia, ma avere un'ambizione più grande: creare un centro forte. La Germania ha galoppato fin qui grazie a un centro forte, in Europa il centro forte esiste e la traina: e se l'Italia arretrasse proprio perché non c'è più la Dc o, comunque, un centro forte?
Mi scusi, ma penso sia opportuno chiarire meglio alcuni passaggi. Non ne ha parlato, ma immagino che alla fondazione sia stato devoluto anche il simbolo della Dc - ex Dca, dunque quello con le bandiere italiana ed europea sventolanti...
Esattamente, è stato devoluto tutto, di fatto e in parole povere i partiti hanno chiuso bottega [anche se, almeno per la Dc-Rotondi, è molto presto per parlare di liquidazione o scioglimento, ndb].
Di liquidazione del Cdu lei però aveva iniziato a parlare già a metà agosto dell'anno scorso, sbaglio?
No, ma noi abbiamo in questo caso rivolto a tutti gli amici, iscritti, dirigenti e parlamentari del Cdu l'invito a entrare nella Fondazione Sullo, continuando la loro attività in quella sede.
Ora, posto che la "sua" Dc e il Cdi hanno ceduto i propri segni distintivi e non quelli storici della Dc (per quanto simili possano essere), mi spiega come fa a cedere alla fondazione un nome di cui ha avuto il riconoscimento dell'uso esclusivo, ma di cui non è titolare, visto che la proprietà della denominazione "Democrazia cristiana" è tuttora del Ppi - ex Dc rappresentato da Luigi Gilli e Nicodemo Oliverio (come si legge nel loro atto e anche nell'atto costitutivo della "sua" Dc)?
Beh, diciamo che esiste ormai un uso plurale del nome. Certo, il nome è in campo al Ppi - ex Dc, poi esiste l'uso fatto dal nostro partito, consolidatosi nel tempo, perché quando un partito presente in Parlamento utilizza il nome di fatto gli appartiene, vale come il simbolo; ci sono poi varie associazione, come quella di Sandri e quella di Grassi che citavo prima e che, a torto o a ragione, hanno finito anch'esse per consolidare un uso corrente del nome. Come dicevo, non è nostra intenzione andarglielo a contestare, non ci importa nulla perché noi facciamo un'altra cosa.
D'accordo, però allora diciamo che alla Fondazione Sullo lei conferisce la titolarità dell'uso legittimo del nome, non la titolarità del nome in sé: sembrerà pure una questione di lana caprina, ma non lo è...
Diciamo che concediamo alla fondazione un uso non elettorale: quell'ente, se si mettesse in testa di fondare un partito, non lo potrebbe fare, perché andrebbe a confliggere con accordi precedenti che io e lei conosciamo bene.
Tornando ai segni distintivi, è curioso notare che nell'atto costitutivo della "sua" Dc si fosse identificato come simbolo "un cerchio con fondo blu scuro, con al centro uno scudo crociato con la scritta 'Libertas' e intorno, sotto lo scudo, la dicitura 'Democrazia cristiana'". Quel simbolo però, solo descritto e non allegato all'atto, non si è mai visto, o sbaglio?
Eh no. Vede, inizialmente si era immaginato un primo simbolo che contenesse uno scudo crociato con sette punti di differenza rispetto a quello dell'Udc, così da superare la prova di confondibilità, perché in quel modo sarebbe stato approvato dalle varie commissioni. Decidemmo però poi di non usare quello scudo, perché quella confusione avrebbe potuto danneggiare l'Udc ma anche noi: per questo ci siamo limitati a chiedere al Ppi di legittimare il nostro uso del nome e niente di più, utilizzando poi la prima versione del simbolo con le due bandiere, giusto un po' meno sventolanti [che erano a loro volta state mutuate dai Cristiani democratici europei di Stefano Pedica e Alessandro Meluzzi, ndb].
In effetti fu un tentativo portato avanti dal compianto senatore Gianni Prandini, che volle provare comunque a introdurre uno scudo crociato nel simbolo: fu una specie di test, cui però nessuno di noi credeva granché. Uno dei nostri provò a utilizzarlo, ma non fu mai il nostro simbolo [anche perché risulta che sia stato ricusato dal Viminale e sostituito con l'emblema ufficiale, ndb].
Fu in compenso molto simpatico un emblema che apparve alle elezioni regionali in Calabria di quel 2005: il nome era lo stesso, ma c'era una stilizzazione della balena dai contorni bianchi, il tutto su fondo azzurro e con la scritta "Ecologisti democratici". Eravate sempre voi?
In effetti sì, anche se in realtà si trattava della componente dei Verdi Verdi - Verdi Federalisti, che ci aveva concesso proprio tra febbraio e aprile del 2005 di formare una componente autonoma alla Camera con il nome "Ecologisti democratici" [perché Verdi Federalisti non sarebbe stato accettato dalla Federazione dei Verdi, ndb]. Loro pensavano di avere un certo radicamento locale, ma in effetti arrivarono poche manciate di voti.
Poi venne il tempo delle autonomie, anzi, della Democrazia cristiana per le autonomie: era stato solo un modo per evitare di essere accusati di confondibilità dagli altri soggetti che detenevano o ritenevano di detenere il nome originale?
Assolutamente no: fu un bidone che ci tirò il simpatico futuro presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. In vista delle elezioni politiche del 2006 disse che avrebbe fatto la lista insieme a noi, ma fece capire che per allearsi sarebbe stato necessario cambiare il nome, visto che lui aveva il suo Movimento per l'autonomia in Sicilia. Fin dal giugno 2005 noi cambiammo il nome, in quell'assemblea fondativa intervenne anche Lombardo, poi lui a febbraio del 2006 si alleò sì con la Casa delle libertà, ma fece un cartello con la Lega Nord. In pratica facemmo un matrimonio per il quale cambiammo il cognome, ma perdemmo lo sposo... e mi creda, quel cambio di nome ci fece male, anche sul piano dei contenziosi giuridici che avevamo in corso.
Tornando al matrimonio più recente, possiamo dire che gli atti compiuti in questi giorni sono la prosecuzione del cammino iniziato un anno fa, quando il Cdu aveva ceduto il suo simbolo alla Fondazione Sullo.
Esatto, andiamo semplicemente avanti, non cambia nulla, perché la fondazione farà molto di più di quello che ha fatto il partito: congressi, eventi, corsi di formazione, seminari, investimenti sulla formazione dei giovani. L'unico cambiamento è che quel soggetto non presenterà sue liste: al massimo metterà candidati nel partito del centro che verrà.
Lei ha annunciato la presentazione della fondazione per venerdì 12 luglio, alle ore 15, alla Camera dei deputati. Avrete una sede, magari quella avellinese che l'anno scorso fu al centro di sgradevoli visite indesiderate?
In realtà non avremo sedi fisiche: questa non è una fondazione ricca che può permettersi grandi sedi, anche se rimarrà quella legale di Avellino. Per il resto sarà un luogo virtuale: costituiremo una piattaforma apposita, analoga - pur se con mezzi ben più limitati - a Rousseau, un luogo interattivo cui i soci potranno iscriversi, partecipare, esprimersi, discutere, votare sulle posizioni da prendere. Il grosso del lavoro sarà online e fisico: online per la connessione tra i soci e fisico perché si organizzeranno incontri tra gli aderenti ed eventi attraverso i quali la fondazione si fa conoscere. Aggiungo che prima di questi cambiamenti la Fondazione Sullo nel suo statuto era del tutto "agnostica", mentre nelle nuove regole comuni si è riconosciuto alla fondazione il diritto di sostenere partiti, movimenti e candidati, per cui se ci sarà qualche soggetto meritevole la fondazione potrà democraticamente decidere di sostenerlo.
A breve quindi è previsto il lancio di un sito internet?
Certo, ora la fondazione dovrà adeguarsi a tutte le norme cui le fondazioni devono sottostare: dovrà mettere online i bilanci, le voci di spesa, le carte bollate e ogni altro documento richiesto.
A chi penserà che sia in arrivo un'altra Dc, la risposta sarà no?
Esatto, perché non presenterà liste, si limiterà a sostenere partiti affini. Diciamo che scende in campo una fondazione che punta a riunire davvero per la prima volta tutti i democristiani, che potranno finalmente litigare in santa pace senza essere obbligati a stare insieme in un partito o in una coalizione. La fondazione sarà un luogo di discussione, con questo portale in cui i democristiani potranno esercitarsi nella cosa che riesce loro meglio, litigare appunto.
Questo spazio non poteva essere l'Istituto Luigi Sturzo, che più "campioni di scudo crociato" nel corso degli anni avevano indicato come luogo in cui riconoscersi tutti?
No, perché si tratta di realtà diverse. Lei ha citato un'istituzione culturale, alla quale in effetti abbiamo dato tutti i documenti storici di cui eravamo in possesso; la fondazione è uno strumento di battaglia politica. La lotta non è finita, anzi entra nella fase più bella. Il primo dei nostri interlocutori rimane Silvio Berlusconi, perché è il leader del Partito popolare europeo in Italia; poi ci sono i capi dei due partiti democristiani principali, Lorenzo Cesa e Mario Tassone. Poi ci sono altre persone che mostrano se non altro un interesse e usano un linguaggio democristiano, per cui hanno la nostra attenzione: penso al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per noi molto più interessante di tutto il resto del governo. C'è poi Urbano Cairo, del cui ingresso in politica si parla sempre di più: noi come fondazione saremmo lieti di ascoltarlo e conoscerlo meglio.
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