lunedì 1 aprile 2024

Se la lista di scopo, per +Europa, è anche questione di "diritto dei partiti"

Come si è ricordato nei giorni scorsi, il progetto della lista Stati Uniti d'Europa, pensata come "lista di scopo" per le elezioni europee che si terranno l'8 e il 9 giugno, sembra avere fatto passi avanti, anche se non tutti i nodi sono ancora stati sciolti: lo stesso simbolo mostrato mercoledì può essere considerato provvisorio, non solo perché la compagine potrebbe potenzialmente allargarsi (quanto a soggetti partecipanti e a rappresentazione grafica), ma perché in alcuni casi alla presenza nel contrassegno divulgato non corrisponde ancora un'adesione ufficiale.
Si è già visto giovedì, per esempio, che l'assemblea di Volt non ha ancora deciso ufficialmente la partecipazione alla lista, anche se il simbolo viola e bianco era già stato inserito nel fregio elettorale presentato ai media. Ma se l'attenzione dei più è stata catturata dalle polemiche sollevate da Carlo Calenda che ha deciso di non partecipare al cartello elettorale - sia per la presenza di Italia viva, sia per alcuni altri compagni di strada apportati da Matteo Renzi e ritenuti sgradevoli - occorre non trascurare la situazione che sta riguardando +Europa, che - grazie innanzitutto a Emma Bonino -  riveste il ruolo di principale partito promotore di questo progetto elettorale, volto a sostenere la comune idea degli Stati Uniti d'Europa (con meno ostacoli all'ingresso, in virtù della riottenuta esenzione dalla raccolta firme in virtù dell'elezione di alcuni parlamentari nei collegi uninominali) e a unire le forze di buona parte dei soggetti politici che fanno riferimento all'area liberaldemocratica (che a livello europeo si riconosce nell'Alde Party o nel Partito democratico europeo, dunque nel gruppo parlamentare Renew Europe) e riformista, in modo da rendere meno arduo l'obiettivo di raggiungere il 4% dei voti e superare la soglia di sbarramento.

La situazione e gli scontri

Nelle settimane precedenti si era fatta sempre più concreta la ricostruzione che raccontava di una spaccatura all'interno di +Europa, tra coloro che erano propensi ad allearsi con Italia viva e coloro che invece vedevano come interlocutore privilegiato il partito di Calenda, escludendo quello di Renzi: la prima linea era ed è incarnata innanzitutto dal segretario di +E, Riccardo Magi, mentre la seconda è portata avanti soprattutto dal presidente del partito, Federico Pizzarotti. Questa situazione ha certamente concorso ad allungare i tempi di gestazione della lista, ma in assenza di altri elementi poteva essere considerata un semplice dissidio interno, condito da malumori, situazione tutt'altro che rara in politica.
La presentazione pubblica del potenziale contrassegno elettorale di lista mercoledì scorso, però, ha fatto da detonatore: la mattina stessa del 27 marzo, infatti, Pizzarotti si è espresso pubblicamente attraverso il social X.: "L’eventuale adesione della Nuova Dc di Salvatore Cuffaro a una lista con +Europa sarebbe semplicemente lunare, assurda e inconciliabile con qualsiasi scopo uno voglia dare alla lista. Trovo anche incomprensibile che Emma Bonino liquidi la questione dicendo che la presenza di Cuffaro è un problema di Renzi: se si vuol fare una lista di scopo per gli Stati Uniti d’Europa, tutti i candidati e i movimenti politici che ne fanno parte dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi. Leggo che Italia Viva si è affrettata a smentire le candidature di Cuffaro e Francesca Donato. Il problema di allearsi con la Nuova DC rimarrebbe comunque intatto. Quale può mai essere lo scopo comune di Più Europa e Cuffaro? Sono mesi che propongo una lista comune tra Azione e Più Europa, capeggiata magari da Carlo Cottarelli, e dovremmo invece allearci Cuffaro e Donato?"
Il giorno dopo, giovedì, è circolata la notizia della candidatura in lista di Marco Zambuto, genero di Totò Cuffaro: Pizzarotti così ha rincarato la dose rivolgendosi direttamente a Emma Bonino,"Se la notizia riportata da Repubblica fosse confermata, e cioè che la Nuova DC candiderebbe Zambuto nella lista Stati Uniti d’Europa per conto di IV, non sarebbe un problema di Renzi, ma di +Europa! Come puoi accettare di compromettere +E e la tua storia personale in un'alleanza politica ed elettorale con un signore condannato in via definitiva a 7 anni per favoreggiamento dei mafiosi? Ti sembra una cosa in linea con Renew Europe?" Stavolta però l'intervento pubblico di Pizzarotti è andato oltre una mera questione politica (che comunque esiste), sollevandone una giuridica: "Come più volte anticipato in Direzione, da Presidente di +Europa non posso prestarmi a questa farsa lesiva degli interessi del partito e dei suoi elettori. Alle condizioni attuali non posso cofirmare, come da statuto, la proposta di partecipazione elettorale. Fermiamoci, azzeriamo tutto e ripartiamo tenendo alti i nostri principi di onestà, serietà e distanza assoluta da qualsiasi potere criminale".
Tanto è bastato perché qualcuno si interrogasse sull'effettiva portata di quelle parole, anche se non sembra preoccuparsene più di tanto Emma Bonino, che le ha liquidate così intervenendo a Un giorno da pecora nella puntata di giovedì 28 marzo: "Bisogna spiegare a Pizzarotti, che ancora non lo ha capito, che una lista di scopo è una lista di scopo. Ognuno dei partecipanti ha le sue libertà fino alle elezioni; il giorno dopo ognuno tornerà a fare quello che ritiene. Ovviamente se Pizzarotti è così innamorato di Calenda ci vada. [...] Una proposta politica non è un carcere, ognuno si assume la responsabilità di quello che fa". Sollecitata da Giorgio Lauro, che la interrogava circa la possibilità di presentare comunque le liste anche se non le avesse cofirmate Pizzarotti come presidente di +Europa, Bonino ha risposto: "Dipende dallo statuto, che in questo momento non ho sotto mano"; all'ulteriore sollecitazione di Lauro ("Quindi è un casino perché dipende tutto da Pizzarotti?") ha replicato "Sì, fa un po' ridere, ma fa lo stesso".
La disputa politico-giuridica, peraltro, è proseguita, con Pizzarotti che ha risposto prima a Bonino, il 28 marzo ("A te farà ridere che dipenda da me la presentazione della lista, va bene, ma non fa ridere che dipenda dalle regole che il partito si è dato. Ho scelto +Europa fin dal 2019 (candidandomi alle Europee in una lista che sapevamo non avrebbe raggiunto il 4%), proprio perché è un partito che ha scelto di funzionare secondo le regole e non secondo il volere di un capo. Dunque, con molta serenità, fermiamoci e decidiamo insieme con chi +E dovrebbe allearsi o no. Io dico che la Nuova DC di Totò Cuffaro e della No-Euro Francesca Donato non ha nulla a che fare con noi"), poi a Renzi, il 30 marzo, in un botta e risposta tra giornali e social ("L'idea che un progetto chiamato Stati Uniti d'Europa possa saltare per il veto di tal Pizzarotti da Parma mi sembra lunare. Facciamo questa scelta per togliere il diritto di veto a Orban, non per darlo a un ex grillino iscritto al MoVimento 5 Stelle quando Grillo chiedeva di uscire dall'euro"; "Sono diventato sindaco M5S nello stesso anno in cui tu facevi il rottamatore del Pd. Eravamo entrambi 'anti-sistema' e nel sistema siamo entrati per provare a cambiarlo e migliorarlo. Io continuo a farlo: proviamo a rispettarci evitando il bullismo mediatico. Come Più Europa parteciperà alle Europee lo decideranno gli organi secondo le regole che abbiamo, non le tue interviste").

Lo statuto

Oggi, 1° aprile, Federico Pizzarotti non si è sottratto al rito del "pesce d'aprile", proponendo un annuncio sui generis ("Visto che secondo qualcuno 'si è grillini per sempre', ho deciso di invitare anche Giuseppe Conte al tavolo per la lista Stati Uniti d'Europa. Conte ha accettato entusiasta, ponendo come unica condizione la candidatura di Rocco Casalino capolista al Sud. [...] Un nuovo fronte per un"Europa più forte"); mentre si cerca di sorridere, però, vale la pena cercare di capire meglio cosa preveda lo statuto di +Europa in materia di partecipazione alle elezioni.
L'articolo 11, che regola la Direzione (organo di organizzazione e di indirizzo politico), al comma 5 stabilisce che essa "delibera, su proposta congiunta del Segretario e del Presidente di +Europa, sulla partecipazione alle elezioni e sulle relative liste e candidature con la maggioranza dei 2/3 dei presenti"; lo stesso organo "autorizza l’utilizzo del simbolo, nella composizione descritta all'art. 2 o con delle varianti, come simbolo elettorale di aggregazione di partiti e movimenti politici, in forma associativa e non, cui partecipi anche +Europa o da questa promossi, se del caso subordinando l’autorizzazione alla formulazione di specifici punti del programma elettorale". A una prima lettura, si vede che il testo dello statuto prevede dalla metà di luglio del 2021 che sia la partecipazione alle elezioni sia la proposta delle candidature sia fatta in modo congiunto dal segretario e dal presidente, mentre fino a quel momento a proporle era stato solo il presidente: quell'assetto certamente non era estraneo al clima che aveva preceduto il secondo congresso del partito (durante il quale la norma fu approvata) e che aveva portato al ritorno di Benedetto Della Vedova alla segreteria e all'arrivo di Riccardo Magi alla presidenza. In base a quelle regole scritte, non sembra esserci rimedio qualora una delle due cariche non concorra alla proposta della partecipazione e delle candidature, di fatto dando luogo a una presentazione incompleta, dunque non completamente formata. 
Vale altrettanto la pena precisare che quelle che si vorrebbero distinguere con il contrassegno di Stati Uniti d'Europa dovrebbero essere liste di un soggetto giuridico diverso da +Europa: è prassi comune, infatti, che anche alle "liste di scopo" o, più in generale, alle liste elettorali si dia la forma dell'associazione non riconosciuta, costituita con atto notarile dai rappresentanti dei diversi soggetti politici che concorrono alla fondazione (quando le liste di scopo, invece, sono emissione essenzialmente di un soggetto, può accadere che siano presentate direttamente da questo, anche quando hanno denominazione e simbolo diversi, come la lista Amnistia Giustizia Libertà, formalmente presentata nel 2013 dall'Associazione politica nazionale "Lista Marco Pannella"). Questo per dire che la Direzione non dovrebbe deliberare sulle intere liste da presentare, ma solo sulle candidature che +Europa inserirebbe nelle liste di Stati Uniti d'Europa, non anche sui candidati proposti dagli altri partiti (e magari non graditi a qualcuno). 
Detto questo, l'art. 11 prevede due regimi diversi per partecipazione elettorale e candidature, da una parte, e simbolo, dall'altra. Con riguardo a quest'ultimo, sarebbe certamente necessaria l'autorizzazione della Direzione per inserire il simbolo di +Europa nel contrassegno composito della lista Stati Uniti d'Europa, se questa - come si diceva - risultasse presentata da un soggetto giuridico a sé; quell'autorizzazione, tra l'altro, "coprirebbe" anche la resa grafica del nome della lista, chiaramente frutto della stessa mano - quella di Stefano Gianfreda, direttore creativo del partito - che ha concepito il logo originario di +E. In mancanza di altre indicazioni, non è prevista la presentazione congiunta - da parte di segretario e presidente - delle richieste di autorizzazione all'impiego del simbolo e per l'approvazione basta la maggioranza semplice: una minoranza consistente, dunque, non ha possibilità di opporsi efficacemente all'uso del proprio fregio a fini elettorali. Diverso è il discorso con riguardo alla partecipazione elettorale e alle candidature: occorrendo il quorum dei due terzi dei presenti, la minoranza può far pesare i propri voti in quell'organo; a monte, se il presidente non presenta le proposte di candidatura insieme al segretario (che resta il legale rappresentante) e, prima ancora non co-propone la partecipazione elettorale (sia pure nella forma della lista di scopo), in teoria la Direzione non può deliberare (e, se lo facesse, la decisione potrebbe essere impugnata con probabilità di successo). La stessa deliberazione sul simbolo, peraltro, dovrebbe essere logicamente successiva alla delibera sulla partecipazione di +Europa alla lista (e, già prima, alla proposta congiunta di concorso alle elezioni), diversamente non avrebbe senso autorizzare l'uso del fregio.
Il gesto di un eventuale rifiuto del presidente di co-presentare le proposte di partecipazione alle elezioni e di candidature  manderebbe un messaggio netto: "non sono d'accordo con alcune candidature altrui, quindi a monte piuttosto che partecipare a questa lista con nostri candidati preferisco che ufficialmente non se ne presenti nessuno, anzi, che non partecipiamo proprio". Ufficialmente, perché - a ben guardare - lo statuto è piuttosto vago nelle parti dedicate ai procedimenti sanzionatori e non prevede tra i comportamenti antistatutari la candidatura in liste che non abbiano avuto il placet del partito.
Nel frattempo, nei prossimi giorni dovrebbe riunirsi l'Assemblea - organo che, da statuto, "articola e, ove necessario, integra il progetto e gli obiettivi stabiliti dal Congresso alla luce della attualità politica, stabilisce le priorità politiche, definisce gli strumenti e le iniziative più efficaci" - e in quell'occasione potrebbe essere presentata e votata una mozione in materia di partecipazione alle elezioni europee da sottoporre alla Direzione perché la attui. La Direzione stessa, però, resta padrona di agire come meglio crede (anche per la maggioranza qualificata richiesta dallo statuto).
Il contenuto della decisione ovviamente influirà sul contrassegno da presentare. Per ora ci si limita a notare - una volta di più - che conoscere le regole interne che un partito si dà è fondamentale per non avere sorprese; oltre che conoscerle, però, è necessario prenderle sul serio, a maggior ragione se queste regole sono state cambiate durante la vita del soggetto politico. Al di là di ogni valutazione sulla condivisibilità o meno di certe posizioni sul piano politico, se una disposizione statutaria richiede che si seguano determinati passaggi per ottenere un risultato, questo può ottenersi solo così, non in altre forme (tanto più che quelle regole sono frutto del lavoro iniziale di alcuni soci e le modifiche vanno comunque approvate da organi interni). Il "diritto dei partiti", insomma, non dovrebbe fare ridere, ma merita serietà e attenzione.

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