Lo avevano annunciato nei giorni scorsi: i "quarantenni" - Sabina Bonelli, Michele Facci, Fausto Orsomarso, Andrea Santoro, Gianluca Vignale e Alessandro Urzì - aderenti alla Fondazione Alleanza nazionale che avevano presentato in estate una mozione per sbloccare quell'ente dalla posizione di "monumento culturale" e dagli maggior peso politico, sostenuti in questo dalle trenta sigle riunite in ForumDestra (a partire da Prima l'Italia, legata a Gianni Alemanno), questa mattina hanno illustrato il nuovo testo della loro proposta, a breve sottoposto ai 293 firmatari della mozione stessa, che punta alla democratizzazione e trasparenza della fondazione finora guidata da Franco Mugnai.
La mozione "Quarantenni 2.0" mostra effettivamente alcune novità. Si rivendica, per esempio, per la Destra nazionale "un ruolo forte e autonomo, non subalterno a nessun altra forza politica, ruolo che può essere guadagnato soltanto riaggregando tutta la diaspora della propria area" (ogni riferimento alla necessità di non essere ai comandi della Lega è puramente casuale, il pensiero a eventuali alleanze Meloni-Salvini forse altrettanto). Si aggiunge poi, nella parte del "considerato che", il richiamo al parere dei civilisti Cataudella e Doria, emesso su incarico del cda della Fondazione An e nel quale si esplorano le possibilità di intervento della fondazione stessa in politica (sostenendo e finanziando una nuova associazione).
Tengono appunto conto di quel parere giuridico alcune delle modifiche più rilevanti della parte "impegnativa", in cui si delinea con maggiore chiarezza il percorso che il progetto politico dovrebbe seguire: per prima cosa i vertici della fondazione, assieme al Comitato scientifico e culturale, dovrebbero stilare un programma di iniziative politiche, culturali e sociali volte a diffondere "le idee della Destra politica, secondo la tradizione che discende dall’esperienza storica di Alleanza Nazionale", con l'attenzione a produrre "un effettivo miglioramento della condizioni di vita degli italiani". Questo punto, in effetti, sembra cogliere le sollecitazioni tanto del direttore del Tempo, Gian Marco Chiocci, quanto di Marcello Veneziani (in un intervento pubblicato sullo stesso giornale), che proponevano in effetti un impegno solido in chiave rispettivamente sociale e culturale.
Altro contributo accolto sarebbe quello di Massimo Corsaro (già tra i fondatori di Fratelli d'Italia, ora vicino ai Conservatori e riformisti di Fitto, non tenero nei confronti dei "quarantenni" e di chi aveva comunque sostenuto quella mozione), che aveva suggerito di lasciare intatto a quello scopo il patrimonio della Fondazione An, impiegandone solo i frutti e soprattutto di avviare una procedura di gara trasparente per individuare operatori professionali della gestione mobiliare ed immobiliare, in modo che siano costoro ad amministrare l’intero patrimonio della Fondazione.
Viene poi la precisazione del cammino già indicato varie volte in questi giorni, con la nascita di una nuova associazione (alla cui costituzione contribuisca la fondazione, senza però aderirvi e senza trasferirle il proprio patrimonio) che possa aggregare "tutte le persone di destra che si vogliono ritrovare in una 'casa comune'" e gli italiani che si riconoscono nei principi che furono di An. L'associazione dovrebbe operare al massimo per un anno, verificando la possibilità - attraverso un Comitato di promotori che rappresenti tutte le realtà di destra, a partire da Fratelli d'Italia - di indire un grande Congresso di fondazione "che raccolga tutte le energie presenti nella nostra area politica per dare vita ad un nuovo partito unitario della Destra italiana": non una semplice riproposizione di An, ma "un’organizzazione nuova con nome, simboli e messaggi in sintonia con i nostri tempi".
Passaggio necessario per arrivare a tutto questo, però, sarebbe l'impegno per la Fondazione An ad approvare tutte le modifiche statutarie che trasferiscano all’Assemblea dei partecipanti di diritto e degli aderenti il potere di eleggere direttamente il Consiglio di amministrazione e il Comitato dei partecipanti di diritto e degli aderenti (oltre che di approvare i bilanci e decidere chi sono i nuovi aderenti alla Fondazione) e stabiliscano l’incompatibilità tra la carica di consigliere di amministrazione e quella di parlamentare, consigliere regionale o di Città metropolitana, così da trasformare il Cda in un organo solo tecnico (mentre il Comitato dei partecipanti di diritto e degli aderenti sarebbe un organo di indirizzo politico, a partire dalle decisioni dell’Assemblea biennale). Soprattutto la prima parte è chiaramente debitrice della mozione presentata a dicembre dell'anno scorso da Nicola Bono e Vincenzo Zaccheo, non ancora discussa però dall'assemblea.
Il nuovo testo della mozione, alla fine, chiede che l'assemblea della fondazione sia chiamata "prioritariamente, a determinarsi con autonoma votazione sull'utilizzo del simbolo di Alleanza Nazionale", punto che - come si è detto nei giorni scorsi, era misteriosamente sparito dall'ordine del giorno dell'assemblea. Per non saper né leggere né scrivere, comunque, il nuovo testo della mozione precisa che Fratelli d'Italia dell'emblema di An ha avuto solo "l'uso temporaneo" (la prima versione parlava genericamente di "acquisizione del simbolo", potendo essere letta anche in senso definitivo).
Capire chi sarà interessato a questo progetto politico e chi invece - come dichiarano da tempo Gasparri, Matteoli e come ha deciso l'ultima assemblea nazionale di Fratelli d'Italia - chiede che la Fondazione An mantenga un ruolo solo di riferimento culturale, senza sostenere in alcun modo iniziative politiche, è ormai questione di giorni: salvo novità dell'ultim'ora, nel fine settimana al Midas di Roma si celebrerà una vera e propria conta, dagli esiti non troppo prevedibili.
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