Alla fine l'accordo che qualcuno aveva sperato non c'è stato: arrivare alla conta sulle mozioni presentate all'assemblea dei partecipanti di diritto e degli aderenti alla Fondazione Alleanza nazionale è stato inevitabile. Chi vuole a tutti i costi identificare vincitori e vinti, dirà che ha vinto la linea di Fratelli d'Italia e ha perso quella dei "quarantenni" e di chi, come Gianni Alemanno, li aveva sostenuti con maggiore forza. In realtà, a ben guardare, la situazione è un po' più complessa e merita una lettura più attenta.
Il primo numero da analizzare è stato poco considerato dagli interpreti. Al voto di oggi hanno partecipato 490 delegati su quasi 600 aventi diritto, cioè coloro che erano regolarmente iscritti o che hanno pagato le quote dovute anche in extremis; a dicembre del 2013, alla prima assemblea, i votanti erano stati 306, gli aventi diritto 693 (chi aveva impugnato l'esito del voto che aveva concesso il simbolo di An a Fratelli d'Italia ne aveva contati 1206, ma forse molti non avevano regolarizzato l'adesione). La partecipazione è stata più consistente stavolta, anche perché da mesi si preparava l'evento (lo hanno fatto soprattutto i sostenitori della "mozione dei quarantenni") e su certe presenze si è contato; pesa però il calo di aderenti alla fondazione, a quattro anni dall'avvio, come se nell'ultimo biennio circa cento persone si fossero scordate di rinnovare l'iscrizione o si fossero allontanate di proposito. Segno poco incoraggiante, a ben guardare.
Arrivando ai numeri più "caldi", quelli delle mozioni, il testo a prima firma di Ignazio La Russa (Fondazione per l'Italia), volto a riaprire un "congresso costituente" di Fratelli d'Italia che apra a chi si riconosce ancora nei valori di An e a rinnovare la concessione del simbolo, ha ottenuto 266 voti, quando ne bastavano 246; la mozione "dei quarantenni" di voti ne ha ricevuti 222. Di documenti ce n'era un terzo, firmato da Nicola Bono e Vincenzo Zaccheo (gli stessi che già nel 2013 avevano chiesto maggiore democrazia interna per la fondazione), con cui si chiedeva di "congelare" il simbolo "perché non diventi motivo di lotta", come ha spiegato Bono, che peraltro sposava la tesi dei "quarantenni": quella mozione ha ricevuto 212 voti. La mozione con primi firmatari Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, invece, è stata ritirata, con lo stesso Gasparri che - pur ribadendo che "non si può fare della fondazione un partito" e che "chi vuole rifare un partito alleato con Monti, lo può fare. Non con i soldi della Fondazione" - ha invitato a votare la mozione La Russa.
Le cose stanno come dice uno dei bomber di Fratelli d'Italia, Fabio Rampelli. che parla di "messaggio inequivocabile di chiarezza: la destra è rappresentata da Fratelli d'Italia e da Giorgia Meloni" e che "la mozione dei risentimenti è stata bocciata" e se ne dovrebbero fare una ragione "Fini, Alemanno, Bocchino, insieme ai tesserati del partito di Alfano tra cui Roberta Angelilli, in fila a votare per loro"? Sì e no. Certamente, alla prova dei numeri, il progetto di Fratelli d'Italia ha convinto più persone tra coloro che potevano votare oggi e hanno scelto di farlo. Il cammino che avrà davanti la Meloni, tuttavia, non è così piano: la mozione La Russa, infatti, ha vinto ma di misura, incontrando più resistenze di quanto era naturale aspettarsi. Questo avrà peso nel progetto che, in base al deliberato dell'assemblea nazionale di sette giorni fa, impegnerà Fdi da qui in poi: l'allargamento del partito a coloro che effettivamente si riconoscono nei valori e nei principi di An potrebbe non essere semplice e non coinvolgere tutta la platea interessata, divisa com'è al suo interno. In più, se nel 2013 la concessione del simbolo era arrivata grazie al sostegno di Prima l'Italia, stavolta il rinnovo deve molto alla convergenza dei componenti vicini a Gasparri e Matteoli, che per la prima volta finiscono per sostenere una mozione che - tra l'altro, se si legge bene il testo - consente a un partito come Fratelli d'Italia di godere di un sostegno patrimoniale della Fondazione An.
Che dire invece della "mozione dei quarantenni"? Dopo il dibattito i primi firmatari avevano parlato di "spaccatura progettuale e generazionale" tra la loro proposta e "l'accordo tra storici colonnelli ex An", accomunando La Russa, Gasparri e Matteoli: forse non è stata la sola spaccatura. 222 voti su 490 voti sono oltre il 45%, non poco per una posizione che esce sconfitta, in diversi sono rimasti affascinati dall'idea di un nuovo partito con l'appoggio della Fondazione An. Anche altri numeri però vanno guardati: per il Secolo d'Italia, le sottoscrizioni alla "mozione dei quarantenni" erano 293 e c'è da immaginare che fossero tutte di aderenti alla fondazione; ai "quarantenni" e ai loro sostenitori come Alemanno, Bocchino e Menia sarebbero mancati 71 voti, di persone che non potevano votare, non si sono presentate o hanno alla fine votato la mozione La Russa. Anche senza fare questo conto, però, è difficile non notare che il lavoro di un anno per arrivare a questa mozione non è bastato per ottenere il consenso necessario, pur essendoci arrivato vicino, cosa che può rendere la sconfitta più dolorosa, non più lieve. L'idea di un partito di destra nuovo, che riconosca a tutti "pari dignità" e rispetti le storie di tutti (usando le parole di oggi di Alemanno) senza che si traducesse in una semplice adesione a Fdi ha attirato molti per varie ragioni, ma quelli che hanno riconosciuto che quel partito non serve perché ce n'è già uno che si chiama Fratelli d'Italia sono stati di più. Alemanno può riconoscersi l'onore delle armi per il 45% ottenuto dalla mozione contro "due opposte discipline di partito di Fi e di Fdi", magari da mettere a valore nella costruzione di un "movimento per la Destra unita" (come si legge sul Fatto Quotidiano), ma al di là dell'orgoglio per la battaglia combattuta al momento non sembra restare molto.
Che dire invece della "mozione dei quarantenni"? Dopo il dibattito i primi firmatari avevano parlato di "spaccatura progettuale e generazionale" tra la loro proposta e "l'accordo tra storici colonnelli ex An", accomunando La Russa, Gasparri e Matteoli: forse non è stata la sola spaccatura. 222 voti su 490 voti sono oltre il 45%, non poco per una posizione che esce sconfitta, in diversi sono rimasti affascinati dall'idea di un nuovo partito con l'appoggio della Fondazione An. Anche altri numeri però vanno guardati: per il Secolo d'Italia, le sottoscrizioni alla "mozione dei quarantenni" erano 293 e c'è da immaginare che fossero tutte di aderenti alla fondazione; ai "quarantenni" e ai loro sostenitori come Alemanno, Bocchino e Menia sarebbero mancati 71 voti, di persone che non potevano votare, non si sono presentate o hanno alla fine votato la mozione La Russa. Anche senza fare questo conto, però, è difficile non notare che il lavoro di un anno per arrivare a questa mozione non è bastato per ottenere il consenso necessario, pur essendoci arrivato vicino, cosa che può rendere la sconfitta più dolorosa, non più lieve. L'idea di un partito di destra nuovo, che riconosca a tutti "pari dignità" e rispetti le storie di tutti (usando le parole di oggi di Alemanno) senza che si traducesse in una semplice adesione a Fdi ha attirato molti per varie ragioni, ma quelli che hanno riconosciuto che quel partito non serve perché ce n'è già uno che si chiama Fratelli d'Italia sono stati di più. Alemanno può riconoscersi l'onore delle armi per il 45% ottenuto dalla mozione contro "due opposte discipline di partito di Fi e di Fdi", magari da mettere a valore nella costruzione di un "movimento per la Destra unita" (come si legge sul Fatto Quotidiano), ma al di là dell'orgoglio per la battaglia combattuta al momento non sembra restare molto.
Per chiudere, si può dire che il voto di oggi è stato, sul piano giuridico, il meno problematico per il simbolo di An. Se l'assemblea avesse deciso di attribuire l'emblema a un soggetto diverso, questo avrebbe richiesto la collaborazione (comunque probabile) di Fdi, che avrebbe dovuto togliere il riferimento nel proprio contrassegno, e l'attenzione degli uffici elettorali, che non avrebbero dovuto dare peso alla presenza in Parlamento di un partito con quel fregio per decidere chi avrebbe potuto utilizzare la fiammella sulla scheda e chi no. La permanenza del simbolo in capo allo soggetto, pure allargato, semplifica invece di molto le cose; certamente Fratelli d'Italia a questo punto sarebbe anche legittimata ad adottare l'emblema di An come suo segno distintivo, come pure a liberarsene del tutto, ma è più probabile che per ora l'uso continui senza alcuna modifica. Almeno su questo, il deliberato di oggi non lascia dubbi.
Nessun commento:
Posta un commento