Spente le luci in sala, passata la foga del momento e dei titoli di giornale, gli appassionati di politica dovrebbero chiederselo: ma cos'ha deciso davvero domenica l'assemblea della Fondazione Alleanza nazionale? Basta dire che ha vinto Giorgia Meloni, che è stata sconfitta la "mozione dei risentimenti" (come Fabio Rampelli ha battezzato quella dei "quarantenni") assieme a Gianni Alemanno e Gianfranco Fini e che - come ha scritto Il Fatto Quotidiano - "il patrimonio resta blindato"? E, soprattutto, è corretto tutto ciò? Per capirlo è bene confrontare il testo della mozione annunciata da Ignazio La Russa nelle vesti di "pontiere", per cercare di mettere d'accordo tutti, e quello della mozione "Fondazione per l'Italia" approvata dall'assemblea: non disponendo di documenti ufficiali, tocca fare riferimento ai testi pubblicati dal Secolo d'Italia, organo della fondazione stessa.
Scorrendo con attenzione le due versioni, le differenze emergono e pesano. Alcune sono di portata minore, anche se significative, come nel "Considerato che", sull'intervento politico diretto della fondazione (le premesse sulla presenza tangibile ma insoddisfacente di Fratelli d'Italia in Parlamento e sulla necessità di unire la destra sono identiche). Rispetto al "testo La Russa" originale, è sparito l'inciso per cui la trasformazione della fondazione in partito appare giuridicamente impossibile "a prescindere dal giudizio di merito che ciascuno può dare" e, quanto al parere chiesto dalla fondazione ai civilisti Cataudella e Doria, non si ritiene più che abbia sancito "la difficoltà (rectius: l'impossibilità) di avere certezze di liceità" su percorsi alternativi alla trasformazione, ma si parla solo di "impossibilità": queste differenze marcano le distanze dal progetto dei "quarantenni", ma non hanno effetti pratici (anche se, come ho già scritto, la conclusione sul parere non è condivisibile in pieno).
Diverso è il discorso, invece, per una modifica solo in apparenza più piccola: il primo testo di La Russa metteva in dubbio la liceità tra l'altro del "finanziamento ultra legem di un'associazione finalizzata alla rinascita di un partito), mentre nella mozione approvata le due parole sono sparite. La nuova versione esclude in ogni modo che la Fondazione An possa finanziare un partito in via di (ri)costituzione anche entro i limiti di legge, sbarrando la strada pure per il futuro a simili progetti; un atteggiamento così rigido, però, cozza contro il reale contenuto del parere, non è prescritto dalla legge e, soprattutto, sembra poco coerente con il finale della mozione, di cui si parlerà a tempo debito.
Le differenze maggiori, però, devono ancora venire: le parti successive della mozione sono state private dei punti più significativi di mediazione che aveva introdotto La Russa nel suo testo. Innanzitutto, è stata decisamente annacquata la parte relativa alla "democrazia interna" alla Fondazione Alleanza nazionale: in particolare, il consiglio di amministrazione ha avuto "l'indirizzo di affrontare l'opportunità" di modificare lo statuto per introdurre, tra l'altro, l'elettività dei membri dello stesso cda da parte dell'assemblea e l'incompatibilità tra la carica di consigliere di amministrazione e quelle di parlamentare, consigliere regionale (o comunale/metropolitano di capoluogo di regione). In pratica, a scegliere se sarà opportuno democratizzare la formazione e l'operato del cda - cosa che, attualmente, porrebbe il problema dell'incompatibilità per Alemanno, Gasparri, La Russa, Martinelli, Matteoli e la Meloni - sarà il cda stesso, con un cortocircuito di competenze non indifferente.
Più significativa è la sparizione di ogni riferimento all'allargamento "garantistico" di Fratelli d'Italia, inserito da La Russa per puntare a un accordo ampio sulla sua mozione e valorizzare il ruolo della fondazione. Cancellate dunque, nella presa d'atto, le frasi sulla disponibilità di Fdi "ad accogliere tutti coloro che avessero voluto aderire o candidarsi nelle proprie liste" e sull'obiettivo di un'unità all'interno di quel soggetto politico "rispettosa della partecipazione alla vita interna ed elettorale del partito di posizioni anche minoritarie nell'ambito del comune progetto", così come nella parte impegnativa non si chiede più a Fdi di impegnarsi a individuare, con un organo ad hoc, criteri di candidatura rispettosi della varietà di posizioni causata dall'allargamento del partito. Le frasi non corrispondevano in pieno al deliberato dell'assemblea nazionale di Fratelli d'Italia del 27 settembre, quindi possono essere state tolte per non impegnare troppo Fdi, ma di certo il messaggio di apertura esce mutilato. In più la versione finale della mozione esclude dai partecipanti all'evoluzione di Fdi chi si riconosca nei valori di An ma sia incorso "in comportamenti incompatibili o indegni": l'aggiunta delle ultime due paroline può far pensare all'esclusione permanente di chiunque abbia partecipato all'operazione dei "quarantenni" e non abbia votato la mozione favorevole a Fdi. Cosa compatibile con le parole di Giorgia Meloni al Tempo, intervistata da Carlantonio Solimene, sui promotori della mozione aderenti al partito ("È scontato che chi ha fatto un’altra scelta sia coerente. Per me le strade si dividono qui"): non è un'espulsione, che richiede(rà) provvedimenti ufficiali, ma poco ci manca.
Soprattutto, però, la Fondazione An non ha più alcun ruolo concreto nella nascita politica di Fratelli d'Italia 3.0: si dice ancora che, nella segreteria del congresso da svolgersi entro gennaio, "oltre agli esponenti scelti dagli organi di FdI", parteciperanno "esponenti tra soggetti significativi per la loro storia o per l’appartenenza a partiti o associazioni che si propongono esplicitamente di allargare l’area politica della destra italiana", ma non è più prevista la loro consistenza "assolutamente paritetica", né tanto meno la loro proposta da parte della fondazione. Da più parti si sostiene con insistenza che questa fosse una sorta di condizione imposta dal gruppo legato a Gasparri e Matteoli per sostenere la "mozione La Russa", proprio per lasciare alla Fondazione An un ruolo solo culturale e mai direttamente politico, in coerenza con quanto è stato dichiarato fin qui specialmente dal vicepresidente del Senato; l'idea in effetti è coerente, ma è a questo punto chiaro che l'inserimento di quei "soggetti significativi" per la destra nella segreteria congressuale è rimesso interamente alla valutazione dei vertici attuali di Fratelli d'Italia.
Non poteva mancare una polemica sull'impiego delle risorse della fondazione, al centro delle discussioni prima e durante l'assemblea. Perché le proprie iniziative siano più diffuse sul territorio nazionale e più idonee al raggiungimento dei propri scopi, infatti, la Fondazione An si impegna a riconoscere in Fratelli d'Italia 3.0 "un significativo Movimento politico di riferimento, condividendo con esso, nell'assoluto rispetto dei limiti della legge (ivi compresa quella relativa al finanziamento dei partiti politici) e dei rispettivi Statuti, ogni azione utile a sviluppare i temi richiamati nell'articolo 2 dello Statuto della Fondazione". Fdi non è più qualificato come "il principale" movimento di riferimento ed è stato cancellato l'inciso che consentiva alla fondazione di usare, per raggiungere i propri fini in condivisione col partito della Meloni, "anche strumenti previsti dall'articolo 3" del suo statuto, compresa la gestione dei propri beni e il finanziamento delle attività di enti con scopi analoghi: pure quest'intervento sembra frutto dell'adesione alla "mozione La Russa" di Gasparri e Matteoli, sempre contrari all'uso del patrimonio a fini politici.
In rete però non ne sono del tutto convinti, anche perché subito dopo la mozione aggiunge l'impegno della fondazione stessa a promuovere una campagna di sensibilizzazione (di almeno sei mesi) "sui valori e sulle idee della destra quali ad esempio la tutela della famiglia naturale, identità e la sovranità nazionale, la lotta all'immigrazione clandestina, il diritto alla sicurezza al lavoro e a un fisco equo e il diritto prioritario degli italiani alla casa e a i servizi sociali", nonché "a difesa dei quattro milioni di famiglie di italiani poveri": il testo originale presentato da La Russa, invece, parlava genericamente di una "sensibilizzazione di tutta l’opinione pubblica potenzialmente di destra alla necessità di far fronte comune per difendere i valori di cui la Fondazione è portatrice", perché si è sentito il bisogno di precisare quei temi particolari? Si tratta certamente di alcune battaglie tipiche della destra, ma non è difficile individuare in quegli argomenti specifici i capisaldi del programma di Fratelli d'Italia, la cui ultima campagna lanciata giusto domenica, Povera patria (Battiato, sia chiaro, non c'entra niente), è proprio legata ai "quattro milioni di famiglie di italiani poveri".
Oggi sul Tempo, in un pezzo di Antonio Rapisarda, La Russa risponde a chi teme che la mozione approvata delinei di fatto una sponsorizzazione della Fondazione An a Fratelli d'Italia: "Significa esattamente l’opposto. Nel rispetto della legge che vieta il finanziamento ai partiti, quando diciamo "condivide" significa che qualora la Fondazione decidesse di fare una campagna può chiedere consiglio [...] al Movimento ritenuto più vicino. Una battaglia noi la portiamo in Parlamento e la Fondazione tra la società: questo significa un movimento di riferimento che non sarà ovviamente l’unico, ma con il simbolo che abbiamo è un obbligo difendere gli stessi valori. Il partito, cioè, svolgerà il ruolo che la Fondazione non può svolgere". Sarà vero e tecnicamente non si può dire che la fondazione finanzierà Fdi, eppure individuare proprio Fdi come "significativo movimento di riferimento" con cui condividere le azioni a sostegno dei propri fini e contemporaneamente indicare come oggetto di campagne di sensibilizzazione argomenti forti del programma di Fratelli d'Italia dà a quest'ultimo soggetto un vantaggio indiretto notevole, nel senso che per quelle stesse campagne il partito dovrà investire meno risorse, potendo contare sul denaro impiegato da un soggetto il cui emblema figura anche nel proprio contrassegno.
Lo stesso articolo del Tempo cita Maurizio Gasparri, cui il tema non sfugge: "Abbiamo appena sventato 'l’assalto' alla cassaforte, il resto lo vedremo successivamente. [...] il simbolo a FdI è chiaro che crei un po’ di sovrapposizione. Che qualche volta ci possa essere stata un po’ di confusione o un po’ di furbizia grafica su questo non c’è dubbio. Meglio sarebbe che quest’ente (la fondazione, ndb) diventasse "Italia". Ne discuteremo quando sarà opportuno". Posto che in realtà proprio l'adesione di Gasparri ha finito per avallare, se non un assalto, almeno una certa fuoriuscita dalla cassaforte a fini politici, la sovrapposizione durerà ancora a lungo, visto che il deliberato di domenica concede a Fratelli d'Italia il simbolo di Alleanza nazionale sine die, o almeno, fino alla prossima assise prevista nel 2017 (si può anticipare per questioni importanti, ma i costi dell'organizzazione lo rendono poco fattibile). Fino ad allora la minifiammella resterà nella disponibilità di Fdi: per Giorgia Meloni, si legge sempre nell'intervista di Solimene, "il simbolo è servito a far capire chi siamo, ha reso chiaro che Fratelli d’Italia era l’unica strada per non far sparire la destra italiana dal Parlamento" (anche se alla Camera ci era arrivata senza la "pulce" di An) e a questo punto è probabile che resti dov'è. Anche se, secondo Pietrangelo Buttafuoco (di nuovo sul Tempo), non merita di starci: "È un reiterare la nostalgia in un ambiente che non ha nulla a che fare con quello che fu il Msi: una vicenda così nobile e bella non si può ripetere in questa versione grottesca di destra populista". Si comincia bene, insomma...
Salve Gabriele, non dici niente sul nuovo simbolo di scelta civica che è stato presentato quasi due settimane fa?
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