Anche i simboli più consolidati, naturalmente, possono essere ritoccati, oppure possono ricordare soluzioni già usate in passato, ma interpretate in modo diverso. Diventa facile pensarlo vedendo il simbolo con cui Forza Italia parteciperà alle elezioni politiche: l'emblema diffuso questa mattina sui canali social di Silvio Berlusconi e del partito (e rilanciato, tra gli altri, da Antonio Palmieri, responsabile internet e nuove tecnologie di Fi) è una variazione di quello in uso a partire dal 2014 - dalle elezioni europee - e sacrifica leggermente la bandiera di Forza Italia, i cui vertici superiori finiscono fuori dal cerchio, a tutto vantaggio del cognome di Berlusconi, con il ritorno della dicitura (in parte contesa) di "presidente".
La modifica non dovrebbe stupire più di tanto. Per anni, è vero, si è stati abituati a pensare che i contrassegni che si depositano in occasione delle elezioni politiche siano relativamente "puliti", cioè identici o quasi a quelli che vengono utilizzati nel corso della normale vita politica, senza l'aggiunta di grafiche o scritte particolari. Questo corrisponde in buona parte alla realtà se si confrontano le elezioni per il rinnovo del Parlamento con quelle europee (il particolare sistema e la soglia di sbarramento suggeriscono spesso la formazione di cartelli elettorali, molto più di quanto sia stato fatto in questi giorni) e quelle regionali o amministrative (essendo frequente una caratterizzazione locale o con l'aggiunta dei candidati da promuovere volta per volta); negli anni, tuttavia, proprio la personalizzazione indotta da certi sistemi elettorali (soprattutto i due utilizzati prima di quello attualmente in vigore) ha spinto sempre di più ad arricchire - e appesantire - i contrassegni, soprattutto con l'indicazione della persona che si vorrebbe mandare a Palazzo Chigi (cosa che, soprattutto all'inizio, ha comportato alcune riflessioni dei costituzionalisti e dello stesso Ministero dell'interno sulla legittimità della pratica e su come la si dovesse regolare in concreto, anche per il rispetto delle norme sulla privacy).
Berlusconi era stato tra i primi, del resto, a inserire sui suoi simboli non il proprio cognome da solo, ma ad accompagnarlo con la qualifica di "presidente": lo fece nel 2001, nell'emblema della Casa delle libertà. Il simbolo più interessante da considerare, tuttavia, è quello adottato nel 2006, sempre per le elezioni politiche: anche in quel caso, infatti, la bandierina di Cesare Priori fu ridotta e finì con i vertici superiori fuori dal cerchio. La differenza più visibile, tuttavia, riguarda la resa grafica della scritta "Berlusconi presidente", mantenuta in una versione Condensed (o compressed) del carattere Helvetica: se nel 2006 si era optato per la versione "in negativo", con la dicitura bianca che usciva dal semicerchio inferiore color aviatore, questa volta si è optato per la versione "in positivo", lasciando tutto bianco il fondo del cerchio. Mettendo a confronto i due emblemi si nota che, se oggi il cognome di Berlusconi è davvero molto evidente, paradossalmente oggi ha un'altezza minore rispetto al 2006, quando - proprio grazie al semicerchio blu - era possibile occupare con il testo bianco tutto lo spazio disponibile, mentre ora il tutto va ricalibrato per far "respirare" il contrassegno, dovendo calcolare anche lo spessore della circonferenza (il bordo, tra l'altro, risulta stranamente "smangiato" in due punti e non si capisce perché). A dare il senso di maggior evidenza è l'uso di una variante più "grossa" della font (probabilmente Black invece che Bold) e la diminuzione del rilievo dato alla parola "presidente".
In ogni caso, è già stato notato da alcuni che il nome di Berlusconi - che sulla leadership della coalizione, come è noto, non cede un millimetro - alla fine risulterà più evidente di quello di Matteo Salvini sul simbolo della Lega. Sembra di essere tornati, in qualche modo, proprio al 2006, quando il centrodestra presentava uno schieramento a tre punte e ognuno dei leader (Berlusconi, Fini, Casini) inserì il proprio cognome nel contrassegno, ingaggiando una lotta personale e risultati grafici non sempre apprezzabili, come avvenne per l'enorme cognome giallo di Gianfranco Fini nel simbolo. A proposito, finora il nome del capo della forza politica manca solo nel simbolo di Fratelli d'Italia, approvato giusto a dicembre a fine congresso; eppure oggi al Tg1 Angelo Polimeno, nel dare conto del vertice di Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni ad Arcore, ha dato per certo che nei prossimi giorni anche la leader di Fdi rimetterà un riferimento a sé nel contrassegno elettorale. Nel caso, una preghiera: si cerchi almeno di evitare soluzioni forzate come quella del nome - anche allora giallo - incastrato a forza nella parte alta del cerchio alle europee 2014: i voti non arrivano per la migliore grafica, ma anche l'occhio (di simpatizzanti e avversari) vorrebbe la sua parte...
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