La partita delle esenzioni non sembra avere fine. Perché, al di là del caso di +Europa, che non dovrà raccogliere le firme grazie al soccorso simbolico del Centro democratico Bruno Tabacci, lo stesso fenomeno potrebbe presto riguardare altre due formazioni: una dalla storia importante ma da tempo lontana dal Parlamento (fatta eccezione per qualche apparizione fugace e per meri scopi tecnici), l'alta piuttosto nuova, determinante in certi momenti per le sorti degli ultimi due governi, quasi sempre assente dalle elezioni sul territorio, ma con la fortuna di avere un gruppo parlamentare e, dunque, di essere esente dalla raccolta firme. E, soprattutto, di poter esentare qualcun altro.
L'ultimo soggetto, quello presente in Parlamento, è Ala - Alleanza liberalpopolare Autonomie: a Napoli, quando la lista di quel gruppo politico aveva provato a sostenere Valeria Valente, era arrivato giusto un 1,42%, meglio di altri (Udc e Psi compresi) ma discretamente peggio rispetto ad altre forze. Dopo vari articoli di stampa che davano sostanzialmente per certa una non ricandidatura di Denis Verdini, erano stati in molti a pensare che il simbolo di Ala sarebbe magari apparso nelle bacheche del Viminale, ma non avrebbe poi presentato liste, anche se avrebbe potuto farlo in tutta l'Italia proprio in virtù dell'esenzione accordata.
La sorpresa, però, è arrivata ieri e da un soggetto politico che da tempo non è sotto i riflettori: il Partito repubblicano italiano. Se ne avevano poche notizie dopo i tempi di Giorgio La Malfa e dopo la collaborazione tra Berlusconi e l'allora segretario Francesco Nucara, deputato eletto nel 2006 in Forza Italia e nel 2008 nel Pdl (e mancato costitutore di un gruppo di "responsabili" volto a salvare il governo Berlusconi dopo la fuoriuscita dei finiani), ma ha continuato a operare su scala ridotta, celebrando il suo 48° congresso nazionale dall'8 al 10 dicembre a Roma ed eleggendo Corrado De Rinaldis Saponaro alla segreteria. Nella mozione conclusiva approvata, si è deciso che, "Visto il rigetto da parte della pubblica opinione del sistema elettorale maggioritario che ha imperato senza autentici successi di stabilità e di governo per più di vent'anni", era "indispensabile presentare fin dalle prossime elezioni il simbolo dell'edera" e "collocarlo in un’area liberal democratica capace di dialogare per il bene dell’Italia con le forze europeiste e di progresso e che questa esigenza sia prioritaria rispetto agli schieramenti e all'assegnazione dei collegi come primo passo per la ricostruzione e la riaggregazione del mondo repubblicano".
Lodevole pensare alle liste prima ancora che alla collocazione, ma il problema erano e restavano le firme da raccogliere: qualcuna nel 2013 era saltata fuori, quando il partito aveva indicato come capo della forza politica Franco Torchia, ma il Pri si era presentato in poche circoscrizioni, sfiorando i 7mila voti nazionali, pari allo 0,02% (0,21% in Emilia Romagna, 0,1% in Sicilia 2). Eppure giusto ieri mattina, alla direzione nazionale del partito, il segretario è stato autorizzato "a realizzare un accordo politico-programmatico coni gruppi parlamentari di Ala che, essendo esentati dalla legge alla (sic!) raccolta delle firme, consentiranno di presentare il simbolo del Pri". Non si sa se l'accordo sia cosa fatta, ma è difficile che su un documento ufficiale di un partito si parli di "autorizzazione a realizzare un accordo" (e non di "cercare" o "valutare") se non ci sono elementi concreti che rendono questa soluzione almeno minimamente fondata.
Almeno parte della base non sembra aver preso bene l'idea (non a caso, la foto postata qui è tratta da un profilo Facebook che parla di "una vera e propria schifezza politica", altri scrivono tra il sarcastico e l'amaro "Eja Eja ALAlà"; c'è chi, invece, implora i repubblicani perché non litighino e non perdano un'occasione per entrare in Parlamento o almeno concorrere ad armi pari in tutta l'Italia. In ogni caso, i due simboli dovranno "convivere" in qualche modo, come "bicicletta" o trasformando Ala in una "pulce" accanto all'edera. Toccherà agli elettori scegliere se dare il voto a quelli che qualcuno ha già battezzato "repubblicani di Verdini" (e dedicare a Denis "Siam qui tra le tue braccia ancor / avvinti come l'edera" sarebbe fin troppo facile) o guardare altrove, in cerca di diverse proposte liberal democratiche.
L'ultimo soggetto, quello presente in Parlamento, è Ala - Alleanza liberalpopolare Autonomie: a Napoli, quando la lista di quel gruppo politico aveva provato a sostenere Valeria Valente, era arrivato giusto un 1,42%, meglio di altri (Udc e Psi compresi) ma discretamente peggio rispetto ad altre forze. Dopo vari articoli di stampa che davano sostanzialmente per certa una non ricandidatura di Denis Verdini, erano stati in molti a pensare che il simbolo di Ala sarebbe magari apparso nelle bacheche del Viminale, ma non avrebbe poi presentato liste, anche se avrebbe potuto farlo in tutta l'Italia proprio in virtù dell'esenzione accordata.
La sorpresa, però, è arrivata ieri e da un soggetto politico che da tempo non è sotto i riflettori: il Partito repubblicano italiano. Se ne avevano poche notizie dopo i tempi di Giorgio La Malfa e dopo la collaborazione tra Berlusconi e l'allora segretario Francesco Nucara, deputato eletto nel 2006 in Forza Italia e nel 2008 nel Pdl (e mancato costitutore di un gruppo di "responsabili" volto a salvare il governo Berlusconi dopo la fuoriuscita dei finiani), ma ha continuato a operare su scala ridotta, celebrando il suo 48° congresso nazionale dall'8 al 10 dicembre a Roma ed eleggendo Corrado De Rinaldis Saponaro alla segreteria. Nella mozione conclusiva approvata, si è deciso che, "Visto il rigetto da parte della pubblica opinione del sistema elettorale maggioritario che ha imperato senza autentici successi di stabilità e di governo per più di vent'anni", era "indispensabile presentare fin dalle prossime elezioni il simbolo dell'edera" e "collocarlo in un’area liberal democratica capace di dialogare per il bene dell’Italia con le forze europeiste e di progresso e che questa esigenza sia prioritaria rispetto agli schieramenti e all'assegnazione dei collegi come primo passo per la ricostruzione e la riaggregazione del mondo repubblicano".
Lodevole pensare alle liste prima ancora che alla collocazione, ma il problema erano e restavano le firme da raccogliere: qualcuna nel 2013 era saltata fuori, quando il partito aveva indicato come capo della forza politica Franco Torchia, ma il Pri si era presentato in poche circoscrizioni, sfiorando i 7mila voti nazionali, pari allo 0,02% (0,21% in Emilia Romagna, 0,1% in Sicilia 2). Eppure giusto ieri mattina, alla direzione nazionale del partito, il segretario è stato autorizzato "a realizzare un accordo politico-programmatico coni gruppi parlamentari di Ala che, essendo esentati dalla legge alla (sic!) raccolta delle firme, consentiranno di presentare il simbolo del Pri". Non si sa se l'accordo sia cosa fatta, ma è difficile che su un documento ufficiale di un partito si parli di "autorizzazione a realizzare un accordo" (e non di "cercare" o "valutare") se non ci sono elementi concreti che rendono questa soluzione almeno minimamente fondata.
Almeno parte della base non sembra aver preso bene l'idea (non a caso, la foto postata qui è tratta da un profilo Facebook che parla di "una vera e propria schifezza politica", altri scrivono tra il sarcastico e l'amaro "Eja Eja ALAlà"; c'è chi, invece, implora i repubblicani perché non litighino e non perdano un'occasione per entrare in Parlamento o almeno concorrere ad armi pari in tutta l'Italia. In ogni caso, i due simboli dovranno "convivere" in qualche modo, come "bicicletta" o trasformando Ala in una "pulce" accanto all'edera. Toccherà agli elettori scegliere se dare il voto a quelli che qualcuno ha già battezzato "repubblicani di Verdini" (e dedicare a Denis "Siam qui tra le tue braccia ancor / avvinti come l'edera" sarebbe fin troppo facile) o guardare altrove, in cerca di diverse proposte liberal democratiche.
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