lunedì 13 luglio 2020

Partito libertario, una Marianna punk per la terra bene comune

Nell'epoca della politica liquida e frammentata allo stesso tempo, colpisce quando l'idea di fondare un nuovo partito si basa innanzitutto sulla previa costruzione di un pensiero che non si riduca a pochi slogan. Da pochi giorni ha fatto la sua comparsa in rete il manifesto costitutivo del Partito libertario, nuova formazione politica al quale sono legati l'omonimo gruppo Facebook, nato alla fine di maggio e di cui fanno parte circa cento persone, e la pagina, sorta da pochi giorni. Le radici, tuttavia, sono più profonde: dal 21 gennaio 2012, infatti, sullo stesso social network esiste la pagina Radicali anarchici (il rispettivo sito www.radicalianarchici.it esiste invece da cinque anni), mentre da oltre un anno è attivo su Fb il gruppo privato denominato Laboratorio libertario, punto di incontro di varie correnti di pensiero. "Nelle scorse settimane ho scritto il nostro manifesto costitutivo, ne abbiamo discusso all'interno del gruppo e da pochissimi giorni è stato approvato" spiega Fabio Massimo Nicosia, avvocato che ha ideato e promosso la nascita di questo soggetto politico, innanzitutto sul piano del patrimonio ideale. 
"L'intenzione - spiega Nicosia - è di costruire un partito con una forte base dottrinaria: in questo ci distinguiamo per esempio dai radicali, tra i quali peraltro ho militato per tanti anni, che erano assai più pragmatici in quanto fondati sull'intuito di Marco Pannella; credo che invece si debba fare il contrario, partendo appunto da una dottrina forte. Al di là della mia formazione giuridica ho maturato un'esperienza di studio nel campo della filosofia politica e ho esposto le mie idee in vari libri, il più recente dei quali s'intitola L'eguaglianza libertaria. Contraddizione, conciliazione, massimizzazione [volume pubblicato quest'anno da Aracne, ndb]. Ritengo che, dopo un percorso di approfondimento ormai ventennale, queste idee siano arrivate a maturazione, così ho sentito l'esigenza di dare loro uno sbocco politico, viste le ricadute pratiche che quegli studi potevano avereSi tratta di un'elaborazione che nasce in dialettica critica con l'anarcocapitalismo: negli anni '90 frequentai quegli ambienti e ne rimasi insoddisfatto, al punto da elaborare una mia teoria autonoma: con il tempo e approfondendo i miei studi ho scoperto che le mie idee erano piuttosto affini a filoni riconducibili ai left libertarian statunitensi, al cui interno in buona sostanza il Partito libertario può essere collocato".
L'uso del termine libertarian merita subito una precisazione: "Bisogna ricordare - nota Nicosia - che il termine 'libertario' nasce nel mondo anarchico nell'800 e solo di recente è stato utilizzato per indicare i liberali di destra. Non a caso, Marco Pannella è stato sostanzialmente il primo in Italia a utilizzare l'aggettivo 'libertario' al di fuori del mondo anarchico, negli anni '60 e '70, ma lo faceva 'in amicizia' con gli anarchici, riprendendo il loro significato. Solo in seguito abbiamo importato dagli Stati Uniti quel nuovo significato; il nostro gruppo, invece, vuole riportare alle origini l'aggettivo 'libertario', in un certo senso contendendone anche l'uso a chi dà alla parola un senso diverso".
Tra l'anarcocapitalismo e queste nuove idee ci sono alcune differenze sensibili: "La più significativa - spiega Nicosia - è la visione che si ha della terra: per gli anarcocapitalisti è res nullius, cosa di nessuno per cui chi arriva la occupa e se la prende; per noi invece è res communis, ammettiamo la proprietà privata, ma nella consapevolezza che la terra di cui si è o si diventa proprietari è comune. Questo comporta, per esempio, che il comproprietario originario, se viene spossessato a causa di un'appropriazione individuale, ha diritto a un indennizzo, a un risarcimento, a un reddito di base: qualcosa di simile era già stato espresso oltre due secoli fa da Thomas Paine nella sua Giustizia agraria. Quest'idea della terra comune è stata diffusa soprattutto da un altro studioso statunitense, l'economista e politico Henry George che poteva dirsi a cavallo tra liberalismo e socialismo: anche lui era per la libera impresa, ma scorporava il valore della terra in quanto res communis. Volendo andare ancora più indietro, oltre a ciò che si trova nel pensiero cristiano, i primi accenni alla terra comune si ritrovano già nel pensiero di John Locke: lui è passato alla storia, soprattutto per gli anarcocapitalisti come fautore indefesso della proprietà privata, ma aveva precisato che le appropriazioni sono legittime a patto che si lasciassero agli altri altrettanta terra altrettanto buona, perché Dio aveva dato la terra in comune agli uomini". 
Queste riflessioni, ovviamente, hanno ricadute di varia natura: "Io do un fondamento libertario alla comunione della terra di cui parlavo - continua Nicosia -. Nessuno è legittimato a imporre qualcosa agli altri, il 'tu devi' non comporta alcun obbligo giuridico in capo alla persona cui si riferisce, ma nemmeno obblighi morali: chi si sente dire 'tu devi' non è obbligato a fare qualcosa perché gliel'ha detto quella persona, non è legittima l'imposizione e non c'è alcuna autorità perché un essere umano non vale più di un altro. La stessa proprietà privata può fondarsi solo sul consenso, su una convenzione tra persone, nella quale può rientrare anche il pagamento. Se poi la terra è comune, lo sono anche le risorse naturali: le risorse naturali impiegate nel processo produttivo sono capitale comune e vanno a vantaggio di tutti. Certamente è ammesso il profitto individuale, ma occorre scorporare la parte delle risorse naturali, proprio perché sono comuni: una parte degli utili va a tutti e per me rappresenta l'utile universale".
Il gruppo delle persone che hanno fondato il Partito libertario, come spiega il suo ideatore e promotore, non è omogeneo e indistinto: "Io personalmente sono sempre stato un radicale di cultura anarchica, ma nel Laboratorio libertario si ritrovano in molti, dai left libertarian agli anarcocapitalisti a molte altre correnti di pensiero, al punto che in passato non sono mancate le discussioni e i litigi. Quel gruppo è stato fondato da me e da un giovane studioso di filosofia politica, Tommaso Biagi, e proprio lì si sono sviluppati i ragionamenti e le riflessioni che hanno portato alla creazione di questo partito". L'idea ha riscosso l'interesse di vari iscritti (tra cui ex radicali ed ex anarcocapitalisti), al di là di coloro che, ritenendosi pienamente anarchici, si sono dichiarati contrari all'idea in sé di un partito. "Si tratta di prendere atto - si legge nel manifesto  delle secche in cui si è arenato il movimento anarchico ufficiale con il suo estraniarsi dalla politica, riconoscendo che, almeno su questo punto, hanno avuto ragione i marxisti, ossia che per far valere le proprie idee nella società è indispensabile fare i conti con la questione del potere, e possibilmente esercitarlo, non essendo affatto sufficiente evocare sia pure necessari 'movimenti dal basso'". 
Al momento non c'è ancora uno statuto, inteso come documento che raccoglie le norme organizzative interne ("è comunque un tema all'ordine del giorno"); in compenso il simbolo è già stato scelto. Si tratta di una raffigurazione della Marianna all'interno della A cerchiata degli anarchici, posizionata su un fondo colorato: "Nel mio libro Il dittatore libertario - spiega Nicosia, illustrando l'origine del fregio - avevo sostanzialmente tratteggiato la figura del radicale anarchico, che poi sarebbe il giacobino anarchico, vale a dire l'anarchico che prende il potere e smantella l'apparato statale per estinguerlo: un concetto un po' marxiano se si vuole, salvo il fatto che Marx riteneva che, dopo la presa del potere del proletariato, lo stato avrebbe finito per estinguersi da sé, mentre qui si immagina un ruolo più attivo nell'estinzione dello stato. Partendo da questo pensiero, avevo già unito la Marianna, richiamando esplicitamente la tradizione radicale, e il simbolo anarchico per il mio sito Radicali anarchici: si tratta di una Marianna un po' punk, per il disegno e anche per la foggia della A che va oltre il bordo; mi viene in mente anche un vecchio sondaggio di Re Nudo, della metà degli anni '70, in cui la maggior parte dei suoi lettori si dichiarava sia radicale sia anarchica, una posizione in cui sostanzialmente mi riconoscevo". 
Salta però all'occhio che la A cerchiata e le scritte del sito "Radicali anarchici" erano in rosso: "Varie persone interessate al progetto del Partito libertario non amavano molto questo dettaglio: in fondo io mi sento più a sinistra di buona parte della nostra base o, se si preferisce, questa è più conservatrice di me. Nel definire il simbolo del partito, dunque, siamo partiti dall'elaborazione grafica dei Radicali anarchici, ma i colori si sono modificati, guardando piuttosto a quelli che caratterizzano il geolibertarismo che si rifà ad Henry George: il giallo richiama i libertarian americani, il nero guarda agli anarchici, mentre il verde simboleggia la terra, quindi la res communis; un po' di rosso comunque è rimasto, soprattutto nel berretto frigio, per richiamare comunque la componente left di questo partito nascente".
Gettate in modo solido le fondamenta ideologiche su cui poggiare, resta ora da realizzare in concreto il partito: al manifesto costitutivo dovrà fare seguito l'atto costitutivo e lo statuto, in vista della partecipazione alla politica nazionale. Una sfida non semplice di questi tempi, ma di certo non meno stimolante.

Nessun commento:

Posta un commento