Periodicamente, nell'occuparsi delle vicende nazionali o locali della politica italiana, rispunta una domanda tanto semplice quanto delicata: "Ma di chi è il simbolo di un partito?" Si tratta di un quesito cui molto spesso non si può rispondere con facilità o con un'affermazione secca, visto l'intreccio non banale tra diritto al nome, diritto dei segni distintivi (qualora un simbolo sia stato depositato e registrato come marchio) e diritto elettorale. In certi casi, poi, emerge la tentazione di far pesare anche una quarta leva: quella "morale", se la si vuole chiamare così. Sembra questo il caso legato alla vicenda dell'emblema di Fortza Paris, partito sardo costituito nel 2004 e presente in non poche competizioni elettorali che si sono tenute sull'isola da allora.
Tra i fondatori del partito - il cui nome può essere tradotto come "Forza insieme" o "Avanti insieme" c'era Gianfranco Scalas, generale in pensione, già portavoce dell'Esercito italiano. Scalas, presidente del partito, è morto lo scorso 15 gennaio; a distanza di oltre sette mesi la vedova, Denise, ieri ha ritenuto opportuno diffondere ai mezzi di comunicazione una propria nota, in cui parla anche della "proprietà" del simbolo dei partito cofondato dal marito e sul suo uso. Eccola di seguito:
Nel 2004, Gianfranco Scalas, insieme ad Antonello Carboni e Antonio Giua, depositò ufficialmente il simbolo di Fortza Paris. Quel simbolo non è mai stato un semplice segno grafico: era ed è l’espressione viva della sua passione, del suo amore e della sua dedizione verso i sardi e verso la Sardegna.
Oggi, come moglie di Gianfranco, desidero comunicare che il simbolo appartiene ufficialmente a me. Con questo gesto non rivendico un possesso materiale, ma intendo proteggere la memoria di Gianfranco e il significato autentico di ciò che ha rappresentato per tutta la sua vita.
Chiedo a tutti di rispettare questa scelta, e con essa il ricordo di Gianfranco. Non è tempo di divisioni né di ambizioni personali, ma di riflessione e di responsabilità. La sua eredità non appartiene a chi vuole inseguire poltrone, ma a chi ha davvero a cuore la nostra terra.
Vi invito, nel rispetto del mio dolore, a smettere di usare il simbolo senza autorizzazione. Ma soprattutto vi invito a ricordare ciò che Gianfranco ha sempre insegnato: lavorare con onestà, mettere i sardi al centro, non rassegnarsi a una politica che lascia a casa oltre la metà della gente.
Il simbolo di Fortza Paris resterà per sempre il segno del coraggio, della passione e dell’amore che Gianfranco aveva per il suo popolo e per la Sardegna.
Che la questione della titolarità e dell'uso del simbolo fosse già stata oggetto di discussione lo dimostra un'altra lettera aperta e non meno dura, del 10 giugno, firmata sempre dalla vedova Scalas ma anche dalla figlia Chiara.
Il simbolo del partito Fortza Paris non è mai stato una semplice immagine. È la memoria viva di Gianfranco Scalas, di ciò in cui credeva, di ciò per cui ha speso ogni giorno della sua vita. Un simbolo scelto per trasferire i valori di unità, coraggio, sacrificio e identità sarda.
Per questo sentiamo la responsabilità di custodirlo nella sua integrità morale. Abbiamo constatato con amarezza che c’è chi ignora profondamente il significato che questo simbolo porta con sé. Nessuno ha il diritto di usarlo per ambizioni personali o giochi di potere, svuotandolo del suo significato più profondo.
Chiediamo, insieme agli altri depositari del simbolo, Antonello Carboni e Antonio Giua, che nessuno utilizzi il simbolo del partito Fortza Paris per scopi politici o elettorali.
Ci auguriamo che Fortza Paris resti esattamente ciò che deve essere: una memoria viva, un simbolo pulito, e una promessa non ancora conclusa. La nostra unica volontà è proteggere la memoria di Gianfranco Scalas, e di quel simbolo che lui aveva nel cuore. Esso potrà vivere nei ricordi futuri, nelle dediche, nei gesti sinceri fatti in suo onore.
Con rispetto e amore,
Denise e Chiara Scalas
Sempre il 10 giugno, a SardegnaNotizie24, Denise Scalas ha rilasciato una dichiarazione molto incisiva: "Qualche vecchio esponente del partito mi ha già fatto sapere che vuole usare il simbolo in politica e che è disposto ad avviare una guerra in Tribunale per ottenerlo, ma io invece scelgo la guerra morale, e voglio che lo sappiano tutti cosa sta accadendo. Fortza Paris deve restare ciò che è: una promessa ancora aperta, una memoria pulita, un gesto d’amore".
Se le parole della vedova Scalas chiariscono meglio quali fatti stiano alla base della sua presa di posizione (immaginando che l'uso del simbolo possa tornare utile in vista delle elezioni, incluse le regionali qualora la presidenza di Alessandra Todde dovesse concludersi in modo traumatico), resta da capire come stiano davvero le cose sul piano giuridico. La risposta, va detto subito, sembra tutto meno che immediata. Non aiuta particolarmente consultare - per esempio - la vecchia banca dati di Adnkronos, in base alla quale il 4 marzo 2004 si apprendeva che in vista delle elezioni regionali era nato Fortza Paris, "frutto dell'unione tra Partito del Popolo Sardo (PPS), Sardistas e Ups", avendo nel programma tra l'altro "la riforma dello Statuto di Autonomia che rafforzi i poteri di autogoverno, l'istituzione concreta delle zone franche per favorire una maggiore competitività del sistema economico isolano, l'estensione del diritto di voto per il Consiglio regionale a tutti gli emigrati sardi nel mondo, la difesa delle peculiarità ambientali e culturali dell'isola, una sorta di maggiore indipendenza nei rapporti con l'Unione europea". Non soccorre più di tanto nemmeno ricordare che tradizionalmente il partito ha appoggiato il centrodestra, al di là delle ultime elezioni regionali in cui ha sostenuto Todde, candidata del M5S appoggiata pure dal centrosinistra.
Lo statuto, all'art. 3, si limita a descrivere il simbolo del partito: "un cerchio diviso in due semicerchi dal diametro tracciato in senso orizzontale, di colore rosso il semicerchio superiore contenente in caratteri maiuscoli di colore bianco la parola FORTZA, di colore bianco il semicerchio inferiore contenente in caratteri maiuscoli di colore nero la parola PARIS". Non c'è alcun riferimento su chi, all'interno del partito, abbia la titolarità di decidere sull'uso del simbolo o del contrassegno, così come non sembra di trovare alcun riferimento alla presentazione di eventuali candidature.
Cosa intende, dunque, la vedova Scalas quando insieme alla figlia ha chiesto, unitamente "agli altri depositari del simbolo, Antonello Carboni e Antonio Giua, che nessuno utilizzi il simbolo del partito Fortza Paris per scopi politici o elettorali", ma soprattutto quando dice "il simbolo appartiene ufficialmente a me", pur senza rivendicare "un possesso materiale"? Oggettivamente, per ora, non è dato saperne di più. Salvo errore, nella banca dati dei marchi non risulta alcun emblema depositato come segno distintivo a nome di Gianfranco Scalas, così come non sembra di ritrovarvi il simbolo di Fortza Paris: in questo senso, almeno il diritto dei marchi non sembra di doversi applicare al caso in questione. Al momento non si ha a disposizione il testo dell'atto costitutivo del partito, quindi non è dato sapere se all'interno i fondatori risultino effettivamente Scalas, Carboni e Giua e se qualche disposizione dell'atto costitutivo - non ribattuta nello statuto - preveda un regime particolare circa la titolarità del simbolo.
In mancanza - come si è visto - di disposizioni statutarie sulla titolarità del simbolo e sulla presentazione delle candidature, ci si può limitare a ricordare che, da una parte, il presidente di Fortza Paris (che era proprio Scalas) in base all'art. 14 viene "eletto dal Congresso nazionale, rappresenta l’unità del Partito e ne garantisce la continuità", mentre il segretario amministrativo, nominato dal consiglio nazionale proposta del presidente, "ha la rappresentanza amministrativa di Fortza Paris di fronte ai terzi ed in giudizio senza alcuna limitazione" (ricordando che il simbolo è parte del patrimonio del partito). Trattandosi di figura "strettamente fiduciaria del presidente", venuto meno per decesso il presidente anche il segretario amministrativo dovrebbe decadere; un nuovo presidente, invece, in base allo statuto dovrebbe essere eletto dal congresso nazionale, purché questo sia convocato - mancando il presidente in carica - su richiesta di due terzi del consiglio nazionale. La quota di membri del consiglio necessaria per convocare quest'organo oggettivamente è piuttosto elevata, ma se si riuscisse a ottenere quella convocazione e a eleggere un nuovo presidente, sembrerebbe difficile impedire a questo di presentare liste alle elezioni o comunque di utilizzare il simbolo del partito che - a meno di diverse disposizioni nell'atto costitutivo o altrove - prima che a una singola persona (e agli eventuali eredi) appartiene all'associazione che distingue. Difficile dunque dire se la vedova Scalas potrebbe, in qualche modo, opporsi con successo sul piano del diritto privato privato a un uso del simbolo da lei (e dalla figlia) non condiviso. Senza dubbio la richiesta delle due donne di cessare ogni uso non autorizzato (o comunque senza consenso) del simbolo di Fortza Paris merita il massimo rispetto sul piano morale; anche qualora esistesse qualche documento in grado di porre nelle mani della vedova Scalas la titolarità dell'emblema, peraltro, ci si potrebbe interrogare su quanto sia giusto che un soggetto, magari estraneo a un partito politico, possa non consentire più a questo di continuare a operare con il fregio (e magari con il nome) che ha sempre utilizzato e con cui è stato riconosciuto fino a quel momento.
La situazione, come si può vedere, è tutto meno che banale: anche qualora non finisse in carta bollata (esito mai piacevole e mai da augurare), farebbe comunque sorgere - alla pari di questioni con maggiore risonanza, come quella legata al simbolo del MoVimento 5 Stelle - parecchi interrogativi, in ogni caso meritevoli di essere approfonditi.