giovedì 25 luglio 2013

Gli impazienti di Forza Italia 2.0



Sarà così il nuovo simbolo
di Forza Italia 2.0?
«Forza, alziamoci / il futuro è aperto, entriamoci / e le tue mani unite alle mie / energie per sentirci più grandi». Evidentemente qualcuno moriva dalla voglia di ricantare quei versi anche solo in pubblico, senza farlo in segreto con modi un po’ carbonari: si può spiegare solo così la scelta di alcuni consiglieri comunali che in varie città (a partire da Trieste) hanno scelto di staccarsi dal gruppo del Pdl, ancora esistente, per fondare quello di Forza Italia.
Ci stanno provando, per dire, anche nel consiglio regionale del Friuli, ma manca ancora un componente (ne occorrono tre) e gli altri del Pdl finora non l’hanno presa proprio benissimo («Ci eravamo detti di attendere l’evoluzione del quadro nazionale. Ora una scelta così non è utile» lamenta il capogruppo Pdl in regione). A loro, probabilmente, sono bastate le parole di Silvio Berlusconi scritte su Facebook il 23 luglio («Abbiamo deciso di tornare a Forza Italia … spero che con il lancio nel mese di settembre possano aggiungersi a noi tanti italiani») per “aprire il futuro”. E loro ci sono entrati subito, senza aspettare. Anche alla Camera del resto (lo racconta il Giornale, senz’altro ben informato) è rispuntata una targa con l’indicazione di Forza Italia, sebbene non corrisponda ad alcun gruppo o anche solo a una componente del gruppo misto.
Il bozzetto di Cesare Priori
(www.campagneberlusconi.it)
Certamente, questa voglia di ricantare «eForzaItaaaliaaaaa» c’è da tempo, da quando Berlusconi si è convinto che il Pdl, come nome e come simbolo, non scaldava i cuori: si spiegano così agevolmente tante dichiarazioni rilasciate nel giro dell’ultimo anno (o anche più indietro), fino all’ultima di Angelino Alfano, di poco precedente a quella del fondatore del primo partito-azienda italiano. Meglio, dunque, ritornare alla bandierina degli inizi, il primo tricolore italiano in orizzontale, increspato dal vento in modo graficamente irrealistico (ma non ditelo al creatore, Cesare Priori), che nel giro di due mesi scarsi nel 1994 era riuscito nell’impresa di conquistarsi milioni di voti.
Ma ora che si torna idealmente indietro di quasi vent’anni, come sarà il simbolo di questa “Forza Italia 2.0”? Resterà lo stesso del passato, magari con l’indicazione «Berlusconi presidente» come era stato proposto sistematicamente dal 2006 in avanti? Verrà “rinfrescato” graficamente, giusto per non sembrare un pezzo di modernariato rimesso in circolo giusto dopo una spolveratina? Oppure si sceglierà la versione orizzontale, senza bandiera, che non è quasi mai stata usata dall’entourage berlusconiano (forse perché nel 1996 aveva portato poca fortuna)? Aspettiamo settembre per saperlo, Cassazione permettendo.

sabato 13 luglio 2013

Le "Idee popolari" (e quadricolori) di Ciocchetti



Il simbolo di Idee popolari
(frame tratto dal Tg2)
Non fai in tempo a pensare a che farà l’Udc, invitata più o meno direttamente a non abbandonare la casa (nuova, ma finora piuttosto scomoda, da donatori di sangue) di Scelta civica, che subito arriva un verdetto impietoso. «L’Udc è morto, l’esperienza politica che ci ha tenuto insieme non esiste più». A emettere la sentenza definitiva, senza possibilità di appello, è Luciano Ciocchetti, già vicepresidente della regione Lazio: proprio questa mattina, a due passi dal Santuario del Divino Amore, nel bel mezzo della riunione della sua associazione «I Moderati per la Terza Fase» ha provveduto all’ostensione dell’ennesimo nuovo simbolo di partito, la sua ultima creatura, denominata «Idee popolari».
Ciocchetti, che nel 2008 era stato candidato al Campidoglio proprio dal partito di Casini, ora non ci va per il sottile: «L’Udc ha una dirigenza senza alcuna linea politica, vive alla giornata. Il Centro è stato sconfitto dagli errori della dirigenza nazionale e dagli stessi leader legati a interessi troppo personali»; Casini e Cesa, secondo l’ex vicepresidente della Pisana, «non sono più credibili, sono diventati rigoristi, giustizialisti, hanno cambiato la natura del partito dimenticando la storia della Democrazia cristiana».
Per Ciocchetti, la soluzione è creare «un contenitore, un traghetto per una classe dirigente tradita dai dirigenti nazionali dell'Udc, per dare speranza, fiducia, futuro»: tutto questo per «ricostruire in Italia – come appunta l’Adnkronos – il campo dei popolari come in Europa, alternativa ai socialisti e ai socialdemocratici». Non fosse abbastanza chiaro, per il suo leader il nuovo partito, che parte dal Lazio e spera di estendersi a tutta l’Italia, «non potrà che stare nel perimetro del centrodestra». Anche per questo, forse, per il suo simbolo Ciocchetti si distacca decisamente dal cliché democristiano, rinunciando allo scudo crociato (anche per evitare grane legali con l’Udc) e all’azzurrino, sposando in pieno la logica cromatica dei partiti catch-all che adottano il tricolore e il blu/azzurro in logica nazionale, ricalcando quasi per intero la tavolozza cromatica sfoderata pochi mesi fa dal Mir di Samorì (che sembra resistere giusto perchè annovera un sottosegretario).
Così, i colori della bandiera tingono tre filetti morbidi, posti a metà del cerchio (che, a dire il vero, danno un po’ l’idea di una “scia” di dentifricio), su un fondo blu, che però nella parte inferiore è “mosso” da vari raggi più chiari (un po’ come aveva fatto Publio Fiori ai tempi di Rinascita popolare – Rifondazione Dc). In alto e in basso è riportato il nome del partito (che potrebbe non piacere a Italia popolare di Alberto Monticone, anche per l’ancoraggio al centrodestra), mentre nel mezzo – sempre in bianco – c’è un segno, quasi che fosse tracciato a mano, magari con più tratti di pennarello. Come idea, sembra l’ibrido di una croce (in stile democristiano), un «più» (decisamente inconsueto per un emblema politico, al punto che pare di leggere "Idee più popolari" ... de che?) e un segno di espressione del voto, sia pure orientato in modo diverso dal solito. In fondo, proprio Ciocchetti alle ultime elezioni comunali nella Capitale era candidato con la lista «Cittadini X Roma», che al suo interno aveva appunto un segno di croce manoscritta molto in evidenza. Forse, dunque, il nuovo leader ha scelto di richiamare quel precedente che non era passato inosservato: non è detto che basti, però, perché i cittadini ci mettano (di nuovo) una croce sopra.

Addio "Monti", per una Scelta civica



L’aveva detto alcuni mesi fa, ora l’ha tradotto in pratica: Mario Monti ha alleggerito del suo cognome il simbolo di Scelta civica per l’Italia, che con la prima assemblea pubblica di questa mattina avvia definitivamente il suo percorso di trasformazione in partito. L’elemento tricolore, creato dall’agenzia di comunicazione Proforma a dicembre, è rimasto, così come l’impianto dell’emblema, con la stessa circonferenza color carta da zucchero, il fondo bianco, il font utilizzato per i testi e la dicitura grigia «Scelta civica» nella parte superiore dell’emblema.
A cambiare, e in modo significativo, è invece la parte bassa del contrassegno. La dicitura «Con Monti», come da programma, è stata eliminata, ma non si è trattato di un’asportazione chirurgica, destinata a lasciare immutato il resto dell’emblema (magari con qualche piccolo spostamento, per non sbilanciare l’immagine). L’espressione «Per l’Italia», infatti, non solo è rimasta nel simbolo, ma ha visto crescere a dismisura le parole «L’Italia»: scritte in maiuscolo come tutti gli elementi testuali del contrassegno, hanno però assunto la stessa importanza visiva che aveva inizialmente il nome del senatore a vita e capo della coalizione. Non aveva fatto in tempo a farlo Berlusconi, sostituendo al nome del Pdl l’unica parola «Italia»; lo aveva fatto pochi mesi fa Pier Ferdinando Casini con la sua Udc, togliendo il proprio nome dal segmento circolare rosso per inserirvi la scritta «Italia» (almeno fino alle elezioni politiche, quando aveva fatto inserire di nuovo il suo patronimico, quando Calderisi dal Pdl aveva paventato grane per chi avesse usato “in società” il nome di Monti su più emblemi). 
Si può interpretare in più modi questo passaggio: dalla semplice “spersonalizzazione” del partito (che non sembra convincere troppo vari analisti), al tentativo di rimettere in gioco Monti per ruoli diversi da quelli del capo politico (non a caso, in questi giorni qualcuno all’interno della Bocconi non aveva visto con estremo favore l’idea di un ritorno del senatore a vita alla guida dell’università, qualora avesse mantenuto la guida del suo futuro partito). Aver scelto uno stratagemma grafico simile a quello dell’Udc, poi, oltre a proiettare in qualche modo il costituendo partito verso un traguardo ambizioso (quasi a voler dire che le altre forze politiche si curano meno del Paese), sembra voler lanciare un messaggio a Cesa e compagni, perché non abbandonino il percorso politico iniziato a dicembre. A Monti, alla fine dei conti, è convenuto molto, all’Udc molto meno.