Se ne è già parlato tempo fa su queste pagine: tra i comportamenti vietati che potenzialmente confondono le acque simboliche della politica italiana, c'è anche l'uso di "immagini o soggetti religiosi": giusto per evitare che qualcuno pensi che il santo, la Madonna, la congregazione o la religione di turno siano scesi in campo al fianco di chi ne sfodera i segni (o che qualcuno voglia farlo credere, giusto per spillare qualche voto in più).
La regola vale per le elezioni nazionali ed è applicata di solito in modo piuttosto severo: alle ultime elezioni politiche, per dire, i simboli saltati per "ragioni religiose" sono stati quattro (ma il numero poteva essere più alto, a voler essere davvero rigorosi: chiedere al Partito dei cattolici, per esempio) e in passato il giudizio non è stato meno tenero. Alle elezioni amministrative, invece, il metro sembra più elastico: in nome della più ampia partecipazione locale - e considerando che il tempo per controllare tutta la documentazione è pochissimo - se non ci sono casi clamorosi (come l'immagine di un Cristo benedicente), si lascia correre.
Disco verde, dunque - quasi sempre - ai monumenti di qualunque genere, anche quando si tratta di una chiesa, di un santuario o di un'abbazia. A liberalizzare i campanili ci aveva pensato la natura stessa dell'Italia (e non certo Mastella), a salvare dalla mannaia gli edifici sacri ha provveduto il buon senso. Nessuno, ovviamente, nega la loro natura di luoghi di culto o di devozione, ma ci si intende sul fatto che chiese, santuari e abbazie con il tempo sono diventati soprattutto segni di riconoscimento territoriale, in grado di identificare un comune tanto quanto un monumento del tutto civile e laico, se non di più: chi li vede sulla scheda non pensa alla religione, ma al luogo in cui vive.
Non riconoscere questo, prima ancora che miope, è inutile: assieme alle peculiarità ambientali di un luogo e ai campanili, gli edifici religioni sono tra gli elementi preferiti dai propugnatori delle liste civiche (o di chi vuole nascondere la propria appartenenza dietro il civismo). E quando il monumento è particolarmente rappresentativo, ci si buttano anche in due o in tre, avendo giusto la cura di rappresentarlo in modi diversi e da vari punti di vista. Era successo, per dire, a San Benedetto Po nel 2011: su quattro liste presentate, ben due ospitavano l'abbazia di San Benedetto in Polirone, certamente il segno più importante del territorio: la sagoma appena tracciata a contorni rossi o la silhouette verde del complesso sacro facevano bella mostra sulla scheda e nessuno, in commissione elettorale, si era sognato di bocciarne una delle due. Tra i due litiganti aveva vinto un terzo, ma a prevalere davvero, quella volta, era stata l'abbazia.
Se poi l'edificio religioso in questione è anche, di fatto, l'unico monumento del paese, proibirlo diventa ancora più assurdo. Così, a Zelo Buon Persico, comune del lodigiano, in aprile la lista "Tutti per Zelo" non si era fatta troppi problemi a inserire nel proprio contrassegno la stilizzazione della chiesa parrocchiale, che si affaccia sulla piazza del paese. A qualcuno, però, il dubbio che i funzionari potessero bocciare il simbolo era venuto lo stesso: in sede di esame, però, nessuno ha avuto da ridire. In effetti, mettersi di traverso per non far passare l'immagine dell'unico vero monumento della città, riprodotto anche nei particolari (ma senza riportare nemmeno una croce), avrebbe avuto poco senso. Il piano della piazza colorato a tinte arcobaleno ha continuato a ospitare la chiesa e la maggioranza dei cittadini ha gradito: il sindaco del comune oggi è espressione di quella lista.
Qualcuno, in compenso, sembra fare di tutto per mettere a dura prova l'attenzione dei controllori (e anche la tenuta delle norme). A Novara di Sicilia, per dire, nel 2012 si scontravano solo due liste: aveva vinto senza troppa larghezza "Libertà e progresso", a sostegno del candidato sindaco Girolamo Bertolami. Nel contrassegno di quella lista, un geometricissimo (e quasi naïf) sole giallo sorge non dal mare o dalla terra piana - in stile socialdemocratico o veterosocialista - ma da due rilievi montuosi verdi, alzandosi in un cielo azzurrino sfumato con uccelli in volo. Immagine quasi commovente, nella sua semplicità che non pretende nulla... ma aguzzando l'occhio, sul monte di sinistra, si vede una croce disegnata sulla cima.
Sulla scheda sarà stata alta meno di un millimetro, sulla riproduzione grande per i manifesti forse due millimetri e mezzo; non è chiaro che bisogno ci fosse di piazzare quei due tratti di nero quasi impossibili da vedere (magari c'è proprio una croce su uno dei monti del paesaggio del comune messinese). I componenti della sottocommissione elettorale circondariale comunque non se ne sono accorti e, se anche hanno visto il segno, hanno evidentemente lasciato correre. Contenti loro (e contenti quelli di Rifondazione comunista, che hanno partecipato alla lista), contenti tutti.
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