Il "centro" politico in Italia non cessa di essere (e anche di apparire) in movimento: proprio oggi si è registrata la comparsa di un nuovo soggetto, che ha scelto consapevolmente di adottare l'etichetta di "partito". Si tratta del Partito Liberaldemocratico (anche se, a guardare il simbolo - di cui si dirà più avanti - si sarebbe tentati di dire Partito Liberal democratico), vale a dire la forza politica nata dall'impegno comune - iniziato alla fine di novembre con la manifestazione Il coraggio di partire - di Libdem europei (l'associazione-costituente-partito fondata nel 2022 da Giuseppe Benedetto, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino e Sandro Gozi, presieduta da Andrea Marcucci e membro dell'Alde Party), Nos (il "media-partito" lanciato dal fondatore di Will Italia Alessandro Tommasi), l'associazione Liberal Forum (nata nel 2022 su impulso di varie figure legate al mondo liberale, pur collocate in origine su fronti diversi) e Orizzonti liberali, cioè l'associazione-cantiere promossa da Luigi Marattin dopo la sua uscita da Italia viva a settembre dello scorso anno.
L'idea di concorrere a costruire "un vero partico liberaldemocratico equidistante sia da destra che da sinistra" ha impegnato i soggetti per vari mesi, fino alla preparazione dell'iniziativa di presentazione di oggi, tenutosi presso lo spazio Roma Eventi di via Alibert (dietro Piazza di Spagna). Insieme, per la libertà. L'inizio di un cammino nuovo era il titolo scelto per questo evento che ha unito soggetti che in tempi recenti non avevano avuto posizioni sovrapponibili: alle ultime elezioni europee, per esempio, Libdem aveva concorso alla lista Stati Uniti d'Europa (sostenuta anche da Marattin, allora in Iv, e anche da Liberal Forum che aveva appoggiato la candidatura di Graham Watson nel Nord-Est), Nos era invece stato parte della lista Siamo Europei guidata da Azione.
In un certo senso si può parlare di evoluzione del progetto Libdem europei, almeno sul piano politico e giuridico. La presentazione di oggi era infatti stata preceduta, il 29 novembre 2024, da una prima assemblea dei soci dell'associazione Liberali Democratici Europei per deliberare la modifica dello statuto in modo da trasformare l'associazione nel partito Libdem. Il 20 febbraio, poi, si era appreso di una nuova convocazione dell'assemblea (il 28 febbraio in prima convocazione e il 5 marzo in seconda) per ulteriori modifiche statutarie: "il nostro Statuto, così modificato, costituirà - si leggeva nel sito libdemeuropei.it - la base del futuro partito liberaldemocratico a cui daremo vita con gli amici di Orizzonti Liberali, Nos e Liberal Forum in un grande congresso la prossima estate".
Per il congresso, dunque, è ancora presto, ma intanto l'evento di lancio c'è stato, così come sono stati elaborati lo statuto ("frutto del lavoro di una commissione" dei quattro soggetti politici coinvolti) e soprattutto - per quanto interessa qui - il simbolo, presentato ieri. Lo statuto rinnovato contiene la descrizione del fregio, la stessa riportata nella domanda di marchio, depositata venerdì 7 marzo da Piero Cecchinato, avvocato esperto di diritto commerciale, bancario e finanziario (ed esperto anche di diritto della proprietà industriale) nonché segretario di Libdem europei:
logo di forma cilindrica con 4 colori: azzurro chiaro e blu scuro di sfondo, un bordo blu scuro che contorna tutto il perimetro del logo; colore bianco per il nome del Partito formato da 3 parole (“Partito Liberaldemocratico”); colore giallo per il puntino sopra la i della seconda parola che rappresenta il nome del partito; e colore giallo anche per la figura dell'ala in alto a destra posizionata sopra la terza parola del nome partito. Il colore blu scuro predomina la parte bassa a destra del cerchio mentre l'azzurro chiaro la parte in alto a sinistra con al centro il nome e l’immagine dell'ala.
L'ala gialla che si vede nel simbolo richiama, per chi la riconosce, quella del bird of liberty, simbolo classico dei liberaldemocratici europei che ha caratterizzato per molti anni (e in varie versioni) il gruppi libdem al Parlamento europeo (Eldr): tuttora i liberaldemocratici britannici utilizzano quell'immagine (e per un certo periodo lo hanno fatto in Italia i Liberaldemocratici di Marco Marsili: chissà se lui, che si era lamentato dei Liberal Democratici di Lamberto Dini e Italo Tanoni, sarà contento di questo nuovo nome...) e proprio Libdem - quando era pensato soprattutto come "movimento liberale democratico europeista" - ha utilizzato comunque un uccello giallo ad ali spiegate, prima reso con la tecnica dell'origami, poi nella forma più semplificata vista fino a poco tempo fa. Quanto ai colori, il giallo rappresenta i libdem in vari paesi europei, spesso abbinato proprio all'azzurro-blu (che appare anche nell'attuale logo dell'Alde, che pure ha rinunciato al giallo).
La scelta di usare il termine "partito" - in controtendenza rispetto a quanto visto negli ultimi anni - e di evitare riferimenti all'Italia o ad altre grafiche esplorate negli ultimi decenni era emersa già poco prima della presentazione, quando Luigi Marattin, in un'intervista ad Aldo Torchiaro per il Riformista, aveva dichiarato: "La crisi della politica in Italia - si vede anche dal modo in cui negli ultimi trent’anni si sono chiamati quasi tutte le formazioni politiche che nascevano. Quasi nessuno si chiamava 'partito', come se fosse una cosa tossica; invece i partiti, se fatti per questo secolo e non per il precedente, sono ancora lo strumento migliore per la democrazia rappresentativa. E poi nessuno metteva nel proprio nome un'identità politica: tutti a saccheggiare l'orto botanico (querce, margherite, ecc) o a utilizzare combinazioni del nome 'Italia'. Invece da un nome di un partito si deve capire subito qual è la visione di società che ne deriva".
"Siamo una possibilità per tutti, non un privilegio per pochi": così stava scritto sullo schermo accanto al simbolo appena comparso, mentre il manifesto del partito cerca di sviluppare il credo della forza politica, volto a combattere i tre spettri dell'autocrazia, del populismo e della conservazione, unendo democrazia politica ed economia di mercato. "Varando questo partito che unisce quattro associazioni - ha detto Marattin all'inizio dell'evento - cominciamo a mettere mano a quella frammentazione che ha reso l'area liberaldemocratica meno forte di quanto non sia in Italia. Oggi vi presentiamo il manifesto, quello in cui crediamo, le nostre proposte politiche; vi presentiamo una classe dirigente, una strategia di comunicazione che discutiamo con tanti ospiti esterni; apriamo il tesseramento e tra tre mesi eleggeremo i nostri organi. Partiamo con le cose importanti, le altre verranno dopo".
"Quando vi siete innamorati l'ultima volta dell'attività politica? Quando siete andati a votare l'ultima volta con passione e determinazione?" ha chiesto Pietro Ruggi, socio fondatore e presidente di Liberal Forum. "Per tanti di noi forse è passato troppo tempo: per decenni ci siamo trovati a dover scegliere tra una destra populista, giustizialista e illiberale e un centrosinistra anch'esso populista e giustizialista, per i liberali era una situazione impossibile. Oggi per me si realizza un sogno: avere un partito che può essere un punto di riferimento politico-elettorale per i liberaldemocratici italiani, da lasciare in eredità ai nostri giovani. Un partito non si fonda per l'obiettivo di riunire i liberaldemocratici: lo si fonda perché ci sono valori non negoziabili condivisi tra tutti noi".
"Se metà delle persone non vota - ha aggiunto Alessandro Tommasi di Nos - vuol dire che metà delle persone non crede minimamente nella politica, perché negli ultimi trent'anni sono mancati una visione del paese, un metodo di lavoro chiaro, sistemi di incentivo alla partecipazione politica per componenti importanti della nostra società. Siamo sicuri che lo scontro tra centrodestra e centrosinistra sia ancora attuale, o invece sarà necessario schierarsi a difesa dei principi democratici e dello stato di diritto, che certe forze politiche non sposano in pieno?".
"Quando ho iniziato a fare politica qualche decennio fa - ha chiosato Andrea Marcucci - sembrava che il bene della libertà fosse ormai acquisito nel mondo occidentale e anche in Italia. Semplicemente non era vero, come ha dimostrato la storia: in momenti difficili come questo, diventa un discrimine scegliere di stare dalla parte di chi viene offeso e aggredito, di chi sceglie i diritti, di chi sa che le riforme e la spesa pubblica ci possono essere ma solo in presenza di un'economia di mercato. Il motore di secoli che ha portato allo sviluppo della nostra società è stato l'amore per la libertà e lì bisogna tornare. Facciamo un primo passo di un percorso che abbiamo elaborato e studiato e che è difficile, perché tra liberali trovarsi d'accordo è un incubo... ma siamo andati avanti e ci crediamo". La sede del partito, tra l'altro - in via Veneto 7 a Roma - coincide con l'ufficio romano usato da Marcucci fin dalla sua prima elezione a parlamentare (nel 1992 con il Pli alla Camera; sarebbe poi tornato al Senato nel 2008 con il Pd, rimanendovi fino al 2022).
Tra i molti interventi della giornata, al di là degli apprezzabili contributi esterni, meritano di essere segnalati due passaggi interni. Il primo lo ha fornito Gianmarco Brenelli, tra i fondatori di Liberal Forum, a lungo impegnato nel mondo liberale (e, tra l'altro, nella Federazione dei liberali guidata da Raffaello Morelli): "Nel nostro manifesto introduciamo alcune novità, innanzitutto la parola 'Partito': la nostra - ha detto - è l'unica democrazia che ormai non si fonda sui partiti, abbiamo avuto fasi floreali, di cesarismo, di 'partiti' in cui non si discute e non si applica la costituzione e noi vogliamo andare nella direzione opposta, creando una forza politica contendibile. Grazie al disastro che si è creato in Italia, nel Parlamento europeo non esiste un contributo italiano alla famiglia liberale, a dispetto di una domanda dell'8-10% rivelatasi non nei sondaggi, ma nei voti: serve uno strumento che costituisca l'offerta a questa domanda".
Il secondo momento intenso è arrivato da Oscar Giannino, che ha offerto un intervento decisamente movimentato: "I nostri punti programmatici non sono un programma elettorale, cui lavoreremo quando ci avvicineremo alle elezioni, vedendo quanto la condizione di questo paese e quella internazionale si sarà ulteriormente ridotta alla malora. Così come non sono un programma di governo completo, perché questo lo faremo evolvere nel tempo attraverso le forme di un partito contendibile che fa congressi a tutti i livelli e non sopporta i partiti personalistici, senza averci niente a che fare. Però abbiamo scelto punti programmatici che sono irriducibilmente diversi da quello che dicono questa destra e questa sinistra e da quello che hanno fatto per anni, lasciando le loro impronte digitali sul paese". Comunque vada, la strada è impegnativa: decidere di percorrerla - qualunque idea si abbia - è una sfida che merita rispetto.
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