lunedì 31 marzo 2014

La Lega in Europa contro l'Euro, ma arriva per seconda

Una cosa è certa: nulla di ciò che viene inserito all'interno di un contrassegno elettorale sta lì per caso. Anche un emblema di cattivo gusto o brutto da vedere, specie di una formazione di peso, è stato studiato e ogni elemento ha una sua ragione di essere. Così non è passato inosservato il simbolo che la Lega Nord ha intenzione di presentare alle prossime elezioni europee: come in un gioco delle differenze (o, se si preferisce, del "celo manca"), si va a vedere cosa è sparito, cosa è rimasto e cosa è stato aggiunto.
Nessuno ovviamente ha toccato la parte fondamentale del contrassegno, Alberto da Giussano con la spada sguainata e con il leone di San Marco sullo scudo, così come il nome del partito è ben fermo al suo posto. C'è anche il Sol, il "sole delle alpi" scelto come emblema della Padània, ma è ridotto a un bollino di tre millimetri di diametro sulla scheda: a fare da contrappeso, nella parte sinistra del cerchio alla stessa altezza, la "Pulce" di Die Freiheitlichen, il partito altoatesino impegnato nella tutela della minoranza tedesca e che con la Lega condivide vari punti, a partire dal contrasto all'immigrazione clandestina.
Se qualcosa manca, questa volta, è proprio il riferimento alla Padania; al più, è stato stemperato nel marcatore "Autonomie", stretto tra il nome, il guerriero e la pulce, ma non si può certo dire che nel contrassegno abbia un ruolo preponderante. Per ora, poi, il segretario Matteo Salvini ha scelto di non inserire il suo cognome all'interno dell'emblema, per non personalizzare troppo la battaglia. Non sparisce però il segmento blu in cui il nome del leader o il riferimento alla Padania trovavano posto: in quella sorta di palchetto è stato messo un elemento nuovo, almeno per la simbologia leghista, "Basta €uro".
Probabilmente è la prima volta che in italia si usa con coscienza il simbolo della moneta unica (soprattutto per demolirla),anche se non è proprio quello ufficiale adottato alla fine degli anni '90. Ma se Salvini e gli altri si sono limitati a esplicitare la loro battaglia già intrapresa contro questo caposaldo dell'Europa di oggi, non si può certo dire che siano arrivati per primi. Giusto dieci anni fa, infatti, fece la sua prima uscita nazionale il Comitato No Euro, creato l'anno prima dal piemontese Renzo Rabellino per condurre una battaglia contro la moneta una gestita dalla Bce e contro la pratica del signoraggio. Come esordio si portò a casa 70mila voti nella circoscrizione del Nord-Ovest (più della Fiamma tricolore, più della coppia Pri-Sgarbi, più di Mastella e Segni messi assieme). Negli ultimi anni No Euro era una pulce sempre presente nei contrassegni di Rabellino, in particolare la Lista del Grillo parlante (declinata al plurale per evitare le bocciature) e certamente anche quest'anno farà la sua figura. Quello di Salvini non sembra un omaggio al politico piemontese, anzi non è escluso che la Lega abbia inserito "Basta €uro" anche per giocare uno scherzetto all'inventore della Lega padana anni dopo la sua uscita dal Carroccio: Rabellino, in ogni caso, usa il suo segno da oltre dieci anni e non ha nulla da temere.

domenica 30 marzo 2014

Il "passo a lato" di Forza Campania

Della serie: distinguiamoci, ma non troppo. Mettiamoci le scarpe, ma non ce ne andiamo (per il momento). Si potrebbe anche leggere in questo modo la mossa che ha visto protagonista una parte sensibile del gruppo di Forza Italia nel consiglio regionale campano: proprio oggi, infatti, un gruppo di sette componenti dell'assemblea legislativa ha annunciato in conferenza stampa la nascita di un nuovo gruppo, dal nome "Forza Campania". Restano iscritti al partito di Silvio Berlusconi, continuano a riconoscerlo come leader, ma fanno un passo a lato e potenzialmente si preparano a correre da soli alle prossime elezioni. Già, perché nel diventare gruppo autonomo si danno anche un simbolo.
Non sarebbe assolutamente richiesto (un gruppo in seno al consiglio si distingue anche solo con il nome), ma il contrassegno c'è e, una volta creato, ci vuole poco a usarlo e a farlo finire su una scheda; se non serve, nessun problema, ma se occorre il simbolo per distinguersi e farsi votare è già pronto per l'uso.
Per i media e per gli stessi consiglieri coinvolti, ispiratore dell'operazione è Nicola Cosentino, anche se lui tiene a precisare di non essere il "regista" di nulla: coloro che hanno issato la nuova bandiera, però, sono vicinissimi allo stesso Cosentino e questo ha inevitabilmente un peso. Il peso maggiore però è quello del nome, chiaramente debitore di Forza Italia. Paradossalmente c'è almeno un precedente, sempre meridionale (anzi, ancora di più): quello di Gianfranco Miccichè che aveva fondato il gruppo Pdl Sicilia, non perfettamente allineato con le direttive berlusconiane. Quella volta però tutto si era esaurito con un nome (che poi avrebbe fatto nascere Forza Sud), non era stato sfoderato alcun simbolo, che qui invece è arrivato.
I consueti quattro colori da partito catch all non vengono ovviamente interpretati in stile Forza Italia o Pdl: la bocciatura in un eventuale uso elettorale sarebbe immediata. Il percorso tricolore (un po' ondivago, bisogna ammetterlo) e il fondo azzurrino richiamano comunque l'area berlusconiana - che, come detto, i creatori del gruppo non hanno intenzione di lasciare - e il nome certamente fa la sua grande parte. Qualcuno forse si è anche chiesto se proprio quella denominazione potrà avere qualche problema in sede di ammissione del simbolo. Certezze non ci sono, ma è probabile che l'emblema passi. Già nel 1994 fu ammesso un Forza Sardegna, sia pure nella seconda versione (la prima replicava troppo da vicino la bandierina di Fi), come in giro per l'Italia vari simboli con l'espressione "Forza + luogo" sono stati ammessi senza troppe riserve. Alle ultime politiche sono caduti gli emblemi che contenevano intera l'espressione "Forza Italia", oppure che richiamavano troppo da vicino la grafica disegnata da Cesare Priori; era passato invece "Amiamo con forza l'Italia". 
Considerando il diverso abbonamento con la Campania e l'uso ben differente dei colori, il nuovo gruppo campano non dovrebbe avere noie simboliche e può già prepararsi alle amministrative, cui si presenterà in autonomia se con Forza Italia non ci sarà condivisione sui nomi da presentare: i forzisti doc sono avvertiti.

martedì 25 marzo 2014

La Scelta civica che guarda all'Europa


Saltata la lista unica dell'Alde, Scelta civica non poteva certo stare a guardare: proprio oggi è stato presentato il nuovo emblema che correrà alle elezioni europee per rappresentare in modo più solido l'area liberaldemocratica.
Si tratta naturalmente di una variazione dell'emblema già noto, presentato alla fine di dicembre e "stabilizzatosi" nell'autunno, con la scomparsa del cognome di Monti e la maggior evidenza data alla dicitura "per l'Italia". Questa volta, visto il contesto europeo, la dicitura diventa inevitabilmente "per l'Europa" e il cerchio viene marcato da una corona blu, con le consuete dodici stelle disposte a semicerchio, tanto per marcare ancora di più la vocazione europeista. Bastano però il nome noto e il nastrino a evitare la raccolta delle firme.
A presidiare l'area libdem provvedono invece le parole collocate nella parte alta della corona: "liberali democratici riformatori". Certamente l'addio dei Popolari per l'Italia di Mario Mauro ha facilitato questa declinazione del soggetto politico e farà certamente piacere a quelle forze liberali - come l'Alleanza liberaldemocratica per l'Italia, il Pli e la Federazione dei liberali - che avrebbero visto con molto favore una lista unitaria nel nome dell'Alde e invece si sono ritrovate superate dalla doppia punta Centro democratico - Fare.
Non si dimentichi poi che nel contrassegno nuovo nuovo di quel cartello elettorale spicca la dicitura "Scelta europea", cosa che aveva fatto infuriare subito i montiani. Non è un caso che, nell'emblema ritoccato, l'espressione "Scelta civica" sia decisamente ingrandita, avendo un rilievo molto maggiore: si vorrà evitare che qualche voto prenda vie diverse e - c'è da giurarlo - Sc cercherà concretamente di opporsi in sede di deposito degli emblemi al nuovo nome scelto dal duo Tabacci-Boldrin. Appuntamento al 9 aprile per sapere come andrà a finire.

sabato 22 marzo 2014

La fiamma delle Destre unite: Italia-Francia, andata e ritorno

Si era sostanzialmente fermato, il progetto del Movimento per Alleanza nazionale, dopo che la Fondazione An aveva detto che il simbolo dell'evoluzione del Movimento sociale italiano non potevano prenderselo Storace, la Poli Bortone e altri, ma soprattutto dopo che l'assemblea della stessa fondazione aveva attribuito l'uso dell'emblema - per quest'anno - a Fratelli d'Italia. Si era fermato, ma non era andato nel dimenticatoio: a destra c'è voglia di unità, almeno tra alcune forze, così la via che si era arrestata a novembre è stata silenziosamente proseguita e darà i suoi primi frutti in Piemonte.
Proprio oggi, infatti, è stato presentato l'emblema di un nuovo rassemblement, per ora solo elettorale, che in previsione del rinnovo del consiglio regionale del Piemonte - a causa della rinnovazione delle elezioni decisa dal Tar e dal Consiglio di Stato - vede schierati insieme La Destra, Futuro e libertà per l'Italia e la Destra sociale (ossia l'ampio gruppo di fuoriusciti dalla Fiamma tricolore, a partire dall'ex segretario Luca Romagnoli) sosterrà la candidatura unitaria di Gilberto Pichetto Frattin. A presentare l'emblema, in prima persona Francesco Storace, Adriana Poli Bortone di Io Sud (altra artefice dell'ex Movimento per An), Roberto Menia per Fli e lo stesso Romagnoli: non c'è ovviamente Fratelli d'Italia, che continua un progetto autonomo con la "pulce" di An sul fondo del contrassegno.
L'emblema recupera una fiamma coi colori italiani, però non è quella storica del Msi, né la stilizzazione inventata nel 2001-2002 per la Fiamma tricolore: è piuttosto la versione italica della nuova fiamma del Front National di Le Pen. C'è anche una spruzzata di centrodestra nel simbolo: in fondo, la dicitura "Destre unite", contenuta per metà all'interno di un quadrato color carta da zucchero, un po' il verso al Nuovo centrodestra di Alfano lo fa. 
La parte più interessante però è proprio la fiamma, perché di fatto chiude un cerchio o, se si preferisce, un viaggio andata e ritorno. Già, perché dall'inizio il Front aveva adottato la versione bleu della fiamma di Almirante, copiandone anche la forma; dagli anni 2000 però l'emblema in uso in Francia è una rivisitazione di quel tema a modo suo, con una fiamma meno "dentata" e più fluida. A distanza di oltre quarant'anni, l'emblema riattraversa le Alpi e sembra pronto per una nuova vita. A patto che gli elettori di destra, ovviamente, se ne accorgano.

giovedì 20 marzo 2014

La "Scelta europea" di Tabacci e Boldrin che spiazza (e fa infuriare i montiani)

Le notizie simboliche che si susseguono in questi giorni danno l'ampia dimostrazione - qualora ce ne fosse il bisogno - di una verità molto concreta: l'unione forse non fa la forza, ma andare da soli è un vero suicidio. In realtà era già così anche prima del 2009, se non altro per una questione matematica: nel 2004 le forze politiche italiane potevano dividersi 78 seggi, quando in patria tra Camera e Senato se ne gioca(va)no 945, per cui era più facile ottenere un seggio lì da soli (a patto di superare gli sbarramenti) che non a Strasburgo. Da quando poi i partiti maggiori si sono accordati per introdurre anche per le elezioni del Parlamento europeo una soglia del 4% per accedere alla ripartizione dei seggi, si capisce perché i partiti medio-piccoli tendano tutti a unirsi, nel tentativo di superare l'asticella e accedere a una delle 73 poltrone disponibili.
Così, dopo il tandem (quasi scontato, viste le manovre delle ultime settimane) di Udc e Popolari per l'Italia, ecco presentato il secondo, un po' meno ovvio, di Centro democratico e Fare per Fermare il declino. Le due formazioni presentano un cartello denominato "Scelta europea" (Monti, almeno nel nome, sembra avere fatto scuola, anche se per qualcuno la decisione di usare quell'etichetta sarebbe un vero sgambetto malizioso), che ha come denominatore comune il riferimento alla famiglia europea dell'Alde (quindi i libdem) e il sostegno a Guy Verhofstadt alla guida della prossima Commissione europea. Questa scelta di campo è scritta a chiare lettere sul contrassegno e la cosa non può non lasciare perplessi.
Dal sito di Lettera.43
Già, perché solo poche settimane fa sembrava avviato un percorso comune nel solco dell'Alde tra il Pli di Stefano De Luca, il nucleo originario di Fare ora costituito in Ali - Alleanza liberaldemocratica per l'Italia (con Silvia Enrico e Oscar Giannino) e la Federazione dei liberali di Raffaello Morelli, così come si era immaginato un possibile coinvolgimento di Scelta civica, ormai depurata della parte popolare. E invece finiscono per riferirsi all'Alde un ex diccì come Bruno Tabacci e un ultraliberista come Michele Boldrin, mentre al momento non è dato sapere che faranno gli altri. E se i montiani sono su tutte le furie, perché ritengono che il nome dell'inedito duo sia un "uso surrettizio" della propria etichetta (al punto da essere pronti a opporsi all'ammissione del simbolo), sembra sfumare definitivamente il disegno di un'unica lista Alde italiana.
Nel frattempo, Centro democratico e Fare (che toglie l'espressione Fermare il declino, forse perché sulla scheda sarebbe stata praticamente invisibile e avrebbe dato solo problemi di stampa) sono presenti con le loro pulci nella parte inferiore del nuovo emblema. Particolarmente importante è quella del "compagno Br1", visto che con i suoi parlamentari eletti è in grado di evitare la raccolta firme all'intero soggetto politico. La strada verso il 4%, in ogni caso, è ancora lunga: forse sarebbe stato difficile arrivarci anche con Scelta civica, ma ora la pendenza della salita è ai livelli di guardia. Tabacci e Boldrin lo sanno di certo; nel frattempo, attendiamo il prossimo rassemblement, anche abbastanza avventuroso (sabato si attendono notizie da destra).  

mercoledì 19 marzo 2014

Udc e Popolari per l'Italia insieme in Europa (e Mauro toglie le frecce)

Chissà, forse non ci ha pensato per niente, forse ci ha pensato a prescindere da quello che avevo detto qui in passato, commentando il simbolo nuovo nuovo dei Popolari per l'Italia. Eppure Mario Mauro alla fine ha ceduto alla "maledizione della freccia", che in un recente passato aveva colpito Fare per Fermare il declino, la Lista 3L di Tremonti e Forza Evasori (bloccato prima ancora delle elezioni): le punte direzionali, infatti, sono proprio l'unico dettaglio che non si vede nel contrassegno composito presentato questa mattina da Pi e Udc in vista della partecipazione alle elezioni europee.
Naturalmente la parte del leone - rispettando le proporzioni numeriche - la fa l'emblema del partito rimasto nelle mani di Lorenzo Cesa, con lo scudo crociato in ampia evidenza, senza che ci sia la minima intenzione di dismetterlo. Dell'emblema scelto dal gruppo di Mauro rimane solo la striscia tricolore che ospita il nome del partito, un po' più coricata e, come si diceva, senza le punte di freccia. In questo modo, però, "Popolari per l'Italia" è l'unica parte testuale che si vede sul simbolo, senza alcun riferimento al nome o alla sigla dell'Udc, com'era stato alle precedenti elezioni politiche ed europee. Da un certo punto di vista, il simbolo vuole presentarsi come una sorta di fusione in parte già avvenuta o per lo meno naturale, visto il percorso che le due formazioni hanno intrapreso nelle ultime settimane.
Non stupisce l'accostamento dei colori e dello scudo, del resto già presente nell'emblema che il segretario amministrativo dell'Udc aveva depositato tempo fa ad Alicante come marchio. Nonostante questo, però, c'è qualcosa di precario in questa grafica, come spesso avviene quando due o più gruppi politici si mettono insieme senza optare per un segno nuovo, ma unendo quelli già noti. Perché il tanto spazio "vuoto" lasciato in alto a destra, dovuto alla scelta di mantenere obliqua la banda tricolore di Mauro & co., ricorda un po' quei contrassegni preparati per le elezioni amministrative, piazzando un fiore qui o una stretta di mano là, tanto per dire che, anche se non si corre con un proprio emblema, si esiste ancora. Quello verso Strasburgo sarà solo un piccolo cammino comune, sarà una tappa verso un'assimilazione o, nel frattempo, qualcuno avrà messo di nuovo mano al marchio politico?  

giovedì 6 marzo 2014

L'impatto (grafico) della sinistra con Tsipras

Già da ora, se riuscirà nell'intento - molto gravoso - di raccogliere le firme richieste dalla legge, il simbolo della lista L'altra Europa con Tsipras presentato ieri si candida a diventare uno degli emblemi di maggior impatto alle prossime elezioni europee. Non c'è nessun elemento figurativo particolare, anzi, forse l'effetto positivo del contrassegno passa anche attraverso questa soluzione.
E' stato rispettato, almeno per la parte testuale, l'esito del referendum che ha visto prevalere la formula che ora è in uso, mentre la grafica è stata ulteriormente semplificata: via la circonferenza bianca di contorno interno, via il carattere "stile gesso" e via anche l'archetto giallo che occhieggiava a metà dell'emblema. Resta solo il nome della lista che risalta particolarmente sul fondo rosso, un po' perché il colore bianco spicca molto in una logica di contrasto, un po' perché la font scelta, molto pulita, si fa leggere bene.
Il simbolo, dunque, nel complesso dimostra una grande resa grafica, pur nella sua semplicità (o, forse, proprio per questo) e senza avere tentato alcuna strada simbolica, tradizionale o azzardata. Un marchio moderno ed efficace, almeno sulla carta. Paradossalmente l'unico elemento che vorrebbe rendere elegante e più dinamico l'emblema, ossia le ombre della parte testuale, rischia di non avere alcun effetto. E' verosimile, infatti, che la stampa delle schede scurisca e impasti i colori, al punto da "fagocitare" le ombre sul fondo rosso. 
Non pare ci sia il rischio di danneggiare il simbolo, al massimo sarebbe come se quelle ombre non ci fossero. Ma se quelle non si vedono, non c'è problema; se non ci sono le firme, invece, il problema c'è eccome, per cui tutte le forze della sinistra sono mobilitate per raggiungere il risultato.

domenica 2 marzo 2014

Il girasole di Green Italia per tornare a Strasburgo

In Italia, si sa, la formazione più nota del movimento ambientalista, i Verdi, si è sempre contrassegnata con un sole che ride. In Europa, invece, i green generalmente scelgono come simbolo un girasole. Ed è anche per questo, per una vocazione soprattutto europea, che la corolla stilizzata del fiore campeggia sul simbolo di Green Italia, nuova formazione che unisce persone dalla provenienza decisamente variegata, ma accomunate dall'idea di costituire "una forte presenza di un partito a trazione ecologista", che in Italia sembra mancare da tempo.
Si ritrovano insieme la copresidente dei Verdi europei Monica Frassoni e l'ex finiano Fabio Granata: entrambi ora si ritrovano coordinatori di questo nuovo soggetto politico (cui partecipa anche, per dire, l'ex Pd Roberto Della Seta), che abbandona i colori nazionali per sposare quelli spiccatamente europei. Perchè se il fiore adottato è decisamente internazionale, il fondo non è tinto dell'azzurro italiano, ma del blu della bandiera europea, puntualmente richiamata dalle dodici stelline in circolo nella parte bassa del logo.
E' chiaro che un emblema così si presta particolarmente a iniziare la sua corsa per le elezioni che rinnoveranno le compagini di Strasburgo: la Frassoni, del resto, è stata per due volte europarlamentare e si tratterebbe di un ritorno, dopo la mancata elezione dello scorso anno al Senato. E' probabile a questo punto che il contrassegno arrivi nelle bacheche del Viminale all'inizio di aprile; finora però il girasole non ha portato molta fortuna a chi l'ha usato. Non superò lo sbarramento del 4% il Girasole di Verdi e Sdi nel 2001; non sono mai diventati un partitone i Radicali di sinistra che lo hanno usato e si sono quasi perse le tracce di Siamo Gente Comune di Rosi Mauro. Anche il simbolo finale degli Ecologisti e civici (penultima mutazione dei Verdi) era rimasto con il sole ridente inevidenza, dopo che altri avevano proposto proprio il girasole dei green. C'è da sperare che, da qui ad aprile e maggio, il fiore non perda i petali.