domenica 5 ottobre 2014

Forza Italia in soffitta, anzi no. E Fitto?

Negarlo forse non è inutile, ma per lo meno è difficile: Forza Italia ha conosciuto periodi migliori, quanto a tranquillità ed armonia al suo interno. Prima lo scambio di battute al vetriolo tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto durante l'ultimo ufficio di presidenza del partito, poi le voci diffuse da Libero (poi smentite dall'ex presidente del Consiglio) sulla possibilità che il soggetto politico nato nel 1994 e "riattivato" meno di un anno fa sia abbandonato in favore di un nuovo contenitore, tutto da sperimentare ma senza debiti da gestire: smentite, aggiustamenti e correzioni vanno tenute in conto e rispettate, ma è lecito non prenderle per oro colato.
Comunque stiano le cose, non può non colpire come il ritorno a Forza Italia - voluto perché il "marchio" del Popolo della libertà "non scaldava il cuore" e veniva trattato come una sigla qualsiasi (il Pdl o perfino la Pdl, cosa che aveva scandalizzato profondamente il suo ideatore) - abbia avuto effetti ben più tiepidi rispetto alle aspettative. Era stato relativamente facile rispolverare la bandierina coniata da Cesare Priori nel 1994, visto che il soggetto giuridico varato allora era stato semplicemente "messo in naftalina" nel 2008, alla nascita del Popolo della libertà: una sospensione dell'attività (necessaria, tra l'altro, a riscuotere i rimborsi elettorali ancora dovuti) che non aveva però cancellato dalle menti di molti il ricordo di quel tricolore che aveva subito diviso gli italiani tra chi lo amava alla follia e chi lo odiava profondamente (nel tempo, peraltro, qualcuno ha cambiato idea).
Se però a novembre del 2013 era tornato il marchio (vestito anche da chi non lo aveva mai portato prima, come Maurizio Gasparri e Gianfranco Rotondi), nessuno poteva immaginare che non sarebbe tornato lo spirito delle origini. Dare la colpa al logo è certamente sbagliato, ma a qualcuno l'idea di cambiare tutti i segni distintivi potrebbe essere venuta davvero: della serie, niente minestre riscaldate, ma qualcosa di davvero nuovo. 
Più che cambiare il nome e il simbolo, peraltro, poteva avere senso - prima della smentita, ovviamente - fondare direttamente un partito nuovo, sciogliendo quello attuale. Un soggetto nuovo che, appunto, non fosse gravato dai debiti di cui, stando a Libero e ad altri quotidiani, Forza Italia sarebbe piena "perché i parlamentari non contribuiscono economicamente". Di partiti chiusi per debiti, a spulciare nella storia della politica italiana, se ne contano essenzialmente due: il Partito socialista italiano e (prima ancora) il Partito liberale italiano: un congresso - drammatico sia per il Psi sia per il Pli - aveva deciso lo scioglimento della vecchia associazione politica, mentre una costituente subito dopo aveva varato i nuovi soggetti politici della rispettiva area (Socialisti italiani e Federazione dei liberali ).
Si erano aperti, in quel modo, percorsi in cui sigle giovani - ma molto meno consistenti - erano destinate a convivere con i vecchi partiti messi in liquidazione per un periodo più o meno lungo (la partita della liquidazione del Psi, per dire, non è ancora chiusa). In questi giorni qualcuno doveva avere pensato che il tutto sarebbe accaduto di nuovo, con un "Forza Silvio" visibile e attivo, a fronte di una Forza Italia in liquidazione e destinata allo scioglimento definitivo. Naturalmente le parole dello stesso Berlusconi, secondo il quale "dovrebbe essere noto a tutti che i costi di venti anni di battaglie azzurre per la libertà sono stati garantiti da mie fideiussioni, delle quali risponderei dunque personalmente", sembrano mettere la parola "fine" sulle voci di un nuovo soggetto politico a guida berlusconiana. 
Diverso, invece, è il discorso relativo a Raffaele Fitto. Sarebbe stato lo stesso Toti, in base a quanto fanno sapere i quotidiani, ad assicurare che "Fitto non farà scissioni, perché con lui non c'è nessuno". Forse Berlusconi non ha detto all'ex presidente della Puglia "se vuoi puoi andartene da Forza Italia", ma magari lui non ha nemmeno bisogno di fondare un nuovo partito. Nel senso che potrebbe averne già uno. 
Non è dato sapere, infatti, quale sia stato il destino giuridico dei Cristiani democratici per le libertà, il partito che proprio Fitto aveva fondato a maggio del 1998 assieme - tra l'altro - a Roberto Formigoni, non riuscendo a mandare giù l'idea che il Cdu di Buttiglione partecipasse al disegno cossighiano dell'Unione democratici per la Repubblica, diventando di fatto la stampella al nascente governo D'Alema. Il gruppo nel 1998 aveva corso con il Ccd in alcune competizioni locali, mentre l'anno successivo aveva partecipato addirittura alle elezioni suppletive per la Camera (e proprio in Puglia, terra di Fitto); nel 2001 era entrato in Forza Italia e la sua sigla, Cdl, era tornata subito buona per dare un acronimo alla neonata Casa delle libertà.
Naturalmente, da allora ad oggi, anche i Cristiani democratici per le libertà potrebbero essere stati posti in liquidazione e magari sono stati sciolti del tutto (del resto, avevano avuto una vita assai più breve, incappando in meno problemi di burocrazia); se però esistessero ancora sul piano giuridico, non ci sarebbe da stupirsi. Anche in quel caso, tuttavia, il vecchio marchio avrebbe poche chance di tornare in uso. Innanzitutto verrebbe quasi certamente tolto lo scudo crociato che, sia pure di scorcio, vi campeggiava (potrebbe non andar bene a tutti e ci sarebbero troppe grane da affrontare con l'Udc e le varie Democrazie cristiane che si proclamano eredi della vecchia Dc). 
Soprattutto, però, se Raffaele Fitto e altri lasciassero Forza Italia, rischierebbe seriamente di farlo a mani vuote: in base alle regole che da decenni i giudici applicano ai partiti, gli scissionisti non hanno alcun diritto sul patrimonio comune del soggetto che abbandonano; in altre parole, a chi alza le tende (sbattendo o meno la porta) e se ne va non spetta nemmeno un ghello o una sede, a meno che ci si accordi diversamente. Avere già un partito, ma non poter portare in dote niente dalla vecchia esperienza sarebbe solo il primo mattone di un'impresa difficilissima. Per ora, dunque, Forza Italia resta e Fitto pure. Più avanti, si vedrà.

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