giovedì 28 luglio 2016

Statuti, regole e polemiche, verso il congresso radicale

I congressi dei partiti, per loro natura, non sono mai una passeggiata. Sono fatti per confrontarsi, discutere, anche in modo animato - la storia politica d'Italia è piena di urli, fischi e botte congressuali - ma celebrarli è lo snodo della democrazia. Se sono troppo frequenti può essere un problema (troppi litigi e troppi costi da sostenere), ma è molto più grave quando non si svolgono per lungo tempo. Già solo per questo, la notizia della convocazione del 40° congresso del Partito radicale nonviolento transnazionale transpartito dovrebbe essere classificata come buona: l'assise precedente si è svolta nel 2011, ma a norma di statuto l'assise si sarebbe dovuta svolgere nel 2013. 
Vari ostacoli avevano impedito il rispetto delle scadenze statutarie. Da una parte, il segretario eletto nel 2011, Demba Traore, si rese sostanzialmente irreperibile e in ogni caso l'assise non la convocò mai; dall'altra parte, a più riprese il Senato - organo che di fatto ha governato il partito in questo periodo - si è detto che i soldi per convocare un congresso degno di un partito transnazionale non c'erano, a meno probabilmente di chiudere bottega. Ora una soluzione sembra essere stata trovata, con la convocazione di un congresso straordinario da parte di 147 iscritti (primo firmatario è il tesoriere Maurizio Turco, ma nell'elenco i nomi noti sono molti): l'assise si terrà dall'1 al 3 settembre nel carcere di Rebibbia, luogo simbolo delle battaglie radicali per lo stato di diritto.
Dovrebbe essere una buona notizia, invece sembra avere dato fuoco alle polveri all'interno del Prntt e, soprattutto, della "galassia radicale". Se l'8 luglio è stata resa pubblica la convocazione del congresso, due giorni prima Riccardo Magi e Valerio Federico, segretario e tesoriere di Radicali italiani, avevano ribadito l'urgenza del "ripristino della legalità statutaria del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito", chiedendo di convocare il Senato per "la prolungata inadempienza degli obblighi statutari da parte, tra altri organi, del Segretario", l'elezione di un nuovo presidente dell'organo (in sostituzione di Marco Pannella) e l'avvio del percorso di convocazione del Congresso, preceduto da "una fase adeguata di preparazione politica". 
Dopo la convocazione, lo stesso Federico, con Michele Capano (altro iscritto al Pnrtt), ha scritto una lettera aperta dura, parlando di convocazione illegittima dell'assise straordinaria (che, in base all'art. 2.1.1 dello statuto, può essere convocata, oltre che dal segretario e dalla maggioranza assoluta del consiglio generale, da un terzo degli iscritti da almeno sei mesi al partito). Le firme sarebbero insufficienti, nel senso che il numero dei 147 richiedenti sarebbe "ampiamente inferiore" al 33,3% degli iscritti all'8 luglio; il riferimento agli "iscritti da almeno sei mesi" sarebbe riferito alla condizione dei richiedenti, ma non consentirebbe di restringere la platea dei potenziali convocatori del congresso (su cui calcolare il "terzo") rispetto al totale degli iscritti, per evitare che l'organo più importante del partito sia convocato da un numero troppo esiguo di persone
Nella lettera si contesta anche la sede scelta per l'assise, cioè Rebibbia: non garantirebbe una partecipazione aperta: all'interno del carcere non potrebbe entrare una persona senza documenti o senza preavviso, avendo scelto di partecipare all'ultimo minuto, come non si potrebbero prevedere sessioni notturne (ipotesi che nei congressi radicali precedenti si sono puntualmente verificate). Altre contestazioni riguardano la procedura seguita: non ci sarebbe - a norma dell'art. 2.4 dello statuto - il tempo per svolgere i congressi di area (che si devono svolgere tra i 7 e i 4 mesi prima del congresso transnazionale) e non spetterebbe agli iscritti stabilire ordine del giorno, data e luogo del Congresso (essendo ritenuta necessaria, a norma dell'art. 20.2 del codice civile, l'intermediazione degli organi interni, in particolare il Senato, o del presidente del tribunale competente per territorio in caso di loro inerzia, se non altro perché qualcuno dovrà poter controllare il numero dei richiedenti e la validità dei loro titoli). Anche per questo, si chiedeva che il Senato del Prntt si confrontasse con Maurizio Turco, anche per sanare i presunti vizi della convocazione.
Il 14 luglio si è riunito il Senato: oltre a eleggere un nuovo presidente (Paolo Vigevano, già tesoriere del Partito radicale nella seconda metà degli anni '70), ha deciso di "rinegoziare" la convocazione del congresso, nel rispetto dello statuto e della prassi radicale, visto pure il mancato coinvolgimento nell'iter di "buona parte dei responsabili dei Soggetti Costituenti del Partito Radicale", a partire da Radicali italiani. I firmatari della convocazione del congresso, per parte loro, hanno parlato di Senato convocato illegittimamente e Maurizio Turco ha parlato di "un manipolo di dirigenti di associazioni radicali spalleggiati da un manipolo di giornalisti" che sta "tentando di omologare l'alterità, rivendicata e riconosciuta, del Partito radicale e di Marco Pannella", aggiungendo: "il tempo dirà se abbiamo fatto bene o meno a tollerare la presentazione di liste 'radicali' da parte di quattro dirigenti di associazioni radicali senza che abbiano coinvolto nemmeno i loro iscritti", segno che la presentazione del simbolo con la parola "radicali" a Roma e Milano è ancora una ferita aperta.
Per semplificare le cose, quattro giorni fa - dopo che il comitato nazionale di Radicali italiani aveva auspicato che quella convocata a Rebibbia fosse solo la prima di due sessioni congressuali - è stata divulgata un'altra lettera aperta di Capano e Federico, con cui si lamentano di nuovo i vizi già ricordati, di natura giuridica ma soprattutto politica (i due si dolgono, ad esempio, del mancato coinvolgimento di Emma Bonino nella preparazione del congresso, così come del fatto che lo svolgimento dell'assise in carcere "consente ai "convocatori" (ma in realtà essenzialmente al primo firmatario Maurizio Turco) di conoscere in anticipo quali e quanti compagni parteciperanno"). Capano e Federico, per questo, rinnovano il sostegno alla linea uscita dal Senato, pur escludendo di promuovere personalmente azioni legali contro la convocazione del congresso (che, in ogni caso, potrebbero essere intentate da altri iscritti o decise dallo stesso Senato).
Proprio oggi, infine, si è tenuta una nuova riunione del Senato del Prntt, in cui Paolo Vigevano si è dimesso dal ruolo di presidente (ha detto di non avere accettato l'incarico consapevolmente e di non voler fare la "foglia di fico" tra un gruppo che prende iniziative discusse e un altro che critica ma agisce poco) e si è di nuovo discusso della situazione radicale. Non si è fatta attendere la replica di Maurizio Turco, che sempre oggi ha parlato di una "illegittima convocazione di un organo del Partito Radicale", elemento di quello che ha definito "l'ennesimo tentativo di golpe da parte di alcuni dirigenti contro gli iscritti al Partito radicale" che hanno convocato il congresso: la sua idea è che un gruppo di persone voglia "impossessarsi a meri fini elettoralistici della storia radicale" (alla quale hanno contribuito: Turco non fa nomi, ma pensa forse a Roberto Cicciomessere, attualmente vicino alla linea Magi-Federico e che aveva parlato di un congresso di "cinquanta sfigati" a Rebibbia), un'operazione condotta "con la violenza non dei carri armati ma della menzogna, guidati non da generali ma da dirigenti radicali felloni".
In ballo, per quanto si può capire, c'è la sopravvivenza stessa del Partito radicale (ne ha parlato Angiolo Bandinelli), ancora prima che l'unità del partito stesso o la coesione della "galassia". Stavolta non ci sono direttamente simboli in ballo (la rosa nel pugno e lo stesso emblema di Gandhi sarebbero stati ceduti nel 2011 alla Lista Pannella, di cui oggi è presidente Maurizio Turco), ma in futuro potrebbero aprirsi contenziosi sulla titolarità del termine "radical*", prospettarsi scissioni (evocate in qualche modo da Sergio D'Elia, nel momento in cui ha ricordato la non partecipazione del partito alle elezioni, invitando chi non era d'accordo a costruire altri soggetti) o altri scenari traumatici, legati al "diritto dei partiti".
Al momento, sorvolando sulle probabili criticità legate allo svolgimento del congresso all'interno di un carcere, viene da interrogarsi almeno per un attimo sulla procedura seguita per la convocazione. E, almeno a uno sguardo minimamente approfondito, sembra che la strada scelta da Turco e dagli altri firmatari sia corretta: se - prendendo i dati forniti da Capano e Federico - l'8 luglio gli iscritti al Prntt erano 912, 333 dei quali iscritti da almeno sei mesi, 147 firme sono effettivamente oltre un terzo di 333. Sembra difficile poter riferire la quota corretta a tutti gli iscritti: poteva essere così se lo statuto avesse richiesto "un terzo degli iscritti al partito, purché i richiedenti abbiano aderito da almeno sei mesi", mentre lo statuto richiede "un terzo degli iscritti da almeno sei mesi al partito", che è cosa diversa. Di più, trattandosi di congresso straordinario, si legge che può essere "convocato", non "richiesto": questo fa sì che, in mancanza di un dialogo anche informale all'interno dell'associazione, gli stessi richiedenti possano fissare l'ordine del giorno, il luogo e la data, senza dover passare da altri organi o dal presidente del tribunale. Non occorre, infatti, interpretare l'art. 2.1.1 dello statuto alla luce dell'art. 20 del codice civile: prevale, come è ovvio, la norma interna e speciale, rispetto a quella generale e cedevole. 
Nel periodo sempre più breve che separa dallo svolgimento del congresso, si spera che si possa trovare una soluzione non di compromesso, ma di "comprensione": per la sopravvivenza di un partito che ha contribuito a scrivere la storia politica di questo paese, sarebbe già molto.

Nessun commento:

Posta un commento