mercoledì 29 novembre 2017

Liberi e Uguali a sinistra? Ma LibertàEguale c'è già...

In Italia, come appassionati e archeologi di musica leggera sanno bene, periodicamente spuntano accuse di plagio e copiatura varia. In quei casi, la linea difensiva del presunto copiatore contiene quasi sempre un certo ragionamento: le note sono sette, 12 a voler considerare anche le alterazioni, dunque gli accordi armonici e orecchiabili, così come le linee melodiche gradevoli sono limitati, quindi non c'è dolo se due brani si somigliano, magari senza che il secondo autore abbia mai conosciuto il brano che si presume vittima di plagio. Qualcosa di vero nel ragionamento c'è, ma non per questo le condanne per plagio non sono state emesse.
Qualcosa di simile sembra accadere anche con riguardo ai simboli politici, ma anche semplicemente per i nomi di partiti e movimenti. L'ultimo episodio, fresco fresco, riguarderebbe una creatura politica non ancora nata, anzi nascitura, questione di giorni. Il nuovo soggetto politico nascente a sinistra, che dovrebbe raccogliere Possibile, Sinistra italiana, Articolo 1 e magari anche alte cariche istituzionali (a partire da Pietro Grasso e Laura Boldrini), potrebbe chiamarsi Liberi e Uguali. Niente simbolo grafico, per quanto se ne sa, anche se la presentazione ufficiale del logo potrebbe esservi sabato: si è parlato del nome su fondo rosso. Gli appassionati di grafica politica non sono contenti, ma per qualcuno è proprio il nome a essere inopportuno. Perché da 18 anni esiste già la LibertàEguale. Con tutte le maiuscole. Si tratta di una associazione attiva in ambito politico, nata nel 1999 da "riformisti provenienti dalle più diverse esperienze nell’ambito del centrosinistra italiano", come si legge nel sito, per "fare dell’Italia una nazione con maggiore Libertà e maggiore Eguaglianza".
Nell'organo di presidenza sono rappresentate varie culture politiche, a partire da quelle confluite nei dem. Ci sono ex parlamentari (tra gli altri Franca d'Alessandro Prisco, Claudio Petruccioli, Luigi Covatta), altri in carica (come Pietro Ichino, Alessandro Maran, Lia Quartapelle); ci sono filosofi, giuristi ed economisti come Michele Salvati. A presiedere l'associazione è l'attuale viceministro all'economia Enrico Morando, mentre vicepresidente vicario è Stefano Ceccanti. Ed è proprio il docente di Diritto costituzionale comparato ed ex senatore Pd che, dalle pagine del suo blog personale, rivendica la primogenitura, prima ancora che del nome, dell'idea che gli sta dietro: "Vorrei gentilmente avvisare, se fosse vero, che l’associazione Libertà Eguale compie 18 anni domani, si riunisce sabato, in contemporanea a loro (tanti auguri, comunque) a Orvieto e, tra le tante differenze, non aspetterebbe mai le scelte di un magistrato per guidarla". L'avviso è ancora relativamente amichevole, ma poco disposto ad acquiescenze: "Ovviamente - continua Ceccanti - se si tentasse di impadronirsi del nome ci sarebbero consequence".
Di grane giuridiche e giudiziarie legate all'uso di un nome che sembrava troppo simile a qualcosa di già esistente se ne sono viste altre, anche in tempi relativamente recenti. Uno dei casi che avevano fatto maggiormente discutere risale al 2008, quando un gruppo di politici di area cattolica, guidato dall'ex segretario Cisl Savino Pezzotta, nonché dagli ex Udc Mario Baccini e Bruno Tabacci, aveva avuto in mente di costruire la Rosa Bianca, mettendo proprio quel fiore nel simbolo su fondo blu. Il riferimento, forse, era a metà tra il Bianco fiore della Dc degli esordi e la weisse rose cristiana e antinazista, ma i promotori avevano dimenticato un piccolo particolare: in Italia la Rosa Bianca esisteva già da almeno 30 anni, essendo un'altra associazione "per l'educazione alla politica e alla democrazia" nata sempre in ambito cattolico e tra i suoi fondatori annoverava Paolo Giuntella, per anni cronista al Popolo e a lungo quirinalista al Tg1. La sua associazione si rivolse al Tribunale di Roma per far valere il preuso del nome e, già che c'era, anche del sito internet, lamentando un elevato rischio di confondibilità, soprattutto a causa del comune impegno in ambito politico e per il bagaglio ideologico affine. I giudici accolsero quella domanda e il gruppo di Pezzotta dovette rapidamente modificare il proprio nome in Rosa per l'Italia.
In ambito cattolico, in effetti, le polemiche sui nomi non sono mancate. Si pensi, ad esempio, a quando Gianni Alemanno volle fondare il movimento Prima l'italia, dimenticandosi che quell'espressione era già stata utilizzata in ambito politico negli ultimi tesseramenti e nelle ultime campagne della Democrazia cristiana, prima che scegliesse di ribattezzarsi (facendolo male) Partito Popolare italiano. Per non parlare, tra l'altro, di tutte le volte in cui qualcuno ha cercato di chiamare la propria iniziativa Italia Popolare o semplicemente Popolari: tutti quanti, si chiamassero Alemanno, Berlusconi, Mauro, Alfano o in altra maniera, si sono puntualmente trovati una diffida da parte dell'associazione Italia popolare, legata all'ex parlamentare Ppi Alberto Monticone e attualmente portata avanti da Giancarlo Chiapello.
Certo, in quei casi il nome era proprio identico ed era più facile sostenere il preuso, mentre qui da una parte ci potrebbero essere i Liberi e Uguali, dall'altra c'è già da tempo la Libertà Eguale. Tutto risolto allora? Beh, non proprio. Si tratta pur sempre della combinazione degli stessi concetti, pur se espressi con parole appena un po' diverse,  all'interno dello stesso ambito politico, per cui la confondibilità non può essere affatto esclusa. Ne sa qualcosa Il Senatore Carlo Giovanardi, a suo tempo fondatore del partito Popolari Liberali, con il quale entro nel Pdl berlusconiano. Poco tempo dopo, infatti, si vede recapitare una diffida dall'Associazione Liberal popolari, già esistente, che gli intimava di abbandonare l'uso del nome. Le due denominazioni, per quanto simili, oggettivamente non erano identiche, eppure il tribunale di Roma in un'ordinanza diede torto a Giovanardi (che da allora infatti ha utilizzato molto meno il simbolo inizialmente creato), proprio perché i giudici avevano dato rilievo alla combinazione dei concetti, oggettivamente più proteggibile rispetto ai concetti singoli. 
La scena proposta oggi, tra l'altro, dovrebbe essere un déjà vu per chi pochi mesi fa ha fondato Articolo 1, visto che il nome inizialmente scelto, Movimento Democratico Progressista, è stato messo in secondo piano dopo il pronto avviso di un gruppo di democratici vicini a Renzi che in Calabria alle regionali aveva presentato la lista Democratici progressisti. 
Per evitare l'ennesima diffida con strascico legale, in un tempo pericolosamente vicino allo scioglimento delle Camere e che richiede la piena disponibilità del nome e del simbolo che si usa, forse per il nascente rassemblement di sinistra è meglio correre ai ripari e sforzare un po' di più la fantasia; in fondo, forse, le combinazioni interessanti in politica non sono ancora terminate.

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