Il simbolo elaborato da Toscani |
Come si corre nell'immediata sinistra del Pd? Un po' più uniti rispetto alla situazione attuale sarebbe meglio, anche perché altrimenti la soglia del 3% rischierebbe seriamente di apparire irraggiungibile. Certo, ci vorrebbe un simbolo unico e, probabilmente, non è il tempo di biciclette o tricicli grafici, considerando che con Articolo 1 potrebbero schierarsi Sinistra italiana e Possibile. Proprio in questi giorni, però, si apprende che un primo tentativo blasonato di elaborare quell'emblema è naufragato con fragore, sia per l'accoglienza a dir poco imbarazzata dei possibili utenti del logo, sia per il prestigio del creativo che lo aveva concepito (e per la reazione tutt'altro che diplomatica al rifiuto della sua idea).
Il nome in questione è quello di Oliviero Toscani: il suo curriculum non ha bisogno di presentazioni, la sua attitudine alla provocazione (e il suo piglio nelle reazioni) nemmeno. La sua comparsa sulla scena è stata raccontata così due giorni fa da Goffredo De Marchis sulla Repubblica:
L'abboccamento risale a un paio di mesi fa. Il fotografo si propone per dare un'identità grafica al nuovo soggetto che deve riunire sotto lo stesso tetto Bersani, D'Alema, Pisapia e ora Grasso. "Sono amico di Pisapia da decenni. Ho curato la campagna per Bersani quando diventò presidente dell'Emilia Romagna. Il simbolo ve lo disegno io". Agli inizi di ottobre l'entusiasmo di Toscani si traduce in un marchio. Chiama i dirigenti di Mdp e dice: "Sono pronto". Arrivano in sede il coordinatore Roberto Speranza, i capigruppo Giuseppe Laforgia e Maria Cecilia Guerra, Arturo Scotto. Ci sono anche i comunicatori del movimento bersaniano. Saluti e convenevoli via Internet poi il Maestro svela la sua creatura. Avvicina un cartoncino alla telecamera e a Roma appare il logo che dovrebbe andare sulle bandiere, sui gadget, sui manifesti e in tv per la campagna elettorale.
Più che un simbolo, sullo schermo presente nella sede di Articolo 1 in via Zanardelli un mesetto fa è apparso un logo composto da una sola parola: MAX. Un emblema che oggi Helga Marsala su Artribune descrive così:
un simbolo grafico secco, sintetico, squillante, massiccio, dal taglio assai pubblicitario o televisivo, lontano dai classici simboli romantici di partito (falce e martello, garofano, ulivo, asinello…) ma anche da un certo minimalismo imperante o dal gusto progressista made in USA in stile Obama. Toscani spalma le tre lettere cubitali su un cerchio convesso, arrotondandole, e le trasforma in un brand sfacciato, senza fronzoli. Sta tutto nel nome. Max come “massimo”: dare il massimo, fare il massimo, scommettere su un’idea e spingerla… Al massimo, per l’appunto. Questo il concept. E poi, ha spiegato con convinzione, “suona bene”. Il colore? Manco a dirlo, un rosso lacca che più rosso non si può. Perché la tradizione, per un progetto di questo tenore, resta un riferimento essenziale: le radici solide su cui ricostruire un mondo, tra nostalgia e progressismo, rigore purista e sperimentazione.
Tutto bene? Insomma. Perché i vertici di Mdp hanno immediatamente pensato quello cui, a quanto pare, non era venuto in mente a Toscani: Max, Massimo rimanda inevitabilmente a Massimo D'Alema, tra i registi della scissione rispetto al Pd, detestato apertamente da chi è rimasto nella casa dem e probabilmente non troppo amato nemmeno da alcuni di Articolo 1, che lo vedono come una presenza ingombrante e - in prospettiva - divisiva. Alle perplessità manifestate dai potenziali utilizzatori del simbolo, Toscani ha ribattuto confermando la propria idea, come De Marchis ha debitamente annotato:
A suo modo, è un'idea geniale. Si dà un'etichetta nuova a una storia che da anni oscilla, nella terminologia e nella simbologia, tra democratici, progressisti e sinistra con esiti sempre meno incoraggianti. Si mette la minigonna a una tradizione che segna il passo in tutto il mondo, si colora la polvere dell'ideologia. E si ribalta il vecchio in nuovo, nuovissimo. Un tocco di dadaismo. "Non vi sembra moderno? ", insiste Toscani. Eliminato il sospetto di una presa in giro del fotografo che ha creato per due decenni la pubblicità di Benetton, che ha scritto "chi mi ama mi segua" sul sedere di una modella fasciata dagli short dei Jesus Jeans, autore di mille campagne sociali incisive, scioccanti e per questo denunciate o censurate, i dirigenti di Mdp ascoltano il guru. Toscani spiega e rispiega. Fa notare che l'incrocio tra la A e la X crea anche l'effetto di una falce e martello stilizzati. Lista Max suona bene? Maxisti è un bel nome per gli elettori di sinistra? Segue dibattito.
Il primo logo diffuso dai media |
Tutto questo, però, non è bastato, così l'offerta sarebbe stata cortesemente declinata. E Toscani, ovviamente, l'ha presa malissimo e non le ha mandate a dire: "Sono dei coglioni così, tutta gente che non è capace a fare un cazzo" (intervistato da Radio Capital e rilanciato dalla Repubblica); "D'Alema porta sfortuna. Max è un soprannome sbagliato per un tipo come lui, tutt'altro che maximo. Io avevo un cane e un cavallo. Sa come si chiamavano? Entrambi Max. Non ho mica pensato a loro. Perché Max non è un nome, è un concetto" (sulle pagine di Vanity Fair). Come se non bastasse, Oliviero Toscani ha prontamente disconosciuto la versione del simbolo fatta circolare dai media (a partire dalla Repubblica) che sarebbe stata alterata: "Quello non è il mio simbolo. Gliel'ho fatto vedere e loro lo hanno disegnato a caso, ad occhio, la cosa più pirla che potessero fare". In effetti, la prima immagine mostrata era molto più simile a una sfera su cui era impresso il nome, complicando probabilmente il messaggio comunicativo (era serissimo il rischio dell'effetto "pallone gonfiato") e alterando anche il colore, assai meno rosso e meno squillante rispetto all'originale. Di rimetterci le mani, ovviamente, nemmeno a parlarne, anzi: secondo Toscani "a loro piace in realtà, non piace solamente perché ha Max e a loro ricorda Max D'Alema, tutto lì". Una cosa da nulla, insomma.
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