domenica 7 ottobre 2018

La Dc, tra tentativi di congressi, diffide e nuovi distacchi

D'accordo, per Eraclito non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma questo non sembra un motivo sufficiente a scoraggiare un partito a celebrare più volte lo stesso, identico congresso; se poi questo partito è la Democrazia cristiana, occorre armarsi di (santa, santissima) pazienza per capire cosa stia effettivamente succedendo. Anche perché, tanto per cambiare, l'avvicinamento all'assemblea congressuale è costellato da malumori, diffide e nuove separazioni di strade: occorre dunque vedere tutto con calma e, soprattutto, fare qualche nome per non confondersi.

A volte (i congressi) ritornano

Il 26 settembre è stato reso noto da Gianni Fontana, presidente dell'assemblea dei soci della Dc eletto nella riunione del 26 febbraio 2017 (i cui atti, peraltro, sono oggetto di causa davanti al tribunale di Roma, come si è detto più volte e si ricorderà ancora in seguito) che "il XIX Congresso della Democrazia Cristiana avrà luogo in prima convocazione alle ore 19.00 di sabato 13 Ottobre p.v. e, in seconda convocazione, domenica 14 Ottobre 2018 alle ore 09.30 presso la Casa Maria Santissima Assunta - Suore Domenicane, Via Casilina, 235 - 00176 Roma"; contestualmente è stato nominato un comitato di coordinamento nazionale con il compito di curare e vigilare sugli adempimenti preparatori al congresso.
Un congresso che, si diceva, torna nuovamente all'attenzione di chi si proclama democristiano e di tutti i #drogatidipolitica, soprattutto perché questo sembra a tutti gli effetti un déjà vu: il 10 e l'11 novembre 2012, infatti, un'assemblea denominata "XIX Congresso" si era già tenuta, sempre a Roma, in quell'occasione presso l'Auditorium della Tecnica di viale Tupini 65 e anche allora Fontana era arrivato a quell'evento come leader del soggetto politico (era stato eletto "segretario politico" al "consiglio nazionale" del 30 marzo 2012, con cui si era cercato di risvegliare il partito, ed era stato confermato in quella carica proprio a novembre). Gli atti di quell'assise, tuttavia, furono annullati nel 2015 da una sentenza del tribunale di Roma (che nel 2013 aveva già sospeso le stesse deliberazioni) per violazioni dello statuto nella preparazione e celebrazione dello stesso congresso.
I veri #drogatidipolitica, però, non possono dimenticare che il XIX Congresso Dc (tutte maiuscole, naturalmente) era già stato celebrato almeno un'altra volta, se non due. Dal 5 al 7 dicembre 2003, infatti, a Roma si era svolta un'altra assise con quel numero, dalla quale era uscito eletto segretario politico Giuseppe Pizza, mentre segretario organizzativo sarebbe stato Angelo Sandri (segretario politico fino a qualche mese prima, fino alla sfiducia da parte del consiglio nazionale), lo stesso Sandri che in seguito avrebbe impugnato gli atti di quello stesso congresso. Ancora prima, però, il 21 giugno 1997 sempre nella capitale si era già svolto il "XIX Congresso della Democrazia cristiana", anche se era un semplice convegno cui gli organizzatori avevano dato quel titolo così evocativo: i promotori erano stati Flaminio Piccoli  e Gianfranco Rotondi (ecco qui la sua prima apparizione che conta, ai fini di questa storia...) e tra i partecipanti si erano visti Arnaldo Forlani, Vito Lattanzio, Antonio Gava e altri nomi di peso. Allora il livello era ancora quello della boutade e non si faceva ancora sul serio (Piccoli qualche mese dopo avrebbe formato la sua Rinascita della Dc, mettendo insieme le esperienze che nel frattempo si erano costituite, soprattutto per opera di Andreino Carrara in Lombardia e di Angelo La Russa in Sicilia): in tribunale ci si sarebbe finiti - e ampiamente - dopo. 

Malumori e diffide

Naturalmente chi sta tentando di marciare di nuovo verso il XIX Congresso Dc spera di evitare nuove gite nelle aule giudiziarie e, più in generale, di evitare qualunque cosa che possa somigliare a "un'inquietante rissa irrazionale e suicida", secondo le parole di Ettore Bonalberti, uno dei maggiori sostenitori del ritorno alla Dc, possibilmente sotto la guida di Gianni Fontana, a dispetto degli errori che molti gli hanno imputato fin qui.
Il fatto è che, tra coloro che stanno partecipando al tentativo di riattivare il partito che fu di De Gasperi - o, almeno, loro credono sia quello - sono in molti a non volere più che sia Fontana a guidarlo, poiché gli addebitano un gran numero di incertezze, leggerezze, incidenti ed errori nel percorso fatto sin qui. Questo evidentemente è uno dei problemi che sarà necessario affrontare nei pochi giorni che mancano dal congresso: i malumori, se non risolti, rischiano di rendere ancora più difficile un cammino già irto di insidie, visto che è tutto meno che ovvio e certo che la strada intrapresa per rendere di nuovo operante la Dc sia quella giusta.  
A questo occorre aggiungere anche la difficoltà di rapporti con altri soggetti che potevano essere della partita, ma non hanno condiviso il modus procedendi adottato sin qui. Si è detto pochi giorni fa della diffida che la Dc-Fontana ha inviato, mediante uno studio legale milanese, tanto ai rappresentanti della federazione guidata da Rotondi tesa a riportare sulla scena elettorale il nome (e magari il simbolo) della Democrazia cristiana, quanto a Raffaele Cerenza e a Franco De Simoni, rappresentanti dell'Associazione degli iscritti alla Democrazia cristiana del 1993, che da anni si batte per la corretta ricostruzione delle vicende giuridiche che hanno portato il partito a far perdere le tracce di sé e, se possibile, per il ritorno della Dc sulla scena politica. Il 2 ottobre la stessa associazione presieduta da Cerenza ha ritenuto di rispondere alla missiva ricevuta, sempre attraverso il proprio avvocato, contestando alla radice i titoli che il gruppo di Fontana riteneva di avere.
In particolare, per Cerenza e De Simoni la Dc-Fontana "appare ignorare - ed invero non è in
condizione di farlo - la pendenza" della causa davanti al tribunale di Roma, generata dal ricorso degli stessi Cerenza e De Simoni, con cui si chiedeva di invalidare gli atti dell'assemblea del 26 febbraio 2017 (dalla quale, come si è detto, Fontana è uscito presidente dell'assemblea dei soci Dc) per vizi di vario genere: la prossima udienza (quella di precisazione delle conclusioni) è stata fissata per il 19 marzo 2019, dunque c'è ancora tempo per la nuova puntata giudiziaria di questa storia, ma per ora l'unica conclusione possibile per Cerenza e De Simoni è che "alcuna pretesa può essere validamente fondata" da Fontana, che al pari dei due assistiti dell'avvocato sarebbe stato dichiarato "
privo di legittimazione ad incarnare la rappresentanza del partito della Democrazia cristiana" nell'ordinanza che aveva respinto il ricorso intentato contro l'Udc perché non usasse più lo scudo crociato (in effetti il giudice aveva detto che la Dc guidata da Fontana nel 2012 non poteva considerarsi continuatrice della Dc storica, come già dichiarato dallo stesso tribunale di Roma nel 2013 e nel 2016). Tutto questo ha portato l'associazione guidata da Cerenza e De Simoni a diffidare Fontana, nella stessa lettera, "affinché desista immediatamente dal porre in essere atti sprovvisti di fondamento giuridico, oltre che storico e politico, a cominciare dall’asserito 'congresso' del prossimo 14 ottobre 2018". Insomma, la parola "Fine" sembra ben lontana.

Una federazione che perde i pezzi

Le cose, in realtà, non sembrano andare meglio per il percorso guidato da Gianfranco Rotondi, che attraverso una federazione di varie realtà in continuità almeno politica con la Dc si proponeva di far tornare sulle schede elettorali, senza rischi di contestazioni, almeno il nome della Democrazia cristiana, sotto l'ombrello del preuso fatto da lui di quel nome tra il 2004 e il 2006 (prima che il suo partito, poi confluito nel Pdl, prendesse il nome di Democrazia cristiana per le autonomie). Sempre Raffaele Cerenza e Franco De Simoni, infatti, proprio oggi hanno inviato una lettera a Rotondi, in cui sostanzialmente sanciscono la prosecuzione autonoma del loro cammino, in seguito alla condotta che lo stesso parlamentare eletto in Forza Italia avrebbe avuto.
In particolare, non ci sarebbe più stata alcuna riunione del coordinamento dopo la conferenza stampa di Pescara, al di là di un breve incontro il 16 settembre in cui sarebbe stata promessa una riunione a breve "per coordinare il lavoro di organizzazione degli Stati Generali che tu hai convocato per i giorni 23/25 novembre". Nel frattempo però Rotondi ha dichiarato di aver convocato il consiglio nazionale di Rivoluzione cristiana "per sospendere formalmente le attività e riattivare la denominazione Democrazia Cristiana in vista degli Stati generali della Dc di Novembre": in effetti è quello che aveva detto dall'inizio - proprio per poter attivare quella sorta di "ombrello" per legittimare l'uso del nome - ma evidentemente questo non deve andare a genio a chi ritiene di rappresentare la continuità giuridica della Democrazia cristiana. 
"Oggi - si legge nella lettera - dici di essere, e ti presenti, come presidente della Dc. Considerato che la Federazione nata il 5 luglio aveva lo scopo di riunire molte associazioni di ispirazione Dc per riavviare le attività del Partito […], la tua iniziativa di farti una associazione col nome della Dc la riteniamo incomprensibile" e non sarebbe "un segnale di unità", al pari delle attività svolte dai gruppi legati a Gianni Fontana e Angelo Sandri. "Considerato che tu, senza nessun coinvolgimento o informazione alle associazioni del 5 luglio […] vai avanti per conto tuo sia per quanto riguarda la linea politica che per quanto riguarda le scelte organizzative, ci siamo convinti che tu ritieni superato  l'accordo sottoscritto da tutti i presenti (te compreso) il 5 luglio", quindi, Cerenza e De Simoni intendono continuare anche da soli "per ridare vita alla Dc storica". Gli Stati Generali della Democrazia cristiana, dunque, rischiano di essere un po' meno generali. Tanto per cambiare. 

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