lunedì 8 ottobre 2018

Simbolo del M5S: il problema è il "multiprestito" o la sua natura di marchio?

Torna al centro dell'attualità il simbolo del MoVimento 5 Stelle, dopo le vicende giudiziarie di cui si è dato conto nei mesi scorsi (e che ancora non sono concluse, in attesa di una sentenza di merito) e che avevano riguardato anche il segno distintivo della forza politica. Questa volta tutto è partito da un articolo dell'agenzia Adnkronos, pubblicato ieri, secondo il quale da una lettura della nota integrativa all'ultimo rendiconto (relativo al 2017) presentato dall'associazione M5S nata nel 2012 (quella "servente", con sede a Genova, costituita essenzialmente per la presentazione di candidature alle elezioni politiche ed europee) risulterebbe che il simbolo sia passato "anche 'nelle mani' di Davide Casaleggio"
L'agenzia, infatti, riferisce che a pagina 5 del documento si legge: "Il simbolo di proprietà dell'Associazione è stato dato in uso gratuito all'Associazione Rousseau", ovvero il soggetto giuridico guidato da Casaleggio jr "che gestisce la piattaforma web del M5S". Il riferimento sarebbe "al marchio pentastellato con la dicitura 'Movimento5Stelle.it', depositato nel 2015" all'Ufficio per l'armonizzazione per il mercato interno, per la registrazione di marchio europeo, segno distintivo di cui l'associazione del 2012 aveva concesso l'uso alla nuova associazione denominata MoVimento 5 Stelle, costituita nel 2017 (con sede a Roma), guidata non più da Beppe Grillo ma da Luigi Di Maio e che ha presentato candidature alle ultime elezioni politiche. Lo stesso simbolo "prestato" al M5S del 2017, dunque sarebbe stato "prestato" già prima anche all'associazione Rousseau di Casaleggio, come scritto nella nota integrativa al rendiconto dell'associazione del 2012 (quella "prestatrice", anche se il concetto di "prestito" cui siamo abituati è diverso da quello della concessione d'uso, visto che il prestito prevede che la cosa resta proprietà del prestatore, ma non è più nella sua disponibilità e non può permetterne l'uso contemporaneo a più soggetti, cosa che invece qui è accaduta).
Adnkronos nota che "nello statuto del 'nuovo' M5S - pubblicato il 30 dicembre 2017 sul Blog delle Stelle - non veniva menzionata alcuna cessione dell'uso del simbolo pentastellato all'Associazione Rousseau di Casaleggio" (anche se, in effetti, non c'era alcun obbligo di indicarla lì, visto che l'atto costitutivo di associazione non riguardava in alcun modo Rousseau e non era necessario scrivere in quell'atto che lo stesso segno distintivo era stato concesso anche a un altro soggetto, cosa che probabilmente l'associazione del 2012 rimaneva libera di fare). Come è noto, peraltro, alle elezioni politiche del 2018 il contrassegno depositato da Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio era leggermente diverso da quello concesso dal M5S del 2012: pur essendo identica la parte grafica (che, inutile negarlo, rappresenta la parte realmente caratterizzante dell'emblema, oltre che la visualizzazione del nome della forza politica), al posto del sito Movimento5stelle.it nella parte inferiore era riportato il nuovo sito Ilblogdellestelle.it e la richiesta di registrazione del segno come marchio è stata depositata online presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi da Andrea Ciannavei - legale del M5S, presso il cui studio ha sede l'associazione del 2017 - a nome del titolare Luigi Di Maio il 22 gennaio 2018, dopo che si era conclusa la procedura di deposito dei contrassegni per le elezioni politiche. 
Proprio sulla differenza dell'emblema era incentrata la risposta comparsa sempre ieri sul sito Ilblogdellestelle.it, in un post intitolato La verità sul simbolo del MoVimento 5 Stelle:
Il simbolo del MoVimento 5 Stelle utilizzato dall'associazione Rousseau, di cui parlano oggi i giornali, non è quello utilizzato dall'associazione MoVimento 5 Stelle in parlamento per questa legislatura ed è stato utilizzato in passato solo per poter legalmente vendere i gadget con il simbolo, unico motivo per cui ne è stato concesso l'uso.
I giornali prendono per oro colato la dichiarazione di un avvocato che sta intentando decine di cause contro il MoVimento e ha estrapolato qualche numero dal bilancio (pubblico da mesi) dello scorso anno dell'associazione. Dei giornalisti dovrebbero verificare meglio le fonti e le notizie prima di pubblicare, anziché ricercare il solo titolo a effetto. Infatti la partecipazione del MoVimento alle elezioni, passate e future, nulla c'entra con questa vicenda.
Continuiamo a sperare in un'informazione degna di questo nome e scevra da interessi di partito.
Posto che in effetti il rendiconto e i suoi documenti allegati, per quanto riguarda il 2017, non si trovano nel sito www.movimento5stelle.it (se siano stati caricati altrove, mi scuso, ma non li vedo), non è dato sapere altro sull'accordo con cui il M5S del 2012 - certamente prima della costituzione del M5S 2017 - ha concesso a Rousseau l'uso del suo simbolo. Certo non ci si doveva aspettare di trovare riferimenti, nello statuto del M5S 2017, alla precedente concessione d'uso del simbolo a Rousseau: come accennato prima, l'associazione del 2012 non aveva certo concesso all'omonimo soggetto del 2017 l'uso esclusivo del simbolo e altrettanto deve avere fatto con Rousseau, dunque non c'era alcun obbligo di indicare nello statuto dell'ultima associazione gli effetti di un atto compiuto dal soggetto che ha concesso l'emblema. 
Tra l'altro, nello statuto all'articolo 1 si legge che alla denominazione "potrà essere abbinato il simbolo, di proprietà" del M5S 2012, ma non si dice che quello è il simbolo della nuova associazione, che poteva dunque usarlo ma era libera di adottare un diverso emblema in ogni momento, senza nemmeno avere l'obbligo di indicare chiaramente il suo simbolo nello statuto (ciò non sarebbe accettabile se lo statuto dovesse essere valutato dalla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, perché occorre indicare con chiarezza qual è il simbolo adottato, ma come è noto questo passaggio non interessa al M5S dal momento che non intende avvalersi del 2 per mille e delle altre provvidenze pubbliche).  


Il problema del marchio

Una domanda, però, viene spontaneo porla e non si limita a questo caso, ma ha un respiro decisamente maggiore. Posto che il M5S 2017 si è dato un proprio simbolo e non ha più bisogno di utilizzare quello precedente (anche se, a livello grafico, è chiaramente imparentato con quello concesso a Rousseau), il vero problema è che qui si continuano a confondere i piani del segno identificativo del soggetto politico (il "simbolo" propriamente detto), del contrassegno elettorale e del marchio. Un conto è l'esigenza di un'associazione che partecipa alla vita politica di essere identificata dai suoi sostenitori, un altro (anche se piuttosto simile) è il bisogno di chi concorre alle elezioni di farsi riconoscere senza essere confusi da altri, altra ancora è l'esigenza di far sì che la vendita di gadget con un determinato emblema sia svolta in modo "autorizzato" solo da determinati soggetti: quest'ultima ipotesi, agli occhi di chiunque, è decisamente diversa rispetto alle altre due perché riguarda questioni di sfruttamento economico (e certamente non si tratta di una fattispecie presente in passato, quando bandiere, spille e altri oggetti non erano "prodotti ufficiali").
Una volta di più, dunque, si dovrebbe capire che l'emblema politico, che lo si veda come simbolo o come contrassegno elettorale, non può essere assimilato a un marchio, che è soggetto a regole diverse, da tutti i punti di vista. Se n'era accorto anche il Ministero dell'interno che, nel corso degli anni, non ha mai dato parere positivo alla registrazione come marchi dei simboli dei partiti: quando nel 2012 il Ministero per lo sviluppo economico aveva chiesto chiarimenti (anche perché in alcuni casi il Viminale non si era espresso e certi emblemi erano stati registrati), la Direzione centrale dei servizi elettorali aveva risposto che si voleva evitare di trasformare lo strumento del marchio d'impresa "in una modalità per eludere le disposizioni speciali di carattere elettorale contenute in vari atti normativi", proprio perché sono diversi i criteri di ammissibilità dei segni (d'impresa ed elettorali) e le norme che individuano, tra l'altro, "il soggetto che può essere legittimamente ritenuto titolare del potere di disporre di quel disegno", questione che fa al caso nostro. 
Il Viminale aveva individuato come soluzione la non registrabilità come marchio dei segni politici con forma circolare (quella usata da sempre per le elezioni), anche qualora si fosse stati in presenza di "segni notori in campo politico" (via attraverso la quale sono stati registrati in passato i simboli del M5S). Questo forse può sembrare esagerato - e anche fonte di disparità, visto che vari emblemi sono stati via via registrati come marchi - ma la domanda è fondata: il marketing ha invaso la politica da anni (e non è esattamente un bene), ma non sarebbe il caso di smettere di registrare come marchi i simboli, visto che la pratica produce solo danni e, tra l'altro, non dà nemmeno alcun diritto sul piano elettorale? 

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