sabato 2 gennaio 2021

Addio a Formentini, tra Psi e Lega (senza scordare Margherita e Dca)



Oggi i media hanno dato la notizia della morte di Marco Formentini: un personaggio lontano da oltre dieci anni dalla politica attiva, ma che indubbiamente ha lasciato un segno, tanto nella storia politica ufficiale quanto in quella "dei dettagli", che finisce per interessare gli entomologi dell'Italia che vota e i #drogatidipolitica persino di più di quella che verosimilmente passerà alla storia. Anche se, almeno in parte, Formentini alla storia ci era già passato da tempo: per lui, infatti, sarebbe del tutto inappropriata la catalogazione tra le meteore o, come qualcuno potrebbe essere tentato di dire, tra le "figure minori della Seconda Repubblica". 
Ci sono varie ragioni per dire questo. Innanzitutto perché la sua militanza - come quella, del resto, di molte altre vere star, per poco o per molto, della politica italiana dalla metà degli anni '90 - era iniziata molto tempo prima: al di là del suo impegno come vedetta partigiana nella Resistenza, il primo ruolo politico rilevante di Formentini risale alla prima metà degli anni '70, nel Partito socialista italiano, reduce dalla cattiva esperienza unitaria con i socialdemocratici e tornata alla propria autonomia, con il vecchio nome e una versione rivista - curata da Sergio Ruffolo - del simbolo storico, con falce e martello sul libro aperto, tutti inseriti nel sole con i raggi che occupavano gran parte del simbolo. Sotto quelle insegne (simili a quelle già note in famiglia, per le simpatie del padre) Marco Formentini esercitò il suo ruolo di segretario della giunta della Regione Lombardia, mentre presidente era il democristiano Piero Bassetti.
Le strade dei due si sarebbero incrociate di nuovo nel 1993, ma nel frattempo Formentini aveva fatto in tempo ad abbandonare la politica per una decina abbondante di anni per poi ritornarvi all'inizio degli anni '90, stavolta legando il suo nome ad Alberto da Giussano. Proprio per la Lega Nord - anzi, per l'esattezza, per il contrassegno composito che conteneva la "pulce" della Lega Lombarda - Formentini venne eletto deputato nel 1992: 8.854 voti nella circoscrizione Milano-Pavia: lui che era spezzino di origine, ma si era trasferito a Milano nel 1958 dopo un lungo periodo all'estero, era stato il secondo candidato più votato, battuto solo da un irraggiungibile Umberto Bossi, primissimo con 239.798 preferenze. 
La stessa collocazione sarebbe risultata identica alle europee del 1994, nella circoscrizione Nord-Ovest (in quel caso sulle schede era finito il simbolo solo con la statua del guerriero di Legnano, senza "pulce"): il Senatùr in tutto raccolse 387.546 preferenze, ma quella volta Formentini schizzò a 204.728. Alla base del balzo c'era inevitabilmente un episodio risalente all'anno prima, il più famoso nella storia politica di Formentini: alle elezioni amministrative del 6-7 giugno 1993 lui si era infatti candidato come sindaco di Milano proprio per la Lega Nord - Lega Lombarda, risultando il candidato più votato con il 38,82% e lasciando fuori dal ballottaggio proprio Piero Bassetti (all'epoca sostenuto, oltre che dalla Dc, dal Psdi, dalla lista Con le Donne per Ricostruire Milano e da Federalismo di Umberto Giovine; tempo due settimane e lo stesso Formentini al secondo turno sconfisse lo sfidante Nando Dalla Chiesa, sostenuto da Rifondazione comunista, Pds (al primo turno più debole di Rc), La Rete, Verdi e lista Per Milano. Il primo sindaco di Milano eletto direttamente dai cittadini era anche il primo sindaco non socialista da un quarto di secolo (l'ultimo legato non al Psi, ma al Psdi era stato Pietro Bucalossi, sindaco dal 1964 al 1967).
L'esperienza amministrativa di Milano e il successo della Lega Nord in quegli anni portarono molta attenzione a Formentini: lo mostrò, come si diceva, il risultato delle europee del 1994. Quando, nel 1997, lui tentò il bis, non contò sul sostegno delle forze di centrodestra (che appoggiarono Gabriele Albertini, eletto poi al ballottaggio), ma solo sulla lista della Lega Nord e su tre formazioni civiche legate in gran parte al Carroccio: con il 19,14%, quella volta toccò a lui restare fuori dal ballottaggio. Due anni dopo, in compenso, arrivò il tempo del riscatto: alle europee del 1999 fu di nuovo il secondo candidato della Lega Nord più votato nel Nord-Ovest, superato solo da Bossi; erano calati sensibilmente i voti per il Carroccio - che in quelle elezioni aveva schierato un simbolo più complesso, con più evidenza al leone di San Marco e con la presenza del "Sole delle Alpi" (che in effetti c'era anche nel simbolo usato da Formentini alle comunali di Milano di due anni prima) - ma l'ex sindaco di Milano aveva superato in preferenze anche un nome di prim'ordine della Lega Nord come Francesco Speroni.
Poco dopo l'elezione, in compenso, il rapporto con il Carroccio si consumò del tutto e per vari mesi Formentini rimase tra gli eurodeputati non iscritti. In compenso, il 5 ottobre 1999 aderì al gruppo europeo dell'Eldr (liberali, democratici e riformatori europei): lo fece per essersi avvicinato ai Democratici, formazione prodiana ed europeista guidata da Arturo Parisi e che aveva corso alle europee con il simbolo dell'asinello (sia pure in versione quasi disneyana) e in quell'occasione aveva ottenuto il 7,73%, ben di più del 4,48% rimasto alla Lega Nord. Nella scheda del Parlamento europeo, peraltro, Formentini risulta essere rimasto riferito al Carroccio fino al 20 marzo 2002, mentre dal giorno successivo il suo nome è legato ai Democratici.
La cosa, per i #drogatidipolitica italiani, può sembrare piuttosto curiosa, se si considera che proprio in quei giorni - dal 22 al 24 marzo 2002 - l'esperienza dei Democratici veniva politicamente archiviata, essendosi celebrato il congresso fondativo di Democrazia è libertà - La Margherita, esperienza nata come cartello elettorale alle politiche del 2001 e in quel momento trasformatasi in partito, guidato da Francesco Rutelli e frutto della confluenza di Ppi, Democratici (appunto) e Rinnovamento italiano. Fu dunque la Margherita il punto di approdo anche per Formentini, che continuò la sua attività a Strasburgo, anche se con meno riflettori rispetto agli anni precedenti.
Sempre da eletto legato alla Margherita, nel 2004 tentò di ottenere il suo terzo mandato e fu candidato sempre nella circoscrizione Nord-Ovest, ma nella lista Uniti nell'Ulivo, lista comune che unì le candidature di Democratici di sinistra, Margherita, Socialisti democratici italiani, Repubblicani europei e altre componenti. Quell'occasione, a dire il vero, non fu affatto fortunata: non solo Formentini non venne eletto, ma nella classifica finale delle preferenze si collocò al 16° posto su 20, con 9.288 voti (andò peggio di lui Vittorio Dotti, già deputato forzista allontanatosi da Berlusconi dopo l'affaire Ariosto). Tanto per dire, nel suo ex partito, Bossi aveva fatto il pieno come al solito, con 182.823 preferenze, ma meglio di Formentini era andato anche Matteo Salvini, alla sua prima elezione per il Parlamento europeo, con 14.707 voti (primo dei non eletti, subentrò quando Bossi optò per l'elezione nel Nord-Est).
A quell'esperienza non positiva seguirono comunque alcuni anni come impegno da dirigente regionale e nazionale della nella Margherita, così come si ricorda la presidenza nel 2007 in Lombardia del comitato per i referendum elettorali (quelli promossi tra gli altri da Giovanni Guzzetta e Mariotto Segni e per i quali si sarebbe votato nel 2009); alla fine del 2008, però, Formentini aderì alla Democrazia cristiana per le autonomie di Gianfranco Rotondi, partecipando il 29 e il 30 novembre 2008 a un evento del partito a Sesto San Giovanni (La vera scelta di campo), volto a portare il partito nel nascente Popolo della libertà (dopo che quattro esponenti della Dca, incluso Rotondi erano già stati eletti nelle liste del Pdl). Per questo oggi Rotondi ha ricordato Formentini come "leghista democristiano" (anche se non risulta che sia stato tra i fondatori della Dca nel 2005).
Di fatto è stata questa l'ultima esperienza politica visibile - e dotata di simboli - di Marco Formentini, anche se negli anni successivi ha comunque lavorato a favore del centrodestra a Milano, negli anni dell'amministrazione guidata da Letizia Brichetto Moratti, così come si era parlato di una sua possibile candidatura in una lista moderata a sostegno della ricandidatura della sindaca uscente (cosa che poi non si concretizzò, ma in ogni caso a vincere fu Giuliano Pisapia). Certamente, però, la politica non aveva mai smesso di ottenere la sua attenzione: è il destino di chi l'ha fatta o seguita a lungo, figurarsi di chi - come Formentini - era riuscito a ritagliarsi uno spazio nella storia. Forse non come figura di prima fila, ma non certo come comparsa.

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