domenica 10 gennaio 2021

Italia Unita, esperimento liberaldemocratico di 25 anni fa

Nell'anno di non troppa - ma neanche scarsissima - grazia 1996 la politica italiana era impegnata a mutare, nel tentativo di approdare a un "nuovo" più semplice e magari bipolare (non andò così, ma pazienza). I cantori dei bei tempi andati c'erano pure allora, ma in quel periodo la più parte delle energie era impiegata altrove. Gli ex Pci avevano girato pagina nel 1991, senza rinunciare alla loro storia: rimasero falce e martello in miniatura, ma l'albero del Pds prevaleva (e i duri e puri di Rifondazione comunista se ne andarono); quattro anni dopo anche il partito opposto, il Msi, si rinnovò, mutando nome in An senza gettare il nucleo del vecchio simbolo (mentre gli affezionati alla destra sociale intitolarono il loro partito proprio alla Fiamma tricolore). Tra il 1994 e il 1995 la Dc aveva cambiato nome e, non riuscendo più a stare al centro senza prendere posizione "di qua" o "di là", si era spaccata (almeno) in due tronconi. Qualcuno aveva guardato a sinistra per costruire qualcosa con ex comunisti, parte degli ex socialisti e altri gruppi, credendo di aver fatto una scelta coerente; altri, per non stare con gli avversari di vari decenni, avevano deciso fermamente di collocarsi dall'altra parte. Quel campo, dopo che la Lega Nord aveva scelto di correre da sola, era occupato dalla destra che voleva cambiare pelle, ma soprattutto da un partito costruito intorno al suo leader, diventato presto un punto di ritrovo per vari moderati, inclusi vari ex socialisti e liberali.
Proprio in quelle due aree forse si trovava il maggior numero di persone non tanto nostalgiche, ma politicamente a disagio: nel nuovo scacchiere politico italiano non c'era più un partito socialista forte (o con percentuali seriamente paragonabili a quelle del Psi di pochi anni prima), così come mancava un soggetto politico che potesse dirsi pienamente e solo liberale, oltre che con una quota di voti non trascurabile. Naturalmente c'era Forza Italia, c'erano la Lista Pannella e il Patto Segni, ma nessuno avrebbe mai potuto dire che sotto quei simboli c'erano soltanto idee e persone liberali. Qualcuno si adattò comunque a fare politica sotto le insegne di quei nuovi partiti, altri si allontanarono, altri ancora presero la via degli esperimenti, cercando di tracciare nuovi percorsi.
In quest'ultima categoria rientrava certamente anche Luciano Garatti: nato a Pian d'Artogne (Bs) nel 1951, avvocato del foro di Brescia fin dal 1979, era molto noto per la sua attività in Val Camonica (aveva e ha il suo studio a Darfo Boario Terme). Nel 1992 si era candidato al Senato per il Pli e nel collegio di Breno aveva raccolto 6197 voti (oltre 500 in più rispetto alla persona schierata da Rifondazione comunista): non era certamente poco, ma il risultato non era stato sufficiente per l'elezione. Anche in base a quella performance, in ogni caso, Garatti nel 1994 era stato candidato dal Polo delle libertà - dunque sotto le insegne di Forza Italia e della Lega Nord - sempre al Senato, nel collegio di Lumezzane (che comprendeva anche la Val Camonica) e quella volta aveva vinto, con il 41,57%; aveva aderito al gruppo senatoriale di Forza Italia, ma non si iscrisse mai a quel movimento politico. Finita in fretta la legislatura, nel 1996 era stato ricandidato dal Polo per le libertà nel collegio di Darfo Boario (in quel caso alla Camera), ma la corsa solitaria della Lega Nord (che lì vinse con Davide Caparini sfiorando il 42%) lo aveva fatto arrivare terzo con il 28.27%, superato di poco dal candidato del centrosinistra.
Quell'esperienza probabilmente suggerì a Garatti che poteva essere il momento di tentare una soluzione diversa, autonoma rispetto ai compagni di viaggio avuti sino a quel momento. Alla fine di giugno del 1996, quindi, lui e poche altre persone di fiducia fondarono con atto notarile - anche se forse si trattava di dare forma giuridica a qualcosa che esisteva informalmente già prima - l'associazione Italia Unita, con sede proprio a Boario Terme. Pur avendo scelto una strada autonoma, non venne abbandonata la collocazione politica, che rimase quella di un "movimento liberaldemocratico", così come stava scritto nel frontespizio dello statuto. E proprio l'articolo 2 di quel documento fondativo precisava che Italia unita si proponeva di "agire come gruppo d'opinione democratica, collocato nell'area moderata, ove si incontrano i valori della cultura cattolica e laica per attuare al meglio il principio della libertà individuale quale primato della persona sullo Stato per una migliore difesa dei principi di legalità a tutela dei diritti dell'uomo da cui le istituzioni trovano la propria legittimità". 
Nei tempi in cui la Lega Nord propugnava la secessione, Italia Unita voleva "assicurare un solido contributo al mantenimento dell'unità ed indivisibilità dello Stato Italiano, facendo salve le esigenze federaliste per l'autonomia e per il decentramento amministrativo periferico, adoperandosi nel contempo per una rapida realizzazione delle riforme costituzionali dello Stato per un'efficace trasformazione e modernizzazione del Paese, onde possa essere in grado di dare adeguate risposte in termini di servizi e sviluppo al cittadino". Lo strumento per perseguire questi scopi era "la libera discussione con l'impegno ad attenersi alle decisioni della maggioranza a meno che essa non sia contraria ai diritti umani ed ai principi fondamentali delle libertà".
Allegato all'atto costitutivo dell'associazione c'era anche il simbolo, che il 5 luglio 1996 fu anche depositato come marchio: la domanda, presentata per la classe 42 (Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; servizi di analisi e di ricerche industriali; progettazione e sviluppo di computer e di programmi per computer), fu accolta molto più in là, il 16 febbraio 1999. Il contenuto dell'emblema in effetti era molto semplice: il nome del movimento, scritto in bianco in font Kunstler corsivo, era posto al centro di un cerchio blu, bordato da una circonferenza tricolore (anche se tutto questo nel marchio si poteva solo immaginare, essendo stato curato il deposito dell'emblema in bianco e nero).
Quel passo non rimase isolato: Garatti e altri aderenti nel 1997 cercarono la via delle elezioni, presentando proprie liste in alcune competizioni comunali rilevanti. Lo stesso Garatti, in particolare, si presentò a Torino come candidato sindaco, (sfidando Valentino Castellani, Raffaele Costa, Domenico Comino e altri nove aspiranti alla guida della città) sostenuto da una lista espressione del suo movimento; altrettanto fece Ugo Frisoli a Milano, in una sfida monopolizzata dallo scontro tra Gabriele Albertini, Aldo Fumagalli e l'uscente Marco Formentini. A Roma,  invece, la lista entrò nel centrodestra, a sostegno di Pierluigi Borghini che sfidava l'uscente Francesco Rutelli; liste di Italia Unita, in quell'occasione, si trovarono anche ad Agrigento e a Palermo, in entrambi i casi con candidature autonome al di fuori da ogni polo.
Almeno a Roma, tra l'altro, il simbolo subì una modifica grafica: comprendendo forse che il carattere scelto, pur elegante, poteva essere scarsamente leggibile, si pensò di usare un'altra font. Venne scelto il carattere Forte, giusto un po' compresso in larghezza per far stare il nome nel cerchio e ingrandirlo il più possibile. Che fosse opportuno rendere la scritta più leggibile è indubbio; che fosse il caso di scegliere quella font, certamente più marcata ma anche piuttosto informale e poco "istituzionale", è almeno discutibile. Di certo quell'esperienza non può etichettarsi come fortunata: la lista raccolse a Torino lo 0,19%, a Milano lo 0,11%, a Roma lo 0,28%, ad Agrigento lo 0,67% e a Palermo lo 0,13%, risultando sempre la formazione meno votata (tranne che a Roma, ma il simbolo fu comunque il meno scelto della coalizione di centrodestra). Quelle sortite di Italia Unita, dunque, non furono affatto un successo; Garatti, tuttavia, cercò di consolidare il proprio progetto, a suo dire valido. Ci sarebbero state nuove occasioni elettorali, anche per provare altre soluzioni grafiche, alla ricerca di quelle più accattivanti (anche se nel 2006, alla scadenza del marchio, questo fu rinnovato per un altro decennio). Tempo qualche manciata di mesi e sarebbe arrivato il momento di sperimentare, di nuovo. 

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