lunedì 11 gennaio 2021

Palazzo Barberini, 1947: i socialdemocratici con falce e martello

Quello che cade nel 2021 non è un anniversario "tondo" o che richieda particolare solennità, rispetto a quelli che si possono festeggiare negli altri anni. Eppure coloro che sono affezionati, per esperienza, storia o memoria alla tradizione socialdemocratica italiana oggi ricordano che a Roma, proprio l'11 gennaio del 1947, dopo una riunione a Palazzo Barberini, nacque il Partito socialista dei lavoratori italiani, primo nucleo di quello che sarebbe diventato ufficialmente nel 1952 il Partito socialista democratico italiano.
Se quello fu un giorno di liberazione per coloro che presero parte a quel passaggio e, in generale, per i seguaci della socialdemocrazia, per la famiglia socialista italiana si trattò di una vera e propria frattura - tanto più che avvenne nel bel mezzo del XXV congresso straordinario del Partito socialista italiano di unità proletaria, convocato sempre a Roma - per l'esattezza alla Città universitaria - dal 9 al 13 gennaio 1947. 
Avanti!, 12 gennaio 1947
Già nel congresso precedente (Firenze, 11-17 aprile 1946) erano arrivate a un primo scontro le posizioni della maggioranza legata a Pietro Nenni (favorevole a proseguire l'alleanza con il Pci, iniziata durante la Resistenza, per non dividere la classe lavoratrice) e della minoranza che aveva riferimento in Giuseppe Saragat e puntava decisamente a posizioni autonome rispetto ai comunisti italiani; un anno dopo le due posizioni apparvero del tutto inconciliabili. Al congresso Saragat, attaccando la linea di Nenni, disse che bisognava difendere "i principi dell'autonomia del Partito socialista", che per colpa dell'alleanza coi comunisti e delle posizioni polemiche assunte il partito stava "perdendo ogni efficacia come fattore politico nella vita nazionale": a quel punto non c'era nulla da fare e, mentre il Psiup - su proposta di Olindo Vernocchi - riassunse la denominazione storica di Psi, Saragat completò lo strappo andando a Palazzo Barberini e contribuendo decisivamente alla nascita del nuovo partito, che per la verità aveva scelto per sé uno dei vecchi nomi dei socialisti (in particolare quello deliberato dal II congresso di Reggio Emilia del 1893).
Il trauma interno alla famiglia socialista, peraltro, si sarebbe riflettuto sull'intera Italia politica: il 1° giugno 1947 Alcide De Gasperi escluse tanto i comunisti quanto i socialisti del Psi dal governo, costituendo il suo quarto esecutivo con socialdemocratici, repubblicani e liberali; ciò non mancò di scaricare varie tensioni sull'operato dell'Assemblea costituente (dalla presidenza della quale Saragat si era già dimesso il 13 gennaio, lasciando il posto al comunista Umberto Terracini), ma ciò non impedì che l'organo terminasse il suo lavoro.
Nonostante quella scelta, nel governo De Gasperi falce e martello erano rimasti. Già, perché nel simbolo che si erano dati provvisoriamente Saragat e i sostenitori dei gruppi che si riconoscevano in Critica sociale e Iniziativa socialista erano presenti e ben riconoscibili alcuni elementi dell'emblema con cui il Psiup si era presentato alle elezioni dell'Assemblea costituente il 2 e il 3 giugno 1946: la falce e il martello, appunto, collocati sul libro aperto della conoscenza - e di fatto simboleggiava anche l'unione tra i lavoratori "del braccio" e quelli "della mente". Anche il cerchio centrale poteva essere letto come una sorta di sole, richiamando di nuovo l'antico emblema. 
Del tutto nuove per l'Italia erano invece le tre frecce diagonali (di solito rappresentate come puntate verso l'alto e a sinistra) che attraversavano il cerchio: prima di essere utilizzate come emblema dell'Internazionale socialista, erano state adottate - lo ricorda il ricercatore Luca Einaudi in un suo articolo del 1998 (La simbologia dei partiti politici italiani dal 1919 al 1994) - dal Fronte di ferro dei socialdemocratici tedeschi per cancellare le svastiche o contrapporsi a esse; da lì erano state utilizzate anche dalla Spd tedesca, dai socialisti francesi della Sfio e da altri soggetti politici, fino appunto all'adozione da parte dell'Internazionale socialista.
Lo stesso motivo, con la grafica giusto un po' reinterpretata, si vide sulla tessera che il Psli - il cui nome nel frattempo aveva inglobato la dicitura "Sezione dell'Internazionale socialista" - produsse appunto per l'anno 1947, inserendo quegli elementi grafici in una bandiera rossa, segno che avvicinava ancora di più sul piano iconografico i transfughi al Psi.
Nonostante questo, tuttavia, il simbolo con falce, martello e libro non si vide sulle schede delle delicatissime elezioni politiche del 18 e 19 aprile 1948: pur essendo stato depositato regolarmente al Ministero dell'interno, fu lasciato da parte. Gli aderenti al Psli, infatti, si presentarono al voto guidando la lista Unità socialista, qualificata come "autenticamente socialista e democratica", in grado di raccogliere vari consensi tra i socialisti anticomunisti, in uscita dal Psi (i nomi più illustri furono quelli di Ivan Matteo Lombardo e Ignazio Silone). Per l'occasione nel contrassegno figurava solo la parola "Socialismo", al di sopra di un sole nascente dal mare: il sole coi raggi ricordava almeno in parte l'emblema rettangolare del Partito socialista unitario di Filippo Turati, che aveva concorso alle elezioni del 1924.
In quell'occasione elettorale, come si sa, sulla scheda elettorale non finì nessun simbolo con falce e martello (tranne quello del Partito comunista internazionalista, presente in pochissime circoscrizioni): anche il Psi, infatti, depositò il suo simbolo - molto simile a quello impiegato nel 1946 - ma poi non lo utilizzò, avendo dato luogo con il Partito comunista italiano e altre forze minori all'esperienza del Fronte democratico popolare per la libertà, la pace, il lavoro, contrassegnato dall'effigie di Giuseppe Garibaldi al di sopra di una stella. Alle elezioni, stravinte dalla Dc, il Fronte ottenne alla Camera 8.136.637 voti, pari al 30,98%, ma la lista Unità socialista riuscì a raccogliere 1.858.116 voti, cioè il 7,07%, contribuendo certamente a indebolire il Fronte e confermando "sul campo" la partecipazione al nuovo governo De Gasperi (il quinto), arrivando addirittura con Saragat alla vicepresidenza. Il volto di Garibaldi (e con esso l'alleanza Pci-Psi) fu messo da parte; il sole nascente, invece, rimase e divenne il simbolo ufficiale degli scissionisti di Palazzo Barberini, anche dopo la trasformazione in Psi. 
Falce e martello si sarebbero riavvicinati solo tra il 1968 e il 1969, con il tentativo dell'unificazione elettorale di Psi e Psdi (con l'emblema a "bicicletta") e addirittura con un simbolo fuso nel 1969 (con falce, martello e libro all'interno del sole); dopo il fallimento elettorale dell'anno prima, tuttavia, l'esperimento si sarebbe sciolto in fretta e i socialdemocratici non avrebbero più voluto incrociare quei segni che non sentivano più loro, quasi dimenticando di essere nati con "gli arnesi" al centro del loro primo simbolo e della loro prima tessera.

Nessun commento:

Posta un commento