Nell'ultima settimana che precede il referendum confermativo della riforma costituzionale, com'è prevedibile, parole, dichiarazioni e inviti al voto si affastelleranno e cresceranno ulteriormente di tono: il tutto, fino alla giornata di venerdì, che concluderà - finalmente, mi sento di dire - la campagna più lunga (ben al di là dei trenta giorni previsti dalla legge), drammatizzata, martellante e invadente che la storia referendaria abbia registrato.
I simboli della discordia è presente a modo suo, senza entrare nel merito del quesito (non è lo scopo di questo spazio) ma cercando di proporre contenuti interessanti per i "drogati di politica". Vista la vocazione del sito e constatata - ahinoi - la mancanza di simboli sulla scheda, ci dedicheremo ai simboli scelti dai comitati di entrambe le parti, mai così vari come in quest'occasione. Così, invece che concentrarsi sulle parole favorevoli o contrarie alla riforma e su chi le dice, baderemo alle casacche disegnate ad hoc per i concorrenti di questa sfida, per cercare di seguire le fasi del gioco da questo punto di vista. Oggi si parte con i comitati del Sì, domani toccherà a quelli del No. Qualunque sia la vostra scelta, buon divertimento. E soprattutto, da buoni #politicsaddicted, andate a votare...
La ricerca si avvale del contributo di Antonio Folchetti, che ha raccolto materiale in vista della sua partecipazione al convegno di AssoComPol (Urbino, 15-17 dicembre): per questo, e per aver suggerito l'idea di analizzare i simboli dei comitati, lo ringrazio pubblicamente.
Prima che il viaggio inizi, preciso che i loghi mostrati non esauriscono tutte le grafiche nate in questi mesi: mancano di certo gli emblemi utilizzati a livello locale (a volte molto diversi da quelli nazionali), ma possono mancare anche alcune aggregazioni su scala nazionale, non intercettate sui media o in rete. Da parte mia e della squadra del sito, ovviamente, non c'è la volontà di oscurare o "degradare" qualcuno, quindi ci scusiamo se qualche comitato o gruppo non si troverà in elenco: potete segnalare la vostra presenza, commentando il post o inviando materiale alle mail del sito e cercheremo di fare il possibile... buona lettura!
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Il fronte del Sì al referendum costituzionale, pur essendo composito, mostra di avere una regia sostanzialmente unitaria, che ha il suo centro nel comitato formalmente civico (ma certamente connotabile politicamente) denominato Basta un Sì, costituito il 21 maggio scorso: è stato questo il soggetto giuridico che ha depositato in Cassazione la richiesta di referendum ed è riuscito a raccogliere le 500mila firme necessarie per ottenere spazi per la propaganda (e accedere alle risorse messe a disposizione dei promotori dei quesiti). L'emblema non usa la parola "comitato" (come, del resto, nessuno dei gruppi nazionali a sostegno del Sì), preferendo la semplicità dello slogan, breve e user friendly, nel tentativo di comunicare la facilità di ottenere tanti risultati (positivi, secondo i proponenti) con una semplice croce sulla casella del Sì.
La parte grafica, invece, è piuttosto minimal e - volendo rappresentare tutti, anche chi non ha alcuna appartenenza partitica - non presenta connotazioni politiche, accontentandosi di riproporre il motivo del tricolore. Su cosa rappresenti il disegno, tuttavia, non c'è accordo: per qualcuno i quadratini sono un mero artificio grafico per proporre il tricolore senza rischiare l'uso di una bandiera (stile Forza Italia); c'è chi ha pensato a tre carte (vincenti) come tenute "a ventaglio" in mano, per giocare un gioco semplice come lo slogan.
Acquista più credibilità l'ipotesi che i tre rettangoli simboleggino tre schede elettorali da inserire in un'urna, di cui la linea su cui sembra appoggiarsi l'elemento tricolore rappresenterebbe la fessura. Non è mancato anche chi ha voluto vedere gli stessi rettangoli come la stilizzazione tridimensionale di un'urna: un pensiero sorto, probabilmente, pensando a una precedente conformazione del logo, che aveva trasformato la "i" accentata proprio in un'urna (la lettera) con tanto di scheda (l'accento). Prima ancora, in compenso, come elemento grafico caratterizzante era stato scelto un "fumetto", fatto con un nastrino rosso ripiegato, che poteva far pensare alla piegatura tanto di una scheda, quanto dei fogli per la raccolta firme (il periodo di uso, in fondo, era proprio quello).
Se Basta un sì rappresenta il centro e il vertice dell'organizzazione dei favorevoli al referendum e all'approvazione della riforma, questo non ha escluso la nascita di altri raggruppamenti, a volte con maggiore connotazione politica, in altri casi più attenti a determinate categorie di elettori. Si prenda, ad esempio L'Italia che dice sì, comitato che si propone di raccogliere essenzialmente le adesioni e l'interesse degli utenti della rete (attraverso i suoi account Facebook e Twitter). La grafica, in effetti, è cambiata più volte, anche se con le due costanti del Sì in grande evidenza e dell'interpretazione "artistica" dello sfondo: inizialmente era stato usato un tricolore pennellato, attualmente si preferisce un background a macchie di colore, per dare un tocco di creatività multicolore al consenso alla riforma.
Se si guarda invece alla Rete del Sì, si scopre che è "un’associazione di cittadine e cittadini con diverse provenienze politiche, professionali e geografiche - si legge sul sito - che vogliono contribuire alla vittoria del Sì". L'associazione, in particolare, "si propone quale punto di incontro tra singoli e comitati promotori per il Sì, e mira a fornire spazi di dibattito e materiale informativo per contribuire a informare i cittadini sulla riforma costituzionale".
A stretto rigore, dunque, non si tratta di un comitato, ma di una "struttura di servizio", per suscitare il dibattito su un tema che non è "per addetti ai lavori, costituzionalisti o professionisti della politica, ma è una questione che riguarda tutti e tocca la quotidianità di ciascuno"; l'emblema scelto dà soprattutto l'idea di qualcosa di "fatto a mano", con font decisamente handwriting e senza forme geometriche, per dare l'idea di un'immagine fresca e dinamica.
Decisamente politico, fin dal nome, è il comitato Sinistra per il Sì, nato all'interno del Pd per raccogliere coloro che hanno scelto di schierarsi a favore della riforma mettendo in evidenza la loro collocazione a sinistra (da Piero Fassino ad Anna Finocchiaro, da Maino Marchi a Nicola Zingaretti): l'intento, probabilmente, era contrastare l'idea che tutta la sinistra fosse naturalmente e categoricamente schierata per il no. In qualche modo il logo scelto sembra imparentato con quello di Basta un Sì, perché i quadratini verdi e rossi sembrano gli stessi di prima, solo spostati per fare da sfondo ai due "Sì", compreso l'inizio della parola "Sinistra" (curiosamente abbinata al verde e non al rosso, probabilmente per rispettare l'ordine dei colori della nostra bandiera).
Nell'area del Pd si possono peraltro riconoscere altre realtà di sostegno al Sì. Un esempio è costituito dal logo elaborato da Rifare l'Italia, l'associazione fondata da Andrea Orlando e Matteo Orfini e ora guidata da Francesco Verducci: in rete è circolato il logo con "Sì" in primo piano e tinto di verde e di rosso, con l'accento tracciato in nero come con un pennarello e uno sfondo verdino sfumato appena accennato, che rimanda comunque . L'emblema, circolare, comprende anche la miniatura dell'associazione Rifare l'Italia, il che dimostra come una componente interna al partito abbia scelto di dare risalto all'impegno verso il referendum, inserendolo all'interno delle altre attività svolte da un gruppo rilanciato pochi mesi prima.
Per restare nell'ambito della maggioranza di governo, si può considerare innanzitutto il comitato Insieme per il sì - Moderati e centristi, a guida certamente politica: era nato con il coordinamento di Ferdinando Adornato e ne facevano parte membri dei gruppi di Area Popolare (tra cui Angelino Alfano, l'ex ministro Maurizio Lupi e Fabrizio Cicchitto), ma non solo (c'erano anche Aldo Di Biagio e il socialista Oreste Pastorelli). L'emblema era abbastanza semplice e anche piuttosto cheap, con il "per" reso con una croce tracciata a mano, un tratto verde e uno rosso: una grafica un po' povera obiettivamente. Del sito del comitato, tuttavia, in rete si sono perse le tracce, al di là delle pagine salvate in cache.
E' invece ancora ben presente e attivo il comitato Centristi per il Sì, guidato da Gianpiero D'Alia, fino a poco tempo fa alto dirigente dell'Udc, almeno prima che si scatenasse una polemica iniziata con i vertici "romani" del partito, prima per l'iter del congresso regionale siciliano (da lui appoggiato e contestato dagli organi interni dell'Udc) e poi proprio per la posizione sul referendum. Perché la dirigenza dell'Udc si è schierata nettamente per il No, ma D'Alia, il ministro Gianluca Galletti e Pierferdinando Casini sono ben decisi a sostenere il Sì: anche per marcare questa posizione, non stupisce che questa parte abbia deciso di fondare un proprio comitato, così da rendere più visibile la sua battaglia.
Il logo ora in uso - fondo e contorno blu, segmento tricolore - ricorda un po' quello dei Moderati, il partito di Giacomo Portas (e, tra l'altro, in Sicilia si è già trasformato in un emblema di gruppo, pronto a trasformarsi - ma è una mia supposizione - in Centristi per l'Italia se dovesse venire buono un emblema di respiro nazionale). Ma se la X pennellata e il tricolore connotano il segno, la prima versione dell'emblema era molto più povera e assai meno d'impatto: ricordava, anche nella struttura e nella resa grafica, il distintivo di Insieme per il Sì, anche se per lo meno il tricolore aveva ricevuto un trattamento migliore dell'originale, tingendo l'accento di "Sì" in modo decoroso. A qualcuno, però, evidentemente il risultato non era piaciuto, così ci si è rimesso le mani, fino al disegno attuale.
Restando in coalizione ma spostandosi verso il centrodestra, merita di essere considerato il simbolo di Insieme Sì cambia, comitato tecnico-politico di quell'area. Se si guarda, infatti, alla grafica, l'occhio sembra vedere subito il cuore giallo su fondo blu di Area popolare (in realtà fa maggiormente il verso al cuore del gruppo parlamentare dei Popolari europei, quello che al momento è stato adottato - in versione rossa-blu - dalla Rivoluzione cristiana di Gianfranco Rotondi) e ci si aspetta di trovare in prima linea i dirigenti di Ncd-Ap (certamente non contrari alla spruzzatina tricolore sul puntino/accento della i). Se si guarda l'organigramma, però, si scopre che la guida del comitato è tutta tecnica: spiccano i nomi del politologo Lorenzo Ornaghi come presidente, del costituzionalista Giovanni Guzzetta come coordinatore, mentre promotori sono i suoi colleghi Vincenzo Lippolis (già funzionario parlamentare), Lorenza Violini e Pietro Ciarlo; nel direttivo, accanto ad altri giuristi come Beniamino Caravita, il nome più politico sembra essere quello di Peppino Calderisi, già radicale, già forzista-pidiellino.
Sono invece dichiaratamente di area liberale gli appartenenti al comitato Liberi Sì, guidato da un forzista della prim'ora come Giuliano Urbani e da uno arrivato giusto mezz'ora dopo, Marcello Pera (nell'elenco dei fondatori, che comprende peraltro di nuovo Lippolis e Calderisi, si trovano anche costituzionalisti come Tommaso Edoardo Frosini, ex funzionari parlamentari come Antonio Malaschini e politici come l'ex radical-forzista Marco Taradash; tra gli aderenti, invece, spiccano i nomi di Gaetano Pecorella e Giuliano Ferrara). Come emblema, ovviamente, non figura nessun simbolo dei partiti affiliati ufficialmente (Ala, Scelta civica - Cittadini per l'Italia, Noi Sud e Liberali repubblicani e laici): quello strano segno tricolore sembra rimandare a due vele, o forse alle pagine di un libro da sfogliare, ma di più non è dato sapere.
Nel fronte del Sì, peraltro, non poteva sfuggire l'unico segno realmente politico, almeno quanto alla sua nascita: già, perché il comitato Radicali per il Sì - Sì per i Radicali, legato a Giovanni Negri (ritornato in pista da poco con la sua Marianna e ben deciso a votare Sì per completare "una lunga, insopportabile transizione") ha utilizzato per sé il simbolo che nel 1992 fu utilizzato dalla Lista Referendum guidata da Massimo Severo Giannini. Addirittura, come si è già notato in passato, l'emblema porta ancora impressa la corolla della rosa di Marc Bonnet, concessa dal Partito radicale alla lista per evitare la raccolta delle firme; forse non era opportuno che restasse lì, ma certamente serve a collocare chiaramente tra i radicali un emblema che, diversamente, farebbe pensare a chi non ha vissuto quella stagione che il logo sia stato creato apposta per questo referendum. E non sull'onda di altri quesiti di un quarto di secolo fa...
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