Da anni il tema periodicamente ritorna di attualità: Fratelli d'Italia potrebbe abbandonare la fiamma tricolore che era stata del Movimento sociale italiano? Dovrebbe farlo? E, se lo facesse, che effetti potrebbe avere questa scelta? Il partito, com'è noto, nacque senza la fiamma, alla fine del 2012,
Per dire, nel 2019, nei mesi precedenti le elezioni europee, fece un certo scalpore una dichiarazione dell'allora coordinatore Guido Crosetto (che peraltro non aveva un passato missino, avendo militato nella Democrazia cristiana, in Forza Italia e nel Popolo della libertà): "Nel percorso individuato da Meloni insieme altre realtà presenti nelle liste per le europee, da Fitto a Storace, si è parlato di un futuro che passa anche per il simbolo. Ma alle europee il logo non cambierà". In effetti non sarebbe cambiato (avrebbe solo aggiunto i riferimenti "Conservatori" e "Sovranisti" accanto al simbolo con la fiamma, sotto al nome della leader Giorgia Meloni), in compenso si affrettarono a escludere il venir meno della stessa fiamma tricolore figure di primo piano come Adolfo Urso (oggi ministro come Crosetto) e Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato.
Dopo che alla vigilia delle elezioni politiche del 2022 (e anche un po' delle europee di quest'anno) da più parti erano arrivati inviti a Meloni affinché togliesse dal simbolo del suo partito il fregio adottato da Giorgio Almirante, questa volta a evocare il momento in cui, prima o poi, Fdi avrebbe rinunciato a quel soggetto grafico è stato un altro ministro del governo Meloni, Luca Ciriani (che si occupa dei rapporti con il Parlamento). La questione è emersa oggi in un'intervista con Salvatore Merlo per il Foglio:
Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la Fiamma. Arriverà il momento in cui la toglieremo dal simbolo. Magari non sarà presto ma arriverà. Ma per scelta nostra, e non certo perché qualcuno ce lo impone. Già adesso si può ben dire che la Fiamma appartiene a una storia passata, quella della mia giovinezza, che certamente non rinnego. Oggi tanti giovani di venti o trent'anni non ne conoscono il significato.
Il discorso arriva da una persona che ha militato per decenni prima nel Msi (poi Msi-Dn) e in An, poi nel Pdl, fino ad approdare a Fdi circa un anno dopo la sua costituzione. "Finita la fase della violenza politica che aveva appestato l'Italia intera - ha dichiarato Ciriani - nel Msi, ma soprattutto con An, emerse una classe dirigente che seppe interpretare la modernità. Uomini come Pinuccio Tatarella capirono che la politica si fa andando avanti e non guardando all’indietro. Quello del Msi era un mondo che difendeva e conservava se stesso, che viveva delle sue memorie, delle sue nostalgie, del suo reducismo. Mentre Alleanza nazionale, grazie anche a Tatarella, guardava avanti" Da destra e verso destra, in coerenza con le posizioni del passato, ma avanti. Il che, per Ciriani, voleva dire anche (e innanzitutto) "superare definitivamente quella dicotomia politica che ogni volta fa riemergere pulsioni e passioni da guerra civile".
Nel progetto di partito conservatore che ha in mente Ciriani ("mettere insieme la tradizione della destra [...] con la tradizione liberale e risorgimentale, con quella cattolica") che posto ha la fiamma tricolore? Lo ha spiegato lo stesso ministro:
Fa parte della nostra storia e della nostra identità, anche se l'abbiamo già superata, è un fatto acquisito. Con assoluta tranquillità. È un elemento simbolico, e come tanti altri elementi simbolici avrà la sua parabola, ma non sarà mai rinnegata. Senza drammi. E senza fanfare. Non è nemmeno un argomento di urgente dibattito. Accadrà e basta, anche perché solo quelli della mia età possono essere affezionati a quel simbolo superato. Ma per ragioni rispettabilissime e romantiche. La Fiamma è stata la mia giovinezza, per quel simbolo ci saremmo buttati sul fuoco ma a un ragazzo di adesso non gliene importa nulla. È giusto così e lo posso capire.
Da un certo punto di vista il discorso di Ciriani non è troppo diverso da quello che a più riprese è stato fatto da chi proponeva di lasciare alle spalle i vecchi partiti della Prima Repubblica e le loro insegne. Per dire, il 3 luglio 2010 Pierluigi Castagnetti scrisse sul quotidiano Europa: "Alle prossime elezioni politiche italiane voteranno per la prima volta i figli dell'Ulivo, i giovani nati quando Prodi decise di scendere in campo. Questi giovani, nati dopo il crollo del muro di Berlino, non sanno neanche che cosa sia stato il socialismo, cosa siano state le varie democrazie cristiane". Certo, c'è almeno una differenza rilevante: Castagnetti nel 2010 militava ormai in un partito - il Pd - che, al di là del rametto d'Ulivo, non aveva nel simbolo nemmeno un petalo della Margherita che aveva contribuito a farlo nascere (con i Ds) e, soprattutto, nemmeno un frammento dello scudo crociato che aveva connotato la Dc ed era ormai da anni conteso tra varie formazioni politiche. Il partito di Ciriani, invece, ha ancora la fiamma tricolore del Msi poi passata ad Alleanza nazionale (e ottenuta da Fdi proprio grazie al soggetto che ad An era ed è più vicino, la Fondazione An) e ora privata della base trapezoidale.
Ciò non esclude, ovviamente, che in un futuro più o meno prossimo Fratelli d'Italia possa davvero scegliere di rinunciare alla fiamma tricolore nel suo simbolo: dovrebbe farlo con un processo decisionale interno, che deliberi anche la modifica dello statuto, dal momento che la descrizione del simbolo all'art. 4 indica, tra l'altro, che "In basso al centro, sovrapposto in parte centrale al tricolore, è raffigurata su fondo bianco una Fiamma Tricolore (verde, bianco, rosso) su base blu"; nello stesso articolo si legge che "L’Assemblea nazionale dispone eventuali modifiche del simbolo e può delegare a tal fine la Direzione nazionale", ma per le modifiche statutarie è competente il congresso, che però può delegare - espressamente - l'assemblea o la direzione nazionale.
Qualora ciò accadesse, quali potrebbero essere le conseguenze politiche per il partito? Naturalmente ogni militante o simpatizzante fa storia a sé, dunque generalizzare comporta senza dubbio una discreta percentuale di errore. Tuttavia è facile immaginare che i militanti dalla storia più lunga possano avvertire come mutilante quella scelta, fino a sentire come mutilata la loro stessa permanenza in Fdi: lo stesso Ciriani ha detto che per quel simbolo lui e altri militanti si sarebbero "buttati sul fuoco" e non si può certo escludere che per qualcuno non vedere più all'interno del proprio simbolo il fregio delle proprie origini, che aveva accompagnato la prima parte del loro percorso politico, sia una privazione dolorosa. Ci si sente di escludere, tuttavia, che per loro questa possa essere una ragione sufficiente per abbandonare Fratelli d'Italia: senza negare il peso dello "spegnimento" della fiamma, chi tuttora milita nel partito (che non ha alcuna continuità giuridica con il Msi poi diventato An) potrebbe comunque trovare continuità - e buone ragioni per restare - nella linea di Meloni e nei risultati del partito, oggettivamente impensabili fino a qualche anno fa anche per i sostenitori più convinti.
Tra coloro che, invece, si sono avvicinati a Fdi solo in tempi più recenti (aderendo al partito o limitandosi a votarlo), è più probabile che l'eventuale evoluzione simbolica sia avvertita in modo molto meno traumatico e con poche ricadute sul piano concreto. La scelta di rinunciare alla fiamma, anzi, potrebbe essere considerata in senso positivo, diventando motivo di apprezzamento: in quel modo, infatti, in concreto verrebbe meno uno degli argomenti utilizzati più spesso contro Fdi, cioè il collegamento con un passato che spesso viene visto come più o meno direttamente connesso al fascismo, sebbene la fiamma - suggerita in vista delle elezioni del 1947 a Giorgio Almirante da un mutilato di guerra (come racconta Adalberto Baldoni in Destra senza veli, libro uscito nel 2018 per Fergen di Federico Gennaccari) e realizzata graficamente per la prima volta da Emilio Maria Avitabile - fosse stata scelta ufficialmente pensando piuttosto a un legame con i combattenti, pensando anche alla fiamma degli arditi.
Mettere da parte la fiamma tricolore, d'altra parte, potrebbe aiutare a costruire - facendo evolvere Fratelli d'Italia - un partito conservatore contemporaneo anche sul piano grafico. Non si può dire, del resto, che la fiamma abbia contrassegnato l'intera storia del partito: nel 2012, il 21 dicembre, Ignazio La Russa depositò come marchio una delle prime versioni del simbolo di Fdi, senza fiamma ma con il nodo di corde tricolore che nel 2008 accompagnò la confluenza di Alleanza nazionale nel Popolo della libertà; un mese prima, del resto, lo stesso La Russa aveva depositato con il medesimo scopo il fregio molto simile del Centrodestra nazionale (i circoli promossi da Massimo Corsaro). Sulle schede elettorali del 2013 arrivò una versione molto simile del contrassegno (la terza nell'immagine quassù, un po' più curata nella grafica); la fiamma spuntò solo l'anno dopo. Poco prima della fine del 2013, l'assemblea della Fondazione An concesse a Fratelli d'Italia l'uso anche parziale del simbolo di Alleanza nazionale: il partito di Meloni l'aveva chiesto soprattutto per evitare che altri - a partire dal Movimento per An di Francesco Storace, Adriana Poli, Luca Romagnoli e altri, nonché da Officina Italia - utilizzassero quel simbolo, potendo porsi come successori politici (non anche giuridici) della storia di An e, prima ancora, del Msi. Da allora sono passati più di dieci anni (e ne sono passati comunque nove dal nuovo voto che trasformò la concessione dell'uso del simbolo da temporanea era diventata a tempo indefinito) e, probabilmente, il bisogno di rivendicare legami con un percorso politico - anche solo per non lasciarli in altre mani - probabilmente si è affievolito.
Resta un ultimo, vero punto interrogativo: se dovesse sparire la fiamma dal simbolo di Fratelli d'Italia, spunterebbe un altro emblema? La curiosità, infatti, porta a chiedersi quale fregio potrebbe essere adottato per il nuovo corso del partito guidato da Giorgia Meloni. Il fatto che lei stessa sia presidente del Partito dei conservatori e riformisti europei (Ecr) potrebbe suggerire che, al posto della fiamma, possa arrivare il leone accovacciato del partito europeo, ottenendo così di rendere più visibile il ruolo europeo di Meloni e di proiettare Fdi in una dimensione politico-territoriale più ampia. Non si può escludere, tuttavia, che all'abbandono della fiamma possa seguire una scelta diversa, magari per una grafica "astratta", senza un soggetto ben identificabile o più legata al tricolore: non sarebbe certo una novità nella politica italiana, anche se sarebbe interessante, per una volta, se ci si sforzasse di individuare di nuovo un'immagine in cui militanti e sostenitori possano identificarsi, come si è fatto per tanto tempo ed è sempre più raro che avvenga.
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