lunedì 29 settembre 2025

Unione liberale, una fenice per ricominciare ad agire (al di là del Pli)

Venerdì scorso, 26 settembre, è stata divulgata l'esistenza di un nuovo soggetto politico dell'area liberale, che nasce dalle ultime vicende delicate che hanno interessato quello stesso campo politico. A presentare Unione liberale, alla sala stampa della Camera dei deputati, sono stati Francesco Pasquali, Claudio Gentile Alberto Aschelter, che fino a pochi mesi fa avevano agito come dirigenti del Partito liberale italiano (Pasquali, in particolare, come presidente, mentre Gentile ne era stato co-segretario dal 2020 al 2022 e Aschelter - segretario romano - era membro della direzione nazionale come lo stesso Gentile): la conferenza stampa di venerdì, invece, sembra voler rappresentare un nuovo punto di partenza, per le idee e per l'azione politica, simboleggiata tra l'altro con un emblema nuovo, distinto da un arco tricolore e da una fenice altrettanto tricolore che nasce da una fiamma rossa.
 

Un passo indietro al 4 luglio (e all'ordinanza del giorno prima) 

Per capire meglio come si sia arrivati alla nascita di una nuova iniziativa politica (non è il caso, per ora, di parlare di partito) in ambito liberale occorre tornare al 4 luglio scorso, giorno in cui era stato convocato il XXXIII congresso del Partito liberale italiano: l'appuntamento era stato deciso a maggio, quando segretario del Pli risultava essere Roberto Sorcinelli e come presidente era indicato - lo si diceva - Francesco Pasquali. 
Il 3 luglio, tuttavia, il Tribunale di Roma ha pubblicato e notificato l'ordinanza - l'ultima, in ordine di tempo, di una non breve serie per un contenzioso che va avanti da tre anni - con cui aveva valutato i reclami presentato dallo stesso Pasquali e da Stefano De Luca contro l'ordinanza di prime cure emessa a metà marzo dal medesimo tribunale in composizione monocratica (col giudice Maurizio Manzi). Vale la pena ricordare che, considerando le domande ex art. 700 c.p.c. avanzate da De Luca, il Tribunale aveva respinto quelle con cui era stato chiesto di ordinare a Sorcinelli e Pasquali di astenersi dal vantare le qualità di segretario e presidente del Pli (ritenendo, in sostanza, che essendo già stata sospesa  in un altro giudizio cautelare le delibere congressuali con cui Sorcinelli e Pasquali erano stati indicati nei rispettivi suoli, si dovesse attendere il giudizio di merito per indicare chi rappresentasse davvero il partito, senza anticipare la tutela); in compenso, il giudice aveva ordinato alla piattaforma Meta "di apportare le modificazioni richieste" circa l'amministrazione della pagina Facebook fino alla sentenza di merito (per cui, dal 10 giugno scorso, il gruppo vicino a De Luca aveva recuperato la gestione di quella stessa pagina). L'esito di quell'ordinanza, evidentemente, aveva scontentato tanto Pasquali quanto De Luca, che avevano proposto reclamo per le parti della decisione a loro sfavorevoli.
L'ordinanza di reclamo, pronunciata da un collegio presieduto da Giuseppe Di Salvo (già presidente dei due collegi di reclamo precedenti) e avete come relatrice Enrica Ciocca, non era di semplice lettura. In ogni caso, la richiesta di Stefano De Luca di ordinare a Roberto Sorcinelli e Francesco Pasquali di non spendere le qualifiche di segretario e presidente del Partito liberale italiano non era per il collegio un "doppione" delle domande precedenti: chiedere di non impiegare più quei titoli era cosa diversa dal chiedere di "dare attuazione alla sospensione" delle delibere alla base delle stesse qualifiche. Posto che le delibere che avevano "destituito" ed espulso De Luca e mutato il quadro dirigente erano state sospese (da varie ordinanze pronunciate tra il 2023 e il 2024), per cui lo stesso De Luca appariva ancora il presidente del Pli, il fatto che Sorcinelli e Pasquali avessero continuato ad agire "come se fossero investiti di poteri gestori e rappresentativi del PLI, ingenerando confusione tra gli iscritti e, in generale, i terzi, tra cui banche, istituzioni, rappresentanti di altri partiti" sarebbe bastato a fondare il sospetto che la richiesta di De Luca fosse fondata (fumus boni iuris); risultando poi opportuno disporre la tutela cautelare richiesta per evitare pregiudizi irreparabili per lo stesso De Luca e per il partito, per i giudici era giusto inibire a Sorcinelli e Pasquali di qualificarsi come segretario e presidente del Pli (o di tenere "qualunque comportamento che possa ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi sono i legittimi rappresentanti del PLI"), prevedendo pure - per rafforzare l'ordine, che richiedeva per forza la collaborazione dei destinatari - un'astreinte di 1000 euro, cioè una sanzione da pagare per ogni altra violazione dell'inibitoria decisa. 
Lo stesso collegio di reclamo, peraltro, aveva accolto le lamentele di Pasquali (e Sorcinelli) circa l'ordine a Meta di modificare l'accesso alla pagina Fb del Pli in ottemperanza all'ordinanza dell'agosto 2024 dello stesso tribunale. Quell'ordine, secondo la nuova ordinanza, era "in insanabile contrasto con l'estromissione della suddetta società" e, in più, puntava "a dare esecuzione ad un'ordinanza pronunciata in un separato giudizio, che ha sua propria fase esecutiva e, come detto, in quanto afferente alla sospensione di una deliberazione adottata dal Pli, è già ex se esecutiva, senza necessità di attuazione": per queste ragioni, i giudici hanno annullato l'ordine stesso dal dispositivo dell'ordinanza precedente.
La stessa ordinanza, per quanto interessa qui, aveva ritenuto "non valutabili" le ulteriori richieste di Stefano De Luca - formulate a maggio - circa il congresso già annunciato per il 4 luglio (per cui Sorcinelli e Pasquali avrebbero dovuto evitare di curare altre attività relative a quell'assise, ritenuta ex ante illegittima se non inesistente, o fornire i verbali degli organi convocanti perché se ne potesse valutare l'impugnazione): essendo stato convocato il congresso dopo il reclamo, nel procedimento cautelare ante causam nel quale era stata resa l'ordinanza non ci sarebbe stato spazio per quella tutela (visto che la convocazione del congresso non era stata impugnata). Di certo però, l'inibitoria (con tanto di astreinte) pronunciata a carico di Sorcinelli e Pasquali avrebbe reso quasi impossibile qualificare la riunione del 4 luglio come "congresso del Pli" senza che gli stessi Sorcinelli e Pasquali corressero il rischio di tenere comportamenti in grado di "ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi [fossero] i legittimi rappresentanti del Pli".
Per questo motivo il 4 luglio, in una sala Capranichetta dell'hotel Nazionale piuttosto affollata, si è comunque tenuto un incontro di coloro che erano stati convocati lì, ma non un congresso del Pli, formalmente "dis-det-ta-to", come scandito in sala dal presidente del consiglio nazionale uscente, Diego Di Pierro (lo si può ascoltare nella registrazione di Radio Radicale): "quello di oggi - aveva detto - non è un incontro del Partito liberale, ma un incontro tra amici che pensano di fare i liberali e vogliono sapere come fare a portare le idee liberali in Italia". "Stiamo lottando perché sia fatta giustizia, non condividiamo l'ordinanza che ci è stata recapitata ma dobbiamo rispettarla", aveva detto subito dopo Sorcinelli, che parlava a titolo personale "per la legittimazione politica che voi ci riconoscete: si può essere liberali a prescindere dal nome che si dà al contenitore. Noi abbiamo una presenza sul territorio che è testimoniata dalla vostra presenza qui oggi: centinaia, migliaia di persone che si riconoscono non nel partito, ma nella nostra proposta politica e noi oggi di questo vogliamo parlare". "Per quanto mi riguarda - aveva aggiunto Pasquali - l'esperienza con il Partito liberale è terminata nella giornata di ieri: per sentirsi liberali non necessariamente bisogna riscontrarsi all'interno del partito. Io e Stefano stiamo pagando pegno per una scelta che abbiamo assunto qualche anno fa, insieme a molti di voi, in buona fede, per cercare di dare un 'contributo' alla dimensione liberale e magari pensando di darlo al Paese. Non ci siamo riusciti, complice anche questa situazione litigiosa che oggi è nelle aule di tribunale. Noi da lì vogliamo uscire: la comunità liberale non può essere lacerata e non può finire soltanto per questioni legate alla legittimità dei ruoli. Dopo l'ordinanza di ieri mi sento ancora più liberale e sento il dovere di esserlo ancora di più".
L'atmosfera, alla Capranichetta, non era stata tranquilla: la notizia dell'ennesima pagina in carta bollata della storia liberale aveva destabilizzato molti. "Il nostro difetto negli ultimi anni - aveva detto Claudio Gentile, co-segretario del Pli dal 2020 al 2022 - forse è stato proprio l'aver frequentato più le aule dei tribunali che quelle parlamentari e sarebbe davvero giunto il momento di tornare a frequentare le seconde piuttosto che le prime. Abbiamo fatto per questo paese ottime cose, anche se non abbiamo neanche l'orgoglio e la capacità di ricordarle; ne possiamo fare molte altre, ma non abbiamo bisogno del simbolino con la scritta 'Partito liberale italiano'". Su questo punto, però, non c'era accordo: se di fatto l'assemblea è stata trasformata in un incontro del "Comitato 4 luglio per la riunificazione dei liberali" (proseguito il giorno dopo con altri momenti di riflessione) per poter continuare a discutere pur in un contenitore diverso, c'era chi insisteva per continuare regolarmente con il congresso convocato, per il quale tante persone si erano radunate lì da varie parti d'Italia: "Gli ordini dei giudici si rispettano, l'ordinanza chiede a Sorcinelli e Pasquali di non arrogarsi il titolo, ma lo fa da ieri, ex nunc, non ex tunc - aveva detto Franco Capasso, avvocato, rivendicando il proprio ruolo di responsabile giustizia del partito - quindi questo congresso, legittimamente convocato, deve prima di tutto dichiarare in un documento che prende atto dell'ordinanza del tribunale e chiede a segretario e presidente di dimettersi, ma contestualmente decide di continuare la propria attività e chiede la riassunzione della causa di merito e la sospensione dell'ordinanza di reclamo". "Entro il 22 maggio - aveva aggiunto Elena Vigliano, fondatrice dell'associazione Stato Minimo e componente della direzione nazionale - si sono iscritte al Pli, in modo tracciato attraverso il sito, diverse centinaia di persone, non per un segretario o un presidente ma per un progetto. La decisione del tribunale non investe le iscrizioni o gli organi locali, che non si possono cancellare con un tratto di penna: sicuramente i rappresentanti che indicati nell'ordinanza in questo momento devono mettersi da parte, ma gli iscritti hanno tutto il diritto in questo consesso di prendere delle decisioni, istituendo la commissione di verifica poteri e verificando i delegati rimasti".
La confusione, dunque, non era poca. "Dobbiamo chiarire una questione fondamentale - aveva chiesto quasi subito in una "mozione d'ordine" Piero Cafasso, segretario campano - Questo è il congresso del Pli, come dice Capasso, o dobbiamo abbandonare la battaglia tirandoci da parte, come dice Pasquali?" La sua idea era di far decidere gli iscritti, quali "veri titolari" del partito; altre voci, in seguito, avevano riproposto il dubbio, divise tra chi il congresso avrebbe voluto celebrarlo comunque, anche "a ranghi ridotti", e chi avrebbe preferito darsi comunque un'organizzazione sotto altro nome per poter continuare a operare senza rischi di azioni legali. Alla fine, nel pomeriggio, si era proceduto alla verifica dei delegati presenti, indicati in numero di cinquanta (anche se qualche ora prima erano molti di più), ma al momento di individuare un "consiglio nazionale" applicando le norme statutarie del Pli - che avrebbero richiesto un minimo proprio di cinquanta membri - qualcuno dei pres nti ha chiesto di non essere incluso e dunque - salvo errore - l'assemblea si è chiusa, dichiaratamente, con un "nulla di fatto". Il tutto mentre alcune persone, sul territorio, avevano detto di voler continuare l'attività politica attraverso nuovi contenitori nati ad hoc, come per esempio i Liberali autonomisti sardi di Carlo Murru e Simone Paini.
Tra gli interventi di quella giornata, sul piano simbolico-nominale, qui se ne vogliono citare soprattutto due. Il primo è un passaggio delle parole appassionate di Cafasso: "Io propongo che il prossimo consiglio cambi il simbolo: via lo straccetto e, al suo posto, una bella bandiera - la nostra - con 'PLI' ben impresso, che fuoriesce da un faro come fascio luminoso ad indicare la via; un colore nuovo vivace, giovane e distintivo, il turchese; in più un segno di saluto, la 'L' di 'Libertà'". Il secondo è un estratto dalla "mozione" di Bianca Elena Maserti, componente del consiglio nazionale: all'inizio del suo intervento aveva detto di aver suggerito a Sorcinelli come possibile nome alternativo per continuare a fare politica proprio Unione liberale ("Se andate a vedere la storia del Partito liberale nel 1913 esisteva l'Unione liberale che comprendeva la destra di Cavour e alcuni giolittiani: da lì sarebbe nato il seme del Partito liberale. Quello poteva essere un momento di sosta, per ricominciare dalle origini"). Di fatto, quel nome oltre due mesi e mezzo è stato recuperato.
 

La conferenza stampa e il simbolo

Fatte queste premesse, si può tornare alla presentazione di venerdì 26 settembre, resa possibile alla sala stampa della Camera grazie a Italia viva, in particolare a Roberto Giachetti (a nome del quale era prenotata la sala) e all'ex deputato (oggi consigliere regionale in Lazio) Luciano Nobili, che era intervenuto anche il 4 luglio alla Capranichetta: "Sono qui solo per ascoltare e dare il mio grande e sincero in bocca al lupo a questa esperienza cui date vita: a galassia liberale purtroppo vive stagioni complicate, però io sono convinto che invece le idee liberali riformatrici che rappresentate e [...] che cerco di portare avanti nella mia attività, sia nel partito Italia viva che nella mia attività politica più generale, sono invece più vive che mai e sono più necessarie che mai, in un mondo purtroppo sempre più complicato in cui le autocrazie sembrano sempre più forti e in cui le democrazie liberali sembrano sempre più spaventate e sempre più in difficoltà. Penso che di queste idee [...] sia fondamentale che ci sia una pluralità di voci [...] e poi spero anche che nel tempo ovviamente queste voci trovino la formula politica per lasciarsi alle spalle le battaglie [...] con le carte bollate, perché poi invece quello che conta è la politica". 
I primi tratti della nuova esperienza li ha offerti Claudio Gentile, come si è detto ex co-segretario Pli: "Ho il compito di fare da trait d'union tra quello che è stato il momento storico del Pli 2.0, cioè quello che, dopo lo scioglimento precedente post-ciclone giudiziario del 1994, ricostruimmo a Roma il 4 luglio 1997 e il seguito della storia. Avevamo pensato in quest'anno di celebrare sia il compleanno del Pli sia il congresso del Pli 3.0, perché nel frattempo erano avvenuti dei cambiamenti anche abbastanza importanti, ma invece che proseguire con un nuovo compleanno [il 4 luglio 2025] siamo morti. O meglio, è morto un certo modo di vedere la politica liberale in questo Paese e auspico che non solo sia deceduto, ma che nessun infermiere si prenda la briga di rianimarlo in nessun modo possibile. Credo che Unione liberale sia un progetto assolutamente serio, ambiziosissimo, che nel nome nasconde esattamente il progetto politico: dare ai liberali di questo Paese una casa che li contenga possibilmente tutti, perché in tanti si appropriano dell'aggettivo 'liberale' per connotare quella che spesso e volentieri è una scatoletta vuota, che corrisponde più o meno ad un nome e un cognome dietro a una tastiera collegata ad internet, che poi alla fine si rivela sempre inequivocabilmente priva di contenuti". Al di là dei ricordi più recenti, Gentile ha descritto il desiderio di riconnettersi a proprio modo all'esperienza liberale nella storia politica italiana: "In noi che veniamo da una esperienza anche dolorosa, come quella descritta negli ultimi tempi, stamattina prevale il desiderio, più che di una rinascita, di una continuazione con una tradizione che in questo Paese proviene dai tempi del Risorgimento, proseguita [...] con la Resistenza, con il dopoguerra, con la Costituente, e i liberali in Parlamento ci sono sempre stati, tranne che negli ultimi due-tre decenni, dopo la dissoluzione che rammentavo prima. [...]  Noi vogliamo riconquistare quella autorevolezza che aveva Giovanni Malagodi quando si alzava per parlare e tutti ascoltavano quello che aveva da dire. [...] Siamo sempre stati il partito della razionalità, vogliamo esserlo di nuovo [...] con un brand che rinasce dalle ceneri". 
Proprio questa è la lettura da dare al simbolo, nel quale spicca l'immagine della fenice che rinasce dal fuoco: "questa - ha segnalato Gentile - ha esattamente la funzione di ricordare agli italiani che i liberali in qualche modo a questo Paese possono far comodo, che hanno intenzione di porsi al servizio dell'Italia tutta e di tutti gli elettori [...] e che attraverso questo ambiziosissimo Progetto vogliamo riportare un po' più di liberalismo in questo Paese e un po' meno di sovranismo, di populismo, di reddito di cittadinanza, di super bonus per le villette più o meno ricostruite o rimodernate a spese degli italiani e più merito, più attenzione e soprattutto più rispetto per le istituzioni". Quanto agli archi verde e rosso collocati nella parte superiore del fregio, sopra al nome scritto in blu, "non rappresentano la bandiera italiana, disegnata in maniera surrettizia - ha concluso lo stesso Gentile - ma l'emiciclo del Parlamento, rappresentato in quel simbolo perché vuole essere la definizione del nostro rispetto per le istituzioni parlamentari: siamo da sempre parlamentaristi e abbiamo sempre avuto a cuore il sistema proporzionale, anche quando avvantaggiava personaggi che magari avremmo desiderato forse non vedere rappresentati nel Parlamento italiano, ma questo è il nostro faro illuminante. Le istituzioni hanno necessità di essere protette e nessuno meglio dei liberali è capace di farlo". 
"Abbiamo l'ambizione - ha aggiunto per parte sua Francesco Pasquali - di introdurre nel dibattito politico una sorta di neologismo: 'sovranlibertà'. Questo non vuol dire sovranismo, ma significa che oggi la libertà non può essere garantita se non è garantita la sovranità: come liberali guardiamo alla libertà dell'individuo, ma anche alla sovranità del Paese, sovranità che oggi l'Italia non ha, sul piano della sicurezza come dal punto di vista digitale. Noi abbiamo il sogno di uno Stato strategico, uno Stato leggero, al servizio del cittadino, ma uno Stato in cui regni una sorta di responsabilità, alla quale abbiamo collegato la proposta politica 'debito zero per i nostri figli': chiediamo alla politica che ogni nuova norma, ogni nuova legge possa garantire che nessun costo verrà fatto gravare sulle nuove generazioni; questo vorrebbe dire fare attenzione agli sprechi, avere un comportamento responsabile e guardare al futuro. Stiamo elaborando anche altre proposte, ma Unione liberale oggi è una tela bianca che deve essere disegnata insieme anche ad altre realtà del mondo liberale, spesso suddiviso in mille galassie". Per Pasquali "anche in altri partiti presenti in Parlamento ci sono molti liberali, alcuni lo sono e magari non lo sanno; Unione liberale vuole sensibilizzare su alcuni temi e quindi ci dobbiamo interrogare costantemente sulle possibili ricette liberali oggi, con quello che sta accadendo in Europa e nel mondo. Stiamo partendo davvero dal basso, abbiamo un carico storico alle spalle importante, dovremo essere all'altezza di attualizzarlo, partendo dai territori edarci magari un appuntamento dopo la primavera per cercare di darci un'organizzazione, ma il dato di fondo è che non sarà un simbolo, un percorso precedente o diatribe giudiziarie a fermare un pensiero che oggi deve contaminare il Paese, perché mai come oggi a mio avviso c'è bisogno davvero di tenere alta la bandiera della libertà". 
"Noi oggi - ha concluso Alberto Aschelter - stiamo rappresentando una grandissima ambizione: farci portatori di quel dubbio del quale siamo figli e tentare di creare una casa, uno spazio che possa accogliere appunto le diverse anime liberali. Noi siamo qui per dialogare, non per allearci con qualcuno per mandare a casa un terzo, ma per farci portatori di una serie di idee, convinti che queste possano trovare delle orecchie e pertanto ci si possa lavorare insieme. Non è dato sapere dove ci porterà il percorso, ma sicuramente vale tutto il cammino".
La conferenza ha evocato solo in parte lo scontro politico-giuridico in area liberale, culminato - per ora - nell'ordinanza del 3 luglio scorso; qualcosa in più ha detto Pasquali in un'intervista a Lanfranco Palazzolo di Radio Radicale, rilasciata subito dopo la conferenza stampa. A Palazzolo che chiedeva quanto il nuovo progetto politico rinascesse dal "non congresso" di luglio, Pasquali ha risposto: "Quella del 4 luglio 2025 è una giornata che resta comunque impressa nei nostri cuori: doveva essere un momento celebrativo di congresso e di entusiasmo, con iscritti da tutta l'Italia, perché noi quando facciamo i congressi, facciamo gli iscritti. La delusione è stata tanta, il tribunale temporaneamente ha preso questa decisione: ci sono state diverse tappe, che in teoria rischiano di proseguire negli anni. Quindi con un gruppo di amici che ricoprivano diversi ruoli all'interno del Pli abbiamo deciso di rimetterci insieme e di privilegiare le idee liberali a quello che poteva essere il vecchio simbolo: quindi per noi l'augurio a chi oggi sta utilizzando il vecchio simbolo è che possa farlo nel migliore dei modi, perché tra liberali possiamo litigare, ma c'è un rispetto di fondo per chi difende la libertà, ma non vogliamo limitarci a diatribe giudiziarie, quindi nella serenità siamo voluti uscire fuori da quell'esperienza, abbiamo voluto essere propositivi e lanciare un messaggio aggiornato del liberalismo. Sottoporremo le nostre proposte anche agli altri partiti presenti in Parlamento, con la serenità che non sarà un simbolo o un altro a poter fare la differenza, ma la tenacia degli uomini che portano avanti questa idee e soprattutto l'apertura che per noi Unione liberale deve avere: siamo molto fiduciosi di poter coinvolgere molti liberali che magari nella fase delle diatribe giudiziarie possono essere disgustati, e quello non diventa più politica, ma altro".
A distanza di vari mesi, cosa divideva davvero il gruppo rimasto vicino a Stefano De Luca da quello che sta lavorando alla costruzione di Unione liberale? Se lo è chiesto Palazzolo, girando la domanda a Pasquali: "Ci divide un aspetto anche generazionale: sicuramente Stefano De Luca ha rappresentato un pezzo importante del percorso dei liberali in questo Paese, gli va riconosciuto il merito nel 1997 di aver rispolverato e issato nuovamente la bandiera dei liberali, ma la nostra generazione ha una visione e una percezione del mondo diversa e questo ha generato un conflitto anche politico; sono poi intervenute vicissitudini giudiziarie, come capita anche ad altri partiti. Il Partito liberale non aveva neanche particolari patrimoni da difendere, ma era soltanto una questione organizzativa, purtroppo finita nei tribunali invece che in un'arena pubblica; abbiamo preferito quindi questa nuova strada". Una nuova strada marcata, come si è detto, da un nuovo simbolo, ritenuto da Pasquali "fortemente evocativo: cercheremo di seguire il destino dell'araba fenice, cioè di rinascere e volare verso l'alto". Saranno le prossime settimane e i prossimi mesi a delineare il volo del progetto, grazie alle persone che ne fanno parte o che vorranno aderire.

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