sabato 31 luglio 2021

Simboli, firme e termini: le norme elettorali del "decreto Semplificazioni"

Da pochi giorni il Senato ha approvato definitivamente il disegno di legge che ha convertito il decreto-legge n. 77/2021
("Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure"), noto come "decreto Semplificazioni". Nell'attesa che il Presidente della Repubblica promulghi il testo e che anche la legge di conversione sia pubblicata con tanto di numero, vale la pena guardare con attenzione ad alcune delle disposizioni contenute nel testo finale del decreto: il passaggio parlamentare, infatti, ha introdotto varie norme di un certo interesse per i procedimenti legati alle votazioni (elezioni e referendum), toccando anche il tema dei contrassegni (dunque dei simboli). Sembra opportuno, dunque, passare in rassegna le modifiche che possono interessare a chi frequenta questo sito.

La "rivoluzione digitale" dei simboli

Sembra inevitabile iniziare l'analisi delle disposizioni da quelle relative ai simboli dei partiti, anzi, ai contrassegni elettorali. Il disegno di legge di conversione del d.l. n. 77/2021, infatti, con un emendamento ha aggiunto l'art. 38-bis (rubricato "Semplificazioni in materia di procedimenti elettorali attraverso la diffusione delle comunicazioni digitali con le pubbliche amministrazioni") che di fatto recepisce il testo del disegno di legge "Semplificazioni in materia di procedimenti elettorali", approvato dal Senato il 22 giugno; si tratta di un articolo piuttosto lungo (su cui si tornerà più volte in questo post), perché volto a recepire quasi per intero il testo del disegno di legge. L'emendamento che ha permesso ciò aveva la prima firma di Vittoria Baldino del MoVimento 5 Stelle (forza politica che aveva presentato il progetto di legge da cui era partita la discussione a Palazzo Madama), ma è stato sostenuto in modo trasversale: l'hanno sottoscritto, oltre al M5S (e presidente della Commissione Affari costituzionali) Giuseppe Brescia, anche Stefano Ceccanti (Pd), Gregorio Fontana (Fi), Federico Fornaro (LeU - Articolo Uno), Renate Gebhard (Svp), Igor Giancarlo Iezzi (Lega), Emanuele Prisco e Wanda Ferro (Fdi).
L'articolo in apertura tratta proprio del deposito dei contrassegni al Ministero dell'interno in occasione delle elezioni politiche (disciplina che si applica anche alle elezioni europee). Oggi l'art. 15, comma 3 del testo unico per l'elezione della Camera (d.P.R. n. 361/1957) si limita a dire che "Il contrassegno deve essere depositato in triplice esemplare"; da qui in avanti il deposito dovrà avvenire "a mano su supporto digitale o in triplice esemplare in forma cartacea"; ciò varrà pure per le elezioni comunali (si è modificato il d.P.R. n. 570/1960).
A prima vista la modifica sembra ridotta. Innanzitutto non si sono previste alternative alla consegna a mano dei contrassegni: al Senato, anzi, il 15 giugno si era esclusa - nel comitato ristretto che aveva lavorato sul primo progetto di legge - la possibilità di inviare i simboli via posta elettronica certificata. Posto che la questione riguardava le elezioni politiche ed europee (negli altri casi gli emblemi si depositano insieme alle candidature), è probabile che non si sia voluto eliminare il primo momento pubblico del procedimento elettorale preparatorio. La fila al Viminale, infatti, oltre a essere un rito cui chiunque appartenga alla schiera dei #drogatidipolitica non rinuncerebbe, costituisce una fase di "filtro" informale: i funzionari del ministero operano un primo controllo sommario sulla correttezza e completezza dei documenti depositati (contrassegno, statuto o dichiarazione di trasparenza, eventuali dichiarazioni di collegamento, programma elettorale, designazioni dei delegati a depositare le liste) e rispondono ai quesiti dei depositanti, che possono sanare mancanze (o sostituire documenti, come le dichiarazioni di coalizione) entro la scadenza del termine per il deposito. Consentire la presentazione dei documenti via Pec in alternativa a quella brevi manu avrebbe creato problemi (già solo per stabilire il corretto ordine di presentazione); col deposito solo elettronico, d'altronde, i vizi del materiale inviato emergerebbero in sede di esame "ufficiale", esponendo più facilmente le forze politiche alla ricusazione del contrassegno o all'impossibilità di presentare liste con quella grafica. Col deposito via posta elettronica certificata, poi, si dovrebbe ripensare l'elemento più caratteristico di questa fase, cioè l'inserimento dei contrassegni nelle bacheche, che permette ai rappresentanti di un partito di scoprire se altri soggetti hanno presentato emblemi simili ai loro (per prepararsi a opporsi all'eventuale ammissione di questi): si dovrebbe creare una "bacheca digitale" che si aggiorna a ogni deposito, anche se la soluzione sarebbe - inutile dirlo - molto più fredda e asettica. 
Come si diceva, resta la possibilità di depositare in triplice copia cartacea i contrassegni (nell'esemplare da 10 centimetri di diametro per i manifesti delle candidature e in quello da 3 centimetri per le schede): a questa si aggiunge, stavolta come prima opzione, il deposito su supporto digitale, che nelle ultime consultazioni amministrative era consigliato. Recitavano infatti le Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature:
È opportuno che, oltre al deposito degli esemplari cartacei del contrassegno, il partito o gruppo politico depositi il contrassegno stesso anche su supporto informatico, ad esempio su compact disc, dvd, pen drive e simili, nei formati ".jpeg" e ".pdf". Ciò consentirà ai competenti uffici, per le attività di diffusione in rete internet delle candidature e dei risultati elettorali, e alle stesse tipografie incaricate della stampa di manifesti e schede elettorali, di acquisire un'ottimale definizione e immagine sia delle espressioni letterali e delle raffigurazioni contenute all’interno del contrassegno, sia delle tonalità di colore.
In effetti il deposito ufficiale dei contrassegni in forma elettronica - senza un formato specifico: il testo da poco approvato, infatti, non ha conservato il riferimento, apparso in un primo tempo al Senato, al simbolo "in formato vettoriale non modificabile", che non avrebbe consentito ad esempio l'uso del formato jpg - porta almeno una novità rilevante, soprattutto per le elezioni amministrative. L'esame sull'ammissibilità di ciascun simbolo, infatti, finora è sempre stato fatto con riferimento alla riproduzione cartacea del contrassegno - unico supporto previsto - anche se i presentatori depositavano un Cd-Rom con i file grafici: in concreto, peraltro, varie commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali hanno ritenuto non solo di dover prendere per buoni i colori della stampa depositata (quando differivano da quelli originali del file, indicati addirittura con i metodi internazionali RGB o CMYK), ma spesso hanno messo in dubbio l'ammissibilità di un contrassegno quando gli esemplari stampati depositati non avevano un diametro esattamente di 10 cm e 3 cm, misurando con tanto di righello. Con le nuove regole, invece, per chi avrà depositato il simbolo su supporto informatico, l'esame avverrà su quell'esemplare (senza nemmeno il bisogno di fornire le tre copie, visto che gli organi interessati riceveranno il file): non ci sarà dunque più il rischio che i presentatori delle liste, richiamati dalla commissione, debbano correre in copisteria per avere una copia corretta del simbolo (che magari era stato stampato da un Pdf, senza togliere l'adattamento alle dimensioni e ai "margini virtuali" della pagina) e depositarla in tempo.
Da ultimo, va precisato che restano fuori da questa innovazione le elezioni regionali, visto che ogni Regione ha legiferato in materia elettorale e in ogni caso non si è messo mano nemmeno alla disciplina statale "cedevole". Toccherà dunque alle singole Regioni provvedere autonomamente, a partire dalla Calabria per le elezioni previste in autunno.

Avvocati autenticatori e rappresentanti via Pec

Lo stesso art. 38-bis prevede anche altre modifiche al procedimento elettorale preparatorio, volte a semplificare - sia pure non di molto - gli adempimenti di chi presenta candidature.
Una prima modifica riguarda i soggetti abilitati ad autenticare le sottoscrizioni: si stabilisce infatti - modificando l'art. 14 della legge n. 53/1990 - che oltre ai soggetti già noti (notai, giudici di pace, cancellieri e i collaboratori delle cancellerie di corti d'appello e tribunali, i segretari delle procure, parlamentari, consiglieri regionali, presidenti delle province, sindaci metropolitani, sindaci, assessori comunali e provinciali, componenti della conferenza metropolitana, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti e vice presidenti dei consigli circoscrizionali, consiglieri provinciali, consiglieri metropolitani e comunali, segretari comunali e provinciali, nonché funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia) possono autenticare le firme di candidati e sottoscrittori delle candidature gli avvocati iscritti all'albo che hanno comunicato la propria disponibilità all'ordine di appartenenza (il sito del rispettivo ordine dovrà riportare l'elenco tempestivamente aggiornato). La norma è simile a quella prevista una tantum per le elezioni politiche del 2018 (per ovviare al poco anticipo con cui era stata approvata la legge elettorale), anche se allora riguardava soltanto gli avvocati cassazionisti, mentre si recepisce definitivamente quanto già previsto dal decreto-legge n. 76/2020 (così come convertito dal Parlamento con la legge n. 120/2020) che aveva appunto già aggiunto gli avvocati (in questo caso si è preferito riformulare la disposizione). Si noti peraltro che il decreto Semplificazioni ha in qualche modo "istituzionalizzato" la figura dell'autenticatore "politico": i consiglieri comunali (e, di riflesso, provinciali) non devono più comunicare - con apposito atto da protocollare - la loro disponibilità ad autenticare le firme (per una singola occasione o per tutto il mandato) per poter provvedere, ma sono automaticamente competenti come ogni altra figura individuata dalla legge: non si rischia più, dunque, che certe sottoscrizioni siano nulle perché autenticate da consiglieri comunali disponibili ad autenticare in consiliature precedenti, ma che avevano dimenticato in seguito di ripresentare la comunicazione di disponibilità.
Punta a snellire le procedure anche la possibilità di richiedere in formato digitale e via Pec i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei sottoscrittori delle candidature (ma anche delle iniziative referendarie e delle proposte di legge popolari). La richiesta dovrà essere presentata dal segretario, dal presidente o dal rappresentante legale del partito o del movimento, da uno dei soggetti promotori del referendum o dell'iniziativa legislativa popolare, o da delegati di queste figure (in quest'ultimo caso, via Pec dovrà essere allegata anche la delega, firmata digitalmente). I certificati chiesti via posta elettronica certificata dovranno essere rilasciati in formato digitale improrogabilmente entro 24 ore dalla richiesta (se riguardano la sottoscrizione di candidature; il termine sale a 48 ore se i certificati riguardano referendum).
Si è agito anche sulle norme previste dalla cosiddetta "legge Spazzacorrotti" (legge n. 3/2019). Quanto alla pubblicazione dei curricula vitae e dei certificati del casellario giudiziale delle persone candidate alle varie elezioni (stavolta elencate espressamente, sempre escludendo in modo esplicito le amministrative nei comuni "inferiori"), si precisa che d'ora in avanti i rappresentanti legali dei partiti e delle liste partecipanti alle elezioni citate (o loro delegati) possono chiedere, anche via Pec, i certificati del casellario giudiziale dei candidati da pubblicare, "previo consenso e su delega dell'interessato, da sottoscrivere all'atto dell'accettazione della candidatura": il tribunale deve metterli a disposizione entro cinque giorni dalla richiesta.
Sempre restando in tema di candidature, si prevede che i rappresentanti dei partiti e delle liste civiche aderenti al codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali (proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere) possano sottoporre a detta Commissione "le liste delle candidature provvisorie" per le elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali "entro settantacinque giorni dallo svolgimento delle medesime elezioni" (quindi una quarantina di giorni prima che scadano i termini per il deposito delle candidature; in sede di prima applicazione il termine sarà di dieci giorni dall'entrata in vigore della fonte): l'organo verificherà l'esistenza "di eventuali condizioni ostative alle candidature ai sensi del citato codice di autoregolamentazione" (un regolamento interno stabilirà, tra l'altro, tempi di esame e comunicazione riservata degli esiti che consentano ai soggetti politici di modificare la composizione delle liste in tempo utile per presentarle).
Altre novità riguardano la nomina dei rappresentanti presso gli uffici elettorali di sezione e l'ufficio centrale (in parole più comuni: la nomina dei rappresentanti di lista) e a monte - per le elezioni amministrative - la nomina dei delegati che dovranno indicare tali rappresentanti di lista. In questi casi non servirà alcuna autenticazione ove i documenti di designazione siano sottoscritti "digitalmente o con un altro tipo di firma elettronica qualificata" (incluso l'uso dello Spid, da quanto si capisce) e trasmessi via Pec. Le designazioni dei rappresentanti di lista, a prescindere dal canale utilizzato, dovranno comunque arrivare entro il giovedì precedente l'elezione (e non più il venerdì).
Da ultimo, si cerca di puntare (di nuovo, dopo sperimentazioni passate positive, ma abbandonate in modo precipitoso) sul voto elettronico, agendo sulle disposizioni della legge di bilancio 2020 (approvata alla fine del 2019): i fondi previsti allora per la sperimentazione riguarderanno anche le elezioni regionali e amministrative, alle quali si applicherà il decreto del Viminale, adottato di concerto con il Ministero per l'innovazione tecnologica (l'adozione era prevista entro  il  30  giugno  2021, in effetti è arrivata il 9 luglio) e volto a garantire (solo) "il concreto esercizio del diritto di voto degli italiani all’estero e degli elettori che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovino in un comune di una regione diversa da quella del comune nelle cui liste elettorali risultano iscritti"; per il decreto (e le relative linee guida) è peraltro previsto un adattamento entro il mese di ottobre perché la sperimentazione sia operativa dal 2022 (e non è previsto, qui come per le altre disposizioni viste sin qui, alcuno stanziamento ulteriore di fondi).

Referendum, firme in formato digitale e un mese in più

Altre novità riguardano soltanto i referendum previsti dalla Costituzione; si tratta però di innovazioni rilevanti che meritano attenzione. Le ha prodotte un altro emendamento, stavolta avente come primo firmatario Riccardo Magi (+Europa-Radicali italiani), già autore di una proposta simile mesi fa, ma sottoscritto pure da deputati di molte altre forze politiche: si tratta, in particolare, di Vittoria Baldino e Giuseppe Brescia (M5S), Nicola Fratoianni (LeU-Si), Igor Giancarlo Iezzi (Lega), Lisa Noja e Massimo Ungaro (Italia viva), Enza Bruno Bossio, Francesca La Marca, Giuditta Pini e Angela Schirò (Pd), Piergiorgio Cortelazzo e Giuseppina Versace (Fi), Rossella Muroni (Facciamo Eco) e Felice Maurizio D'Ettore (Coraggio Italia). 
L'articolo 38-quater ha dunque modificato la legge di bilancio 2021 (approvata alla fine del 2020), per prevedere che dall'inizio di luglio (quindi non appena la legge di conversione entrerà in vigore) le firme per le citate consultazioni referendarie o per le proposte di legge di iniziativa popolare potranno essere raccolte "anche mediante documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata, a cui è associato un riferimento temporale validamente opponibile ai terzi". Quel documento dovrà permettere di acquisire gli stessi dati che ora si inseriscono nei moduli di raccolta delle firme; sarà possibile sottoscriverlo anche grazie allo Spid e toccherà poi ai promotori depositare le firme raccolte elettronicamente (senza alcun bisogno di autenticazione), insieme a quelle cartacee. Questo sistema resterà in uso fino a quando non sarà attivata una piattaforma pensata in origine per "contribuire a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione sociale delle persone con disabilità e di garantire loro il diritto alla partecipazione democratica": questa sarà usata per raccogliere le firme per referendum e proposte di legge d'iniziativa popolare, dovrebbe entrare in uso entro la fine di quest'anno e le sue caratteristiche tecniche e di funzionamento saranno regolate da un apposito dPCM.
Vale poi quanto si è già detto in precedenza, sulla possibilità di richiedere i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei sottoscrittori in formato digitale e rilasciati via Pec: questi possono essere depositati come duplicato informatico o come copia analogica di documento informatico (se dotati di apposito contrassegno a stampa).
Un ulteriore emendamento approvato - questa volta firmato da Igor Iezzi e Riccardo Magi, rispettivamente di Lega e +Europa-Radicali italiani, forze politiche particolarmente interessate alla disposizione - ha disposto (grazie al nuovo art. 39-bis) che tutti i termini previsti dalla legge n. 352/1970 per le richieste di referendum abrogativo sono differiti di un mese, sia pure solo con riferimento al 2021: c'è tempo per depositare in Corte di cassazione le richieste di referendum, con tanto di firme e certificati, entro la fine di ottobre (e non più la fine di settembre), così come scaleranno di un mese i termini previsti per valutare la regolarità delle richieste (ad opera dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione) e la loro ammissibilità (da parte della Corte costituzionale). Si prevede anche che i fogli usati per la raccolta delle firme possano essere depositati in Cassazione entro quattro mesi (e non tre) dalla data del timbro di vidimazione: questo in effetti era già stato previsto dal d.l. n. 52/2021, ma le norme appena approvate hanno esteso di fatto l'applicabilità di questa norma anche ai referendum sulla giustizia giusta promossi dal Partito radicale e dalla Lega (presentati dopo il 15 maggio, data indicata in origine come limite per far valere questa misura; anche questo termine è stato spostato avanti di un mese).
Da ultimo, l'art. 39-ter precisa che qualora si promuovano manifestazioni o iniziative a carattere politico in un'area occupata di non oltre 10 metri quadrati (la classica situazione del gazebo o dei tavolini per raccogliere le firme), "le richieste devono pervenire almeno dieci giorni prima della data prevista per lo svolgimento della manifestazione o dell’iniziativa, salvo che i regolamenti comunali dispongano termini più brevi"; resta fermo l'esonero dal pagamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche. Oltre che, naturalmente, l'importanza di saper montare un gazebo senza troppa difficoltà e in fretta: la legge non lo richiede, ma è ugualmente necessaria... 

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