lunedì 12 dicembre 2022

Salutando Alberto Alessi, a confronto con l'eternità dei democristiani

Chi racconta, analizza e commenta fatti e fatterelli che possono interessare la comunità dei #drogratidipolitica non può restare indifferente alla notizia della morte di Alberto Alessi. Non si dà per scontato che il suo nome evochi immedi
ati ricordi ed episodi come quelli di altre figure che hanno militato per anni nel suo stesso partito, la Democrazia cristiana, e che sono scomparse quest'anno (sicuramente Ciriaco De Mita e Gerardo Bianco, ma il discorso può valere anche per Virginio Rognoni). Eppure il suo nome, e forse ancora di più il suo cognome, è inevitabilmente legato alle vicende della Dc e soprattutto dello scudo crociato (si capirà meglio il perché tra poco), anche dopo la scomparsa dalla scena politica nazionale del partito che Alessi, nato a Caltanissetta nel 1939, aveva conosciuto fin dalla tenera età.
Sì, perché la Democrazia cristiana, per Alberto Alessi, era stata innanzitutto una vicenda di famigliaLui, infatti, era figlio di Giuseppe Alessi, classe 1905 (e scomparso nel 2009, dunque dopo aver superato abbondantemente il secolo di vita), iscrittosi al Partito popolare italiano di Luigi Sturzo quando erancora solo un giovanissimo avvocato e poi con una lunga militanza nelle istituzioni: primmembro della Consulta Regionale per la compilazione dello statuto della Regione Siciliana (e della commissione che si occupò della suattuazione), poi deputato regionale e primo presidente della Regione Siciliana (1947-1949 e di nuovo nel periodo 1955-1956), presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana (1956-1959) nonché senatore e deputato (in tutto per due legislature). Ricoprì tutte queste cariche come iscritto della Democrazia cristiana, partito che aveva contribuito a fondare, in senso letterale: se di solito si fa risalire la fondazione della Democrazia cristiana un incontro nella casa milanese di Enrico Falck il 1° settembre 1942, un anno dopo si sarebbe tenuta nello studio Alessi di via Cavour 19 a Caltanissetta una riunione "regionale-nazionale" in cui, tra l'altro, il futuro presidente siciliano scrisse la bozza di statuto "su una vecchia Olivetti e abbozzò il simbolo dello scudo crociato con una matita rossa e blu". Così finiva spesso per ricordare Alberto Alessi parlando del padre, aggiungendo che vari mesi dopo "il presidente De Gasperi, su precisa indicazione di Giulio Andreotti, a cui fin da allora nulla sfuggiva, anche perché non guardava con gli occhi, ma con larghe orecchie, inviò a Caltanissetta S.E. [Giuseppe] Spataro, che, con l'accordo di Alessi, ritirò statuto e disegno del simbolo", alla base di quelli usati in seguito dalla Dc. Naturalmente lo scudo era di fatto quello impiegato dal Ppi di Sturzo a colori ribaltati, ma ci voleva pur qualcuno che provvedesse a ridargli forma e colori (anche se sulle schede sarebbe stato a lungo in bianco e nero).
L
a carriera di Alessi padre sarebbe continuatanche al di fuori della politica: l'incarico più prestigioso coincise con la presidenza dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, dunque la Treccani, dal 1973 al 1992. Nel frattempo, pure Alessi figlio aveva iniziato il suo cursus honorum nella Democrazia cristiana: nel 1979 ottenne oltre 40mila preferenze nella circoscrizione della Camera Palermo-Trapani-Agrigento-Caltanissetta, non sufficienti per essere eletto all'inizio dell'VIII legislatura, ma in grado di farlo comunque diventare deputato a dicembre del 1981 dopo alcuni subentri; i voti aumentarono a quasi 53mila nel 1983 (ma in quel mandato parlamentare non poté confermare il suo seggio) e sfiorarono i 64mila nel 1987, quando riuscì a tornare a Montecitorio entrando dalla porta principale; nel 1992 le preferenze crollarono a poco più di 24mila, ma erano cambiati i tempi (soprattutto per la Dc) e comunque Alberto Alessi fu rieletto.
Proprio quell
XI legislatura fu l'ultima per il figlio del primo presidente della Regione Siciliana, iniziata ovviamente da democristiano; la terminò invece come membro del gruppo Centro cristiano democratico, cui aderì il 19 gennaio 1994, in praticdue mesi prima delle elezioni anticipateAlessi junior, infatti, fu tra coloro che diedero corpo al Ccd in Parlamento primancora che venisse fondato dal notaio, persino prima che si desse come simbolo la vela di Giugiaro con uno scudo crociato in miniatura: tra i 24 membri del gruppo a Montecitorio spiccano i nomi del nuovo capogruppo, Francesco D'Onofrio, di Pier Ferdinando Casini (tra coloro che più avrebbero rappresentato il Ccd nei suoi 8 anni di vita politica), Ombretta Fumagalli Carulli, Carlo Giovanardi, Silvio Lega e Clemente Mastella, ma c'erano altri nomi di rilievo, inclusi il foggiano Giovanni Mongiello e Angelo La Russa, siciliano come Alessi (ma di Favara, dell'agrigentino), due nomi che sarebbero tornati - insieme ad altri, inclusi alcuni citati poco fa - nella storia degl'innumerevoli tentativi di rimettere in moto la Dc (o almeno "una" Dc).
Già, perché se nel 1994 Alberto Alessi era stato tra coloro che non avevano accettato di seguire la via di Mino Martinazzoli - quella di una posizione centrista, recuperando l'antico nome di Partito popolare italiano -  preferendo guardare ai moderati del centrodestra (in particolare alla nascente Forza Italia), nel corso del tempo si comprese che Alessi junior non aveva soprattutto digerito l'idea di abbandonare il vecchio nome, cui era tanto legato anche per ragioni familiari; per quanto il nome per esteso del Ccd non fosse troppo diverso e nel simbolo ci fosse comunque un richiamo allo scudo crociato, gli originali erano tutt'altra cosa. Così, dopo vari anni nel Ccd, quando da più parti qualcuno iniziò a muoversi per cercare di riportare il nome della Dc sulla scena politicaAlessi figlio "appizzò" lo sguardo. Tra i primi a partire, in effetti, c'era stato il conterraneo Angelo La Russa, che già il 1° luglio 1996 aveva fondato il movimento per la Rinascita della Democrazia cristiana (pochi giorni prima che facesse altrettanto il bergamasco Andreino Carrara): fu quello il nucleo di quel partito - cofondato pure da Mongiello - che tra la fine del 1997 e l'inizio del 1998 avrebbe iniziato ad agire, sotto la guida di Flaminio Piccoli, proprio con la denominazione della Dc e il vecchio scudo in versione arcuata, dando avvio anche alla sequela infinita di cause e controcause sull'uso del nome e del simbolo storici, Non risulta che Alberto Alessi sia stato parte di quel progetto politico (presto abortito), ma quando - dopo il sostegno dato all'ex avversario Leoluca Orlando alle regionali siciliane del 2001 - nel 2002 irruppe la notizia dell'azione intrapresa dAlessandro Duce - ultimo segretario amministrativo della Dc prima della trasformazione nel Ppi - per ridestare da un supposto torpore un partito che nessuno aveva sciolto, la tentazione dovette diventare irresistibile.
In effetti il nome di 
Alberto Alessi non figurava tra i componenti del consiglio nazionale convocati da Duce, ma quando -  uscito di scena proprio Duce, dopo le prime escursioni sfavorevoli in carta bollata - il progetto di far tornare la Dc (passato prima nelle mani di Angelo Sandri, poi in quelle di Giuseppe Pizza) sembrò acquistare più consistenza, l'ex deputato siciliano vi concorse stabilmente. Il suo nome, non a caso, si ritrova tra le persone candidate alle elezioni europee del 2004 della lista Dc-Paese nuovo, presentata in tutta l'Italia senza raccolta firme (grazie alla fasciarancione della vecchia "lista civetta" del centrosinistra). Di certo sapevAlessi che la sua era una candidatura di servizio, ma in quella che sarebbe stata l'ultima elezione europea senza sbarramento al 4% valeva la pena tentare e cercare di portare acqual risveglio della Dc, anche se l'uso del simbolo storico era stato impedito. Si presentò dappertutto, tranne che - curiosamente - nella sua circoscrizione Isole; il suo miglior risultato, tuttavia, furono 1270 preferenze raccolte al Sud (in quella stessa circoscrizione, per dire, Cateno De Luca nella medesima lista ottenne quasi quattro volte tanto).
Alberto
Alessi si candidò anche nel 2006, riproponendosi per la Camera, quando la Dc-Pizza concorse alla lista Consumatori - Codacons e si schierò nella coalizione di centrosinistra: il risultato a livello nazionale fu molto limitato, ma pochi mesi dopo di quella Dc si accorsero tutti, quando - pochi mesi dopo la "sentenza Manzo" che sembravattribuirle la titolarità del nome e del simbolo che avevano guidato l'Italia per decenni al suo XX congresso intervenne addirittura Romano Prodi. (facendo arrabbiare di brutto le altre sedicenti Dc e pure Casini, che di certo non voleva rinunciare allo scudo crociato). Di quella Democrazia cristiana - che nel frattempo aveva rimesso piede a piazza del Gesù, almeno fino a quando dovette cambiare sede per "morosità" - Alessi figlio era presidente del consiglio nazionale; organo di cui era parte pure Alessi padre: quasi un omaggio al ruolo da questi avuto nella genesi del partito e del suo simbolo (al punto che in seguito Giuseppe Alessi sarebbe diventato presidente onorario del partito)
Come ben s
a chi frequenta con assiduità questo sito, dopo la sentenza del 2006 del tribunale di Roma, in apparenza piuttosto favorevole alla Dc-Pizza, ne sarebbero giunte altre assai meno premianti, fino a quella della Cassazione emessalla fine del 2010. Se quel fatto portò, nel giro di vari mesial progressivo estinguersi del progetto guidato da Pizza, non si spense la "voglia di Dc" di Alberto Alessi. Quando, tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, vari iscritti storici vollero fare un nuovo tentativo di riattivare il partito convocando il consiglio nazionale di allora, eleggendo alla segreteria Gianni Fontana, lui partecipò fin dall'inizio, entrando a far parte del consiglio nazionale, anche se dopo qualche mese nuove azioni giudiziarie e l'intervento del tribunale di Roma bloccarono pure questo percorso.
Nell'
attesa di cercare la via più fruttuosa, alla fine del 2013 Alessi co-fondò, con il bolognese Nino Luciani, la Democrazia cristiana nuova, definita dallo stesso statuto come un "partito ponte", nato per creare "uno strumento politico ed elettorale immediatamente operativo che confermi gli ideali e i programmi della Dc storica" e contemporaneamente sostenere la riorganizzazione della Dc, prevedendo di sciogliersi "automaticamente al momento della costituzione della Dc storica anche sul piano organizzativo e del contestuale riconoscimento della proprietà esclusiva del simbolo con lo scudo crociato". Fu proprio nella posizione di segretario nazionale della Dcn che, all'inizio del 2016, ottenne improvvisa notorietà querelando l'allora allenatore del Napoli Maurizio Sarri, reo di aver rafforzato gli insulti già indirizzati al tecnico dell'Inter Roberto Mancini con la frase "gli avrei potuto dire 'democristiano'!" Apriti cielo! Alessi ritenne che tutti i diccì mai domi fossero stati offesi (al pari di lui), così volle cercare di tutelare le persone e i valori della Democrazia cristiana con la sua denuncia. In realtà, alla fine di quello stesso anno, la querela fu archiviata; la notizia più rilevante di quei giorni per Alessi junior, però, era un'altra.
Per mesi, infatti, lui e vari "Dc non pentiti" avevano lavorato con notevole discrezione a un obiettivo ambizioso: raccogliere le firme di almeno un decimo dei soci della Democrazia cristiana - considerando tali le oltre duemila persone che nel 2012, all'epoca della Dc-Fontana, avevano confermato la loro affiliazione per ottenere la convocazione dell'assemblea degli iscritti al partito in base al codice civile, grazie all'intervento di un tribunale. Non era scontato che l'operazione andasse in porto e che un giudice fosse disposto a riconoscere l'impegno profuso fino a quel momento: fu il tribunale di Roma farlo, disponendo a metà dicembre la convocazione dell'assemblea per il 25-26 febbraio 2017 (affidando gli adempimenti della convocazione stessa e quelli organizzativi al primo firmatario della richiesta, Nino Luciani, mentre il nome di Alessi era il secondo sul ricorso). Si trattò di un passaggio importante, che in più persone rafforzò la convinzione - in effetti infondata, ma la fede di certuni è incrollabile... che esistesse un partito dormente, distinto da quello che nel 1994 avevassunto il nome di Ppi e che attendeva di essere risvegliato dagli iscritti di allora.
Certo, nel percorso verso l'assemblea e in quella lunga giornata di fine febbraio all'Ergife (alla fine della quale fu eletto presidente Gianni Fontana, dopo che Pellegrino Leo aveva candidato alla guida proprio il "simbolo" Alessi), come pure in seguito non andò esattamente tutto dritto: lo testimoniarono i nuovi ricorsi, le spaccature, gli ulteriori tentativi di portare avanti la riattivazione della Dc (magari con guide diverse, che non si riconoscono reciprocamente) o di riprenderla da qualche passo indietro e i nuovi pronunciamenti dei giudici. In questi anni, molti dei quali passati da vicesegretario della Dc guidata da Renato Grassi (eletto al posto di Gianni Fontandal congresso del 2018, anche se da più parti quell'assise è ritenuta illegittima, tanto che c'è chi - con Luciani - ritiene di averne revocato gli effetti e di aver celebrato un nuovo congresso regolare), Alberto Alessi ha sempre partecipato con spirito pugnace, puntuto e mai domo, senza risparmiarsi e non risparmiando quasi nessuno: chi scrive ha potuto leggere con i propri occhi un numero indefinito di lunghi messaggi di posta elettronica, spesso ricchi di massime latine o siciliane (ce n'erano, si potrebbe dire, a tinchitèmandati a un gruppo più o meno ampio di persone, ora per motivare, ora per additare, ora per proporre, ora per difendersi o replicare. Lo stesso atteggiamento lo aveva mostrato quando, alla fine di agosto, dopo un impegno lunghissimo, aveva lasciato la Dc-Grassi, criticandone duramente la virata destra su "posizioni antistoriche e antisturziane". 
Per capire di più l'atteggiamento di Alessi, che tra l'altro nel corso degli anni si è sperimentato anche in ambito musicale (come pianista) e come scrittore, è forse il caso di affidarsi alle sue stesse parole. Un estratto dal suo racconto lungo Ave Giulio, in cui l'autore immaginava la vita ultraterrena di Andreotti, esprimeva in modo tangibile il pensiero di Alessi su chi aveva "tradito" la Dc (e c'è posto anche per una citazioncina del simbolo):
Il Purgatorio è traboccante di democratici cristiani: intere ultime generazioni in esilio. Abili nel loro operato, ma guai ai padroni di certezze che spesso fanno rima con nefandezze. Alcuni di loro furono di stupenda insignificanza, carichi di una invalidità spirituale che procurò loro di non forgiarsi una personalità. Insomma smidollati privi di orgoglio e dignità. Tra di loro ci furono tantissimi transfughi e forse molti sacrificati. Quasi sempre amici dei morti e nemici dei vivi.
Eppoi il peccato più esecrabile, il più ignominioso: l’incoerenza, l’opportunismo e l’abbandono della Democrazia Cristiana, "il partito del popolo". Molti operarono presi dal panico, altri per gretto tornaconto, altri ancora per pura pusillanimità e i più perché non hanno servito la DC, ma se ne servirono per la loro dozzinale carriera terrena. La verità dura è che le loro voci furono ridotte al silenzio. Essi, però, non sanno che quando le idee sono buone nulla si perde e nulla s’insterilisce. Oggi ve ne sono addirittura alcuni di seconda generazione che la dichiarano morta, ma ne utilizzano mercantilmente il simbolo: scudocrociato con la scritta Libertas.  
Dobbiamo fare posto nel Purgatorio, quando Dio vorrà, per questi infedeli cristianazzi dell’era moderna, poichè hanno la responsabilità morale e politica di averla congelata viva. Anche per questi ultimi, tribune, gradinate e curve, sono tutte prenotate.   
Forse ancor più di questo brano di racconto, però, a esprimere l'essenza democristiana di Alessi e il suo modo di vivere quell'esperienzera un episodio autobiografico da lui raccontato spesso, per iscritto e a voce (chi scrive l'ha sentito al telefono un paio di volte). Una dimostrazione plastica dell'eternità dei democristiani, di fronte alla quale le vicende umane note come "morte" o "decesso" sembrano essere inevitabili, ma rimandabili eccezioni. Sembra il modo migliore, senza esaltazione e senza cattiveria, per augurare che la terra sia lieve aAlberto Alessi 
Nel settembre 2018 fui ricoverato al Gemelli e mi fu diagnosticata una leucemia allo stadio finale. Ricoverato, svenni nella mia stanza e mi rifratturai il femore, il bacino, il coccige ed il polso destro gravemente. e in seguito fui sottoposto ad un intervento chirurgico che durò 9 ore ed oggi sono un uomo bionico.
I professoroni del Gemelli, che poi mi salvarono la vita, mi dissero che non comprendevano come io fossi ancora vivo, avendo 480mila globuli bianchi anziché 10mila, 30mila piastrine anziché 300mila e non avevo che 200mila globuli rossi, anziché 4 milioni.
Risposi che dalla loro analisi mancava un dato: essendo io democristiano, ero - come tutti i Dc - eterno!

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