venerdì 23 giugno 2023

Molise, simboli e curiosità sulla scheda

Mancano ormai pochi giorni all'apertura delle urne in Molise per l'ultimo appuntamento con le elezioni regionali per il 2023 (ovviamente salvo sorprese al momento non preventivabili). Certamente la regione cambierà guida: Donato Toma, presidente uscente della giunta, non si è ricandidato, o meglio non è stato riproposto dal centrodestra, che punta dunque su un altro aspirante presidente, Francesco Roberti. Se la vedrà con altri due candidati: Roberto Gravina, espressione unitaria dell'alleanza tra M5S e centrosinistra, ed Emilio Izzo, candidato alternativo e "altro", a capo della lista-movimento Io non voto (i soliti... noti). Cinque anni fa - le elezioni si celebrano alla scadenza naturale della legislatura - i concorrenti erano quattro (in rappresentanza di centrosinistra, centrodestra, M5S e CasaPound Italia). Quanto alle liste regionali, anch'esse sono in calo: 14, rispetto alle 16 del 2018. Prima di passare all'analisi dei contrassegni di lista, è il caso di ricordare che la legge elettorale molisana prevede che anche le candidature a presidente della giunta regionale siano accompagnate da un contrassegno (unico, non essendo possibile farsi sostenere dall'insieme dei simboli delle liste).

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Emilio Izzo

1) Io non voto (i soliti... noti)

Il sorteggio ha collocato in prima posizione la candidatura di Emilio Izzo, di cui questo sito si è appena occupato, proprio a partire dal simbolo adottato dall'unica lista presentata a sostegno, Io non voto (i soliti... noti). Si rimanda dunque a questo articolo per sapere di più del progetto di candidatura dell'ex consigliere provinciale di Isernia e combattivo sindacalista all'interno del Ministero della cultura. In questo caso ci si limita a dire che il simbolo con il maialino nero su fondo rosso è impiegato da Izzo anche per distinguere la propria candidatura, dunque è riportato due volte sulla scheda elettorale, con un messaggio del tutto coerente.
 

Roberto Gravina

Seconda candidatura estratta è quella di Roberto Gravina, attuale sindaco di Campobasso (sostenuto dal M5S ed eletto nel 2019, quindi in scadenza tra un anno) e aspirante presidente sostenuto da una coalizione che unisce centrosinistra e MoVimento 5 Stelle. Il contrassegno presentato per sostenere la sua candidatura ha in primo piano l'espressione "Gravina presidente" di colore blu, sotto la quale si riconosce la sagoma del Molise di colore giallino. Quella tinta, insieme alla circonferenza rossa e al segmento circolare inferiore con il riferimento all'anno di votazione (anche se è colorato di verde e non di rosso) può rimandare alla struttura del simbolo del M5S e far pensare a una prevalenza all'interno della coalizione, ma non è per forza indicativo.  
 

2) Costruire democrazia

La coalizione che sostiene Gravina è composta da 6 liste. La prima estratta è denominata Costruire democrazia. Per chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica di livello superiore la visione del simbolo non rappresenta una novità completa: l'emblema con il fiore bianco era già stato avvistato sulle schede molisane del Senato nel 2013 e su quelle per le regionali di quel territorio nel 2011 e nel 2013 (il primo anno nella coalizione di Di Laura Frattura abbinata al gruppo Partecipazione democratica, il secondo in una coalizione alternativa con Fare per Fermare il declino e Democratici per il Molise, a sostegno della candidatura di Massimo Romano); in entrambe le occasioni elesse un consigliere. Non stupisce dunque che il capolista di quella formazione (nata nel 2009) sia proprio Romano, eletto in regione nel 2011.  
 

3) MoVimento 5 Stelle

La seconda lista della compagine che appoggia la candidatura di Gravina è quella presentata dal MoVimento 5 Stelle: la sua presenza non può certo stupire, trattandosi della forza politica con cui Gravina è stato eletto sindaco di Campobasso quattro anni fa (e con cui si era già proposto alle amministrative precedenti). Il simbolo schierato è il secondo emblema ufficiale indicato dallo statuto, ma è quello ormai usato costantemente da quando il M5S ha scelto di divenire ufficialmente un partito: sotto la grafica tradizionale, un segmento circolare rosso ospita il riferimento al 2050 come anno dell'auspicata neutralità climatica. 
 

4) Molise democratico e socialista

La coalizione a sostegno di Gravina prosegue con Molise democratico e socialista, formazione elettorale che unisce le forze di Molise democratico e solidale (gruppo legato all'ex consigliere Antonio D'Ambrosio) e del Partito socialista italiano. Il nome della lista è sostanzialmente una crasi delle due realtà, mentre il simbolo è una "bicicletta" che affianca le miniature dei due emblemi (dominati rispettivamente dal fumetto col profilo della regione e dal garofano). I due cerchi sono nella banda centrale bianca, mentre il segmento rosso superiore contiene il nome della lista e quello blu inferiore riporta il motto "In difesa dei diritti di tutti". Sul piano grafico si poteva fare senz'altro di meglio, ma è meritorio il ritorno del garofano sulle schede.
 

5) Alleanza Verdi e Sinistra - Reti civiche - Alternativa progressista

Risulta ancora più pieno (e sicuramente più "ammassato") del contrassegno appena descritto quello della lista Alleanza Verdi e Sinistra - Reti civiche - Alternativa progressista. Nel simbolo coniato in occasione delle elezioni politiche, che accostava Europa Verde e Sinistra italiana, è stata inserita anche la dicitura "Alternativa progressista", ma soprattutto lo spazio per Ev e Si è stato ridotto per la necessità di inserire - ma sarebbe meglio dire incastrare - in basso anche il Movimento Equità territoriale fondato e promosso da Pino Aprile. 

6) Partito democratico

La coalizione che appoggia Gravina a queste elezioni comprende anche il Partito democratico, che ha dunque scelto di convergere sulla candidatura del sindaco M5S di Campobasso, in un quadro di sostanziale unità di buona parte delle forze di opposizione uscenti. In questo caso il Pd ha scelto di schierare sulle schede elettorali il suo simbolo ufficiale, senza aggiungere alcun riferimento territoriale né il nome della persona sostenuta come aspirante presidente; la stessa scelta, del resto, era stata compiuta nelle precedenti elezioni regionali molisane cui i dem hanno partecipato, dunque si ravvisa una continuità. 
 

7) Progresso Molise - Gravina presidente

L'unica lista della compagine elettorale di Gravina che contiene il nome del candidato è quella "civico-personale", una presenza assai frequente negli ultimi anni. La formazione si chiama Progresso Molise - Gravina presidente e presenta un simbolo, se possibile, ancora più pieno dei due visti sopra. L'elemento più visibile, al centro, è proprio il richiamo al candidato alla presidenza della giunta regionale, stretto tra l'altra parte del nome della lista (in basso, in bianco su segmento verde acqua) e, in alto, cinque sagome a mezzo busto di persone - come a voler legare il progresso alla componente umana - leggermente sovrapposte tra loro e con attenzione alla miscela dei colori (varianti dal verde all'azzurro-blu). Partecipano alla lista anche candidature indicate da Volt.
 

Francesco Roberti

Terzo e ultimo candidato alla presidenza della regione Molise è Francesco Roberti, sindaco di Termoli e scelto dal centrodestra per cercare di mantenere la guida dell'amministrazione regionale dopo la giunta Toma. Pure in questo caso è stato presentato il contrassegno della candidatura, in cui il blu è il solo colore che si alterni al bianco: tinge il riferimento al candidato nella parte superiore e il segmento in cui trova posto l'espressione "per il Molise". Il cognome di Roberti, decisamente visibile, induce a riflettere sulla strategia dei due principali candidati: di norma, infatti, nelle regioni in cui i contrassegni dei candidati sono ancora previsti (e per tutti gli anni in cui questi sono stati impiegati in tutte le regioni ordinarie) si preferiva schierare emblemi anonimi, per non rischiare che chi votava mettesse la croce solo su quei simbolo e non anche su un contrassegno di lista, perdendo voti preziosi; qui, invece, centrodestra e centrosinistra allargato hanno scelto di correre questo rischio.

8) Lega

Sono 7 le formazioni che fanno parte della compagine elettorale a sostegno di Roberti. L'estrazione ha indicato per prima la Lega, già presente alle precedenti elezioni regionali, ma allora con il riferimento al Molise sotto al cognome di Matteo Salvini. Questa volta invece è stato impiegato proprio il contrassegno coniato per le elezioni politiche del 2018, dunque con la dicitura completa "Salvini premier" sotto la statua di alberto da Giussano a spada sguainata. Sarà interessante vedere il risultato della Lega, che nel 2018 (al suo esordio elettorale molisano) aveva ottenuto l'8,23%, allora senza riuscire a superare Forza Italia. 
 

9) Unione di centro - Democrazia cristiana - noi Di Centro

Della seconda lista della coalizione di centrodestra si era già in qualche modo parlato nei giorni scorsi, nel dare conto dell'esclusione della Dc-Cirillo e della presenza di un altro simbolo che univa lo scudo crociato e la dicitura "Democrazia cristiana". Si è anticipato, quindi, che l'Unione di centro e noi Di Centro (partito di Clemente Mastella, citato solo come sigla, come a voler indicare una "nuova Dc") formano una lista comune con anche l'apporto di Gianfranco Rotondi (Verde è Popolare), che ha concesso l'uso della denominazione "Democrazia cristiana" riconosciutogli nel 2004. Lo scudo è più grande del consueto e occupa tutto lo spazio possibile tra i due nomi maggiori disposti ad arco, rendendo ancor meno visibile le antiche vele di Ccd e De. Concorre alla lista anche Italia viva con il coordinatore regionale Donato D'Ambrosio (ma c'è pure Molise al centro).
 

10) Fratelli d'Italia

Non poteva mancare nella coalizione di centrodestra che sostiene Roberti l'apporto di Fratelli d'Italia: superare il 4,45% di cinque anni fa, visti i consensi di cui gode il partito a livello nazionale, sembra decisamente alla portata. Sul piano grafico nessuna novità per Fdi, che impiega esattamente lo stesso contrassegno del 2018, già schierato alle elezioni politiche di quell'anno. Tra le persone candidate, oltre ad Angelo Michele Iorio (già presidente della regione), c'è Aida Romagnuolo, che nel 2001 fece presentare al Viminale il simbolo Vola Molise, con una farfalla bianca su fondo blu che ricordava quella della Rai. 
 

11) Forza Italia

Nel 2018 Forza Italia era stata la lista più votata della coalizione di centrodestra, con il 9,38%; si vedrà se questa volta saprà mantenere il primato. Si tratta ovviamente delle prime elezioni senza Silvio Berlusconi, con il nome che è rimasto sul simbolo (anche perché i documenti per le candidature sono stati presentati prima della sua morte, quindi non ci si poneva proprio il problema); il contrassegno impiegato ha come base quello delle ultime elezioni politiche (dunque con il riferimento al Partito popolare europeo), con l'inserimento della dicitura "per il Molise" al posto dell'appellativo "presidente" sotto il cognome di Berlusconi.
 

12) Popolari per l'Italia

Non può non destare curiosità la ricomparsa sulla scheda elettorale del simbolo dei Popolari per l'Italia, partito fondato dall'ex ministro Mario Mauro e da tempo ben poco visibile a livello nazionale. Basta però guardare ai risultati elettorali di cinque anni fa per non stupirsi: la lista aveva ottenuto il 7,12%, battendo Udc e Fdi e riuscendo a eleggere due consiglieri (uno, Vincenzo Niro, è vicepresidente del partito). Il simbolo è quello già noto - per chi ne ha memoria, ma per chi appartiene ai #drogatidipolitica non ci sono dubbi in materia - con il tricolore spalmato su tre frecce, su uno sfondo azzurro blu a cerchi tangenti.
 

13) Il Molise che vogliamo

Si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una lista civico-politica, con colori affini alle sensibilità moderate e di centrodestra (per l'uso dei quattro colori nazionali) guardando il contrassegno di Il Molise che vogliamo, formazione promossa dall'europarlamentare Aldo Patriciello. In effetti, se il nome è piuttosto generico e potrebbe adattarsi a ogni parte politica, il segmento azzurro superiore - quasi a voler simboleggiare il cielo - e l'arcobalenino tricolore in basso (non proprio regolare, ma comunque mosso) ricordano decisamente il vecchio simbolo del Popolo della libertà; tra i candidati, c'è il vicepresidente del consiglio regionale Gianluca Cefaratti. 
 

14) Il Molise in buone mani - Noi moderati

Ultima lista della coalizione di centrodestra e dell'intero panorama elettorale molisano del 2023 è Il Molise in buone mani - Noi moderati. Sembra di poter parlare di "lista del candidato presidente", visto che è la sola a inserire - anche qui in grande evidenza - il nome dell'aspirante guida della giunta regionale; c'è però anche la partecipazione di Noi moderati, evoluzione del progetto centrista delle ultime elezioni politiche. Di fatto, tra l'altro, sembra che la grafica del contrassegno sia quella di Noi moderati ribaltata, visto che il gruppo legato a Maurizio Lupi occupa la parte inferiore del cerchio (tinta di un blu diverso rispetto a quello del simbolo da poco varato), giusto sotto a una "onda" tricolore. 

sabato 17 giugno 2023

Io non voto (i soliti... noti): Izzo sfida il Molise con un maiale nel simbolo

L'ultimo appuntamento con le elezioni regionali nel 2023 si celebrerà, come detto, il 25 e il 26 giugno in Molise. Se finora si è parlato di una lista che non parteciperà al voto (quella della Democrazia cristiana), prima della panoramica su tutte le formazioni che finiranno sulla scheda elettorale non è possibile non dedicare un po' di attenzione a una lista che ha destato non poca attenzione già prima di essere ufficialmente presentata e ammessa alla competizione. Ci si riferisce a Io non voto (i soliti... noti): una lista con titolo e sottotitolo, si potrebbe dire, che schiera come candidato presidente per la giunta regionale Emilio Izzo, classe 1954, a lungo impegnato con vari ruoli - e anche a livello sindacale - presso diversi istituti del Ministero dei beni e delle attività culturali (ora della cultura) in Molise. Sarà lui a sfidare i candidati del centrodestra (Francesco Roberti) e dello schieramento che unisce centrosinistra e M5S (Roberto Gravina).
Tra le ragioni per cui la lista - che si è autodenominata "Movimento politico di salvezza pubblica" (i media spesso hanno usato la dicitura "Comitato di salute pubblica") - ha fatto subito parlare di sé, oltre al nome scelto, c'è inevitabilmente il simbolo presentato e finito sulle schede. Su fondo rosso, infatti, oltre al nome - scritto in un inconfondibile carattere Bodoni Poster bianco - campeggia l'inconfondibile sagoma di un maiale: salvo errore, si tratta della prima volta che lo si trova in un contrassegno elettorale. Il motivo di questa scelta lo spiega direttamente Izzo, raggiunto da questo sito tra una tribuna televisiva e l'altra: "Il maiale, come molte persone sanno, mangia di tutto e ingrassa perché quello che gli si mette davanti mangia; non tutti sanno, però, che è in grado di mangiare anche carne umana. Da questo punto di vista, la similitudine con la classe politica, molisana e non, risulta abbastanza chiaro: negli ultimi 15 anni i politici hanno fatto diventare la regione l'ultima ruota del carro. Siamo la devastazione completa in tutti settori, a partire dalla sanità. I soliti noti di cui parliamo nel nome sono quelli che hanno fatto la devastazione e per questo li accostiamo al maiale, il maiale ha mangiato tutto il mangiabile, incluso l'uomo, perché abbiamo perso tutto. Ora, visto che del maiale non si butta nulla, noi ci candidiamo perché vogliamo mangiarlo noi prima che ci mangi lui".
L'idea di schierare un maiale come emblema elettorale è nata nelle ultime settimane, quando è maturato il progetto di partecipare a queste elezioni regionali, ma il concetto di fondo per Izzo è nato ben prima: "Io da una vita lotto per difendere gli ultimi, i poveri, l’ambiente. Ogni volta che andavo per le mie proteste insieme ad altre persone sotto i palazzi che contano, incluso quello della Regione, puntualmente chi stava dentro non usciva mai a parlare con noi: prendevano tanti soldi e se ne fregavano della povertà. L'idea che fosse il momento di smettere di votare per 'i soliti noti', dunque, sta da molto tempo nella mia testa, anche se poi attuarla non è una cosa semplice: senza dubbio non era facile schierarsi contro i blocchi di potere, quello del centrodestra che ha guidato la regione negli ultimi cinque anni e quello che unisce centrosinistra e MoVimento 5 Stelle". 
Tra le difficoltà superate in queste ultime settimane, Izzo mette anche la raccolta delle sottoscrizioni necessarie a partecipare: "Questi signori, nel 2017, hanno scritto una norma per cui i partiti che stanno in Parlamento, che sono rappresentati in consiglio regionale o che sono registrati a livello nazionale non devono nemmeno fare la fatica di raccogliere le firme, a differenza di chi è nuovo. Questo fa rabbia, ma noi ci siamo messi d'impegno e in pochi giorni ci siamo riusciti, andando ben oltre il minimo di 300 sottoscrittori: posso dire quindi che per noi la raccolta firme è stata un successo e la gente ci ha già voluto sostenere". 
Certo può sembrare curioso che oltre 300 persone abbiano firmato per una lista che mette in evidenza l'espressione "Io non voto". Un'espressione che tra l'altro non è nuova: chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica sa che dal 2006 al 2014 è stato depositato presso il Viminale il contrassegno della lista civica nazionale "Io non voto", progetto concepito da Carlo Gustavo Giuliana, palermitano trapiantato a Belluno, per anni impegnato a fotografare la protesta di chi non si reca alle urne con il proprio simbolo. Vero è che lo si è visto di rado sulle schede elettorali; forse anche per questo, Emilio Izzo non conosceva quel precedente uso del nome. "Mi faccia però precisare una cosa: io - chiarisce - non ho mai pensato di non votare o di assecondare la deriva dell'astensionismo. Il fatto è che in Italia non c’è una regola che stabilisce che se alle elezioni vota meno del 50% il risultato elettorale non è valido: in questo modo finisce che meno persone vanno a votare e più di fatto ai 'soliti noti' conviene, perché si votano da soli e con il sostegno dei pochi che stanno con loro. Ecco perché non mi limito a dire 'io non voto', restando sul terreno della protesta, ma preciso che 'io non voto i soliti... noti', formulando una proposta e dando un'alternativa concreta a chi condivide quest'idea. Di più, non faccio questo con un percorso simile a quello dei 5 Stelle, che all'inizio non erano conosciuti da nessuno: io lo faccio a quasi 70 anni, come punto di arrivo di un percorso che le persone conoscono e che è volto ad abbattere un sistema".
Per Izzo, tra l'altro, questa non è la prima esperienza elettorale: nel 1995 era stato eletto consigliere provinciale di Isernia, si è tra l'altro candidato due volte alle comunali di Isernia con la lista Isernia domani (2007 e 2016) e nel 2013 alle regionali era tra i candidati di Rivoluzione democratica (declinazione locale di Rivoluzione civile). "Ho scelto di riprovarci, lanciandomi in una avventura difficilissima e disperata, anche per lo sbarramento che taglia fuori dal consiglio le liste legate ai candidati alla presidenza che non hanno raggiunto l'8%, ennesimo segno di questa classe politica che non vuole innovarsi. Io in ogni caso concorro e do la possibilità alle elettrici e agli elettori di votare per persone diverse dai 'soliti noti'. Lo faccio con colori che mi piacciono molto: il nero simboleggia il buio e l'oscurità della notte da cui dobbiamo uscire; il rosso indica il risveglio, la passione e la lotta, non per forza di sinistra. Ho cercato di dare al simbolo un'immagine immediata ma non per questo sgradevole: se avessimo usato un'immagine verosimile di un maiale, per esempio, avremmo creato qualcosa di cattivo gusto e avremmo fatto prevalere la dimensione della rabbia su quella della proposta". Benché la legge richieda l'8%, quale risultato lascerebbe comunque soddisfatto Izzo? "Già raggiungere il 5% mi sembrerebbe significativo, ma ricevo segnali confortanti: in questi giorni mi hanno chiamato anche dall'Abruzzo, dalla Puglia, dal Lazio e dalla Campania, mostrando interesse per questo progetto e l'intenzione di esportarlo se l'esito fosse interessante". Toccherà aspettare qualche giorno per sapere se il maialino contro i "soliti noti" dovrà varcare i confini del Molise.

martedì 6 giugno 2023

Molise, cosa ci insegna l'esclusione di Elisabetta Trenta e della Dc

Nei giorni 25 e 26 giugno 2023 sono previste le elezioni regionali in Molise, le ultime previste quest'anno. Ci sarà tempo per analizzare i simboli destinati a finire sulla scheda elettorale; nel frattempo è il caso di occuparsi, almeno per un attimo, di una lista che risulta esclusa da questa competizione. Ci si riferisce alla Democrazia cristiana, che aveva scelto di sostenere l'ex ministra della difesa Elisabetta Trenta come candidata alla presidenza della giunta regionale: si tratta - giusto per non fare confusione circa i vari soggetti politici che operano in campo con lo stesso nome - della Dc che riconosce come proprio segretario Antonio Cirillo e che ha come portavoce e coordinatore politico nazionale l'ex consigliere regionale Fabio Desideri. Ieri il Tribunale amministrativo regionale del Molise ha respinto il ricorso con cui si era chiesta la riammissione della lista; potenzialmente è ancora possibile che il Consiglio di Stato - qualora sia impugnata questa sentenza nelle prossime ore - riammetta la formazione, riportando a 15 il numero delle liste in campo (era stata presentata ed esclusa - per numero insufficiente di candidati -  anche quella di Forza Nuova: non risultano ricorsi), ma è assai probabile che il quadro non muti ulteriormente.
Occorre precisare subito che, come correttamente riportato dai media, l'esclusione della lista della Dc non è stata legata all'uso dello scudo crociato. E questo nonostante tra le liste ammesse a partecipare alle prossime elezioni regionali ci sia anche quella guidata dall'Unione di centro (Udc): questa, oltre a schierare lo scudo in primo piano (e ingrandito rispetto al solito), contiene nel contrassegno anche i riferimenti a Noi Di Centro (la formazione guidata da Clemente Mastella) e soprattutto alla Democrazia cristiana, denominazione apportata da Gianfranco Rotondi, secondo quanto gli era stato concesso nel 2004 dai legali rappresentanti del Ppi - ex Dc. Il problema dell'eventuale confondibilità - peraltro acuito dalla compresenza di denominazione e scudo in due emblemi diversi: non è stato diffuso il simbolo esatto della Dc-Cirillo, ma la descrizione del contrassegno fa pensare che sia stato lo stesso ricusato dal Viminale prima delle ultime elezioni politiche  - non si è proprio posto, visto che gli uffici elettorali hanno escluso la lista per invalidità formali che non hanno nemmeno portato i collegi a esaminare l'ammissibilità delle candidature e del rispettivo contrassegno.
Fin dall'inizio i media hanno parlato del ritardo con cui i documenti legati alla presentazione della lista e della candidatura di Trenta sarebbero stati consegnati: si era parlato di pochi minuti rispetto al termine delle ore 12 fissato per il 27 maggio scorso, ma il verbale di deposito in effetti indicava le ore 15 e 16. Dal ricorso si apprende che Sabatino Esposito, delegato della lista Democrazia cristiana (nonché indicato dal sito del partito quale segretario amministrativo e, da statuto, legale rappresentante), si era recato presso il tribunale di Campobasso, dove aveva sede l'Ufficio unico circoscrizionale, insieme ad Antonio Cirillo (segretario del partito) e Antonio Cardone (uno dei candidati). Esposito sarebbe arrivato alle ore 11 e 55, "attendendo pazientemente, all'interno della sede della Commissione elettorale e precisamente (aula di udienza adibita ad anticamera) che il predetto Ufficio terminasse le operazioni inerenti le altre liste di candidati". I tre soggetti sarebbero "[e]ntrati (in orario) all’interno del locale adibito alla presentazione delle liste, e nelle more dell’attesa del loro turno, venivano avvisati da un addetto presso il Tribunale che era necessario andare a prendere un 'numero elimina code' ovvero un 'tagliando' [...] presso un locale dislocato differente da quello presso cui si consegnava la documentazione": la scelta di richiedere il ritiro del tagliando per accedere alla sala del deposito sarebbe stata adottata, secondo l'ufficio elettorale, "ai fini della necessaria numerazione provvisoria dell’ordine delle liste, specie quelle non infrequentemente presentate proprio a ridosso del temine finale". Si sarebbe temporaneamente allontanato dal locale per la consegna delle liste - allontanamento ritenuto "meramente funzionale ad adeguarsi alle regole autostabilite dall'Ufficio Unico Circoscrizionale", cioè al procurarsi il tagliando - proprio il delegato di lista (Esposito), mentre sarebbero rimasti lì gli altri due membri della delegazione, con tanto di documenti da consegnare. 
Nel frattempo, però, si era fatto mezzogiorno: le porte del luogo di consegna delle liste sono state chiuse (con le due persone della Dc, non delegate, all'interno) e a Esposito, giunto nel luogo di consegna dei tagliandi inevitabilmente dopo le 12, non è stato consegnato il famoso tagliando: "solo all'esito di alcune rimostranze gli veniva consentito l'ingresso" nella stanza di presentazione delle liste per raggiungere le due persone rimaste lì dentro. La consegna, dopo un'anticamera di oltre tre ore, sarebbe poi effettivamente avvenuta alle 15 e 16, come riportato sul verbale: il delegato di lista non avrebbe contestato quell'orario (senza impugnare il verbale per querela di falso, ma - a quanto pare - senza nemmeno far annotare proprie osservazioni alla cancelliera redigente) sia perché effettivamente si riferiva al momento della consegna, sia perché l'ampio ritardo era dovuto alle precedenti operazioni di deposito che si erano protratte.
Oltre al problema dell'orario, però, sarebbero emerse altre criticità: in particolare, alla dichiarazione di collegamento della lista della Dc di Esposito alla candidatura di Elisabetta Trenta non corrispondeva "analoga e convergente dichiarazione" resa da Trenta; in più, risultava presentata l'accettazione della candidatura da parte di Elisabetta Trenta, ma non la dichiarazione di presentazione della candidatura stessa, con le relative firme richieste. Tali mancanze, per gli uffici elettorali, sarebbero state così gravi da far cadere candidatura e lista. Per i presentatori della lista, invece, quei documenti c'erano e sarebbero stati consegnati alla cancelliera in sede di deposito, con relativa verbalizzazione della consegna: anzi, proprio la procedura di consegna (a seguito delle singole richieste della cancelliera ricevente) e il verbale, secondo Esposito, avrebbero generato in lui "la certezza nell’affidamento circa il suo buon operato, avendo egli consegnato tutto quanto richiesto dall’addetta dell’Ufficio". Come dire: se sono stati consegnati i documenti espressamente richiesti e, si suppone, la persona che ha redatto il verbale ha controllato che fossero effettivamente quelli prescritti, la consegna era regolare e completa, per cui eventuali mancanze non si potevano addebitare ai presentatori. Quanto alla presentazione della candidatura a presidente, secondo gli esponenti della Dc questa poteva essere fatta con lo stesso modulo di presentazione della lista, dunque anche con le medesime firme a sostegno (visto che la lista sosteneva esplicitamente Trenta). 
Nessuno di questi argomenti, tuttavia, è stato considerato valido dal Tar Molise. Sulla questione più dibattuta, vale a dire quella dell'orario di consegna, per i giudici è "astrattamente condivisibile l’affermazione del ricorso che 'ciò che rileva, ai fini della tempestività del deposito del materiale, non è l’orario di consegna dello stesso, ma l’orario di arrivo dei delegati presso l’ufficio stesso muniti della necessaria documentazione' (in quanto le lungaggini delle operazioni di consegna delle liste giunte sul posto prima di quella ricorrente non potrebbero essere addebitate al delegato di quest’ultima)", ma per loro "proprio la tempestività dell’arrivo del sig. Esposito presso l’Ufficio è rimasta sfornita di qualsivoglia serio conforto probatorio". Quando sono state chiuse le porte della stanza del deposito delle liste, lì c'erano due persone la cui presenza per il Tar era "irrilevante" (pur essendo candidate o figure apicali della Dc), mentre il delegato di lista era altrove e per il collegio rileva soprattutto la "circostanza - con ogni probabilità non casuale - che l’interessato non ha mai potuto conseguire [il] “tagliando” dal personale della cancelleria", dunque non ci sarebbero prove della presenza del depositante effettivo nei locali dell'ufficio elettorale prima della scadenza dei termini (e, in più, non ci sarebbe stato nemmeno un ritardo "lieve", non rilevando a quanto pare l'argomento dell'anticamera dovuta alle molte liste depositate prima).
Sulla questione della mancanza di un espresso atto di presentazione della candidatura di Elisabetta Trenta, con sottoscrizioni espressamente rivolte a questo, il Tar appare piuttosto netto. Per i giudici amministrativi, le norme in vigore (l'art. 6 della legge regionale n. 20/2017, cioè la legge elettorale) parlano espressamente della presentazione della candidatura a presidente della giunta regionale (e di dichiarazione di collegamento con una o più liste), sottoscritta da almeno 300 elettori del Molise: quelle firme, per il collegio, sono "un elemento strutturale prescritto a pena di invalidità" della candidatura. Interessa soprattutto la contestazione della tesi dei presentatori, secondo i quali la legge non richiede che la candidatura alla presidenza e le relative firme a sostegno risultino da "moduli differenti da quelli previsti per la presentazione della lista dei candidati consiglieri". Non solo le istruzioni per la presentazione delle candidature fornivano in allegato due moduli diversi per presentare una lista o una candidatura alla presidenza, ma le sottoscrizioni hanno "un oggetto differenziato" e diversi "presupposti e contenuti" per le due fattispecie (e, del resto, i presentatori della lista non hanno contestato che la mancanza della presentazione della candidatura potesse far venir meno anche la lista e che in effetti un atto espressamente configurabile come presentazione della candidatura mancasse). Queste osservazioni hanno reso inutile la valutazione dell'altra mancanza rilevata dagli uffici elettorali, quella della dichiarazione di collegamento di Trenta con la lista della Dc.

Come si diceva, è ancora possibile che la Dc ricorra al Consiglio di Stato, mentre non risulta che abbia fatto ricorso al giudice amministrativo Elisabetta Trenta (non si sa se abbia provato almeno a impugnare gli atti davanti all'ufficio elettorale regionale). In ogni caso, da quanto deciso dai giudici di prime cure su questo caso si possono trarre alcuni insegnamenti pratici per il futuro. 
Primo insegnamento: occorre prestare la massima attenzione alle previsioni della singola legge elettorale regionale. Dal ricorso e dalla sentenza questo non emerge, ma si può supporre che la mancata raccolta firme a sostegno della candidatura di Trenta alla presidenza (oltre che della lista della Dc) sia dipesa anche dal fatto che la legge elettorale molisana prevede espressamente la raccolta firme anche per la presentazione delle candidature alla presidenza, mentre altre leggi elettorali regionali la escludono (a partire da quelle di Lombardia e Lazio) o comunque non la prevedono (Friuli - Venezia Giulia); la previsione esplicita della richiesta di sottoscrizione anche della candidatura alla presidenza (che vale pure qualora l'unica lista a sostegno sia esonerata dalla raccolta firme, come pure qualora vi siano più liste, esonerate o no) è rafforzata dalla previsione del divieto per il membro del corpo elettorale di firmare per più liste, mentre chi firma per una lista può firmare anche per un candidato alla presidenza. Quanto è accaduto in quest'occasione, oltre a costituire un secondo episodio sfortunato nel rapporto tra Elisabetta Trenta e chi dovrebbe preoccuparsi della regolarità della sua candidatura (si ricordi la mancata presentazione alle suppletive di Roma-Primavalle nel 2021, quando non tutte le firme raccolte sarebbero state di elettori residenti nel collegio interessato dal voto), suggerisce davvero di porre tutta l'attenzione possibile alle norme elettorali in vigore, senza cadere nella tentazione di scegliere le interpretazioni più "leggere" o meno impegnative. 
Il Tar, peraltro, ha ritenuto di poter compensare le spese tra le parti, a dispetto della complessiva infondatezza del ricorso: ciò fa pensare che qualche "attenuante" sulla questione della (mancata) presentazione della candidatura presidenziale di Trenta sia stata riconosciuta, magari proprio per il fatto che le firme sono richieste in Molise e non altrove (una situazione che, oggettivamente, non appare troppo ragionevole e forse meriterebbe di essere rivista, in nome di una soluzione comune). Se si legge solo la motivazione sul primo motivo di ricorso, quello relativo al ritardo nella consegna della lista e nella mancata prova della presenza del delegato nel luogo di consegna della lista prima della scadenza dei termini, è facile riscontrare ben altro tono, più compatibile con una decisione di soccombenza che con una compensazione delle spese. Tra l'altro, la mancanza di un esplicito atto di presentazione della candidatura alla presidenza debitamente sottoscritto avrebbe fatto venir meno comunque la lista della Dc, quindi per economia processuale i giudici avrebbero potuto trattare anche solo quel punto, ottenendo lo stesso risultato: il collegio, invece, ha voluto trattare anche la questione del ritardo. Sulla base di quanto accaduto a Campobasso, quindi, chiunque in futuro voglia presentare candidature farà bene a preoccuparsi - tra l'altro - di due cose: 1) di preparare e controllare per tempo tutti i documenti, presentandosi in comune o negli uffici giudiziari con un opportuno anticipo, senza voler emulare a tutti i costi la Dc di un tempo che si metteva in fila per ultima mirando all'ultimo posto sulla scheda (quando l'ordine di presentazione determinava anche l'ordine di stampa, prima dell'avvento del sorteggio); 2) di indicare due delegati alla presentazione della lista, in modo che uno vada a prendere l'eventuale numero/tagliando necessario o comunque "tenga il posto" in fila, mentre l'altro presidia la documentazione, eventualmente insieme ad altre persone a supporto. 
Si tratta, sotto questo profilo come a proposito delle firme, di prendere su serio le norme che regolano le elezioni, vale a dire uno dei riti fondamentali della democrazia. Certamente occorre tutelare il favor participationis senza scoraggiare la partecipazione di chi intende ricevere i voti, così come eccedere in "rigorosissime formule sacramentali" (come le definisce il ricorso della Dc) non è salutare; allo stesso tempo, però, le regole finché ci sono vanno rispettate e occorre fare il possibile per compiere tutti gli atti richiesti. Si possono leggere le disposizioni in modo da dimezzare gli sforzi richiesti (raccogliendo firme solo per la lista, pensando che valgano certamente anche per la candidatura a presidente), così come ci si può attardare fino agli ultimi minuti del tempo concesso per il deposito dei documenti (anche solo perché magari non si è riusciti a sistemare tutto prima), ma in quel modo si accetta il rischio che qualcosa vada storto, anche in modo irreparabile. Una cosa è certa: stavolta nessuno potrà imputare a una delle varie Dc la mancata partecipazione al voto a causa dello scudo crociato; se però tutte le carte - della lista e della candidatura a presidente - fossero state in regola, il problema quasi certamente sarebbe sorto e il simbolo sarebbe finito una volta di più davanti ai giudici.