Che succederebbe se, alle
prossime elezioni, la Ferrari scendesse in campo? Nessuno riferimento – per
carità – a un eventuale impegno diretto in politica di Luca Cordero di
Montezemolo, anche se nel 2006 (lo avevamo già scritto) il Partito di Centro di
Ugo Sarao l’aveva indicato come capo della forza politica a sua insaputa, ed
erano intervenuti prima il Viminale, poi l’Ufficio elettorale presso la
cassazione a bocciare il simbolo proprio per risolvere questo “piccolo”
problema. La domanda di prima, invece, sarebbe del tutto appropriata se, sulle
bacheche del Ministero dell’interno (ma anche, per dire, negli incartamenti da
presentare l’anno prossimo per le elezioni comunali a Maranello), dovesse
apparire il marchio della casa automobilistica o, magari, anche solo l’elemento
figurativo principale, ossia il cavallino rampante, ugualmente registrato come
segno distintivo.
Norme specifiche in materia non
ce ne sono (forse perché per lungo tempo nessuno aveva mai pensato di fare
nulla di simile), ma qualcosa si può comunque dire. Innanzitutto, a livello
generale, è difficile che ogni commissione elettorale possa verificare, in caso
di sospetto, se un particolare emblema corrisponda o somigli a un marchio
registrato: spesso mancano i tempi tecnici per questi controlli (non ci sarebbe
certamente spazio alle amministrative, visto che lo stesso organo in una
manciata di ore deve occuparsi di una marea di operazioni), il segno distintivo
dovrebbe essere per lo meno noto ai funzionari e, in ogni caso, non è detto che
ci sia modo di verificare alla Camera di commercio l’esistenza di un marchio
uguale o simile.
Nel caso della Ferrari,
indubbiamente, la cosa dovrebbe essere più semplice, perché della natura di
marchio del cavallino rampante nessuno dubita. In casi come questo, la
commissione dovrebbe intervenire prontamente per bocciare il simbolo, per tutelare
i diritti di chi è titolare del marchio (e che potrebbe lamentarsi se qualcuno
usasse il suo segno senza autorizzazione) ma anche l’affidamento degli
elettori, che diversamente potrebbero pensare che il simbolo sia direttamente collegato
al titolare del marchio. Questo fa dire che, in linea teorica, a chi detiene i
diritti su un segno e dimostri di esserne titolare non si potrebbe impedire di usarlo
nel proprio contrassegno elettorale: ciò non è mai accaduto e si potrebbe discutere
sull’opportunità di un’operazione simile, ma nel caso toccherebbe solo all’imprenditore
fare le valutazioni del caso.
Non l’aveva scampata invece dieci
anni prima alle elezioni politiche il Partito consumatori italiani che, nel suo
emblema, aveva inserito tre bandiere con i marchi ben riconoscibili di Italgas,
Telecom Italia ed Enel: il Ministero non ammise quel contrassegno perché l’uso
dei segni non era stato autorizzato, mentre accettò tranquillamente le fiammelle
del gas accoppiate a un rubinetto, la cornetta telefonica e la spina accanto a
una presa per indicare i servizi di consumo.

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