A voler essere precisi, avendo
studiato zoologia o qualcosa di simile, si dovrebbe parlare di Athene noctua. Che, nella
classificazione secondo Linneo, altro non è che la civetta. Un rapace notturno
che però, in politica, ha potuto agire alla luce del sole, quasi senza che
molti se ne accorgessero, nonostante gli strepiti di chi sapeva che sarebbe
stato artigliato e beccato. Si torni con la mente all’anno di scarsissima
grazia 2001 e, per l’esattezza, alla fine del 2000: i sedicenti esperti
elettorali in entrambi gli schieramenti avevano messo a punto un sistema in grado di piegare a proprio vantaggio la complicata macchina della legge elettorale, per lo meno alla Camera, gabbando persino le intenzioni di chi aveva concepito quegli stessi meccanismi.
Per chi era assente, varrà la
pena ricordare che per eleggere i deputati c’erano due schede: su quella rosa si
votava il candidato delle coalizioni o dei singoli partiti nei collegi
uninominali della quota maggioritaria, su quella grigia si dava la preferenza a
una mini-lista bloccata per la quota proporzionale; ogni candidato dei vari
collegi doveva essere collegato a una delle liste del proporzionale, in teoria
quella di appartenenza. Avranno ragionato cosi, probabilmente, da una parte e
dall’altra: nel 1993 Mattarella o chi per lui ha inventato quel meccanismo
diabolico dello scorporo, per cui i voti di chi arriva primo nella quota maggioritaria
vengono sottratti dal totale dei voti della lista collegata nel proporzionale, così
che chi vince nei collegi non può stravincere? E noi lo gabbiamo. Come, di
grazia? Ad esempio collegando i candidati del maggioritario a liste del tutto
inconsistenti, create apposta, che la gente manco riconosce. Per colpa dello
scorporo, queste andranno sottozero, ma i partiti maggiori manterranno
intatto il loro malloppo di voti. Come dire: i partiti che sono fuori dai poli (e
che avrebbero dovuto essere tutelati dalla nuova legge) ci rimetteranno, ma
tanto peggio per loro, noi dobbiamo vincere le elezioni.
Detto, fatto. Il centrodestra
partorì la lista Per l’abolizione dello scorporo e contro i ribaltoni, il
centrosinistra seguì a ruota (per tentare di non perdere in partenza le
elezioni) e schierò Paese nuovo: due simboli del tutto anonimi, fatti per
passare inosservati e possibilmente essere votati poco o nulla, per non
sottrarre consenso ai partiti veri. Dio sa come, in 27mila votarono la lista
antiscorporo e addirittura in 34mila Paese nuovo, ma le liste ottennero
comunque il loro scopo: lo ottennero così bene che Forza Italia ottenne più
seggi di quanti candidati effettivamente avesse, senza riuscirli a coprire
tutti. Da lì si innescò una bagarre
tutta nostrana su come risolvere la situazione, decidendo alla fine che poteva
restare tutto così, come se nulla fosse accaduto.
Nel frattempo, però, in pochi
avevano notato tra i simboli depositati al Viminale un piccolo colpo di genio. Se
infatti la lista antiscorporo e Paese nuovo erano liste civetta senza dirlo, l’unica
vera «Lista civetta» dichiarata, con tanto di disegno del rapace su un ramo,
era passata quasi inosservata, fatta eccezione per i cronisti politici in
legittima cerca di stuzzicherie: Autori dell’operazione, un certo Gianluca
Campanella e talaltro Nicola Benedettini, ingegnere il primo, esperto di
comunicazione il secondo. Insieme costituirono un’associazione, la Campabene
Organization, con tanto di marchio direttamente ricalcato sullo stile del
Compact Disc. Far parte del gruppo era facile, purché si avessero tre requisiti
(si leggono ancora nelle pagine web di Campanella): voler fare qualcosa per
l'Italia; avere la "fedina penale" da sempre candida; non cercare un
tornaconto economico.
Da associazione a gruppo politico organizzato il passo fu
breve e il contrassegno lo presentarono sul serio; già che c’erano,
presentarono pure il «Giovane astensionismo», con la sagoma di una fanciulla a
braccia incrociate, ma glielo bocciarono perché di emblemi ne avevano già
depositato uno. Volevano presentarsi nel collegio di Pisa e nella
circoscrizione Toscana, ma le liste non riuscirono a farle, anche perché
qualche mano birichina fece sparire le firme a tempo indebito: i veri cultori
della simbologia politica, tuttavia, non possono che levarsi il cappello, con
molto rispetto, di fronte al tentativo avventuroso di due giovani che un
messaggio hanno cercato di darlo. Che il sistema così com’era fosse storto e da
buttare, loro, l’avevano capito bene.
Nessun commento:
Posta un commento