Che poi, magari, uno pensa
veramente che il sole che ride in Italia l’ha portato Marco Pannella e ai Verdi
l’ha “donato” lui. Cioè, sì, quasi certamente le cose sono andate davvero così
e il leader radicale diede davvero
gratuitamente in uso il segno distintivo degli antinuclearisti danesi alle
liste ambientaliste che nel 1985 nascevano un po’ in tutta l’Italia; qualcuno
però all’idea di uno sole animato e un po’ pazzerello aveva già pensato, per lo
meno in quella che sarebbe poi diventata la galassia verde, comunque collocata
a sinistra.
Anno di grazia 1980, anno di
elezioni. Regionali, sì, ma anche amministrative. Tra le tante città in cui si
vota per rinnovare il consiglio comunale, c’è anche Forlì. Sulla scheda i
soliti partiti e i soliti simboli, scudi, falci e martelli, soli, edere, fiamme,
garofani quasi nuovi, bandiere… e una novità, una sorpresa assoluta, che sui
manifesti attira più di qualche sguardo. In mezzo a tanti segni noti e un po’
compassati, non può non spiccare un sole a dodici punte e a contorni concavi,
che nella realtà sarebbe giallo su fondo rosso, ma che sulla scheda appare
inevitabilmente bianco su fondo nero. Così, nero su bianco, si vede ancora
meglio il sorriso spalancato di quel sole curioso, ideale pendant di quell’occhio strizzato che agli elettori più attempati –
ammesso che l’abbiano visto – dev’essere sembrata una profanazione dell’altare
elettorale o anche solo una piccola bestemmia.
Quel simbolo “di rottura” appartiene
alla lista Sinistra alternativa, nata con una spontaneità tutta romagnola. A
disegnare personalmente il simbolo è Sauro Turroni, uno che poco più avanti avrebbe
fatto parte a tutti gli effetti dei Verdi in politica. Turroni il simbolo ce l’aveva
in testa, perché quello degli antinuclearisti danesi e poi tedeschi lui l’aveva
visto: pensando che potesse essere una buona idea, lo adottò per la sua lista,
facendo qualche modifica qua e là. Nessuna obiezione da parte dei funzionari
competenti – e sarebbe stato difficile farne, visto che il contrassegno era
davvero nuovo per l’epoca – e l’emblema finisce sui manifesti, pronto per
essere ritrovato sulle schede.
Quella volta, tanto per cambiare,
le elezioni le vince il Pci, con un 46,1% pesante che vale la metà dei consiglieri,
mentre la Dc sfiora appena il 20%. I sette partiti maggiori a livello nazionale
a Forlì si dividono il 98,9% dei voti validi: in quell’1,1% che resta c’è anche
il risultato della Sinistra alternativa. Non sarà molto (anche se con un Pci
che si porta a casa un voto su due, in quell’area resta poco da raccogliere),
ma è pur sempre un esordio e ci sarà tempo per migliorare: piano piano il verbo
Verde sarebbe arrivato un po’ dappertutto e avrebbe conquistato consenso per
molti anni Oltre trent’anni dopo, di quei primi passi non è rimasto granché:
forse solo un adesivo su un armadio in una vecchia casa o qualche altra traccia
qua e là. Ma l’occhiolino di quel sole furbetto nato a Forlì rimane, segno che
di avventure da raccontare, in futuro, ne avrebbe avute parecchie…
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