domenica 7 agosto 2022

A.D. 2022, il primo deposito dei simboli senza l'arte di Luciano Gesuelli

Foto sullo sfondo di Benvegnù/Guaitoli (a loro disposizione)
Ancora manca qualche giorno all'apertura - il 12 agosto - del deposito dei contrassegni elettorali, nell'ultima domenica prima della campagna elettorale, giorno in cui di norma non si svelano nuovi simboli e - Calenda a parte - non accadono eventi politicamente rilevanti: è allora il caso di prendersi un po' di tempo per dare valore alla memoria e realizzare il fatto che quello di quest'anno sarà il primo deposito dei contrassegni da molti anni a questa parte al quale non potrà partecipare Luciano Gesuelli. Un nome che forse non dice troppo a coloro che frequentano la politica saltuariamente o anche con una certa intensità, ma che è molto rilevante per chi appartiene alla spesso citata schiera dei #drogatidipolitica (o #malatidipolitica, secondo un'altra e comunque pregiata lectio), per gli anni dedicati a quella passione e per l'arte impiegata nel farlo.
Se infatti Mirella Cece - prima con il suo Movimento europeo liberal-cristiano Giustizia e Libertà e poi con il suo Sacro Romano Impero (Liberale) Cattolico - è indiscutibilmente uno degli elementi essenziali del rito della fila per il deposito dei contrassegni presso il Ministero dell'interno dal 1994, senza dubbio Gesuelli ha avuto un ruolo fondamentale tanto per il deposito degli emblemi, quanto per quello delle liste, anche per le elezioni regionali o amministrative, in cui è previsto il deposito di simboli, liste e altri documenti tutti insieme. Classe 1938 - per quello che è possibile sapere - "romano di Porta Metronia" (e giallorosso) e un impegno da funzionario di partito lungo oltre sessant'anni, Gesuelli è scomparso il 18 gennaio 2020, praticamente due anni dopo aver depositato il suo ultimo simbolo (il 21 gennaio 2018). Chi lo ha conosciuto ne ha ricordi indelebili; chi - come chi scrive - lo ha incrociato giusto un paio di volte ha comunque potuto sperimentare le grandi doti affabulatorie, che lasciavano trasparire una lunga, lunghissima esperienza all'interno del partito, anzi, dei partiti che ha servito con puntiglio e dedizione.
Corriere della Sera, 14 gennaio 2013, pagina 5
La parte principale della sua vita appassionata e del suo lavoro certosino Gesuelli l'ha vissuta all'interno della Democrazia cristiana, iniziando a praticare l'arte del deposito addirittura nel 1958. Nel 2013 raccontò parte della sua esperienza a Fabrizio Caccia del Corriere della Sera, ricordando i tempi in cui, in determinate circostanze, era importante anche arrivare ultimi e organizzarsi per questo (la Dc almeno lo faceva): 
Tanti anni fa, c'era ancora la Dc, un settimanale mi dedicò un articolo. C'era una foto, chissà dov'è finita, che mi ritraeva con due cronometri, uno a ogni polso [...] perché a quei tempi bisognava spaccare il secondo, l'ufficio del Tribunale chiudeva alle 20 in punto e io arrivavo quando ormai mancava pochissimo, 30-40 secondi. Ecco perché ero l'uomo dell'ultimo minuto. Prima infatti non funzionava come adesso: adesso c'è il sorteggio che assegna ai partiti un posto a caso sulla scheda elettorale. Prima, invece, se consegnavi per ultimo le liste, ti garantivi anche l'ultimo posto sulla scheda. Così poi l'elettore, il tuo elettore, in cabina, era facilitato a trovare la casella. Ecco perché c'era la gara ad arrivare ultimi. O primi. Noi diccì facevamo squadra. Io ero il segretario del comitato romano e mi facevo accompagnare da tre o quattro collaboratori. Di solito c'era il funzionario del Psi che cercava anche lui di consegnare per ultimo. Così scattava il piano. Proprio quando mancava una manciata di secondi alla chiusura ed eravamo tutti lì sulla porta dell'ufficio elettorale, io gridavo "Spingere": la parola d'ordine. I miei uomini fidati, allora, facevano blocco e a forza di spintarelle spostavano piano piano il socialista fin dentro l'ufficio. Così lui era il penultimo e io l'ultimo a consegnare.
Altri tempi, in cui a chi lavorava nei partiti era richiesto anche questo tipo di competenza. In questo senso, quella di Gesuelli era veramente "arte", nel senso di "abito di condurre con ordine una serie d'operazioni ad un fine", primo significato fornito dal Dizionario della lingua italiana di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini. La stessa che serviva, in modo multiforme, a riempire in modo esatto tutti i moduli e a difendere l'ultimo posto "in fondo a destra" sulla scheda elettorale (visto che quello "in alto a sinistra", lotte con i radicali permettendo, era quasi sempre del Pci). In proporzione, depositare i contrassegni richiedeva meno industria per l'ordine, ma altrettanta precisione nella compilazione dei documenti richiesti. Gesuelli era una certezza in questo senso ed era ben noto a tutte le persone che si occupavano di ricevere e vagliare i simboli e le altre carte. In tutto questo - salvo errore - non risulta mai il suo nome in una candidatura alle elezioni regionali, nazionali o europee, perché quell'impegno era davvero totalizzante e andava svolto in modo serio.
Chi scrive ha ben fermo il ricordo di una conversazione dal vivo con Pierluigi Castagnetti nell'anno del Signore 2010, quando lui era presidente della Giunta per le autorizzazioni ma soprattutto segretario del Partito popolare italiano (non sciolto, allora probabilmente come oggi) e aveva fornito le prime indicazioni che poi avrebbero portato al copioso studio sulla Dc mai davvero terminato: in quell'occasione Castagnetti tenne a sottolineare che nella Dc c'era un funzionario bravissimo che si occupava del deposito dei simboli e che conosceva benissimo tutti coloro che al Viminale si occupavano di elettorale "e siamo riusciti a tenerlo con noi", alzando lo sguardo per evocare in una frazione di secondo tutti i travagli della trasformazione della Dc in Ppi (con i vari incidenti di percorso che sarebbero emersi in seguito), delle scissioni dolorose dal 1994 in avanti, della scelta di mettere da parte il nome sturziano e il gonfalone per la Margherita e, da ultimo, di dare vita al Partito democratico. In tutto quel lungo e accidentato cammino Luciano Gesuelli ha continuato a svolgere il suo ruolo, prima nel Ppi, poi in Dl e poi nel Pd, affiancato via via da altre persone che hanno appreso almeno parte del suo sapere. 
Nel 2014 chi scrive lo vide regolarmente in fila già il giorno prima che si aprissero i cancelli del Viminale: non si sottrasse certo ai giornalisti che gli facevano domande, ma a chi gli chiedeva come mai fosse in fila disse "mah, sono venuto a depositare un simboletto di un piccolo partito...", senza scoprirsi di più. Si dovette attendere la mattina del giorno dopo per scoprire che, in realtà, era venuto a depositare - evidentemente su mandato di Castagnetti - proprio l'ultima versione del simbolo del Ppi (quella con la croce sfumata nello scudo nel gonfalone, senza tricolore): poche settimane prima Mario Mauro aveva dato vita ai Popolari per l'Italia e quella potenziale sigla Ppi e l'uso del termine "popolari" non era affatto piaciuto a chi aveva continuato a rappresentare il gonfalone. Gesuelli tornò nei corridoi del piano terra del Ministero dell'interno nel 2018, quando si trattò di depositare il simbolo del Pd: arrivò l'ultimo giorno (il 21 gennaio), quando ormai mancava meno di mezz'ora alla scadenza del termine per la presentazione. Arrivò insieme al notaio di fiducia dei dem e a Giovanni Pappalardo, il funzionario a capo dell'ufficio elettorale del partito, che di Gesuelli era in sostanza l'allievo e il successore. Tutto filò via liscio, come sempre, e sbrigate le pratiche di deposito il notaio e Pappalardo si congedarono in fretta, lasciando in Gesuelli una punta di dispiacere ("Ma non posso manco offrirvi un caffè?"). Chi scrive ebbe il sospetto che Gesuelli volesse fare come ai vecchi tempi, giocando ad arrivare ultimo (in fondo i depositanti di Fratelli d'Italia erano entrati pochissimi minuti prima), ma il presentatore storico - raggiunto al telefono - negò con eleganza: "Ma no, era tutto pronto al mattino: siamo solo venuti con tutta calma, dall'ora di pranzo in poi per non trovare nessuno...". Non riuscì comunque ad arrivare ultimo, visto che quel posto lo ottenne Antonello De Pierro con la sua Italia dei diritti, ma ci si permette di pensare che Gesuelli non ci sia rimasto male.
Avrebbe voluto chiudere la sua carriera nel 2014 Gesuelli, mentre è rimasto in servizio fino al 2018. L'anno dopo, in occasione delle elezioni europee, non lo si è visto (ma c'era il suo precisissimo successore Pappalardo, insieme all'ex deputato Marco Miccoli, per depositare proprio il contrassegno composito del Pd con Siamo Europei, tanto discusso in queste ore) e la sua assenza non era passata inosservata: in qualche modo, era come se fosse venuto meno un pezzo importante del rito che apre ufficialmente le danze elettorali. La scomparsa di Gesuelli il 18 gennaio 2020, a 81 anni, ci dà purtroppo la certezza che il posto rimasto vuoto nel 2019 resterà tale. Con il rammarico di non aver avuto la possibilità di ascoltare, dialogare, discutere più a lungo, ma con la consapevolezza che i partiti e la politica, per esistere con più dignità, avrebbero bisogno di molti Luciano Gesuelli. Anche per questo, è importante continuare a parlarne.

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